UNA TRANQUILLA SERATA ESTIVA
Una piccola avventura vera e un po’ di fantasia per condire il momento.
Per sdrammatizzare.
Con una risata le paure non guariscono ma la fifa del momento sì.
Estate 2007, da qualche parte nella Pianura Padana.
- Pronto? 113? -
- Parla Bertani, dica pure. -
- Sono il dottor Morelli, un medico, e sono fermo a R., sulla via Emilia. Ha presente il magazzino di arredamenti? -
- Certo. -
- Davanti al cancello di una villetta, proprio lì di fronte, c’è un tizio in mutande, con una mazza da baseball in mano e che sta discutendo con un cane. -
- Animatamente o…? -
- No, no, il cane è seduto e lo ascolta tranquillamente, l’uomo invece è agitato. -
- Che razza? Il cane intendo. -
- Un pastore tedesco. L’uomo sembra… nostrano.
- Nostrano nostrano? Doc…
- Senta, non mi prenda in giro: sono un medico e ho una certa esperienza sugli effetti del caldo di questi giorni! -
- Scusi, ma era solo per capire se dobbiamo allertare anche il servizio veterinario. -
- OK. Comunque adesso il tizio è entrato nel giardino della villetta, di corsa. E il cane gli è andato dietro. È sempre molto agitato, gesticola e parla da solo. L’uomo, non il cane. Senta, se mandate qualcuno io resto nei paraggi, servisse un calmante o… -
- Va bene, grazie. Mandiamo subito una volante. Lei però non si avvicini, mi raccomando. Niente eroismi. -
Bertani si gira verso il collega:
- Ciccio, che dici? Ci mandiamo i due pivellini della volante 13? Mo’ vediamo come se la cavano, co’ tutte le procedure stampate qua - e si tocca la tempia – con il tizio smutandato. -
- Vabbuo’, ce penso io. Sala operativa a Venezia 13: intervento urgente a R. Villetta di fronte al negozio di arredamenti. Attenzione: uomo, bianco, armato di mazza da baseball, atteggiamento sospetto e molto agitato. Occhio ragazzi: c’è anche un cane, di grossa taglia. Svelti. -
- Kappa. – Fruscii e un sottofondo di musica tecno.
Tempo dieci secondi e sentirono la macchina sgommare dal parcheggio, l’odore degli pneumatici arrivò fino al secondo piano, insieme al suono delle sirene: contarono fino a cinque e sentirono le frenate degli automobilisti alla rotonda in fondo al viale. Aspettarono il botto: niente, i pivellini erano sani e salvi.
Due minuti e…
- Prontoooooo? Centotreediciiiiiiii? -
- Certo signora, dica pure. – Bertani scostò la cornetta ad almeno mezzo metro dall’orecchio: la telefonata l’avrebbe sentita anche il Dirigente, al piano di sopra.
- Sono Rosetta Bisi, vedova Bonatti, vedova Germani, fu Antonio e fu Argenide, via Emilia 3, R., provincia di lei lo sa. -
Bertani si toccò scaramanticamente: doppia vedovanza, si sa mai che ci sia qualcosa di contagioso in linea.
- Giovinotto cla staga teint! LEI deve mandare qualcuno perché davanti casa mia c’è un uomo biot, biotto, nudo, caaattiiiivooooo, che sta picchiando un cane con un bastone! Ohssignurrr… lo mazza, adesso lo mazza… HA CAPITO DOVE SONO? – 120 decibel, minimo.
- Signora Bisi... -
- Vedova Bonatti, vedova Germani, giovane. 85 anni se le interessa. -
Ciccio, che stava ascoltando suo malgrado, disegnò un paio di cuoricini su un foglietto e cominciò a mandare bacetti silenziosi al collega, che lo fulminò con gli occhi.
- Va bene, signora. Ci hanno già avvisato. Adesso lei si chiuda in casa e non si preoccupi. -
- Ma se mi chiudo in casa non vedo mica l’uomo biotto! -
- Scusi, ma lei non è in casa? -
- Mo nooo! Sono in giardino, sulla scala che mi serve per cattare su le pesche, c’ho il telefonino che mi ha regalato mio nipote! Fa anche le foto! Quello lì, se va bene sotto il lampione, ci faccio una bella foto, poi la metto sul mio compiutero! -
- Lei ha il computer? – Ciccio, paonazzo e praticamente in apnea, stava ridendo fino alle lacrime, appoggiato al muro come stesse facendo la conta a nascondino, dando teatralmente pugni alla parente, ma piano però.
- Beh giovane, ma in che mondo vivi te? Sicuro che c’ho il compiutero! Varda che bastonate! Ciao ciao. Cia cia ciao.-
Bertani e Fusco si guardarono attraverso il velo di lacrime delle risate: ormai non dicevano più da tanto tempo “Non ci posso credere!” Registrarono la seconda chiamata e scherzarono ancora qualche minuto su come la nonna bivedova usasse il compiutero. Che tempi!
Fusco si mise a canticchiare, sottovoce: - La notte è piccola per noi, troppo piccolina, na na na nanananaà. -
Ma quella notte non era fatta per la calma: una volta tanto che non c’erano risse o retate e che la gente, spossata dal caldo, cercava di starsene al fresco…
Certo, erano solo le dieci e mezza, e prima che sorgesse il sole ne sarebbero successe di cose!
- Pronto 113? – una voce roca e sussurrante, tipo paddrino.
- Dica pure, chi palla e daddove. – Fusco deppalemmo era.
- Fossi scemo se glielo dico. Ascolti bene che ho poco tempo, che poi mi intercettate. Mandate qualcuno a R. O – MI – CI – DIO. Il mio vicino è impazzito. - Sussurrante e scemo.
- Scusasse, se vuole che intevveniamo, un indirizzo ce vuole anh! -
- Ma se le ho detto che è il mio vicino, ma provi a mettere in moto in cervello. -
- Va bene, va bene. - Inutile discutere.
- Allora, il mio vicino ha sicuramente ucciso qualcuno, è in evidente stato confusionale – adesso la voce era più sicura e molto seriosa, neanche stesse leggendo il rapporto di un esperto C.S.I. – è in mutande, brandisce una mazza da baseball ed è interamente coperto di sangue. -
Bertani e Fusco tornano seri, all’erta. Mentre Fusco tiene al telefono l’uomo, Bertani avvisa il capo servizio.
- Okkei, stia calmo e…-
- Prenda nota, deve avere intenzione anche di uccidere il suo cane, unico testimone dell’efferato delitto. -
Fusco commentò sottovoce: - Si certo! Mo’, se lo salviamo, chiamiamo Rex come inteppetre, per il vebbale!
Solo un attimo.
- E secondo lei chi avrebbe ucciso? -
- E che caz… che caspita ne so io? Mica vado a chiedere a tutti quelli che lo vanno a trovare chi sono! -
- Non si arrabbi e stia calmo, abbiamo già una macchina in arrivo. -
- Io comunque non so niente, non ho visto niente, non voglio grane, quel tipo lì mi ha già combinato dei casini con la siepe! -
- Certo certo, la sua è una chiamata anonima, vero signor… Come ha detto che si chiama? -
- Veh, bello non mi freghi mica! Se non ti ho detto prima che mi chiamo Giuliano Groppi vuoi che te lo dico adesso! Ohhhh mica siamo deficienti! Bon, adesso vado a vedere cosa succede. -
Clic.
A questo punto la sala operativa del 113 è affollata: da una parte la curiosità per quelle chiamate strane e dall’altra un po’ di apprensione per i due pivellini.
- Che ce mandiamo anche il commissario Vitale? Sessammai! -
- Aspetta nu momento, che impareno qualcosa… Daje ‘na voce che stiano all’occhio! Maronnasanta, tre matti in un botto solo! Avvisa mo’ Laperla al pronto soccorso, se tenesse pronto! -
Mentre la Volante 13 si districa tra rotonde, scooter, ciclisti col telefonino e commercialisti a caccia di libellule, nel giardino della villetta a R. si sta consumando l’ennesimo dramma di questa torrida estate.
Cotti Giovanni, 45 anni, bancario, in mutande, è accasciato sul prato, nascosto dietro un cespuglio di ortensie, l’esile corpo martoriato dalle punture di zanzare tigre, in preda al panico più assoluto.
Un quarto d’ora prima era andato in cucina, a prepararsi una bella bibita fresca: la pizza alla marinara gli aveva messo una grande arsura, per non parlare della peperonata della mamma, con cui stava discutendo da mezzogiorno.
Con la peperonata, non con la mamma.
Per fortuna la casa era fresca, i vecchi muri spessi avevano tenuto fuori il caldo: si sarebbe goduto per un’oretta le fresche correnti d’aria che si rincorrevano tra le finestre spalancate, magari con della buona musica a fargli compagnia.
Aveva appena spento la luce quando avvertì nettissima, la sensazione che nel soggiorno ci fosse qualcuno: un movimento nel buio, uno spostamento d’aria che aveva sentito sulla pelle sudaticcia e un odore acido, di abiti mal lavati.
E poi un suono strano, soffocato, spaventoso.
Qualche minuto prima
Giovanni non esita un attimo.
Si libera delle ciabattine infradito e corre il più silenziosamente possibile all’entrata, dal grande portaombrelli prende la mazza da baseball ricordo di un viaggio negli States, un’ultima occhiata nella stanza appena rischiarata dalle luci della strada e con uno scatto felino… salta la bassa finestrella di fianco al portoncino, lasciata imprudentemente spalancata, e finisce in giardino.
Praticamente addosso ad Ugo Schultz, il suo migliore amico.
Un cane lupo.
Tutti i cani lupo, se svegliati all’improvviso, si incazzano di brutto. E prima mordono, poi controllano chi hanno azzannato.
Per fortuna Ugo ha un attimo di esitazione e Giovanni è salvo.
- Ugo, vai! In casa! Ladro! Vai! – Sottovoce per non farsi sentire dall’intruso.
Frasi secche, ordini decisi, l’istruttore era stato chiaro: il cane deve sapere chi comanda.
Ugo lo guarda un attimo, si stiracchia pigramente, poi si sdraia, incrocia le zampe, ci appoggia il muso e fissa brevemente dal basso all’alto Giovanni, che tenta di convincerlo a entrare in casa. Uno sguardo che la dice tutta: “Io? Entrare in casa? Al buio? Mo sit mat?”
Giovanni è arrabbiato e spaventato.
- Bell’amico che sei! Le scatolette, il veterinario e guarda che bel ringraziamento. -
“Veterinario? E io che pensavo fosse il medico della mutua!”
- Dai, per favore! Sei un cane lupo! Sei un cane da guardia, no? -
“Non mi risulta.”
- Per favore! Ti prego, ti scongiuro! Ti ricordi Rex, com’è coraggioso? -
“E daje con ’sto Rex! Ma se mi sparano, io la controfigura non ce l’ho mica! E poi, a lui, lo pagano."
Giovanni decide di essere un po’ coraggioso e, quatto quatto, spia dalla finestrella nel soggiorno. Mentre passa un camion che sembra un santuario nel giorno del patrono in trasferta, vede l’intruso.
Ma quale ladro! È un pipistrello, che svolazza sicuro per le stanze, schivando per un niente vasi e lampade, ma senza riuscire a uscire dalle finestre, ostacolato dalle lunghe tende finite tra i battenti aperti.
Niente ladro ma è peggio che andar di notte a fanali spenti: Giovanni ha la fobia per topi e pipistrelli. Lo terrorizzano. Succede. Anche a chi è nato e cresciuto in campagna.
Però in casa deve tornare: mica può dormire in giardino, per di più l’auto è in garage e non ha niente da mettersi addosso.
Acchiappando al volo un po’ di coraggio che passava per caso, e sistemandosi in testa una salvietta trovata appesa ad asciugare, entra in casa, seguito pigramente, o forse cautamente, da Ugo.
Niente da fare: al primo volo radente del pipistrello Giovanni ritorna precipitosamente in giardino. Non urla semplicemente perché il fiato non collabora.
Arriva al cancello della villetta, ormai deciso a chiedere aiuto: realizza solo allora di essere in mutande, di essere sulla statale e che qualche auto gli lampeggia e poi rallenta. Manda elegantemente a quel paese un tot di persone (non troppo elegantemente ad onor del vero) e alla fine, per sfogarsi del tutto, se la prende con Ugo, che gli si è tranquillamente seduto accanto.
Gesticolando, sempre brandendo la mazza da baseball, non gliene risparmia una.
- Sei un cane incompetente, un camper per pulci, un mangiascatolette a tradimento, una finta di cane da guardia: per una volta che ti chiedo un favore, tu cosa sei capace di fare? Niente. Un gatto randagio saprebbe fare di meglio. -
Ugo lo guarda con compatimento, poi trotterella fino alla porta del garage e, sempre con calma, torna da Giovanni: in bocca tiene il telefonino, che il suo padrone non si era accorto di aver perso poco prima.
Magnum gaudio: Giovanni comincia a chiamare gli amici, spiegando di aver bisogno di un aiutino per liberarsi di un pipistrello che gli impedisce di entrare in casa. Help, help, help.
Conoscendo Giovanni e la sua propensione allo scherzo e alle prese per i fondelli, e sapendo che abita da sempre in campagna, gli amici si tolgono qualche soddisfazione…
Adesso
La volante frena a cinque centimetri dalla siepe (e gli va alla grande perché volontariamente Luciano, alla guida, non sarebbe mai riuscito a farlo): i due agenti scendono e si mettono in posizione di tiro coperto, eano persino riusciti a infilarsi il giubbetto antiproiettili.
Nessun movimento sospetto, solo un bel cagnone che va loro incontro trotterellando, con la lingua di fuori per il caldo: Ugo li conduce dietro il cespuglio di ortensie.
Una scena pietosa: seduto a gambe incrociate, la salvietta a mo’ di scialletto sulla testa, Giovanni sta bofonchiando qualcosa che pare assomigliare a un “Io Robin, tu Batman, Goldrake” mentre il telefonino che tiene in mano squilla ogni tre secondi. È circondato da un nugolo di zanzare, che stanno banchettando allegramente.
Uno degli agenti prende il telefonino e prova a leggere i messaggini in arrivo, per cercare di capire cosa stia succedendo. L’altro tenta, con calma, di convincere Giovanni a rientrare in casa. Nessun omicidio, niente sangue addosso all’uomo o sulla mazza: un altro che non regge il caldo e forse l’alcool.
Ma quando Giovanni realizza che lo stanno portando in casa, comincia a strepitare, si dibatte, butta le braccia al collo dell’agente, che insomma, sarebbe tradizionalista, e lancia un urlo disumano quando dalla porta finestra, esce un grosso pipistrello, che sfiora il berretto dell’agente.
L’altro agente, che sta arrivando in aiuto al collega, vedendo la scena comprende il significato dei vari messaggini:
- SARA’ MIKA BATMAN.
- DIGLI KE 6 ROBIN.
- VOLA RADENTE TOP GUN
Il Dottor Morelli, rimasto per fortuna nei paraggi, riesce a calmare Giovanni, ridotto a uno straccio. Tutti assieme, in una ben strana processione, girano la casa da cima a fondo per rassicurarlo che non ci sono altri pipistrelli, che non è vero che si nascondono tra le tende o nei bagni ecc. ecc.
Uno degli amici, passando per caso davanti alla villetta e incuriosito dalla presenza della Polizia, si ferma e finisce per rimanere fino a che Giovanni, stremato dalla brutta avventura, non piomba in un sonno agitato e pieno di ombre.
L’amico chiude per bene porte e finestre, non prima di aver informato con dovizia di particolari gli amici, e se ne torna a casa.
FINE
- E gli altri? Senti cocca, non puoi lasciare gli incauti lettori così, l’epilogo deve essere completo. Dico bene o dico sciocco? -
- Ma ci mancherebbe altro, lettore pignolo ma distratto, dovevo solo mettere il fine pagina.
Allora, vediamo un po’.
La signora Rosetta, colta da un attacco di risate convulse, ha rischiato di cadere dalla scala almeno una decina di volte e le foto le sono venute tutte mosse: ma vuoi mettere il divertimento, altro che Zelig!
L’anonimo telefonista non ha perso una sola scena di tutta la storia, sogghignando soddisfatto fino al momento in cui un automobilista, scorgendo l’auto della Polizia, non ha pensato bene di passare dai 120 ai 50 in venti metri e, non essendo pratico, ha centrando in pieno la siepe appena piantumata, ancora sorretta dai paletti di sostegno.
Nascosto tra le fronde di un albero, il pipistrello se la ride alla grande e poco dopo nell’aria afosa di una bella serata di luglio, è tutto un gira e rigira di messaggi ad ultrasuoni:
- A tutti i pipistrelli vicini e lontani! Ragazzi! Abbiamo trovato il posto per il Rave party! Domani sera, via Emilia, secondo lampione a destra dopo l’insegna blu! Divertimento assicurato! Il padrone di casa è dei nostri!”
Ogni riferimento a fatti e persone è voluto.
Il pipistrello esiste e l’incursione nella villetta è successa davvero.
Cotti Giovanni esiste: ho usato uno pseudonimo. La privacy è gradita.
R.di.C. e il magazzino di arredamenti esistono e potere andare a controllare se volete! Occhio ai multavelox.
La signora Rosetta da qualche parte esiste: di bivedove se ne trovano dappertutto (con possibili mariti come Giovanni è assolutamente certo che ce ne sono).
Il vicino anonimo esiste, ma non andate a cercarlo: in questi giorni è un po’… alberato.
Unica libertà che chi scrive si è concessa, le chiamate al 113: forse, però, proprio proprio di fantasia non ha lavorato.
Ugo Shultz è esistito davvero: il suo nome era Shultz ma siccome la mamma di Giovanni aveva difficoltà a chiamarlo così: "Chiamalo Ugo, che risponde lo stesso!". Un cane adeguato al padrone comunque.
Nessun intervento della Polizia comunque, ma solo quello di un vicino gentile.
Nessun incidente: la siepe fa parte di un’altra storia accaduta pochi giorni prima.
Giovanni, che ci ha fatto ridere fino alle lacrime con la sua disavventura, si è lasciato tranquillamente prendere in giro: non abbiamo esagerato perché le paure sono una cosa seria, ma ognuno ha avuto spazio per le battutacce.
Il giorno dopo, complice una certa persona che ha fatto le ore piccole, Giovanni è tornato a casa col “suo” raccontino, che probabilmente avrà letto assieme alle sue bambine, durante quello che non abbiamo dubbi, sarà stato un allegrissimo week end.
L’autrice ha faticato non poco a prendere sonno: ridere fino alle lacrime e addormentarsi pare sia improbabile.
Qualche mese dopo, “per caso”, avremmo anche trovato un bel pipistrello di plastica a pile, ideale per un regalo con cui ricambiare il momento di ilarità, ma, salvati in extremis da un po’ di buon senso, abbiamo soprasseduto. Va bene scherzare, ma con le paure meglio evitare.
Dedicato a Giovanni, un amico come ce ne sono pochi, che si descrive così:
Io vorrei una vita normale, ma la vita normale non vuole me.
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Ultima modifica di Susanna il Mar Apr 20, 2021 8:54 am - modificato 2 volte.