C'è un diffuso silenzio che permea tutto il testo, un silenzio che sa di picchi innevati circondati da foreste (le "splendenti montagne della luna calante"); un silenzio interrotto solo dal soffio del vento che accarezza i rami e i sentieri e dallo sgocciolio del ghiaccio a primavera. Un silenzio pieno di "ricordi dimenticati" che, come un piccolo torrente al disgelo, tornano vivi, rifioriscono, propprio nel momento in cui "L'anima mia non aveva più nulla da raccontare". E chi conserverà allora quei ricordi, se non "coloro che osservavano dalle rive"? Chi, se non "voi amici sulle sponde del fiume"?
E c'è un particolare parallelismo, quasi un ossimoro, che sapientemente accomuna spazio e tempo ("Un piccolo spazio mi separava dal tempo"), morte e vita, ghiaccio e primavera, in una perenne rinascita grazie alla quale "io sarò per sempre nel mio meraviglioso giardino delle orchidee nere", preso e perso nel ciclo "ancestrale della Natura Madre".
Il tutto affidato a una scrittura quasi sinestetica che trascina il lettore, che lo avvolge, come la corrente di un fiume, come il canto di una tempesta, per trasportarlo, in un folle viaggio da inverno a primavera, verso quella zona un po' crepuscolare che sta “Tra poesia e racconto, tra vita e morte...”.
Grazie
M.