- Spoiler:
Lena se ne sta ferma, immobile.
«Facciamo finta che io non sia qui» dice. «Facciamo finta che io non ci sia mai stata, qui. Pensi che sarebbe andata diversamente?»
L’odore della pioggia mi riempie i polmoni, mentre guardo il suo respiro cristallizzarsi, l’aria ghiacciata che le colora il viso di rosso. È bellissima. Mi fissa, tesa.
«No» rispondo. «No.»
Non è vero, ma non posso di certo dirglielo. Ormai è troppo tardi. È troppo tardi già da un bel pezzo.
I suoi capelli hanno lo stesso biondo di sua madre.
Si agitano gelidi nella pioggia a ogni suo movimento.
«Sei sempre stato un pessimo bugiardo, papà. Fai quel traballio con l’occhio» sfila una mano dalla tasca e se la agita davanti all’occhio per mimare il mio tic. Ottima imitatrice, la mia ragazza.
Un tempo mi sarei arrabbiato, mi sarei sentito preso in giro.
Un tempo sarebbero partiti ceffoni.
La mia risata ci rilassa.
«Sei proprio brava, piccola. Che dici, entriamo in casa? Mi sto gelando le palle, qui fuori.»
Una casa piccola per un’esistenza piccola. Ma è pulita, come me. Pulita fino in fondo.
Sanpei miagola al nostro ingresso, e con l’acume che ne fa il mio compagno ideale, si struscia sulle gambe di Lena come se la conoscesse da sempre.
«Siediti, mettiti comoda, preparo un po’ di qualcosa. Cosa preferisci?»
«Io non bevo» il suo tono è secco, ferito. Ancora troppo ferito.
«Io pensavo a un bel caffè, o magari un tè, ma se preferisci nulla, io preferisco il caffè.»
Non posso essere brusco con Lena. Lei ha tutte le ragioni del mondo. Il passato non si cancella con una risata.
Si schiarisce la voce, e poi chiede un caffè anche lei.
I suoi capelli biondi mi ricordano anni che sono andati. Sono andati e io ero lì, anche se non c’ero.
Porto i caffè e mi siedo in poltrona, di fronte a lei.
«Non lo so, se sarebbe andata diversamente. Ma non è questa la domanda che mi vuoi fare, lo sappiamo entrambi. Ma se non me la fai, non posso risponderti.»
I passi che facciamo alle volte ci portano altrove. Io ho imparato solo questo, nella mia vita. Ho imparato che quando bevevo, andavo altrove. Ho smesso di bere, e mi ritrovo comunque altrove. Sto imparando a sentirmi a mio agio in qualunque altrove, per non sbagliare più.
«La mamma dice che dobbiamo parlare, che ora stai bene, che io devo parlarti, che non posso più tenermi dentro le cose, ecco, ma io non lo so che cosa voglio dirti, penso solo che ho paura. E la paura non la controlli, non la fermi. Va, e io vorrei domandarti, vorrei dirti, ma rimango qui, a chiedermi solo quando tutto questo finirà di nuovo. Perché se una cosa è troppo bella per essere vera, allora non è vera.» le sue parole sono un fiume, e io non sono mai stato un argine.
Essere padre è un mestiere per pochi, questa è la realtà.
Glielo dico, glielo dico piano, perché questo nuovo me non la spaventi.
Trattiene il fiato, e mi guarda.
Con quello sguardo da sotto in su, come quando era piccola. Come quando ancora si fidava di me.
«Questa sarebbe la tua giustificazione» non la conoscevo dura. Ora sì.
«No. Oh, no, per nulla. È solo una constatazione. Non sono stato un buon padre, ma non ci ho provato. Come per altre mille cose della mia vita, ho rinunciato perché mi faceva fatica farlo, mi toglieva energie doverci pensare. Non cerco giustificazioni, Lena. Non ce ne sono.»
Mi chiede se può fumare, vado a prenderle un posacenere.
Sorride, mi ringrazia. Mentre accende la sigaretta le mani le tremano.
Fuma in silenzio, e quando finisce si liscia la gonna sulle gambe prima di parlare.
«Lo so, che non è stata colpa mia. Lo so che se io non ci fossi stata, se io non fossi mai stata qui, le cose sarebbero andate allo stesso modo. Lo so da molto tempo. Ma tu, papà, lo sai?»
Sta per piangere, lo vedo da come le trema il mento.
Aveva quattro anni, accidenti, quando la litigata con sua madre mi tirò fuori dalla bocca quelle parole: “vorrei che questa bambina non fosse mai nata. Se non fosse per lei, le cose non andrebbero così male”
Che coglione figlio di puttana. Ora lo so.
«Sì.» mi sembra la risposta migliore. La più sincera. Lo so.
«E ora te lo richiedo, e vediamo se riesci a rispondermi con sincerità, papà.»
Si alza e si siede vicino a me, mi prende la mano.
Chiudo gli occhi per un istante, godendomi questo contatto al quale ho rinunciato da troppo tempo.
«Facciamo finta che io non sia qui» dice. «Facciamo finta che io non ci sia mai stata, qui. Pensi che sarebbe andata diversamente?»
Chiudo ancora gli occhi, e immagino. Posso farlo, adesso io riesco a vedere tutto molto più chiaramente.
«Probabilmente non avrei mai smesso»
Mi stringe la mano ancora un minuto. Si alza. Muove l’aria e all’improvviso tutto sembra più leggero.
«Mi fai vedere la casa?»
I suoi capelli biondi in controluce diventano anni che devono arrivare. Dove posso esserci. Posso esserci, nel suo altrove.
Chissà se cinquant’anni sono troppi, per imparare a fare l’argine. Per diventare un padre.
Ultima modifica di Hellionor il Dom Ott 31, 2021 10:27 am - modificato 1 volta.