Alessandria d'Egitto
9° giorno prima delle calende di Settembre
79 d.C.
Cosa posso dire della mia vita che non sia già di pubblico dominio? Tutti sanno di come, per tutto il tempo che mi è stato concesso, nella medicina io abbia trovato la mia via. Pochi sanno, però, quanto ho dovuto combattere per trovare la tanto agognata semplicità della vita che ho così rincorso, le lotte per liberarmi dalle mie paure, dai miei limiti. Sono stato un uomo libero, molto più di molti che come me hanno vissuto questi giorni. Di chi è andato oltre alle incomprensioni dovute alla solitudine cercata, dall'impazienza di chi attendeva da me una qualche risposta certa. Libertà che mi ha portato alle più grandi sconfitte, che rimarranno nel tempo più degli innumerevoli successi. Ho vissuto una lunga vita, ma la gloria e la memoria non mi apparterranno mai. Tutti ora conoscono Asclepio, uno degli ultimi esponenti della cultura medica greca e latina della città di Alessandria, un chirurgus dalla fama eccezionale, quasi mistica. Eppure. Eppure tutto questo svanirà. Questa malattia immonda mi tiene da troppo tempo legato a letto, la tosse mi spacca i polmoni e i rigurgiti di sangue ormai si sono fatti frequenti, allievi miei. Potrei anche morire ora, tra i conati e il dolore, ve lo dico perché possiate essere pronti all'evenienza. Per questo mio malessere fisico, oggi la lezione la faremo qui nel mio modesto hortus su questa terrazza. Tutto ciò che vedete qui, dalle gabbie di uccelli esotici, alle bronzee statue degli dei, alle anfore finemente lavorate, l'ho avuto grazie a conoscenze, amicizie e ovviamente al mio amato lavoro. Ma non siete qui per ammirare l'opulenza della mia vita. Ricchezza addobbata con piante e fiori colorati, per nascondere tutto ciò che corrode l'animo umano. Siete qui per apprendere l'ultima lezione e soprattutto per godere di una spettacolare vista della città, del nostro faro simbolo di appartenenza. Sentite i profumi della vostra città, ascoltate i bisbigli dei nostri antenati che qui hanno dimorato. In questa eterna città, io ho avuto una vita lunga e adornata di fatti, di uomini, di donne. Ho conosciuto nove imperatori, nove dico. E con ognuno di loro, sono stato in ottimi rapporti. Lo stravagante Caligola, il controverso Nerone. Poi l'anno dei quattro imperatori e il mio caro vecchio amico Vespasiano. Che gli Dei possano averlo accolto come si deve. Vi ho già raccontato che io e lui siamo nati lo stesso giorno? Certo che si, perdonate questo sciocco vecchio. Talmente vecchio, che ho deciso di farmi ritrarre per il mio ultimo viaggio, così come è costume di queste antiche terre. Se ve ne siete accorti, accanto a voi c'è un estraneo, uno scriba di contorno. Esponente di una nobile arte di disegno e pittura, arriva dalla regione del Fayum. Vi chiedo di non dargli peso, egli è qui per me, per ritrarmi nell'atto di espletare il mio lavoro di insegnamento. In quest'ultimo periodo nel quale sono stato costretto tra quattro mura, ho pensato molto alla mia Rodi, alla mia casa, al mio passato. Le verdi fronde dei boschi marittimi che costeggiano le spiagge di sabbia bianca, la bellezza dei palazzi, i colori dei fiori, le donne. Ricordi che fino a qualche tempo fa, risultavano sbiaditi nella mia mente e ora invece, tornano vividi. E perché succede questo, io mi chiedo. Forse mai, riusciremo a capire perché con l'avanzare del tempo, si ricordino più i fatti lontani a discapito di quelli più vicini a noi. La mente, vi dico, è la parte più incomprensibile che ci è stata donata. Mi ricordo ancora di quando sono arrivato qui, con la mia famiglia, ormai sessant'anni fa. Eppure se mi chiedete che cosa abbia mangiato ieri sera, potrei dirvi carne o pesce, e probabilmente mentirei in entrambi i casi. Ho provato per anni ad arrivare a una conclusione sulla malattia che mi ha colpito e su come io dimentichi le cose. Ma la medicina che abbiamo portato con noi dalla Grecia, nemmeno unita con quella ancestrale di queste terre, è riuscita a venirmi in soccorso. E' una malattia degenerante, questo ormai è chiaro. Fortunatamente, essendomi ammalato solo negli ultimi anni, molto sono riuscito a sviluppare e nella mia taberna medica, ho sempre cercato di utilizzare entrambe le medicine, unendole insieme alle volte, per creare rimedi nuovi. Ecco, questo dovrete imparare. Mai fermarvi alle apparenze o al conosciuto. Pretendete il meglio da voi, solo così ricaverete dal sacrificio di una vita donata per il bene degli altri. Non come il mio amico Plinio, che ha terminato di comporre alla fine dell'anno passato qualcosa di eccezionale. Io stesso ho partecipato a quella raccolta, ma egli ha rinnegato il mio aiuto, facendo passare per sue le ricerche sulle erbe mediche. Ricerche che non avrebbe potuto fare nemmeno se Esculapio gli fosse apparso in sogno. Nemmeno in mille vite, quel giovane, avrebbe le conoscenze mie, studiate e immagazzinate per più di quaranta anni di lavoro. E per non farsi mancare nulla, ha dedicato la raccolta al figlio del mio amico Vespasiano, il nuovo imperatore. E' furbo Plinio, assai furbo. E io l'ho sempre reputato un amico, sempre fedele, sempre al mio fianco. Gli ho fatto conoscere persino Vespasiano, lui si che era davvero un grande amico. Il divino, cosi come gli piaceva farsi chiamare. E per quanto voi conosciate la storia della vita dell'uomo, io vi racconterò di come sia diventato divino, imbrogliando. Già, perché l'uomo che disse che il denaro non puzza, non possedeva alcun potere mistico. Ma aveva una grande testa e la fortuna di avere accanto a lui persone colte e furbe, almeno quanto lui. Vedete, quando arrivò in città durante la guerra civile, egli voleva essere assunto come dio, ma non aveva né i mezzi, né l'ardore necessario. Si appoggiò dunque al valetunidarium della città e sotto consiglio del suo medico personale, fece portare all'esterno due malati. Uno di loro, soffriva di cecità provocata da piaghe agli occhi. L'altro invece, di dolori alle anche che non lo facevano camminare. Egli li pagò e li trasformò per la folla in un cieco e in uno storpio. Il medico lo aveva assicurato che con le medicine adeguate, sarebbero guariti e lui sarebbe passato per divino. I due raccontarono di come Serapide gli fosse apparso in sogno, avvisandoli che il princes li avrebbe guariti. Fù cosi che Vespasiano sputò negli occhi al cieco e toccò con i piedi le gambe dello storpio. I due, in pochi giorni guarirono. Vespasiano diventò divino e il suo medico personale, cominciò a godere di un'ottima fama medica. Oltre che a una spiccata dote di inventore di storie. Sì, perché la storiella dei malati, se la inventò di sana pianta, in completa fantasia. Quel giovane aveva dei sogni, come Vespasiano. Inventò bugie per perseguire il suo sogno, come Vespasiano. Da quel giorno diventarono amici, per tutta la vita. Io ero quel giovane, cari allievi. Questo fatto, ci porta a pensare che è vero ciò che è stato sempre detto. Ovvero che i sognatori ci distruggeranno! Devono morire, prima che loro uccidano tutti noi, con i loro sogni! La libertà che ho conquistato con il lavoro e le bugie, temo stia remando contro di me ora. Mi sta chiedendo il prezzo, dopo aver usufruito delle possibilità. Dannata età. Ho vissuto cosi a lungo in questa città, che ho dimenticato i piaceri semplici della vita. Alessandria è camaleontica, speciale, affascinante. Costruita da un visionario, dominata da faraoni, conquistata da legioni. Eppure è perfetta nella sua complessa semplicità. Gli uomini che l'hanno abitata, coloro che sono nati qui, quelli che ci sono arrivati come me o quelli che continueranno a esserci come voi, sono stati, sono e saranno il vero motivo per cui Alessandria sarà ricordata nel tempo. Guardate la magnificenza del nostro porto, le navi mercantili che trasformano il porto in uno scalo tra i più desiderati dell'impero. Qui si trovano spezie, stoffe, schiavi, cibi e ogni cosa da qualsiasi terra. Qui voi avete in mano il potere di stravolgere gli eventi, sognate in grande come solo qui si può fare ma senza osare troppo nei sogni, sono pungenti. Per mia disgrazia, non sarò un nuovo Vespasiano. Sono sicuro che non mi stia trasformando in un dio. Ne tanto meno potrò morire in piedi come un imperatore. Non verrò ricordato nella raccolta di Plinio, eppure grazie a voi, il mio sapere sarà tramandato. Vi lascio tutte le mie ricerche, i miei scritti e il mio sapere. Li troverete nella mia biblioteca privata al piano inferiore, sono sicuro che ne potrete fare buon uso. Ecco la mia ultima lezione, dopo tutto questo parlare. Vi ho esposto la migliore di questi ultimi anni. La differenza tra umano e divino, il discernimento tra l'essere giusti amici o vili profittatori, il credere nei sogni e nell'appoggiarvi a delle persone amiche o contare solo su voi stessi. Una cosa di cui sono certo e che posso dirvi e che c'è più forza nel non essere soli, io l'ho capito ormai troppo tardi e non voglio che voi facciate il mio stesso errore. Siate saggi, siate retti, siate umani. Prima che ve ne andiate, dovete promettermi che non appena io sarò partito, verrete a liberare tutti i miei uccelli. Desidero che anche loro, possano godere della libertà. Io domani partirò alla volta di Stabiae, nella penisola italica. Partirà da lì l'ultima parte della mia vita, dovrei giungere la nove giorni prima delle calende di novembre. E' stato Plinio ad invitarmi, mi ha detto che vuole riappacificarsi e mostrarmi una bellissima montagna ricchi di pennacchi di fumo. Ho deciso di credergli, ancora una volta. E' forse questo il mio peccato più grande. Dare fiducia nelle persone, più volte. Non credo che ci rivedremo, allievi miei. Ricordatevi di me, grazie a quel dipinto che ora è terminato. Troverete i miei arruffati capelli bianchi, la barba ispida e incolta. Persino i miei occhi azzurri che vi fisseranno ogni qualvolta dovrete prendere una decisione. Lo lascerò al valetudinarium domani prima di partire. Vi chiedo di accogliere per il tempo dovuto il nostro amico scriba, così che lui possa godersi la nostra città e chissà magari trovare futuri lavori. Sono certo che la tua arte troverà una buona strada. Diventerai famoso come chi ha dipinto le pareti di casa mia, con scene delle guerre del grande Filippo e del suo più magnus figlio. Miei allievi, non avete più necessità alcuna di apprendere da me, siete pronti ad affrontare la vita che avete davanti. Siate corretti, siate umili e non fatevi tentare dall'avidità e dal successo personale. Abbiate la costanza di fare del bene, senza pretendere riconoscimenti. Fate buon uso dei miei lavori, provate sempre, infrangete le barriere e diventate ciò che siete destinati a essere. Ecco dunque arriviamo ai saluti, in questi ultimi istanti insieme. Possiate essere felici. I vostri atti , mi riempiranno il cuore di gioia. Vedo il cammino davanti a me, là oltre la vista, al faro. Il mio ultimo desiderio sarebbe quello di sapere che verranno costruite statue di me. Che il mio nome sarà ricordato e che questo giorno sarà considerato funesto per la mia partenza. Se è vero che i sognatori ci uccideranno, il desiderio di un vecchio può considerarsi pericoloso?. Mi accontenterò di sapere che il mio volto sarà ricordato, mi accontenterò di sapere di avervi donato qualcosa. Poiché io non sono divino. Sono un semplice vecchio. Con un sogno grande. E un vulcano come meta per iniziare l'ultima parte della mia vita. Addio amici miei, addio.