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Ultima modifica di Giancarlo Gravili il Mer Gen 25, 2023 11:12 am - modificato 1 volta.
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Ultima modifica di Giancarlo Gravili il Mer Gen 25, 2023 11:12 am - modificato 1 volta.
Ciao Giancarlo, questo è il tuo primo racconto che leggo, quindi non conosco il tuo stile.Giancarlo Gravili ha scritto:
- https:
La volpe e il demone
Sera inoltrata.
La collina sale su per i vigneti mostrando il volto al tramontare del sole e stradine che tra essa si confondono in un dedalo di pietruzze.
Una chiesa del 1400, totalmente diroccata, fa da contorno a un monastero abbandonato sulla cima,
a scendere con lo sguardo una masseria fortificata, anch'essa vuota, fa da guardiano al bosco
che costeggia i campi salendo sin sull'erta.
Una vecchia strada statale accompagna a valle verso il capoluogo della provincia, traffico inesistente, panorama che tende all'infinito, tracciato da distese di vigne, ulivi e da una interminabile fila di tralicci elettrici.
Buio totale, il buio che nel Salento è tipico, chi è passato dai luoghi sa di cosa parlo.
Volpi attraversano l'asfalto macchiato dalla terra che lambisce la carreggiata, le vedi sotto i fari dell'auto.
Si procede verso sud direzione capo di Leuca, sulla sinistra i colli, sulla destra le distese.
Ma è scuro, che più scuro non si può.
Sulla cima della collinetta una serie di pini mediterranei circondano il monastero dell'ottocento.
In fianco non distante la chiesa citata, il corpo intero dei fabbricati s'impadronisce dell'ambiente totalmente.
Il tempo delle visite lassù è trascorso, il ricordo no.
Una struttura romanica con interno dimesso e un altare stranamente integro, sui muri segni chiaramente tendenti al filone infernale o a quello erotico pagano o a necessità fisiologiche.
Fin qui forse siamo nel normale, molti frequentano quei luoghi e tutti si divertono a dipingere le loro frustrazioni.
Il bel rifugio d'inesistenti suore oblate mostra una pianta strana con un disegno tondeggiante appoggiato sui lati da absidi più bassi della struttura. Un piccolo Pantheon anche se leggermente diverso.
Narra chi vuol narrare questo: “Dalla costruzione partono cunicoli sotterranei che dopo diversi chilometri sbucano direttamente nel castello baronale posto all'ingresso d'un ridente paese o quasi che ha visto nascere il narrante medesimo che sarei io”
Detto luogo è anch'esso circondato da un bosco.
«Fate attenzione ragazzi che i cunicoli sono a cielo aperto, ben nascosti dalla folta vegetazione» Questo il consiglio ricorrente degli anziani. Ma io sono ragazzo e me ne frego.
Finito questo flash back torno alla mia postazione di guida e ci ritroviamo ai giorni nostri.
La sera ulula e un upupa upupeggia con un upupo, no sbaglio era un civetto che inseguiva una civetta. Va beh... Fa caldo, molto caldo, abbasso il finestrino per godermi l'aria stantia e profumata della terra.
Qualcosa attrae lo sguardo, ufo? No, nel prossimo racconto, forse.
Luci provengono dalla collina, anzi dalla chiesa e dal monastero, a quell'ora di notte chi sarà mai?
Fermo le ruote su una piazzola e scendo.
Di fronte al mio aguzzo sguardo occhialuto noto che anche dalla masseria ai piedi della salita s'estendono verso il buio delle luci strane.
No mi correggo non sono luci.
Tolgo la mia fanaleria e strizzo le sopracciglia, accidenti sono centinaia di fiaccole che illuminano la costruzione.
E che diamine ci fanno? Visto che non c'è mai stata anima viva lì...
Ora comprendo: anima viva no, ma morta sì, li morta... sua.
Già sono sudato ben bene ed ecco che s'avverte un suono, per dire il vero il suono lo avverto io.
Dapprima lontano ronzare poi distinto battere, infine un rimato e cadenzato suono di tamburi.
La notte aumenta la sonorità spandendo le onde.
Fuochi nella masseria dall'aspetto spettrale, luci misteriose sulla collina, tam tam dei morti.
Poi per condire il minestrone horror voci bisbiglianti e sussurri.
Sono immerso in un buio totale nella campagna tra colline e boschi.
Io per dirla in breve e farla lunga mi posiziono dietro l'auto e mi libero di necessità urgenti, visto l'ambiente in tensione idraulica ed emotiva.
Poi un fruscio dalla siepe in fondo, porca miseria.
Stringo bene la cinghia per non perdere la virtù, monto a razzo katjusa sul sedile, giro trentacinque volte il motorino d'avviamento e scatto via con gli occhiali storti, i pantaloni al contrario, il pomello delle marce infilato nell'orecchio destro e le palle degli occhi che nemmanco E.T. può permettersele.
Notte del piffero.
Intanto sul ciglio della strada una volpe si rifila le unghie sghignazzando come una matta.
Se ti becco brutta volpe ti faccio passare la voglia di farmi scherzi.
E non guardarmi con quegli occhi rossi.
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