Rinnovo i ringraziamenti a tutti quanti!
Spendo qualche parola sul racconto, come d'abitudine.
Quando lessi che il narratore onnisciente era uno dei due paletti, decisi che era ora di spendere il gettone di un racconto che volevo scrivere da tempo, cioè qualcosa con gli animali protagonisti.
Che col narratore onnisciente si sposano bene. E io non amo il narratore onnisciente, beninteso.
Che animali scegliere è stato oggetto di un mese di riflessioni, mentre la stesura quello degli ultimi due giorni del tempo disponibile. Complice il fatto che avevo anche segnato male la data di consegna, ma questo succede mooolto spesso, e non solo con DT.
Ne è venuta fuori una storia un po' così, per il mio gusto almeno, proprio perché, come dice giustamente
@gipoviani nel suo commento, la storia è molto bianco/nero e calca diversi cliché. Sono andato un po' contro i miei dogmi e oh, ha funzionato, che posso dire.
Non sono un Raavi nella vita. Vabbé, solo ogni tanto.
La mia ispirazione non è stato "Il gabbiano Jonathan Livingstone", romanzo che non conoscevo, bensì uno di quelli che più mi ha colpito anni addietro, cioè "La collina dei conigli."
Non so se lo conoscete, io l'ho adorato, è una di quelle letture che ti soffiano ispirazione dentro, almeno per i temi che piacciono a me. A fine lettura, avevo forse vent'anni, oscillavo tra il pianto a dirotto e la voglia di farmi crescere i capelli, pittarmi la faccia di blu e diventare William Wallace.
Infatti fino all'ultimo i protagonisti dovevano essere dei ratti, ma poi sarebbe stato troppo simile al romanzo e così ho virato sui volatili.
Vero, il finale è affrettato, l'ho proprio un po' buttato via, ma il tempo era tiranno e io arrivo sempre all'ultimo.
Per lo stesso motivo vi siete accorti di certe cose strane che compaiono qua e là: si tratta di espedienti salva-caratteri, perché non c'era grande tempo per fare revisioni, o di neologismi che ho buttato lì perché mi piacevano.
Allo stesso modo, ve lo racconto per riderci, la genesi dell'incipit è partita come espediente salva-caratteri.
Trascrizione del mio dialogo interiore.
"Cornacchia è una parola con TROPPI caratteri, ti proibisco di usarla. Fai che sono corvi."
"Ma i corvi non vivono nelle città, è irrealistico!"
"NIENTE CORNACCHIE."
"Senti, facciamo così: la parola cornacchia la uso una sola volta nell'incipit, ci abbino il nome scientifico
Corvus corona, così poi posso chiamarli corvus/corvi per tutto il racconto e nessuno se ne accorge. Ci stai?"
"Sei un cazzo di genio del male."
E niente, peccato che alla fine ho usato mezza volta "corvidi" e basta, quindi tutto il genio per niente. Vabbé.
Oh, e ancora meglio, a fine scrittura, tipo undici di sera, mi dico okay, palle salde, adesso dovremo sfrondare almeno cinquemila caratteri.
Conteggio: 15.000 caratteri.
COSA?
Lacrime e scorno.
In merito ad alcuni passaggi narrativi poco chiari, la città è ancora funzionante perché, nell'idea che avevo in mente, era popolata solo più dai robot e le intelligenze artificiali, che non producono scorie organiche da mangiare per le povere cornacchie. Poi scrivendo ho deciso di cassare questo aspetto, sempre in nome dei tempi corti e della mancanza di tempo per sfrondare i caratteri in eccesso, e di tenere la città illuminata solo per dare un alone misterioso e fare
ambience.
Conteggio a fine scrittura: 15.000 caratteri.
Lacrime e scorno.
L'avevo già scritto? Bene, rafforzo.
In merito a che città ho immaginato, come chiedeva
@Asbottino , ti direi Seoul, o anche Tokyo, ma più Seoul. So che forse non è quanto traspare dalla lettura, lo era di più nella mia immaginazione che comprendeva anche i robot, ma tant'è.
Il Messaggero che risolve la contesa alla fine toglie valore alla ribellione dei due protagonisti, è vero, ma questo va un po' in accordo con le mie personali convinzioni sul mondo, cioé che non siamo propriamente padroni del nostro destino.
Il motivo per il quale il Messaggero sceglie proprio Raavi e Veluna è appena accennato e quindi facilmente passato inosservato: non è la ribellione, è il fatto che sono fertili, mentre il resto dello stormo lo è sempre meno.
Avrei voluto approfondire meglio, ma poi non avrei avuto tempo di sfrondare i caratteri in eccesso.
Conteggio a fine scrittura: 15.000 caratteri.
Lacrime e scorno.
Rafforzo, è doveroso.
Penso di aver detto tutto.
Grazie mille, e alla prossima.
Non so se vi è arrivato il messaggio, ma sarò nella giuria.
Cioé giudicherò dalle ombre.
Aiutissimo. [cit.]