Il quinto posto mi arriva davvero inaspettato! Certo, avevo ricevuto anche tanti commenti positivi, ma l'impressione complessiva era che avessero prevalso gli aspetti critici.
Quindi, intanto ringrazio davvero per gli apprezzamenti e per i voti.
Ringrazio però anche chi ha puntualizzato gli aspetti problematici, perché in effetti molti erano reali.
Diciamo che hanno congiurato due fattori, per dare quell'impressione di "frettolosità" e "incompletezza" che diversi hanno rilevato.
Il primo, è stato il tempo. Ho dovuto rimettere in moto i miei due neuroni, sperduti e arrugginiti, dopo che dalla fine di aprile le mie facoltà mentali erano state distrutte (non scherzo, e non avrei mai creduto fosse possibile, se non ci fossi passata di persona) a causa di elementi chimici avversi (giusto per le facoltà mentali, per il resto sono utili) di cui alcuni di voi sanno e che altri credo abbiano immaginato. È stata una specie di fatica erculea che ha iniziato a dare frutti più o meno tre giorni prima della scadenza. In contemporanea, il primo evento sociale a cui avessi deciso di partecipare dopo tre anni, è stato piazzato esattamente la sera del 30 settembre. Quindi non avevo i miei soliti ultimi due minuti prima della mezzanotte, dovevo finire entro le 19.30.
Secondo fattore, il fatto che non avessi mai scritto un racconto d'azione e che nemmeno il genere mi abbia mai interessato. Sono quindi andata su internet, ho trovato un sito che mi sembrava fatto bene e ho trovato indicazioni come “è centrato sulle azioni”, “l’attenzione principale deve essere su azioni, movimenti e gesti”, “ritmo…”, “dare urgenza alle azioni…”, “tagliare parole inutili”, “tagliare descrizioni”, “non perdersi in approfondimenti psicologici”.
E io, col terrore che il racconto mi venisse scartato perché non abbastanza d’azione (dato che, appunto, non ne avevo mai scritti), mi sono attenuta pedissequamente alle regole trovate. Ogni volta che mi veniva in mente una frase in più, una spiegazione, un qualcosa che parlasse dei personaggi, lo tagliavo immediatamente, dicendomi che rischiavo che questo inficiasse il genere. La cosa poi mi tornava utilissima, data la mancanza di tempo che avevo.
Quindi, massima sorpresa quando ho nei commenti hanno iniziato a fioccare le richieste di spiegazioni.
In effetti, la scena finale è davvero troppo sintetica e tagliata. Col senno di poi e rileggendo in questo mese il racconto alla luce dei commenti, ho capito che avrei potuto mantenere benissimo il genere aggiungendo qua e là qualche tocco che servisse per fare sentire il lettore meno disorientato e frastornato. Come al solito, nella mente di chi scrive è tutto chiaro, ma cosa diversa è renderlo chiaro e fruibile a chi legge.
Comunque, devo dire che, alla fine, questo mio primo (mi sa ultimo, nel genere d’azione) esperimento non mi dispiace, anche perché la mia mente è riuscita, come sempre, a metterci dentro le cose che le stanno a cuore e le interessano.
Il titolo invece è piaciuto quasi a tutti.
Il titolo, mi sembra doveroso confessarlo, è una citazione. La citazione parziale di un verso di una canzone religiosa, quella che di più ho ascoltato in loop quando scrivevo. Mentre l'ascoltavo, e ancora il racconto non l'avevo scritto, avevo buttato giù solo qualche idea, le parole mi sono balzate alla mente come un'evidenza e ho pensato "questo sarà il titolo".
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Credo che la mia mente abbia voluto dirmi qualcosa di importante, anche se io, a dire il vero, non ne sono molto convinta.