Nascondiglio
Non ho bisogno di bussare, magro come sono potrei passare sotto la porta del salotto dell’hotel.
L’Australia è una terra meravigliosa, ma si mangiano cose troppo strane e io mi limito al cestino giornaliero di cucina italiana e a un paio di birre la sera. Sono quasi da un mese qui, ho un contratto come figurante con la produzione del film e le tasche svuotate da mesi di disoccupazione. Non ho mai raccontato a nessuno come si vive senza denaro, non voglio rischiare di essere giudicato e le sfortune passate provo a ricordarle poco.
Prendere qualche cazzotto da Bud non farà male, lui ti sfiora anche se sembra seppellirti con il suo pugno a martello.
Nel salotto dell’hotel ci siamo solo noi questa mattina, noi e quattro scomodi divani inglesi.
- Hai la faccia troppo buona, ragazzo, faccio fatica a picchiarti, preferirei una violenta bussata sul muro - dice Bud.
Arriva una giovane donna per un autografo. Ha un pelouche in mano, all’orsetto manca un occhio, e a me lei sembra un po’ ritardata con il suo rituale modesto di ringraziare in continuazione per uno sbaffo di penna su di un foglio fatto da Bud. Questo mi fa pensare a quanto sia popolare in questo posto, più che nella terra natia. Strano eh.
- Questo salatto mi ha svuotato di idee, è troppo scomodo. Tu le hai conservate le idee giovanotto?
Lo dice dopo essersi liberato delle belle gambe della donna malcapitate sotto a quel cervello. Infastidita mica poco dalla nostra indifferenza predatoria si allontana con un tremito strano.
- Non saprei, tu che sei un genio vuoi suggerimenti da me, superfantagenio Bud?
- Sto scherzando, uagliò. Se scrivi un libro brutto il lettore può sempre decidere di chiudere la pagina, ma se fai un film brutto lo spettatore non sarà mai capace di abbandonare il cinema e quando uscirà dal cinema se dirà: ‘Che merda di film’, lo dirà sorridendo di se stesso, della sua pazienza, della sua sopportazione, della sua resistenza. Paradossalmente un brutto film lo farà alzare dalla poltrona fortificato, migliore.
- Tu pensi che questo sia un brutto film, Bud?
- Potrei appostarmi in questo salotto e fare di ognuno che entra un personaggio, e il film risulterebbe bello, ma non ho la facoltà di cambiare le carte in tavola, e poi il regista è uno stronzo, fisso sulle sue scelte stravaganti.
- Ma non sei tu il regista? - dico preoccupato da quella esternazione.
- Certo che sono io, e non posso essere stronzo? E’ già tanto che su quel monolite rosso dove andremo domani non abbiano fatto un centro commerciale e con il ventre piatto del paesaggio circostante un parcheggio. Ma non voglio essere sacrilego, è pure patrimonio dell’umanità oltre che essere venerato dagli aborigeni.
- Gli aborigeni li ho visti solo dentro i bar di Alice Springs pronti a scolarsi birre ghiacciate e a fumare come turchi.
- Sei la peggior pasta di uomo, ma mi stai simpatico per la tua sincerità, anche se a portarla avanti quella sincerità ti procurerà molti nemici. Tutto sommato ascoltarti mi toglie un po’ di pressione e credo che alla fine pure un brutto film possa diventare decente, dipende da chi lo guarderà.
- Come nelle belle donne lo sguardo degli altri lo valorizzerà, ma non credo sia così semplice. Il senso di sfinimento che provi per la brutta trama ti aiuterà a non startene in posa da spaccone e darai l’idea di averne passate tante e che ne passerai tante altre ancora.
- Ma che bel filosofo che sei. Ho sempre interpretato pagliacciate, tranne rare eccezioni, vorrei fare un film dove appare la verità, anche se brutto, un film che mostri le budella. Sono grande e grosso, ma se aguzzi la vista ti rendi conto quanto sia fragile un omone come me. Tutti i film che ho fatto fino a adesso mettono in campo dei trucchi per farmi apparire come non sono. Sono stati un nascondiglio.
- Ti voglio bene, Bud.
- Mi trovo meglio con persone che non mi vogliono bene, è una cosa fighissima e non mi sento in debito. Ora che ci penso a nessuno viene in mente di voler bene a una mitragliatrice di cazzotti, quella fa solo ridere. Tu sei acuto e modesto e ti ringrazio giovanotto. Mi ricordi i biscotti che compro spesso, biscotti che a casa piacciono solo a me, destinati a occupare l’angolo più nascosto della dispensa per lungo tempo finche non arriva qualche ospite inatteso e glieli offrono dopo aver detto che sono i biscotti di Bud. E l’ospite si accanisce su quel cibo rifiutato e finisce i biscotti solo perché sono di Bud. La storia è strana e non so perché te la racconto.
- Quello che racconti mi piace tutto, Bud, e mi commuove.
- Allora sei come i mangiatori dei miei biscotti. Ride.
- Di solito faccio finire presto le mie conversazioni, mi chiedono sempre della mia famiglia, di cosa mi ingozzo, di dettagli sul mio passato sportivo, ed è una vera noia rispondere. Tu hai messo da parte le domande e hai detto che mi vuoi bene, vuoi bene a me, alla mia ciccia, non ai miei personaggi che forse per magica ignoranza nemmeno conosci.
- Sei buono con i buoni e cattivo con i cattivi, un magnifico nuotatore che non va mai a fondo.
- I miei film sono falsi come Giuda, nella realtà quelle scene non esistono, ma danno sollievo allo spettatore. Il nostro cervello è fatto per mettersi in salvo da solo, ma nei casi difficili è bene aiutarlo, e i miei film lo fanno vibrare, fosse pure per le risate.
- Non lo so se quelle scene siano sufficienti, tu chiedi molto a chi le guarda, spesso incapace e troppo giovane per prendere le distanze dagli avvenimenti orribili del periodo. Io credo che sia necessaria una bella famiglia, la messinscena del film può aiutare, ma non risolvere.
Il mattino dopo lasciamo il salotto e Alice Spring per raggiungere il monolite impronunciabile in pullman. Attori e figuranti vengono mischiati dalla produzione per amalgamarli il più possibile e per risparmiare sui costi di trasporto, che poi Bud in limousine non ce lo vedo proprio, lui è più mr. Crocodile.
Bud si siede vicino a me, forse perché sono il più magro della troupe e il viaggio è lungo.
- Hai dormito bene giovanotto?
- Mica tanto, devo dire solo due battute, ma sono in inglese, e ho passato tutta la notte a memorizzarle.
- Ti hanno preso in giro, non esistono battute in inglese. Ride
- Mio dio, ho perso il sonno per ripetere: Peanuts, peanuts for everybody…e tutto il resto.
- Non capisco se ci fai o ci sei. Ride
Ogni mezz’ora ci passa accanto un frikkettone senza un dente con un termos gigante di caffè e bicchieri di plastica disseminando gocce di caffè ovunque. Fingo di leggere una mappa proprio per evitare che l’orchestrazione dei caffè diventi esagerata. La manodopera di un film è spesso fatta da ex alcolizzati, da tossici. Dipende dalla generosità e modernità della produzione.
Bud chiede qualcosa da mettere sotto i denti, fuori il paesaggio è veramente una meraviglia anche se mi affaccio al finestrino mi ritrovo con una manciata di insetti in bocca che come riserva di proteine fa proprio schifo.
Con le mani in tasca per contenere le gambe sfilacciate dal lungo viaggio lo osservo estasiato mentre addenta un panino senza nulla dentro, con solo maionese.
Gli mostro qualcuno dei miei dipinti sul cell. Solo perché mi fido del suo giudizio.
- C’è profondità e bellezza in quello che dipingi, anche nel più scrauso dei quadri, anche nel più approssimativo c’è la tua verità.
- Come nei tuoi film?
-Non esageriamo, i miei film sono opere d’arte.
Ride e mi tira il collo fino alla sua spalla, un gesto confidenziale che mi dà dolore e piacere e mi fa sentire le ginocchia molli, senza fiato.
Per non dare un’idea difettosa scendiamo pure noi per andare in bagno e fumarci una sigaretta.
Addestrato ai tempi lunghi Bud si esercita nella lettura di quello che trova: il bugiardino delle aspirine.
E me ne passa una più una sorsata di acqua. Non so cosa, ma qualcosa va meglio ora.
Mi dispiace quello che è scomparso del panorama, anche se altre sorprese ci aspettano.
La maglietta rossastra di Bud sta bene nel paesaggio rossastro, mi benderei volentieri gli occhi per mantenerne il ricordo, senza le contaminazioni moderne delle città.
Bud si è addormentato, più gli sto vicino, più mi sento tranquillo.
Pure la zavorra dei miei pensieri sparisce. A me hanno mollato il nome del nonno morto che per ovvie ragioni non posso ripetere. A mio fratello il nome di quello vivo.
Mi sono sempre disperato per quel nome brutto e ora ne sono fiero per una questione di rispetto del posto, lui ha lavorato tanti anni qui.
Bud ora è sveglio, il finestrino riflette la nostra immagine accostata.
Uluru è circondato da una bassa marea vegetale. Netto e forte appare come un improvviso pugno di Bud.
Ho il viso stinto, il viaggio è stato una batosta per il mio stomaco.
Non mi viene in mente nulla di decente che somigli a questo posto.
Per molto tempo quelli seduti dall’altra parte del pullman non hanno detto una parola.
Dopo aver smesso di essere personaggi immaginari e ragazzi prodigio, con uno sbadiglio di sonno dicono:
Siamo arrivati.
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