È già notte fonda quando Babbo Natale suona la campana. Gisberto, il suo fedele aiutante, solleva lo sguardo verso il grande calendario.
Di solito, l’allegro tintinnio segna la fine dei lavori annuali; montagne di pacchetti fanno capolino dal grande sacco, le renne, strigliate a dovere, indossano paramenti che brillano come stelle nel deserto, ma stavolta il rintocco ha colto tutti di sorpresa.
È il venti dicembre. Troppo presto. Davvero troppo presto.
Babbo Natale sale nel punto più alto del giardino e attende con pazienza che cessi il brusio prima di parlare.
«Gisberto, Elvina, amici miei tutti. Vi ho convocati per dirvi che anticiperò la partenza. Non intendo trascorrere un Natale di più sulla Terra.» Il silenzio dei presenti si fa denso come un panetto di burro congelato. «È mio desiderio raggiungere al più presto un altro pianeta della galassia.»
Un mugolio di sgomento si leva dalla folla.
«E quando avete intenzione di partire?»
Babbo Natale risponde senza alzare lo sguardo. «Molto presto.»
«Finalmente sei arrivato! Menomale, perché il vecchio è un po’ nervoso.»
Gisberto ansima come una vaporiera. Trascina un grosso sacco e lo deposita davanti a Elvina.
«Nervoso? Qui se c’è qualcuno che dovrebbe innervosirsi sono io! Ore e ore di fila nei negozi e guarda qua» si toglie i guanti «ho le mani tutte rovinate a furia di strofinarle con i disinfestanti.»
«Disinfettanti. Senza la s, somaro!»
Elvina scuote la testa. «Sei sicuro di aver preso tutto?»
«Sicurissimo!» Apre il sacco e inizia a tirare fuori il contenuto. «Mutandoni, magliette della salute, dentifricio, sapone, schiuma da barba, lamette…»
«Lamette? Mi dici cosa se ne fa il vecchio delle lamette?»
«Che ne sai? Magari dove andrà non si trovano.»
«Il cibo per le renne lo hai trovato?»
Le mostra una pila di buste. La moglie inforca gli occhiali e legge a voce alta la scritta sul retro della confezione: “liofilizzato di lichene surgelato.”
Gisberto, rosso come un tizzone, si affretta a metterle una mano sulla bocca. «Shhh! Vuoi che Rudolph ti senta? Sai quanto è schizzinoso. Se si accorgesse che gli diamo da mangiare cibo congelato è capace di spedirci a galleggiare in mezzo alla galassia con un calcione!»
«È proprio una renna viziata.» Elvina impila le buste in bell’ordine dentro un grande baule rosso.
«Dov’è Babbo Natale?»
«È chiuso nella sua stanza da stamani. Ho provato perfino a portargli una tisana con lo cherry, ma mi ha liquidata in malo modo.»
Gisberto non si lascia scoraggiare dalle parole della moglie. Infila le mani sotto il gilet e la guarda sornione: «Ora glielo faccio passare io il malumore!» Le sventola davanti agli occhi una busta di bel colore rosa acceso come un’alba d’inverno. «Vedrai!»
«Non dirmi che l’hai aperta, sai che è una cosa che non sopporta.»
«Ho dato solo una sbirciatina… È una richiesta così insolita! Devo fargliela leggere subito.»
Si avvia con passo deciso verso lo studio. Sta per bussare, ma la porta è socchiusa.
Si affaccia con prudenza.
Il grande camino è spento, l’aria odora di cenere fredda. Senza il crepitio del fuoco, l’unico rumore che si sente è il battito regolare dell’orologio a cucù sulla parete.
Il calendario è ancora aperto sulla data del quindici dicembre. Sul pavimento sono sparse centinaia di buste alla rinfusa, come se un tornado si fosse divertito a mettere a soqquadro la stanza.
Babbo Natale è sprofondato nella poltrona dorata.
«È permesso? Posso entrare?» chiede sottovoce.
«Vieni, amico mio.»
Gisberto sospira. Si china per raccogliere una letterina e la legge a voce alta.
“Caro Babbo Natale, scusa se quest’anno non ti chiedo niente. Mamma e papà mi hanno detto che Babbo Amazon li fa risparmiare e che i regali devo chiederli a lui. Però, voglio mandarti un saluto perché mi sei sempre stato simpatico.”
«Mettila via. Sono tutte così. Come vedi, il mio lavoro è inutile ormai.»
«Ne siete proprio certo? Stamani sono sceso al mercato per gli ultimi acquisti e ho sentito una bambina che discuteva con la madre.»
«I bambini d’oggi non sanno più cosa sia il rispetto per i genitori.»
«Aspettate a giudicare. La ragazzina voleva spedirvi una lettera, ma la madre l’ha gettata via.» Gli porge la busta facendo l’occhiolino. «L’ho recuperata di nascosto.»
Babbo Natale assesta bene gli occhiali sul naso.
Gisberto continua a tormentare il bottone del panciotto. «Allora, che regalo vuole la bambina?»
Per tutta risposta Babbo Natale, assorto nei propri pensieri, va alla finestra. I vetri sono bagnati dalla pioggia di lacrime degli abeti millenari che svettano nel giardino: la neve che li ricopriva fino a qualche tempo prima si sta sciogliendo in mille rivoli d’acqua.
«Se gli uomini continueranno a scaricare tutti quei gas nell’aria, ben presto non avremo più neppure un filo di neve.»
«Perché?»
«Devi sapere che l’atmosfera è come una coperta che protegge la Terra dai raggi più forti del sole e dal freddo dello spazio.»
«Forse è una coperta troppo pesante.»
«In un certo senso hai ragione, ma non è sempre stato così. È composta da diversi gas e ognuno ha il proprio compito. Ad esempio, l’ossigeno ci serve per respirare, ma anche l’anidride carbonica è utile. Riesce a intrappolare il calore e a mantenere il pianeta alla giusta temperatura.»
«Come le piante dentro a una serra?»
«Sì, proprio così. Solo che, per funzionare bene, tutto deve essere in equilibrio. Da quando gli uomini hanno iniziato a bruciare enormi quantità di carbone, petrolio e gas è come se fosse stato aggiunto un altro strato alla “coperta”.»
«E così, la Terra rischia di morire di caldo…» allarga le braccia. «Tutto ciò è molto triste e istruttivo, ma cosa c’entra con la letterina?»
«Tu che ne sai? L’hai forse letta prima di me?»
Gisberto diventa rosso come un tramonto d’estate: «Io? Leggere la vostra posta? Non mi permetterei mai! Gli ho dato solo un’occhiatina.»
Babbo Natale lo guarda storto. «Non farlo mai più!»
«Certo, scusatemi. Però la bambina parlava di certe isole che non conosco. Che c’entra l’atmosfera?»
«Vedi Gisberto, l’uomo non ha fatto solo danni all’aria che respiriamo, ma anche a tutta la natura. Animali, piante, fiumi, perfino i mari e gli oceani sono in pericolo.»
«D’accordo, ma Babbo Natale non è mica Superman che da solo può salvare il mondo!»
«Non tirare in ballo i supereroi! Quelli sono personaggi di fantasia, io, al contrario, sono vero. In carne e ossa!»
L’aiutante ride sotto i baffi.
«Va bene, più carne che ossa… Comunque, la bambina vuole che trovi il suo papà e lo riporti a casa per Natale. È un ricercatore che è partito tanti mesi fa per studiare il modo di ripulire il mare e non tornerà prima di aver terminato il lavoro.»
«Originale come richiesta, non c’è dubbio.»
«Vorrei tanto accontentarla, ma non posso farlo da solo.»
«Posso vedere?» Prende la letterina e scorre le parole a una a una con l’indice poi, biascica tra sé e sé: eppure deve esserci un modo…
Gisberto stringe la busta rosa tra le mani quando raggiunge il laboratorio di elfo ingegnere.
«Frentarbino, a che punto sei col lavoro?»
L’elfo trotterella soddisfatto verso il bancone, sale sullo sgabello e solleva una sfera trasparente come una bolla di sapone. Poi, tira fuori un fischietto dal taschino ed emette due suoni. Blitzen si presenta all’istante. La renna recalcitra un po’, ma riesce a calmarla offrendole una zolletta di muschio selvatico di cui è ghiotta.
Come per magia, il casco spaziale le calza alla perfezione.
«Sono o no un genio?»
«Sei un po’ antipatico, ma davvero bravo!»
«Beh, che ci fai ancora lì impalato? Non vai a dirlo subito al vecchio?»
Gisberto si schiarisce la voce e gli porge la lettera.
«Leggila e dimmi che ne pensi. Possiamo fare qualcosa?»
Il piccolo elfo si toglie il cappello e inizia a grattarsi la testa.
«Posso provarci. Mi è venuta una certa idea... Tu, intanto, chiedi a tua moglie di cucire il sacco più grande che abbia mai realizzato.»
Gisberto deglutisce a vuoto, immagina fin troppo bene la reazione di Elvina.
«Hai idea di quanto tessuto occorra per cucire un sacco così grande? Non se ne parla proprio! Con tutto il da fare che abbiamo non c’è tempo.»
«Elvina cara, hai visto quanto è triste Babbo Natale? Se almeno riuscisse a esaudire il desiderio della bambina, partirebbe felice. Se lo merita dopo tanti anni di lavoro.»
«Devo ammettere che, per una volta, hai ragione tu.»
«Posso contare sul tuo aiuto?»
«D’accordo. Dirò alle ragazze di mettersi subito all’opera.»
«E io chiamerò tutti a raccolta. Insieme ce la faremo!»
Nel giro di qualche ora, il villaggio di Babbo Natale si anima di nuova vita.
La letterina rosa ha prodotto lo stesso effetto di una pioggia nel deserto. Elfi, gnomi, giganti e ogni altro abitante sembra essersi risvegliato dal torpore che lo affliggeva.
Elvina impartisce le istruzioni alle nane tessitrici col piglio di un generale dell’esercito, Gisberto fa la spola dal Polo Nord al Polo Sud passando per l’Equatore per reperire i materiali necessari, mentre i troll assemblano i nuovi motori della slitta veloci e puntuali come un treno giapponese.
«Frentarbino, la mia slitta è pronta vero?» Babbo Natale appare all’improvviso nel laboratorio.
Il piccolo elfo si gratta un orecchio.
«Sì, sì… ehm… devo solo reperire ancora un po’ di propellente atomico di scorta. Per non rischiare di farvi rimanere a secco. Non so se ci siano distributori nello spazio interplanetario.»
«Molto bene, ma fai in fretta. Non voglio partire in ritardo.»
Il mattino dopo, di buon’ora, Frentarbino attacca le renne alla slitta e la porta davanti al suo cancello.
Dopo qualche minuto, il vecchio panzone, infagottato in una larga tuta simile a uno scafandro per sommozzatori, gli va incontro camminando con le gambe inteccherite e il passo incerto.
L’elfo ingegnere, con la teatralità degna di un bravo prestigiatore, solleva il grande mantello dorato. La linea filante come quella di un razzo, di un bel colore rosso acceso e così lucida da potersi specchiare: la nuova slitta spaziale è fantastica!
Babbo Natale resta a bocca aperta per qualche istante.
«Riuscirò a guidarla?» chiede preoccupato.
«Ci sono solo due pulsanti. Uno per la salita e l’altro per la discesa. Semplice, no?»
«In effetti, non sembra tanto difficile.» Risponde lisciandosi la barba.
«Il vero gioiello è il pedale del freno. È fondamentale per non finire alla deriva nello spazio!»
In quel momento arrivano Gisberto ed Elvina. Nonostante il freddo sono tutti sudati. I due trascinano un sacco così grande che potrebbe contenere una nazione intera.
«E questo cos’è?» Chiede Babbo Natale stupefatto.
«È il sacco per i doni. Non vorrete mica andare su un altro pianeta senza portarlo con voi.»
«Ma è enorme! Come farò a riempirlo tutto?»
«Veramente il sacco può contenere un dono soltanto.» Gisberto gli porge la lettera della bambina.
«Adesso potrete esaudire il suo desiderio!»
Il volto di Babbo Natale si illumina. Le lacrime sotto le palpebre pungono come spilli, ma il suo è un pianto di felicità.
«Come si chiama la ragazzina?»
«Rosa, come il colore della busta.»
«Dite a Rosa che avrà il suo regalo! Mi mancherete, ragazzacci… Fatevi abbracciare.»
Sale nella slitta e sparisce tra le nuvole a gran velocità senza voltarsi indietro.
Nell’aria risuona l’inconfondibile «oh, oh, oh!»
Arrivato sopra il Pacifico, aziona il pedale del freno. Durante i suoi viaggi gli era capitato spesso di sfrecciare sopra i mari, ma non si era mai soffermato a osservarli con attenzione.
Solo ora si accorge che sull’immensa distesa d’acqua galleggiano grandi isole di rifiuti.
L’oceano sembra una gigantesca pattumiera.
Rudolph, col naso più rosso del solito, lo guarda con aria interrogativa.
«La spazzatura di plastica non si decompone nella natura come una buccia di banana o un pezzo di carta. Rimane nell’oceano per moltissimi anni. Più di quanti tu ne riesca a contare, vecchia renna.»
Si avvicina ancora un po’. L’immondizia è diventata cibo per gli animali.
Le tartarughe marine scambiano sacchetti di plastica per meduse e, una volta ingerite, non riescono più a respirare. I gabbiani mangiano gli oggetti più piccoli e non possono più volare, i pesci soffocano nelle reti abbandonate dai pescatori. Sulle isole d’immondizia, la natura sta morendo.
Babbo Natale non riesce a credere ai propri occhi.
«Al galoppo, ragazze! Abbiamo del lavoro da fare.»
Appena calato in mare, il grande sacco comincia a riempirsi di bottiglie, sacchetti, accendini, giocattoli, cannucce, contenitori di polistirolo di ogni misura.
I delfini sono i primi a fare il passaparola. Attirati dal loro richiamo, balene, orche, squali e anche i più piccoli abitanti dei mari accorrono in aiuto. Persino il vento cessa di soffiare e il moto delle onde si placa per agevolare le operazioni.
Non molto distante da lì, si trova la Manta. Il grande catamarano a vela trasporta i ricercatori che studiano il modo di rimediare al disastro ecologico.
Al capitano trema la voce quando lancia l’appello via radio. «È incredibile! Ba… Babbo Natale sta ripulendo il mare!»
L’equipaggio, incredulo, si riunisce sul ponte. «Che aspettiamo? Andiamo ad aiutarlo! Motori al massimo!»
Altre navi, allertate dal viavai, si uniscono ai lavori. In poco tempo, l’oceano pullula di uomini e animali impegnati nella pulizia.
«Il primo che getterà ancora i rifiuti in mare dovrà fare i conti con noi!» Gridano tutti in coro.
Alla fine, il sacco è così pieno che pare stia per scoppiare.
Finalmente libero dai rifiuti, l’oceano sembra ritrovare il blu cristallino che aveva perduto. I pesci guizzano felici, gli uccelli festeggiano con rapidi volteggi sopra le onde, anche gli uomini, nonostante la stanchezza, improvvisano una danza.
Babbo Natale si arriccia i baffi e offre doppia razione di cibo alle sue renne.
Un marinaio lo avvicina e gli tende la mano. La barba lunga e incolta, la pelle bruciata dal sole, lo sguardo buono. «Grazie, grazie, a nome di tutta la Terra. Grazie.» Ripete senza sosta senza distogliere gli occhi da lui per un istante.
«Lei ha figli?»
«Sì, una bambina e non vedo l’ora di riabbracciarla.»
«Parta subito, allora. Non faccia aspettare la piccola Rosa.»
L’uomo spalanca gli occhi ma non ha il tempo di fare alcuna domanda.
Le renne galoppano a vuoto, il carico è così pesante che la slitta pare più volte sul punto di rovesciarsi finché Babbo Natale preme il tasto salita e, in un lampo, raggiunge lo spazio buio, freddo e inospitale.
«Rudolph, vecchia renna scorbutica, all’opera! Adesso tocca a te!»
Babbo Natale sgancia dalla slitta il grande sacco di rifiuti; la renna alza la coda e… lo ricopre con una scia di polvere magica.
Scintille di luce si propagano dall’involucro. L’enorme sacco inizia a roteare sempre più forte e, in pochi attimi, si trasforma in una stella brillante che illumina a giorno il buio dello spazio profondo. L’incantesimo si è compiuto davanti agli occhi di un Babbo Natale felice e soddisfatto.
«Bel lavoro Rudolph! È il nostro regalo per il pianeta.»
La Terra, vista da lì, sembra una grande pallina di Natale. Starebbero ore ad ammirarla. Una pioggia di lacrime galleggia dentro ai loro caschi.
«Forse laggiù hanno ancora bisogno di noi. Che ne dite, ragazze?»
Le renne scalciano impazienti.
«A proposito… Qual è il pulsante da premere? Ah! Eccolo qui: discesa. Reggetevi forte! Amici accendete i camini che arriva Babbo Natale! Oh, oh, oh!»