Nino e Cettina facevano le boccacce dimenandosi sulle sedie di legno quando Maria, con un sonoro scappellotto, li mise immediatamente in riga.
I due picciriddi avevano ragione a spazientirsi; se ne stavano seduti da più di mezz’ora, mentre il sindaco - atteso per il discorso di inaugurazione del nuovo cinematografo - ancora non si vedeva.
Quella sera Maria, Antonio e i bambini si erano messi in ghingheri per partecipare alla serata di cui si parlava da settimane e ora il paese intero aveva gremito la sala, per assistere al primo film in programmazione.
La locandina mostrava il volto sorridente di quell’attrice famosa, la Lollo: doveva trattarsi di un film divertente e tutti quanti non vedevano l’ora che cominciasse.
Se solo il sindaco si fosse sbrigato!
Antonio, seduto di fianco a Maria, era intento a fumarsi una sigaretta e intanto faceva vagare lo sguardo sulle persone che affollavano la sala. I posti a sedere erano tutti occupati e ai ritardatari non restava che rimanere in piedi appoggiati alle pareti.
Un brusio diffuso e un movimento del sipario fecero intendere che qualcosa stava per accadere e infatti il tendone di velluto rosso si aprì e, illuminato da un cerchio di luce, apparve il sindaco con tanto di fascia tricolore.
Il mormorio lentamente scemò e il primo cittadino cominciò il suo discorso: «Signore e signori, sono veramente onorato di presenziare a questa serata», enunciò con voce nasale.
«Lungi da me volervi tediare con un lungo discorso, ma consentitemi quantomeno di esternare quanto alberga nel mio animo, che confido coincida anche con il vostro sentire».
Il pubblico, che cercava di non perdersi una parola, aveva dipinta in volto un’espressione dubbiosa. Ma come parlava quello?
Il discorso continuò in maniera ancora più fumosa, mentre i volti lucidi di sudore dei compaesani lo fissavano inespressivi.
Dopo una decina di minuti Maria, sempre più accaldata, cominciò a sventolarsi.
«Anto’, fa caldo! Ma quando comincia il film? Io non ci sto a capire niente…» e nel voltarsi verso il marito, si avvide che questi, incurante del discorso, fissava un angolo della sala. Maria seguì la traiettoria del suo sguardo, finché vide l’oggetto di tanto interesse e, con una fitta bruciante di gelosia, si accorse che si trattava di Agnese, la tabaccaia.
Alla vista di quella, fasciata in un abito scostumato che non lasciava nulla all’immaginazione, a Maria si annebbiò la vista.
Tutti gli uomini del paese avevano un debole per lei e Maria sapeva che suo marito non era da meno.
Quella svergognata!
Fulmineo, uno schiaffo partì all’indirizzo di Antonio, colpevole dell’occhiata fedifraga.
Nel silenzio attonito della platea, quello schiaffo fu mal interpretato come un inizio di applauso e nello stordimento generale dovuto tanto al caldo, quanto al soporifero discorso del primo cittadino, diede il “la” a un’ovazione che ebbe l’effetto di interrompere lo sfoggio oratorio del sindaco, il quale, lusingato da quell’inaspettato tributo, perse il filo e si ritirò dal palco, con un profondo inchino di ringraziamento.
Finalmente si spensero le luci, le immagini cominciarono a scorrere sul grande schermo e tutti quanti tirarono un sospiro di sollievo.
Tutti tranne Maria, che nel buio della sala sibilò all’orecchio di Antonio: «A casa facciamo i conti!»
Da dietro le persiane accostate, Agnese guardava la strada arroventata dal sole, la sigaretta tra le dita, mentre ripensava alle scene del film della sera prima. Quella dell’attrice sì che era una bella vita, mica come lei che era costretta in quel buco dimenticato da Dio.
Calogero era già uscito per andare al lavoro e nel giro di poco anche lei avrebbe dovuto scendere ad aprire la tabaccheria.
Sapeva di non passare inosservata in paese, con quel corpo e quelle movenze che le avevano fatto guadagnare l’appellativo di “gran femmina” da parte dei maschi e di “malafemmina” da parte delle comari. Girava voce da tempo che in passato aveva “fatto la vita” in continente, Agnese lo sapeva.
Del resto, come avrebbe potuto quella mezza tacca di Calogero metterle l’anello al dito, se no? In questo modo lui avrebbe guadagnato una bella moglie e lei una posizione rispettabile, anche se del marito doveva sopportare la pedanteria, la gelosia e, non ultimo, l’alito cattivo. E così, una volta accettato il compromesso, il passo dal marciapiede alla tabaccheria era stato breve.
Il vecchio orologio del campanile rintoccò quattro volte.
Con un sospiro Agnese lanciò il mozzicone giù in strada e si preparò.
Una volta giunta alla tabaccheria, si chinò per sollevare la saracinesca. Ancora china, si voltò a dare un’occhiata in direzione della pescheria dove Antonio, da dietro il bancone, la spogliava con gli occhi.
Non era male quel fessacchiotto, pensò lei. Da tempo le aveva messo gli occhi addosso e così, visto che le piaceva giocare al gatto col topo, in quell’istante decise che avrebbe potuto divertirsi un po’ con lui. Con buona pace di quella cornuta di Maria.
Ultima modifica di Albemasia il Sab Ago 24, 2024 3:20 pm - modificato 1 volta.