E' bellissimo, e su questo non discuto.
Però c'è un però. Leggendo ho avuto la percezione che il racconto sia diviso in due parti molto nette.
La prima è praticamente perfetta: ti coinvolge e trascina, al netto delle espressioni bizzarre ma dannatamente efficaci del narratore. Ti ritrovi convogliato nella storia dei due protagonisti e te ne senti quasi parte, poco importa che la situazione sia lontana dai canoni della vita di tutti i giorni, almeno per il mio sentire.
Poi qualcosa cambia.
Nella seconda parte, che potrebbe incominciare da "aspirina e caffè", le cose cambiano. La storia sembra spiralizzare su se stessa, arrotolarsi nel cercare un guizzo, un qualcosa che smuova il quadro [cit.] creato fino a quel momento. L'evento catalizzatore è il bosco in fiamme, ma arriva solo nel finale e solo quando ormai io lettore non sono neanche più sicuro che l'incendio sia vero e non piuttosto immaginario. Tardi, forse.
Anche Giulio e Bruna in questa seconda parte cambiano, o sembrano cambiare. I loro ragionamenti, le loro interazioni, si allontanano dalla stravaganza splendida della prima parte e diventano qualcosa di più criptico, di più incomprensibile, con risposte che sembrano sapere solo loro e che in loro rimangono. Con conversioni religiose, vere o momentanee, che arrivano inaspettate e senza preavviso, come il cagnolino del finale, che non si sa se abbia veramente una funzione o sia solo un evento casuale, come può apparire un po' tutto il dipanarsi della tua storia.
Sono combattuto nel giudizio, comunque positivo, proprio per questa stranissima e per me evidente divergenza tra le due metà del racconto.
Gli errori di forma ci sono, sono stati segnalati, io al solito ne avrò notati un decimo, proprio per la qualità e particolarità della scrittura. Verso il finale, però, ho cominciato a notarli con più frequenza, e forse questo è un sintomo che qualcosa non ha funzionato alla perfezione nell'alchimia che hai scelto di creare.
Te ne segnalo solo uno, perché lì mi ci sono proprio inciampato dentro.
- Da dove arriva questo giovanotto? chiede Bruna sensibilmente commossa da una scena che gli calpesta il cuore.
- Era stato abbandonato nel bosco, da ieri razzola qui intorno, gli ho dato un po’ di pane e un nome, non avevo altro da dargli. Ora lo metto al sicuro dentro l’auto di papà.
- Quella arrugginita e con un cacciavite nella pancia dello sportello lato guida per non far scendere il finestrino?
- Proprio quella, se ti piace tanto te la regalo.
- Con tutto il cagnolino dentro?
- Con tutto accetto, dice lei toccandogli il braccio, ho l’impressione che te la cavi benissimo senza di me, ma ti rivorrei indietro, Giulio.
Nello scambio di battute, le due finali sono entrambe di Bruna. Ma scritte in questo modo, una sotto l'altra col trattino introduttivo, fanno sembrare che l'ultima appartenga a Giulio.
In definitiva, sempre sincera ammirazione per questa scrittura così vera, ruspante, vivida, ma qualcosa non ha funzionato appieno, secondo me, nell'equilibrio tra le due parti.