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Carbone lo chiamavano al paese, a causa del suo colorito. La pelle arsa dal sole, le rughe incise sul viso. Erano come i solchi impressi nella radice del vecchio pino che stato abbattuto pochi mesi prima; ogni solco un anno di vita, passato, perduto per sempre, che non sarebbe più tornato.
«Almeno un sorriso, dai, che t’immortalo!» disse sua figlia Lidia, mentre lui , come ogni pomeriggio, era intento a cucire le reti e sedeva al sole, accanto alla vecchia barca, col cappello calato un poco sul viso.
«Ma cosa vuoi immortalare. La foto resterà anche quando non ci sarò più, ma sarà soltanto un oggetto, una cosa morta. Il tempo se ne va, portandosi dietro la vita e tutto quello che ci ha dato.»
«Papà, il tempo non potrà rubare la bellezza di questo momento e tu vivrai per sempre in esso insieme alla tua barca e il tuo cappello.»
«Lidia, tu sogni! Siamo solo corpi che il tempo corrode. Non facciamo in tempo a capirlo che scivoliamo via, nel nulla.»
«Ecco, ero così contenta e adesso, con tutte queste riflessioni, mi ha fatto diventare triste. Al diavolo la foto!»
Fu allora che Nerino, detto Carbone, sorrise.
«Non crucciarti, figlia mia.»
Lidia turbata e nervosa non si accorse del silenzioso click. Aveva scattato una foto a suo padre.
Erano molti mesi che studiava tutte le tecniche per scattare una buona foto, voleva diventare una brava fotografa. Il tempo per lei era un attimo durante il quale doveva cogliere un’espressione, scegliendo la giusta luce, dando la profondità adeguata e catturando la realtà che un minuto dopo sarebbe già stata diversa.
L’estate sembrava appena cominciata e invece già declinava tra i tramonti rossastri, le conchiglie sputate dalle onde, le orme di piedi sulla sabbia che presto si cancellavano. Lei catturava tutto con la sua macchinetta professionale, la Canon ultimo modello.
Aveva deciso di mettere la sua professione a disposizione degli altri e aveva aperto un negozio con l’insegna “Immagini del tempo” dove la vita scorreva, coi suoi colori, sulle pareti bianche, fissata in foto di varie dimensioni, primi piani. Era l’arte di rappresentare il tempo nella realtà.
Mentre i negativi asciugavano, si accorse di quella foto imprevista: quella che rappresentava suo padre, sorpreso con un sorriso che non gli aveva mai visto.
Era una vita che non sorrideva, da quando la sua adorata moglie era morta. Lidia della madre aveva un ricordo lontano, legato all’infanzia, ma molto vivo. La rivedeva vivace e sempre pronta allo scherzo, per lei tutto era un gioco. Quando si era ammalata non si era mai lamentata, né si era lasciata andare al pianto.
Il tempo, allora, aveva cominciato a tracciare sul viso di suo padre quei solchi che erano diventati sempre più profondi. Poi qualcosa di magico era avvenuto in lui: si era innamorato del mare; sapeva non lo avrebbe mai lasciato solo. Non avrebbe sopportato un altro abbandono.
Quando Lidia entrò nella cucina suo padre non c’era.
Uscì sulla spiaggia e un amico pescatore disse di averlo visto allontanarsi con la sua barca.
“A quest’ora…» pensò Lidia preoccupata.
Anche se sul mare si sarebbe sentito sicuro anche al buio, temeva per lui: aveva problemi con la vista e anche con l’equilibrio. Cominciava a diventare vecchio, insomma era rischioso avventurarsi di notte in quel liquido scuro che pareva infinito.
S’incamminò verso la riva, l’avrebbe atteso sulla spiaggia.
Sedette sulla sabbia umida.
Fotografare il buio era strano, ma sentiva il bisogno di farlo. Tutto quel nero aveva un suo fascino; era ricco di sfumature che chiedevano di poter vivere. Fotografò le luci in lontananza, gli spruzzi spumosi delle onde che rotolavano sul bagnasciuga, la mezza luna che si specchiava bianca nell’acqua.
Era immenso quel mare e pareva dire con quel suo movimento che andare e tornare era tutto un gioco, un gioco che si ripeteva sempre uguale e la vita era solo una frazione di tempo di quel gioco perpetuo.
Capì che suo padre stava cercando di afferrare quegli attimi, il mare gli parlava e lui capiva il suo linguaggio.
Quando stava per rientrare a casa si accorse che la barca di Nerino stava tornando.
Lo attese. Quando lui arrivò a riva le corse incontro felice e la sollevò in un abbraccio facendole fare una giravolta.
«Che hai papà?»
«Ho incontrato tua madre.»
«In mezzo al mare?»
«Sì! Lei ha raggiunto me, ma adesso sarò io a raggiungere lei.»
«Che significa?» disse la ragazza allarmata.
«Devo andare, solo così saremo felici. Il mio tempo è finito.»
Non disse altro e si diresse verso casa.
La figlia lo seguì temendo che lui volesse fare un gesto estremo, ma l’uomo, tranquillo come non mai, si lavò, cenò e poi andò a letto senza dire una parola.
Anche Lidia aveva taciuto, per paura di una sua reazione. Poi prima di ritirarsi nella sua stanza andò in quella di suo padre per vedere come stava.
Nerino dormiva come un bambino, il suo respiro era regolare e lei si rincuorò. Prima di andarsene a letto però volle catturare quell’istante che esprimeva una serenità immensa. Lo scatto non turbò il vecchio, immerso nel suo sonno.
Quando al mattino il sole entrò a illuminare la casa, Nerino era lì, nel suo letto, le rughe apparivano distese e sulla bocca era stampato un sorriso.
Aveva raggiunto la sua amata.
Ultima modifica di gemma vitali il Gio Nov 25, 2021 6:35 pm - modificato 4 volte.