Don Diego
Il carro si fermò davanti casa.
Qualcuno suonò il campanello molte volte finché si affacciò alla finestra.
“È tutto pronto”, gli urlarono, “manchi solo tu”.
Lanciò uno sguardo alla foto del padre, quella con il cappello abbassato e un ghigno sulla bocca.
“Torno”, gli promise. “Il carro non è quello che pensi tu”.
Afferrò il cappello e la spada con cui nell’aria disegnò una zeta e, sentendosi leggero, uscì.
Il sergente Ingrassia aveva ingoiato un’intera confezione di gomma piuma. Gli fece largo tra il capo indiano e il principe azzurro.
Un pugno di coriandoli, sotto cui nascondersi, apriva la sfilata.
Il carro si fermò davanti casa.
Qualcuno suonò il campanello molte volte finché si affacciò alla finestra.
“È tutto pronto”, gli urlarono, “manchi solo tu”.
Lanciò uno sguardo alla foto del padre, quella con il cappello abbassato e un ghigno sulla bocca.
“Torno”, gli promise. “Il carro non è quello che pensi tu”.
Afferrò il cappello e la spada con cui nell’aria disegnò una zeta e, sentendosi leggero, uscì.
Il sergente Ingrassia aveva ingoiato un’intera confezione di gomma piuma. Gli fece largo tra il capo indiano e il principe azzurro.
Un pugno di coriandoli, sotto cui nascondersi, apriva la sfilata.