Un mese soltanto

Rocco cammina a passi lenti. La notte insonne pesa come una barra d’acciaio sulle palpebre. Giulio, il suo primo mese, i pianti affamati, le piccole mani che reclamano abbracci.
Lavorare per suo figlio, una motivazione speciale.
Franco, una crocetta in più sul calendario: ancora un mese e sarà un nuovo inizio. Un gioiello per Enrica, la moto sognata, l’America, forse. Lo sguardo al futuro scintilla tra le rughe.
Poi, l’avaria, il fuoco, il dolore. Sirene che urlano.
Un neonato orfano, una vedova anziana: danni collaterali. I sistemi di sicurezza hanno evitato conseguenze peggiori.
Fra un mese la fabbrica potrà riaprire.

Danni collaterali, in queste due parole hai sintetizzato l'essenza del tuo cento, due parole che nel loro piccolo sono un capolavoro. Non ho altro da aggiungere, per me questo è un cento bellissimo e fortissimo.

Non me ne voglia l'Autore se sbaglio, ma credo che questo 100 faccia riferimento alla tragedia della Thyssenkrupp, proprio qui a Torino, nel 2007. 

Senz'altro un racconto che ha una portata emotiva elevata, chiunque è rimasto sconvolto da quegli avvenimenti. Purtroppo, al giorno d'oggi, dopo quasi vent'anni, in Italia ancora si muore di lavoro. 

Un pezzo che fa riflettere. Grazie.

Ciao Penna. Come in un 100 tu sia riuscita a mettere così tanti personaggi, e con efficacia, ti qualifica come "esperta". Va riletto qualche volta per mettere a fuoco tutti quei personaggi ma funziona, eccome, e per ora mi segno il tuo lavoro come possibile candidato da votare. A rileggerti.

Di prima lettura è difficile inquadrare i personaggi, ma poi, rileggendolo, ci si prende confidenza e scatta l'emozione e il pensiero corre alle fin troppe tragedie sul lavoro.

Il posto di lavoro e le vite che in quel luogo crescono e maturano nella loro vita oltre il luogo.
La scrittura dà colpi di piccone ben assestati e dal grezzo produce una statua pura e lucente.
Questa è la storia e la storia è fatta dalle vicende umane e dai risvolti che solo ognuno di coloro che le vivono più comprendere.
Hai colto in pieno molteplici aspetti spesso dimenticati dalla nostra società che sa macinare la notizia e chi la notizia, suo malgrado l'ha vissuta in prima persona.

Un testo che colpisce forte, ma che per i miei gusti poteva farlo in un modo più potente. Ha tutte le caratteristiche giuste e al posto giusto per colpire, e questa perfezione rende il colpo meno efficace. 
Descrivere due personaggi che fanno presa sul lettore ha reso, per me, il colpo un po' telefonato.
Fatte queste considerazioni puramente personali, ti faccio i complimenti perché comunque il testo fa riflettere ed è molto buono.

Quante vite spezzate, ce le presenti una a una e ci fai capire che un racconto così breve può farci sentire tutti male contemporaneamente.
Non credo che si riferisca a un episodio particolare. Gli infortuni sul lavoro hanno la caratteristica di somigliarsi tutti, almeno nel dolore che provocano.

Troppe sono le vittime del lavoro ancora oggi. La morte non guarda in faccia a nessuno, ma si dovrebbe fare di più per evitare situazioni come quelle che hai descritto. Un cento che vuole essere un omaggio a chi per il lavoro ha perso la vita magari senza aver scelto un mestiere pericoloso. Hai unito i due temi, lavoro e pensione. Un buon lavoro che fa pensare.

Quando si dice destino! La vita a volte è proprio stronza, diciamocelo. Episodi come questo ne accadono tanti, anche oggi uno qui in Val di Non e sempre con una persona giovane coinvolta.
La Penna ha saputo portarci dentro le belle storie dei protagonisti con frasi secche, quasi crudeli  come la vicenda che porta a compimento. Bel lavoro.
Personalmente avrei diviso con degli a capo le descrizione dei momenti dei tre protagonisti, avrebbe giovato al ritmo e reso ancora più forte l'impatto emotivo della storia.

Bello.
Questo breve racconto dice tanto in sole 100 parole e forse il suo "plus" è proprio la lunghezza. Sono riuscita a vedere il mondo che hai immaginato con quelle poche parole e può essere il quotidiano di qualcuno che conosciamo, se non addirittura il nostro. Per questo mi ha coinvolta e mi sono rivista nei mille sogni puntualmente disattesi. Buona prova.

Un 100 di buon impatto emotivo ma che soffre di due criticità, di primo acchito.
La prima è che il passaggio tra i due personaggi è repentino e penso sia difficile coglierlo al volo, tanto che alle prime due letture continuavo a non capire. Poi la cosa si è dipanata.
La seconda è la spersonalizzazione del dolore, il richiamo ai danni collaterali, che fa tanto distopia. Non che sia irrealistico, ma suona un po' forzato, come la contrapposizione con gli affetti e i sogni delle due vittime.

Bello ma poco spontaneo, per il mio gusto.

un triste e doveroso omaggio alle vittime cadute sul posto di lavoro.
bello, potente e chiaro.
arriva dove deve e lascia il segno.
e induce a riflettere.

Ciao autore, il pregio maggiore di questo cento è ricordarci che ci sono persone vere, reali, con i loro desideri, guai, progetti, e non sono solo numeri quelli che ci buttano addosso con le statistiche tremende sulle morti bianche. Il difetto, a mio gusto sia chiaro, è che la forma non è chiara, molto frammentata, non mi ha convinto. A rileggerci!

Ciao Autor. 
Destino bastardo? No. Solo tanta incazzatura se si pensa che la gente va a lavorare e sul lavoro ci muore. Inaccettabile! 
Detto ciò, il tuo 100 è un bel cazzotto che evidenzia i cosiddetti danni collaterali. 
Tanto dopo un mese la fabbrica può riaprire. 
Ottimo lavoro. Complimenti

Racconto molto amaro. Realistico, reale, ma tanto amaro. Fa male. Lascia dolore il dover prendere atto del fatto che il tutto per qualcuno diventa il nulla per altri. 
"Danni collaterali".
Colpisce.

Soggetto che esce dal clichè del lieto fine. Storia che riesce a essere struggente lasciando intuire ciò che succede, senza raccontare tutto. Per me, racconto perfetto.

Ciao, Penna.

103 parole.
Il tema proposto non poteva eludere la narrazione degli incidenti sul lavoro ed è giusto che sia stato trattato almeno da un racconto.
Potrebbe esserci un difetto nell' "a capo" dopo "abbracci", per lo meno ha inceppato la mia lettura mentre cercavo di orientarmi in mezzo ai nomi. C'è anche la cosa ricorrente della morte quando manca poco alla pensione.
Ma nel complesso è un racconto quanto meno coraggioso, soprattutto quel "danni collaterali" messo lì come per dire: vi avevo dato i nomi, ora sono solamente numeri. Finale didascalico che suona un po' vintage.

Grazie e alla prossima.

Morti bianche, morti su lavoro.
E' l'unico brano che ho letto su questo tema: grazie che ce l'hai ricordato.
Forse, più scorrevole l'avrei apprezzato maggiormente.

Ciao, Autore.
Ho dovuto rileggere il tuo racconto da capo appena finito, perché il mio cervello mi aveva portato in un'altra direzione completamente in quanto ho letto "avaria" ma ho recepito "avarizia", e non capivo chi dei due protagonisti avesse dato fuoco e perché.
Quando l'ho riletto, tutto si è fatto chiaro. E terribile.
Mi ha colpito l'uso che riesci a ottenere dalle parole. La sinestesia iniziale è probabilmente l'immagine più forte di tutto il 100, ma anche la personificazione sul finale ha il suo impatto, e se sto analizzando le figure retoriche di significato che hai scelto di inserire vuol dire che mi hai fatto leggere un racconto perfetto per me.
Oltretutto, rileggendolo ancora una volta, si può apprezzarne la costruzione pacata che conduce a un finale impietoso e mestamente attuale.
E a me non resta che farti i complimenti e portarti nel confessionale.

Questo è un 100 forte, dove il quotidiano si mescola all'assurdo.
La quotidianità con un figlio piccolo, le notti bianchi, la stanchezza che pesa come una barra di acciaio prodotta magari in quella fabbrica, e l'assurdo per un incidente che mette fine all'esistenza di un lavoratore.
Questo 100 mi ha fatto riflettere su questa beffa, crepare sul posto di lavoro, facendo magari un lavoro di merda, che non piace, ma che si è costretti a fare per sopravvivere, per andare avanti, e invece il lavoro segna la fine di tutto.
Ciò che non mi piace sono le ultime due righe.
Fino a sirene che urlano tutto era stato fatto molto bene, la penultima riga mi sembra superflua, un di più, e anche l'ultima si discosta dall'essenza del fatto narrato, aprendo un nuovo argomento, sottintendendo che tutto passa e che dopo un pò tutto riprenderà come se nulla sia successo.

Tragedia in fabbrica. 
Vite infrante di cui presto nessuno si ricorderà.
La cosa "importante" è che la fabbrica tra un mese riaprirà.
Reale e toccante.
Ottimo lavoro.

Un racconto che evoca una serie di emozioni intense in un breve spazio di tempo. La descrizione di Rocco, afflitto dalla fatica e dalla privazione del sonno, evidenzia il suo impegno e la sua dedizione a suo figlio Giulio. La menzione di Franco che segna una crocetta sul calendario, simbolo di un nuovo inizio imminente, introduce una nota di speranza nel racconto. Tuttavia, l'inaspettato incidente, rappresentato dall'avaria e dal fuoco, sconvolge i piani e crea una svolta drammatica. La menzione dei danni collaterali, come un neonato orfano e una vedova anziana, mette in luce le conseguenze tragiche dell'incidente. Nonostante ciò, il racconto termina con una promessa di rinascita attraverso la riapertura imminente della fabbrica. Il racconto offre uno sguardo commovente sulla forza dell'amore e sulla fragilità della vita, sottolineando l'importanza della sicurezza e della speranza per il futuro.

Un cento purtroppo ancora troppo attuale.
Il brano induce a riflette e fa calare un velo di tristezza su chi legge e far scaturire emozioni è sempre un punto a favore per l'autore.
In questo testo sono raccontate due vite, le loro aspirazioni e la tragica fine che le accomuna: mettere insieme tutti questi dati in così poche battute ti ha obbligato a fare scelte difficili, come comporre frasi molto secche, quasi didascaliche, con il risultato che il testo sembra compresso e diventa chiaro solo alla seconda lettura.
La scorrevolezza del testo viene frenata dalle frasi brevi e dalle molte subordinate che appesantiscono le scene invece di arricchirle.