Metà degli amici della adolescenza tornavano al paese per Natale o per le vacanze estive.
Tutti schizzati, strani, super modernizzati, con le scarpe a punta, i pantaloni a zampa d'elefante e i capelli lunghi.
Facevano sentire me, che vivevo in una città come Roma, inadeguato. Loro erano più avanti in tutto.
Per raggiungerli, per imitarli, e che Dio mi fulmini se non è vero, a sedici anni mi presi una cotta per una ragazza tedesca, e a diciotto raggiunsi la Baviera in autostop.
Perché racconto questo? Perché il mondo degli emigranti era un mondo a parte. Loro odiavano e nello stesso tempo ammiravano la nazione che li ospitava, un ossimoro che gli donava un alone di superiorità e soddisfazione economica.
Pur rimanendo pacchiane, le loro automobili con gli alettoni e i colori accesi avevano conquistato la piazzetta del mio paesello natio. Somigliando molto ai fuochi artificiali del tuo racconto.
Ti abbraccio commosso, autore.
Quel mondo, limitato, lo hai ben visualizzato nel tuo racconto, che va ben oltre la storia calcistica dei mondiali.