La villa dei Rossetti si ergeva sopra la cittadina come un gigante dormiente, avvolta da rampicanti e leggende. Si diceva che chi vi entrava non ne uscisse mai più lo stesso. Nonostante la tensione che gli stringeva il petto come una morsa, Luca si fece coraggio e varcò la soglia, con la torcia stretta nella mano tremante.
Un vento gelido sibilava tra i muri screpolati, simile a un respiro antico che riecheggiava fra le pareti. Luca si fermò, tirò fuori il cellulare e guardò per l’ennesima volta il messaggio che lo aveva portato lì: “Vieni alla villa sulla collina, subito. C’è qualcosa che devi vedere.”
Un invito sconcertante, soprattutto considerando ciò che era successo un anno prima.
Il ricordo riaffiorò, vivido e crudele come una cicatrice mai guarita.
Lui e Marco erano seduti sul molo del lago, le luci della città che danzavano sull’acqua increspata. Era stata una sera tranquilla, almeno in apparenza. Ma Marco sembrava distante, e c’era una strana inquietudine nei suoi occhi, una tensione che non riusciva a nascondere.
«Hai mai sentito parlare della villa dei Rossetti?» gli aveva chiesto Marco, con un tono di voce basso, quasi un sussurro.
Luca aveva riso, pensando che fosse uno dei loro soliti discorsi sui misteri locali. «Sì, certo. È il classico posto da storie di fantasmi. Nessuno sano di mente ci metterebbe piede!» aveva risposto, lanciando un sasso nell’acqua.
Ma Marco non aveva sorriso. Il suo volto si era fatto serio, ombroso. «Ci sono cose che non puoi capire, Luca. Cose che non dovrebbero essere disturbate. Ma… io non ho scelta.»
«Di che diavolo stai parlando?» aveva chiesto Luca, mentre il suo entusiasmo si spegneva.
Marco non aveva risposto. Si era limitato a fissarlo, con uno sguardo che sembrava implorare aiuto e, al tempo stesso, celare un orrore profondo.
Il giorno dopo, Marco era sparito senza lasciare traccia.
Luca aveva passato settimane a cercarlo, interrogando amici, rovistando ogni angolo della città. Ma niente, neanche un indizio. Poi erano iniziati i racconti: qualcuno giurava di aver visto Marco vicino alla villa dei Rossetti prima della scomparsa. Altri parlavano di riti, maledizioni e presenze che infestavano quel luogo. Luca non voleva crederci.
Eppure, quando quel messaggio era arrivato quella notte, il desiderio di scoprire la verità aveva sopraffatto ogni paura.
Soprattutto per la firma: “Marco.”
Il buio dentro la villa era denso, quasi tangibile, come un abbraccio maligno che avvolgeva ogni cosa. La luce della torcia illuminava pareti coperte di graffiti e specchi antichi, incrinati e anneriti. Ogni scricchiolio del legno sotto i suoi passi lo faceva sussultare.
«Marco?» chiamò, la voce tremante che si perdeva in un’eco lontana. Solo il vento rispose, sospirando tra le fessure delle finestre.
Un lampo di luce attraversò uno specchio, come se qualcosa si muovesse dietro di lui. Si voltò di scatto, ma trovò solo l’oscurità.
Mentre esplorava, Luca notò strani simboli incisi sul pavimento e sulle pareti: intricati, sinistri. Non erano solo graffiti; sembravano avere un significato antico, forse ritualistico. Le leggende parlavano di riti esoterici praticati nella villa, ma lui non aveva mai dato peso a quelle storie… fino a quel momento.
Raggiunse il salone principale, dominato da un lampadario che pendeva precariamente, i cristalli anneriti come lacrime di vetro. Al centro della stanza, una figura umana giaceva curva su un tavolo di legno massiccio, le mani che tremavano nel tentativo di trattenere qualcosa. A Luca mancò il respiro nel riconoscerlo.
«Marco!» esclamò, correndo verso di lui.
Quando si avvicinò, la figura alzò lentamente lo sguardo. Il cuore di Luca si fermò: gli occhi del suo amico erano vuoti, senza traccia di vita. Le labbra si mossero, ma il suono che ne uscì era un sussurro incomprensibile, come parole spezzate da un’eco lontana.
Un rombo profondo risuonò nella stanza, facendo tremare l’aria. La casa stessa sembrava respirare, le pareti pulsavano come un organismo vivo. Una nebbia nera iniziò a filtrare dalle fessure nel pavimento, avvolgendo le gambe di Marco, che emise un urlo straziante.
«Non dovevi venire…» gemette Marco, il corpo che si contorceva mentre la nebbia lo avvolgeva completamente.
Luca indietreggiò, terrorizzato. Si voltò verso la porta, ma trovò solo un muro solido dove prima c’era un’apertura. La nebbia avanzava, affamata, cercando di afferrarlo con artigli d’ombra.