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Aspetto da tempo seduta su questo gradino lurido.
Non ho fretta io. Non ne ho mai avuta.
Ora ancora meno, poi. Vorrei quasi rimanere ad aspettare qui per sempre. Aspettare che succeda qualcosa che cambi l'ordine, sovverta le leggi, qualcosa che mi faccia capire che le cose hanno un senso.
I giornali non ne parlano, di quelli come me, e neanche i libri. Mai. Nessuno parla mai delle persone che dovrebbero essere felici e quindi libere dallo scandaglio della psiche, appannaggio esclusivo dei reietti. Quelli come me, benestanti, con un buon lavoro, una bella famiglia.
Dostoevskij diceva che tutte le famiglie felici sono uguali. No, non lo sono. Perché la felicità non esiste.
Quelli come me.
Una frase che ci taglia, che mi taglia, fuori dal mondo reale. Dal mondo di quelli che si possono lamentare. Pare invece che io non possa lamentarmi mai di nulla. Dovrei solo sorridere e basta. Quelli come me devono sorridere.
Per non parlare poi di quelle come me. Oh, lì apriti cielo. Quelle come me. Sicuramente faciline.
Laureate, sì, ma chissà come. Troppo perfette, chissà quanti soldi ci spendono. Troppo belle per poter avere anche un cervello, dio tende a essere equo, dicono.
Quelle come me non riescono a mescolarsi con le altre. Ci mischiamo solo tra di noi.
Una storia vera, banale, come la mia, non fa scalpore. Non interessa, non commuove. È il nulla cosmico, il niente sul niente moltiplicato niente. Un niente che mi viene a prendere di notte e me lo ripete. Tu non vali niente. Sei una nullità.
Dentro casa è diverso, certo.
Ovvio ma non così ovvio. Ma dentro la mia casa mi sento una regina. Una persona migliore. Una persona che vale qualcosa. E qualcosa è meglio di niente. Sempre meglio di niente.
Una volta pensavo che tutta la vita sarebbe stata una luminosa passerella sulla quale sfilare e volteggiare sulle mie esperienze, che immaginavo innumerevoli.
E adesso guardo la mia vita e penso solo: Stringimi, stringimi forte ti prego non lasciarmi andare. Non farmi scivolare. Stringimi più forte di così. Tienimi stretta, vita mia, non lasciarmi.
Forse è la mezza età, questo ritrovarmi sempre al punto di partenza; gli altri hanno detto, fatto.
Hanno brillato.
Sono avanti, altrove.
Bisogna averlo tutto, il coraggio.
Parecchio, almeno.
Altrimenti si rimane qui, su questo lurido gradino, ad aspettare qualcosa che quel coraggio me lo scarichi addosso come una badilata.
Ed è quello che faccio. Aspetto di vedere lui, il mio tanto perfetto e invidiatomi marito, uscire da quel portone.
E finalmente il portone si spalanca ed ecco Riccardo, jeans sbiadito a puntino, camicia azzurra con le maniche arrotolate, e il braccio destro attorno (avvolgente, protettivo) a lei, delicato come una gioielliere. Lei. L'altra.
La mia competitor. Anzi no, io ero lì prima.
Quindi la mia sostituta.
Per essere bella è bella, viso solare, grandi occhi, fisico tonico, bel sorriso.
Fluida nei movimenti.
Continuo a guardarli, ora sono mano nella mano, come due innamorati soli al mondo. Ma soli al mondo, lui almeno, non lo sono. Sono talmente presi da loro da non accorgersi di me. Mi alzo e li seguo.
Non dovrei fare nulla, lo so bene. La mia buona educazione, il mio status sociale, il mio naturale riserbo, tutto mi spingerebbe al silenzio, abbozzare, lavare i panni sporchi in casa e tacere, come se fosse colpa mia. No, non mi avrete, perbenisti del cazzo.
Batto con la mano sulla spalla di lui, schiarendomi la gola.
Voglio distruggere la loro felicità. Buona parte di quella felicità è mia, tutta mia, rubata alla mia vita. Lui si gira. Sbianca. Farfuglia. Molla la mano di lei come se fosse una cosa immonda. Che vigliacco!
Lei non capisce, forse non sa. Lei ha davvero occhi bellissimi e dolci. Giovane e ingenua. Come un tempo ero io.
- Riccardo, che succede? Gli chiede
- Se resti qui- gli dico io con voce fredda, distante. - Riccardo dico a te. Se resti qui, restaci per sempre. Non saresti neanche questa gran perdita, a dirla tutta.
All'improvviso mi sento in pace, totalmente.
La badilata è arrivata.
Mi volto verso di lei, mi fa quasi tenerezza.
- Sono sua moglie, nel caso si fosse dimenticato di comunicarti il dettaglio di essere sposato.
E poi, senza aspettare nessuna replica, mi incammino verso la metropolitana.
Ho il passo leggero di chi ha scelto.