- Spoiler:
Hola!
Qualcuno potrebbe ricordare questa storia di parecchio tempo fa, ma niente spoiler per gli altri, mi raccomando.
Ho deciso di riprendere in mano quel progetto e cominciare a costruirci sopra, poco alla volta e senza fretta.
Ma era fondamentale rifare in blocco La Città dei Topi, senza più il limite dei caratteri e quindi la possibilità di gestire il tutto in maniera diversa e più profonda.
Se vi va di commentare, m'interessa soprattutto se funziona, a parer vostro, l'uso del presente per alcune descrizioni in mezzo al passato remoto della narrazione. Non so se mi convince o meno, non ho ancora deciso.
***
La Città dei Topi
1.
Claudia sorride appena, la sigaretta in mano, sullo sfondo il parco.
Passanti distratti alle spalle.
Cielo grigio.
Claudia sorride appena, soffia il fumo dalle labbra sottili e rosate.
Ha gli occhi sornioni e i tratti levigati.
La bocca mima quattro lettere.
MIAO.
***
Un respiro più lungo e ritorno.
Tancredi mosse una mano, piccoli baleni sulle retine. Lo strascico d’un pensiero, vivido, fatto di pelle liscia e fremiti, si dissolse in un paio di sfarfallii della memoria.
La mano sul volante.
Un gatto, sul muretto più vicino, sembrò guardarlo per breve, seduto al posto guida, assente, vacuo, prima di svanire dentro un varco della siepe.
Gusto amaro della saliva.
C’era come un sibilo intorno, un’appena percettibile e diversa presenza animale, scomparsa quasi subito assieme al resto del suo dormiveglia. Tancredi si mosse, s’aggiustò sul sedile, fissò il grigiore dei palazzi di Sant’Ilario e il verde delle siepi condominiali, il colore latteo del cielo. Movimentò il collo indolenzito.
Se c’era un avanzo di Claudia, oscillava da qualche parte dentro come un metronomo, scandendo i secondi che lo dividevano dal tirare la maniglia e aprire la portiera. Un frammento di lei, qualcosa d’indefinito: quando scese dall’auto non ne era rimasto più nulla.
Sistemò la giacca di pelle, riordinò alla buona i capelli nello specchietto della Dodge. Lo stesso gatto di prima aveva fatto capolino dalla siepe per poi dissolversi nuovamente in un cono d’ombra.
“Dov’è Claudia?”
Dayana Verre è una donna algida, alta, dai capelli lisci, scuri e lunghi alle spalle. Ha gli stessi occhi ovali della figlia.
Filippo Verre, al contrario, col fisico tonico, i capelli cortissimi e diradati, l’abbronzatura, il completo d’alta fattura, incarna vitalità manageriale nonostante i cinquanta passati. Ha la ventiquattrore vicino per poter uscire appena termina l’incombenza.
“Dov’è Claudia?”
Il salotto è tutto in tonalità di grigio, dall’ardesia al cenere, e oro: una piazza d’armi ricolma di cimeli e foto di famiglia. Claudia è ovunque e a tutte le età: Parigi, New York, vicino un black cab, a cavallo, su una spiaggia di Malé.
Tancredi raccolse dal tappeto la borsa, l’adagiò sul tavolo di legno pregiato, li guardò entrambi. “Ho bisogno cortesemente di sapere se appartengono a Claudia.”
Nel primo sacchetto di nylon trasparente deposto sul tavolo, una giacchetta nera, una maglietta grigia con scritta in font gotico e bocciolo di rosa, un paio di jeans chiari aderenti, mutandine e reggiseno azzurro tenue, tutto piegato alla buona. Tutto pulito, intonso.
Nel secondo, un paio di Nike nere e dei calzini grigi.
Filippo Verre guardò la moglie, lei continuava a fissare gli indumenti.
“Credo di sì,” mormorò lei in un filo di voce dopo un minuto di nulla.
“Crede?”
“Credo di sì.”
“Dove li avete trovati?” L’uomo ha occhi chiari con venature truci. “Si sta occupando solo lei della cosa?”
“In un canale di drenaggio, in zona Chiuse. Una segnalazione anonima ci ha detto dove cercare.”
“Ma si sta occupando solo lei di tutto questo?”
Tancredi mosse la mandibola sentendola intorpidita. “Il caso di sua figlia è assegnato a me, sì.”
La donna si sporse dalla sedia, pallida in viso. “Se questi abiti sono di Claudia…”
“Non è un buon segno, signora, no.”
Una mano, smalto lilla, a coprire lentamente la bocca; tremito leggero del braccio.
“Non è sicura che siano suoi, non ha modo di verificarlo?”
“Ne ha talmente tanti di vestiti…”
Il marito prese a vagare per la stanza, teso, imprecando tra sé. Occhiate nervose all’orologio.
“Non ricorda cosa indossava l’ultima volta che l’ha vista?”
Spalle scosse, rossore del viso, singhiozzi celati dietro la mano curata. Segno di no con la testa.
“D’accordo.” Rimise entrambi i sacchetti nella borsa, si alzò dalla sedia.
“Ma non potete mettere più persone a cercare mia figlia?” Filippo Verre ha le mani sui fianchi e il piglio di chi è abituato a dare ordini.
“Sono già state attivate le unità di ricerca, stiamo facendo il possibile.”
“Dovete fare più di così. Dovete.”
I singhiozzi della donna in sottofondo. Claudia è un angelo, un angelo, non me la possono portare via.
Tancredi lo guardò solo per breve, prima di massaggiarsi il collo e iniziare a puntare la porta. “Le assicuro il massimo impegno da parte nostra.”
“Mia figlia è là fuori, da qualche parte, e ha bisogno d’aiuto.”
Respiro denso. “Dovete entrare nell’ottica che potrebbe essere troppo tardi.”
Singulti di donna.
Si congedò con un cenno.
***
“Dov’è Claudia Verre?”
L’abitacolo della Dodge assomiglia al sanctum dei pensieri, un non-luogo, quattro pareti di vetro e lamiera contro il mondo di fuori.
Tancredi tirò su col naso, il telefono tenuto con tre dita. “Mi fate tutti la stessa domanda da stamattina alle sette.”
“E…?”
“E io posso rispondervi con l’unica evidenza che ho: in un posto diverso dai suoi vestiti.”
“Devono cercare un cadavere, quindi.”
Sbadiglio. “Mi stupirei del contrario.”
“I suoi come ti sono sembrati?”
“Assenti.”
“Tu sai che il padre arriverà fino dove deve arrivare se non gli diamo Claudia, viva o morta che sia? Quella è gente che conta.”
“Io so che non ha senso far sparire qualcuno e poi dire alla polizia dove trovare i suoi abiti, Rox. A me è questo che turba.”
“Magari il corpo allora è lì vicino.”
“So che stanno setacciando le Chiuse, ma è tutto un cantiere, ci vorranno settimane. Possono averlo sepolto ovunque.”
“E ci aggiorniamo allora, avvisami se trovano qualcosa.”
“Okay.”
“Stasera vieni a bere al Malibu? Viene anche Serena.”
“Vedo.”
“Non farmi fare sempre figure di merda.”
“Ti dico stasera.”
***
Dov’è Claudia?
L’ultimo contenuto di Instagram vecchio di tre giorni, TikTok cinque.
Il profilo Instagram ha duecentosedici foto, la maggior parte delle quali multiple e in giro per il mondo, il resto a scuola o nei luoghi simbolo della Altaria bene: scorrono senza fine sullo schermo dello smartphone come i cuori, i commenti, le risposte.
Aprire post a caso e leggerne il centinaio e più di commenti è roba lunga, da nottata; alcuni nomi ritornano sempre, gente dall’India, dal Medio Oriente o account pubblicitari.
Claudia ha un profilo seguito, è bella, di una bellezza vagamente aliena. Il viso ha i tratti delicati ma gli zigomi pronunciati, naso piccolo, labbra sottili, sagomate. Occhi ovali scuri come i capelli, lisci, che le cadono oltre le spalle.
È sempre in posa ma non ha mai un sorriso che vada oltre l’accenno, l’abbozzo. Non ci sono foto in costume da bagno, nessuna. Qualche scorcio del ventre sotto magliette corte o top, qualche accenno di gambe, nient’altro.
Non il profilo medio di una diciottenne d’elite.
Vibrazione, chiamata in arrivo.
Tancredi chiuse Instagram, trascinò il disco verde. “Serrano.”
“Tanc, sono Marco.”
“Perché non mi è comparso il nome?”
“Ti sto chiamando dal mio, quello di lavoro l’ho scordato in ufficio.”
“Per questo io non voglio due telefoni. Avevi bisogno?”
“TU avevi bisogno. Indovina? Non mi hanno ancora dato l’accesso ai social di Claudia Verre, il CS è in ritardo. Però i tabulati telefonici li ho, te li giro sulla posta.”
“Grazie.”
***
Entrò in ufficio, lasciò la giacca di pelle leggera sull’appendiabiti. Accese il pc.
Un bussare sordo allo stipite: Colucci lo guardava di storto, sopra i baffi neri tinti e dietro le lenti abbassate degli occhiali. Scosse la testa con fare interrogativo.
“Cosa?”
“Serrano, ma te che fai qua? Non ti stanno aspettando al Galilei?”
Occhiata all’orologio. “Alle undici, mica adesso.”
“Guarda che i Verre hanno telefonato al grande capo, stamattina, e adesso ne ha per tutti.”
Tancredi aprì le braccia e si buttò a sedere sulla poltroncina di tessuto, lisa. “Guardo i tabulati, poi andrò al Galilei.”
“Vedi te.” Colucci fece per svanire, ricomparve quasi subito nel vano della porta. “Io ti dico solo: qua passiamo tutti nella buriana se quella ragazza non salta fuori.”
“E mettessero anche le donne delle pulizie a cercarla, allora.”
Scomparve, stavolta del tutto, bestemmiando tra i denti.
Tancredi guardava fisso il monitor e il monitor guardava lui attraverso la schermata di caricamento della home.
Il registro chiamate di Claudia Verre non era niente di troppo fuori dalle righe; s’infittiva come pioggia autunnale negli orari serali per scemare durante il giorno, in periodo scolastico. I numeri grossomodo sempre gli stessi, da verificarne l’intestazione.
SMS quasi inesistenti.
Il telefono non c’era, non con gli abiti. Neppure il portafogli, la borsetta, qualsiasi cosa avesse con sé in quel momento.
Uscire da scuola, andare in giro, con qualcuno, da sola? Svanire.
Nessuno se ne accorge fino al giorno dopo.
Claudia non è tornata a casa ieri sera.
Non è a scuola.
Non risponde al telefono, che è spento.
Qualcuno chiama il 113 da una cabina pubblica per dire di cercare gli abiti di lei in un canale di drenaggio in zona Chiuse, con tanto di indirizzo. Cantieri aperti nella nuova zona industriale. Migliaia di posti dove buttare un corpo.
Un corpo nudo.
Dov’è Claudia?
È nello schermo del pc, sovrapposta al pallido elenco del tabulato, col suo sorriso accennato, i tratti alieni, gli occhi ovali. Claudia è un angelo, infatti adesso ha le ali: un paio di ali bianche, arruffate, incarnate nella schiena nuda.
Ragazza strana, atipica, nessuna foto in costume da bagno. Hanno sempre foto in costume da bagno.
Claudia, in trasparenza sulle retine, ora indossa un due pezzi lilla e ha lo stesso sorriso abbozzato.
Tancredi prese un respiro più lungo e si passò le mani sugli occhi, sfregando via le immagini, lasciandole scivolare giù come acqua nella doccia.
Claudia adesso è un residuo che vortica nello scarico prima di affondare nel buio del pavimento.
***
[continua al post sotto]