Non sei connesso Connettiti o registrati
A Hellionor, Resdei e caipiroska garba questo messaggio
A vivonic, Byron.RN, Resdei e caipiroska garba questo messaggio
A Hellionor, vivonic, Resdei e caipiroska garba questo messaggio
A Hellionor, Resdei e caipiroska garba questo messaggio
A Hellionor, Resdei e caipiroska garba questo messaggio
A Hellionor, Resdei e caipiroska garba questo messaggio
A Hellionor, Resdei e caipiroska garba questo messaggio
A Hellionor, Resdei e caipiroska garba questo messaggio
A Hellionor, Resdei e caipiroska garba questo messaggio
A Hellionor, Resdei e caipiroska garba questo messaggio
Ultima modifica di Danilo Nucci il Dom Nov 12, 2023 9:38 pm - modificato 1 volta.
A Hellionor, Resdei e caipiroska garba questo messaggio
A Hellionor, Resdei e caipiroska garba questo messaggio
A Hellionor, vivonic, Resdei e caipiroska garba questo messaggio
A Hellionor, Resdei e caipiroska garba questo messaggio
A Hellionor, vivonic, Resdei e ImaGiraffe garba questo messaggio
A Hellionor, Resdei e caipiroska garba questo messaggio
A Hellionor, vivonic e caipiroska garba questo messaggio
A Hellionor e Resdei garba questo messaggio
A Hellionor, Resdei e caipiroska garba questo messaggio
Molto bello e coinvolgente. Brava! Ci sta anche il fatto che lei non abbia ricordo dell'altra parte di sé e che questa esca all'improvviso, ma comunque si percepisce come troppo netto il passaggio da lei che non sa a lei che sa. E' vero che noi siamo negli occhi dell'amica e lei rimane spiazzata quanto noi dalla corsa fuori dal locale, ma avrei comunque aggiunto una parte di unione che ci accompagnasse nella presa di coscienza di Beatrice e di Giulia.Resdei ha scritto:Mojave Ghosts
– Dove cazzo sei? Rispondi, maledizione! Devo vederti!Beatrice, con voce strozzata, lascia l’ennesimo messaggio vocale a Giulia: – Ti aspetto al Café de Paris. È urgente, cazzo, vieni subito!L’aria del pomeriggio è ancora tiepida, sebbene l’autunno abbia fatto da giorni il suo ingresso. Solo un vento improvviso turbina le foglie lungo il marciapiede, facendone cadere altre dai platani lungo il viale.Beatrice entra nel locale ansimando, in preda a una crisi respiratoria simile ad altre, negli ultimi tempi sempre più frequenti. È una bella ragazza, giovane, di appena una trentina d’anni, alta, capelli lunghi e castani. Semplice, ma che comunque non passa inosservata, sebbene indossi quasi sempre abiti larghi e scarpe basse.Percorre tutta la sala e si siede a uno dei tavolinetti in ferro stile liberty in fondo, da cui riesce a vedere la porta d’ingresso.Conosce bene quel bar, dove più di una volta si è rifugiata, in preda alle sue angosce, senza sapere perché, per lei, sia così rassicurante. Forse le pareti verde salvia, con le foto d’altri tempi in bianco e nero, gli specchi dentro semplici cornici, hanno qualcosa di vagamente familiare. O perché la luce calda e soffusa l’accoglie, in qualsiasi ora del giorno, in un morbido abbraccio. Anche quando il locale è pieno di gente, i rumori non sono fastidiosi, è come se in quel posto l’aria fosse assorbente, come certe carte che eliminano il superfluo, quando c’è.Da quando è entrata chiama in continuazione il numero dell’amica, ma dopo due squilli scatta la segreteria.Un cameriere, che le sembra di non aver mai visto, le si avvicina e lei ordina un gin tonic, con poco ghiaccio.Lo sguardo percorre sempre lo stesso tragitto, dalla porta al cellulare, entrambi muti, due bocche serrate.Un gesto della mano e un secondo bicchiere si materializza sul marmo del tavolino. Beatrice finisce l’ultimo sorso quando dall’ingresso entra Giulia che la vede e le corre incontro.– Scusa Bea. Ero in riunione… Non potevo rispondere. Ho sentito i messaggi e mi sono precipitata. Ma cosa è successo?– È terribile! Io non so nemmeno come dirtelo, da dove cominciare, ma tu devi credermi, tu mi devi aiutare! – le dice abbracciandola forte, le mani strette nelle sue, mentre continua a tremare.– Ma che ti prende? Calma, stai calma! Adesso ci sono io, tranquilla. Ora ti siedi e mi racconti ogni cosa.Giulia si toglie con un movimento lento il trench e lo poggia, insieme alla borsa, sulla sedia accanto, con un gesto rassicurante a significare che è lì per ascoltarla.Beatrice porta alle labbra il bicchiere, sollevandolo per far scendere le ultime gocce rimaste sul fondo e un po' di coraggio, poi si avvicina all’orecchio dell’amica e le sussurra, con voce lenta: – Giù, sono ovunque. Mi seguono, mi spiano, vogliono farmi del male, vogliono uccidermi! Non so chi sono, sembrano diversi…e io li vedo ovunque.– Ma chi? Di chi stai parlando? – chiede, guardandosi intorno per scorgere qualche segnale che, entrando, le è sfuggito.– Li vedo riflessi negli specchi, in bagno, in macchina, sulle vetrine per strada, nei camerini dei negozi, dentro l’ascensore. Mi guardano, e so che aspettano il momento giusto per uccidermi!– Aspetta, frena un attimo! Ma chi? Ma cosa cazzo dici!Giulia si allontana appena, si sistema meglio sulla sedia, come per riprendere fiato e la giusta distanza. Poi tenendo tra le mani la testa dell’amica e guardandola dritto negli occhi, le chiede: – Mi spieghi cosa sta succedendo? Guarda come ti sei ridotta! Da quanto tempo non vai da un parrucchiere? Hai gli occhi cerchiati, le unghie mangiate fino all’osso, puzzi di alcol, tremi come una foglia.Poi annusando i bicchieri: – Ma che fai? Bevi super alcolici alle sei del pomeriggio? Ti rifai di coca?– Che dici? Lo sai che ho chiuso con quella roba.– Allora prendi farmaci, antidepressivi, tranquillanti? Da dove cazzo ti vengono queste allucinazioni?– Non lo so, Giulia, – si sgancia dalla presa dell’amica e passa una mano tra i capelli, arruffandoli ancora un po' – Ma non sono allucinazioni! Li vedo veramente! – conclude alzando la voce.Giulia la fissa, non le piace quello sguardo impaurito, non le piacciono le cose che dice.– Ascoltami Bea… – inizia con tono pacato, ma l’altra la interrompe subito.– Non mi parlare con quel tono accondiscendente! Non mi trattare come se fossimatta! – urla.Nel locale in molti si voltano verso di loro: una coppia di anziani borbotta scuotendo la testa, un gruppo di ragazze le indica ridendo e a una bambina, impaurita da quel grido, sfugge il gelato di mano che si spiaccica sul pavimento. La sala si riempie con il pianto della piccola, mentre la madre cerca di consolarla.Beatrice guarda le persone sparse nel locale, gli occhi si sgranano, il volto impallidisce.– Bea, calmati! Stai dando spettacolo! – l’ammonisce Giulia.Beatrice si prende la testa tra le mani, disperata.– Non capisci, nessuno mi può capire!– Bea, io…Ma l’altra tira su il volto e le serra un braccio: – La vedi quella coppia d’anziani? – sibila all’amica. Giulia si volta, li guarda e si affretta a fare di sì con la testa.– Ieri sera li ho visti riflessi nel vetro della metropolitana.– Non credo che…– E quelle ragazzine? Le vedi? Le vedo ovunque, sempre insieme, sempre a sbirciare verso di me e sghignazzare.– Smettila!Ma Beatrice non può farlo, presa nella foga di raccontare tutto.– E quella bambina? L’hai vista bene? Ha gli occhi di due colori diversi. Lei è quella che appare più spesso: la vedo dappertutto, su ogni cazzo di superficie riflettente… Lei deve essere il capo.– Bea, ma cosa dici? Mi stai spaventando!– Giulia, devi credermi! Sono tutti qui per me! Vogliono qualcosa!– Adesso basta!– No, smettila tu di non credermi! Sto impazzendo, aiutami!Beatrice scoppia a piangere, l’amica si alza e l’abbraccia.– Certo che ti credo, ma hai bisogno di qualcuno che ti aiuti. Ci vuole uno specialista che…– No! – si alza di scatto e la sedia cade all’indietro con un rumore tremendo.– Non sono matta! – urla ancora più forte con gli occhi spalancati e la bocca tremante, – Va’ al diavolo! – e corre via.Gli specchi propongono la sua corsa da decine di angolazioni diverse.– Bea! – la chiama l’amica prima di correrle dietro. Un attimo dopo non ci sono più; dalla porta lasciata aperta entrano alcune foglie morte che il vento si diverte a far danzare prima di dimenticarle in un angolo del locale.Al Cafè de Paris cala il silenzio: le ragazzine smettono di ridacchiare, gli anziani appoggiano le tazze del tè sul tavolo, il cameriere abbandona il vassoio sul bancone.Poi tutti si voltano verso la bambina.La piccola si massaggia una tempia con la mano tenendo gli occhi chiusi, poi li spalanca all’improvviso. Un lampo attraversa le iridi dai colori contrastanti.– Andate – bisbiglia e tutti si precipitano fuori. Con lei rimane solo la madre che si mette più comoda sulla sedia e sorseggia lentamente il suo caffè.– Tosta questa Beatrice, non trovi? – chiede la donna.La bambina annuisce, si porta alle labbra il bicchiere e lo svuota in un attimo. Nel collo un pomo d’Adamo che non dovrebbe esserci sussulta in maniera vistosa. Sulle labbra rimane un po' di succo prima che la lingua biforcuta lo faccia sparire. Poi sorride.Per un attimo lo specchio che ha di fronte coglie la sua vera immagine e subito dopo si crepa con uno scricchiolio sinistro. La crepa si arrampica su tutti i muri, attraversa gli specchi appesi e li fa esplodere uno alla volta.– È per questo che l’ho scelta – afferma l’essere che sembra una bambina, mentre coriandoli di vetro volteggiano tutt’intorno, brillando di riflessi infuocati.Giulia si ritrova per strada ma, nonostante abbia seguito Beatrice il più in fretta possibile, non riesce a vederla.Si dirige a destra, in direzione dell’abitazione dell’amica, le sembra la destinazione più logica.Svolta ancora a destra, imbucando una stradina che percorrono spesso per tornare a casa e infatti le pare di sentire il suo profumo, un costosissimo Mojave Ghost, impossibile da confondere.Un grido secco e acuto squarcia l’aria, e Giulia non dubita nemmeno per un secondo che si tratti dell’amica. Inizia a correre, l’abitazione di Beatrice è ormai vicina, ma quando gira l’angolo i capelli le si rizzano in testa.Beatrice è a terra proprio davanti la porta di casa sua e, a un paio di metri di distanza, accovacciata sulle gambe, c’è la bambina che ha visto prima al Café de Paris.E ci sono anche tutti gli altri, dalla coppia di pensionati alle tre ragazzine odiose.– Ma cosa cazz…Beatrice si gira a guardare l’amica, gli occhi solcati dalle lacrime, fa un gesto con la mano come per fermarla.– Ti prego, Giulia – dice, tirando su col naso e facendosi forza – vattene via da qui. Corri, scappa. Loro non sono quello che sembrano.In pochi, lunghissimi secondi, Giulia capisce che l’amica non ha avuto nessuna allucinazione, anche se ancora non sa cosa stia succedendo. Ma decide di non indietreggiare.– Io non vado da nessuna parte senza di te. – risponde, con la voce più ferma che riesce ad avere.Beatrice la guarda con riconoscenza.– Loro non sono…In quel momento la bambina appoggia le mani a terra, come fosse un cane. Si dirige verso le due donne, si avvicina all’orecchio di Giulia, che cerca di non voltarsi per guardarla. Sente il suo respiro sul collo, e una puzza incredibile di piscio.– Lei deve venire con noi. – le sussurra, riferendosi a Beatrice – Scappa, sei ancora in tempo.Poi le lecca l’orecchio, lentamente, con la lingua biforcuta.Giulia spinge via la bambina e si rizza in piedi, furente.– Ma che cazzo vuoi? Che cazzo volete, bastardi? Lasciateci in pace, o chiamo la polizia! – urla, con tutte le forze, i pugni chiusi fino a farli diventare bianchi.La bambina striscia indietro senza cadere, poi si rimette carponi e comincia a mutare.Il barman cade in ginocchio e inizia a mutare anche lui, e tutti gli altri fanno la stessa cosa. Si muovono in maniera innaturale, con un gran rumore di giunture e ossa che si spostano.In meno di un minuto tutti diventano lupi, o qualcosa di molto simile.La bambina è il più grosso, sta a capo del branco che si avvicina latrando alle due donne.– Merda! – esclama Giulia, terrea in viso.Si gira verso l’amica e la vede in piedi, la mano nel petto, lo sguardo determinato.Beatrice fa qualche passo avanti, frapponendosi fra i lupi e Giulia.– È tutto vero allora, figli di puttana!La bestia che ha assunto le sembianze di una bambina sembra sorridere.– Non puoi più fuggire, Hok’ee. Verrai con noi, o morirai.Beatrice tira fuori dalla giacca un ciondolo che porta al collo, e lo mostra. Una specie di ampollina con della polvere dentro.Il branco fa qualche passo indietro.– Io non vengo con voi, brutti stronzi. Se vi avvicinate ancora la uso, potete giurarci. Adesso ricordo, adesso so chi siete.I lupi ringhiano di rabbia, sbavando ovunque. Ma non attaccano, e infine sembrano rinunciare.– Forse, ma non puoi fermarci. Devi scegliere, o noi, o muori. – dice il lupo al comando.Si volta e si allontana, seguito dagli altri.Il fetore di piscio ammorba l’aria. Inizia a piovere.Pochi secondi ansiosi e Giulia si mette muso a muso con Beatrice:– Ok, cosa cazzo è appena successo? Cosa è…– Giulia, calmati!– Io sono calmissima, Cristo, ma tu devi dirmi cosa succede. Cosa sono quelle cose?Beatrice fa un sospiro profondo, poi fissa gli occhi in quelli dell’amica.– Sono Skinwalkers!– Ne so quanto prima, ma il fatto che abbiano un nome che li identifichi non lo trovo rassicurante.– Sono mutaforma navajo, cattivi e spietati. Sono qui per me, per uccidermi. Ma la verità è che non lo so. So davvero poco di tutta questa storia, so solo che mi riguarda, essendo io stessa della stirpe navajo.Giulia guarda a lungo l'amica. Sembra più forte, sembra essersi trasformata in un’amazzone in pochi minuti, e questa cosa la spaventa ancora di più.– Quindi li conosci?– In un certo senso. I navajo sono una gigantesca famiglia, e loro ne sono le pecore nere. Gli Skinwalkers hanno stretto un patto con il demonio, e la nostra tradizione narra che per unirti a loro devi compiere un sacrificio di sangue.– Niente corsi di Bon Ton?– Temo di no. Mia nonna mi ha sempre detto di fare attenzione a loro e, se mai li avessi incontrati, di usare questo amuleto. Non mi ha mai voluto dire cosa ci fosse dentro, polveri sacre le definiva lei. So che con questo posso affrontarli. Lui mi guiderà. Sono arrivati fin qui per me, l'unico modo per sfuggirgli è uccidere quella piccola. Lei è il capo.– Ti preferivo quando ti facevi di coca, a conti fatti. Andiamo dai, vengo anche io.– Meglio di no. Non vorrei trovarmi costretta a fare qualcosa contro di te. Devo andare sola. Al Café de Paris. Tu aspettami a casa, e se non torno, brucia tutto, ok?Mentre pensa ma tutto cosa, Giulia guarda l'amica allontanarsi a passo svelto, e prende una decisione: se ne fotte dei navajo, degli skinwalkers e di tutte quelle cose spaventose. Non può lasciare l’amica da sola.La vede entrare nel locale e la segue, riparandosi nella penombra che sembra avvolgere ogni cosa. Se la sente scivolare addosso come un mantello, pesante e scuro.Sono loro, pensa, sono già qui.L’odore fortissimo di urina conferma il suo pensieroBeatrice è al centro della sala, le braccia verso l’alto, i capelli smossi da un vento innaturale che sembra arrivare dal pavimento. Canta. Una nenia che sembra partire dal centro del suo corpo, che fende la penombra e mostra il piccolo esercito di mutaforma seduti sopra il bancone, la bambina al centro. Ride, tra gli specchi crepati, facendo oscillare il volto tra forma animale e forma umana, in una smorfia grottesca.Beatrice è altrove, e il suo canto piano piano fa breccia nella risata della bambina che si spegne, congelando il suo volto nella forma umana di un piccolo viso innocente inondato di lacrime.– Abbiamo bisogno di te.Dice la bambina, con una voce da bambina.– Si è aperta la crepa, per chiuderla serve sangue. Un sangue prezioso, come il tuo, ultima della tua stirpe. La tua discendenza ti rende la prescelta. Se tu vieni con noi, noi viviamo. Se tu muori, noi viviamo. È semplice, non credi?Ma Beatrice non sente o non ascolta, continua a cantare come in una trance antica che non può controllare, e il suo canto agisce come un anestetico su quelli che adesso sembrano solo uomini e donne seduti sul bancone, a circondare una bambina che piange.Senza fermare la sua nenia, Beatrice si avventa con un balzo inaspettato, afferra la piccola al collo e le caccia in gola l’amuleto, spingendolo con forza.Il piccolo corpo sussulta ma cede subito, con un gemito animale.I corpi degli altri, nel momento in cui la bambina esala l’ultimo respiro, si accasciano come mucchi di stracci, alcuni scivolando giù dal bancone con uno scrocchio.La voce di Beatrice è l’unico rumore che si sente nel locale; Giulia esce dalla penombra, che ora è leggera come un velo, e prende sottobraccio l’amica, aiutandola a indietreggiare. Un sentore di Mojave Ghost le avvolge come un abbraccio.Bea smette di cantare, guarda Giulia negli occhi, e fa un sorriso che sembra quello di una vendicatrice: – E adesso, bruciamo tutto.
Beatrice e Giulia un locale come il Cafè de Paris non lo avevano trovato più. Quell’atmosfera retrò, quel servizio cortese, quella discrezione d’altri tempi, quei deliziosi dettagli liberty.Un vero peccato.
A paluca66 garba questo messaggio
A Achillu garba questo messaggio
Permessi in questa sezione del forum:
Non puoi rispondere agli argomenti in questo forum.