Un terzo tempo per un racconto a zero punti forse non ci dovrebbe stare, ma nel nostro bellissimo gruppo c’è ascolto e attenzione per tutti, quindi… vi spiego.
Non era questo il mini che avrei dovuto inviare, ma un altro, più personale ma mi pareva eccessivo e dopo averlo ridotto a 100 parole… mah, prova con dell’altro. A volte bisogna proprio fare come il censore personale consiglia.
Magari lo rintraccio, ma nella versione over 100 caratteri.
Comunque vi spiego il mio 100.
Enzo va in pensione, assapora la libertà con cui immagina di riempire le giornate da pensionato. Ma trova “ingiusto” che sua moglie non possa essere con lui, visto che ha ancora anni da trascorrere in azienda. Lavoravano assieme, facendo i turni e il suo modo di tenerla per mano era di starsene lì, nella portineria, per solidarietà. A non far niente di quello che gli piacerebbe fare.
E da qui il titolo.
Il fatto che considerasse famiglia i colleghi: a volte succede che persone sole, senza parenti o per scelta, cerchino nella cerchia lavorativa quel qualcosa che manca affettivamente. Ormai è un modo di sentire il lavoro che va esaurendosi, presi dai ritmi pressanti, dalle invidie, dalle disillusioni e dalle stanchezze.
Per fortuna ogni tanto si legge di qualche ambiente sano dove nascono belle iniziative, tipo il donare giorni di ferie a chi deve assistere familiari malati o per potersi sottoporre a cure importanti. Mi commuovono sempre ‘ste storie.
Tornando al 100. Mancando lo spazio, per chiudere ho dovuto stralciare: lei viene ovviamente avvisata e lo rassicura, saperlo finalmente in pensione è per lei un sollievo, e avranno comunque una mezza giornata da spendere serenamente, lasciando il lavoro sullo zerbino. (E adesso arriva anche un altro titolo).
Tutto qui.
I commenti poco lusinghieri? Beh, non hanno scalfito la voglia di rimanere nel nostro piccolo villaggio.
Alla prossima, ragazzi.