Eh già, tutto è facile adesso, ma non è stato sempre così.
Me ne sto tranquillo sulla mia comoda poltroncina in veranda; il tempo è magnifico, il sole illumina i miei campi dove alacremente lavorano le donne guidate dall’esperto Tamás. È la mia occupazione preferita, se non l’unica: guardare come gestisce il lavoro, come ottimizza le forze delle sue subordinate.
Devo dire che i risultati ottenuti sono eccellenti. Tamás è un uomo senza età, dall’espressione indecifrabile, forte nel fisico, asciutto e longilineo. Un vero contadino d’altri tempi. Non mi ricordo di averlo mai visto stanco, non l’ho mai visto perdere la pazienza o imprecare; possiede l’atavica pazienza di chi conosce l’imprevedibilità del tempo, l’alternarsi delle stagioni, la forza delle intemperie e la fertilità della terra. Mi sveglio e lo trovo già nei campi e, all’imbrunire, si ritira nell’ala della casa a lui destinata e non si rivede che al mattino seguente.
Da quanto tempo curi la mia piantagione di zafferano non lo ricordo. Mi sembra di averlo vicino da sempre, anche quando non era iniziata la mia fortuna economica, perché credo che sia iniziata… Mah…
I miei ricordi sono molto confusi… Nella mia infanzia lui c’era… E c’era anche quel sapore dolciastro che ancora mi ossessiona.
Non è stata un’infanzia felice, la mia, tra i freddi boschi che prosperano intorno al lago Balaton. Il gelo, e il terrore che mi incutevano i giganteschi faggi, sono ancora vivi nella mia mente, com’è vivo il ricordo delle numerose cascate d’acqua ai piedi dei monti Bükk.
È strano come sia vivo il ricordo dei luoghi e come invece sia confuso il ricordo dei fatti.
Un uomo era stato linciato dagli abitanti inferociti del villaggio di Hollókő. Non ne conosco il motivo: so solo che Tamás mi aveva preso con sé da quel giorno, e poi siamo stati sempre insieme.
«Csaba, Csaba – mi aveva chiamato – Non è uno spettacolo per ragazzi questo» e, afferrandomi dolcemente per un braccio, mi aveva condotto con sé.
«Starai con me se vuoi, ma ho intenzione di partire presto da questo villaggio».
«Perché?» avevo chiesto preoccupato.
«Non è importante dove vivi, ragazzo. È importante come vivi! Vuoi vivere di stenti nel villaggio dove sei nato, o vivere agiatamente in qualsiasi altro posto?»
Avevo annuito, mostrando di aver capito, e mi ero tranquillizzato. Il giorno dopo eravamo andati a pescare sul lago; non avevamo preso molti pesci, ma Tamás, arrivati al largo, si era liberato di un fardello che aveva portato con sé, lasciandolo cadere in acqua.
Mi piaceva andare in barca: mi affascinava il solco che la chiglia lasciava sull’acqua mentre Tamás vogava poderosamente.
«Andremo ancora in barca a pescare dopo la nostra partenza?»
«Certo! Per me è indispensabile andare in barca di tanto in tanto. A suo tempo capirai il perché».
Eravamo rimasti a Hollókő altri due giorni, poi eravamo ripartiti.
Avevamo attraversato la Puszta arida e sabbiosa e, finalmente, eravamo arrivati nell’Alföld, meta prefissata da Tamás, dal terreno molto fertile, adatta alle coltivazioni che si proponeva di effettuare.
Avevamo incominciato con i girasoli, e mi piaceva molto guardare i grandi fiori che si muovevano seguendo il corso del sole. Ma dovevo anche guardare la mia mandria, circondato dalle comodità della veranda: in fondo era quello il mio compito. Non ci fermavamo mai per più di due stagioni di raccolto nello stesso posto, e cambiavamo le coltivazioni a seconda delle caratteristiche del terreno a disposizione.
Così avevamo coltivato frumento, poi patate, e poi il peperoncino rosso. Non so il perché ma, a un certo punto, eravamo stati costretti a lasciare definitivamente l’Ungheria.
Quella era stata la svolta decisiva per la nostra vita. Decidemmo insieme di recarci in Grecia e di provare la coltivazione dello zafferano. Andò tutto bene: lo zafferano era redditizio. L’unica pecca era la difficoltà che incontravamo nel reclutare personale femminile.
Avevamo comunque una discreta mandria e tutto il mare che volevamo per le nostre battute di pesca. Eravamo ormai specializzati nella coltivazione dello zafferano: era giunto quindi il momento di portare ad altri lidi la nostra esperienza. Scegliemmo il Marocco.
Sarebbe stato il posto ideale per noi, se non avessimo avuto grosse difficoltà nella commercializzazione del prodotto. Per il resto era una pacchia: manodopera abbondante e a basso costo, clima ottimale per lo zafferano, una mandria numerosa e docile e un bel mare dove andare in barca a pescare.
E adesso sono qui in Spagna, nella mia veranda, a guardare il campo di zafferano e la mia mandria.
Tamás sta venendo verso di me: vorrà parlarmi, e so già di cosa. Sale i tre gradini e viene a sedersi accanto a me.
«Come stai, Csaba? Ho notato che hai qualche lieve sintomo di astinenza. Anch’io incomincio ad avere un po’ di tremore alle mani. È il caso che tu scelga un capo dalla tua mandria, cosicché io possa preparare il nostro goulash».
Faccio un cenno di assenso e mi volto a guardare la mandria: ho solo l’imbarazzo della scelta.
Sono contento. Non solo sarò più lucido, ma fra qualche giorno andremo in barca, come al solito. E poi mi piace il goulash di Tamás, o meglio, mi piace da quando aggiunge lo zafferano agli ingredienti. È stupefacente come lo zafferano faccia scomparire quel disgustoso sapore dolciastro e lo renda quasi gustoso.
Abbiamo mangiato il goulash e mi sento già meglio, meno confuso, ma soprattutto i miei ricordi sono più vivi, meno sfocati. Siamo stati bene in Spagna, a parte il lungo periodo della pandemia da Covid-19, ma penso che in qualsiasi altro posto avremmo avuto le medesime difficoltà.
La gente non era più uscita di casa, non andava a lavorare, i campi erano abbandonati e il raccolto era compromesso. La mandria non esisteva più, e noi cominciavamo ad avere crisi di astinenza anche gravi. Siamo invecchiati più in quel periodo che negli ultimi vent’anni.
Noi invecchiamo lentamente, molto lentamente! Non siamo i soli: altri sono come noi e, incontrandoci, ci riconosciamo; da cosa non saprei dirlo, ma ci riconosciamo e, senza scambiare parola, ci allontaniamo gli uni dagli altri. Potrebbe essere molto pericoloso vivere nello stesso posto.
Sono passate tre sere da quando Tamás si è allontanato dalla fattoria. Io sono stato molto preoccupato, ma adesso eccolo di ritorno con una pesante valigia.
«Stasera avremo il nostro goulash!» mi dice, e così avviene.
Ci siamo risollevati lentamente, ma è stato molto pericoloso per Tamás.
La cosa si è ripetuta diverse volte ma, per nostra fortuna, non è stata aperta nessuna indagine. Ben altre sono le preoccupazioni delle autorità!
Comunque siamo stati troppo tempo in Spagna. Ora ci accingiamo a partire per l’Italia. Sembra che ci siano campi di zafferano di eccellente qualità. E poi le donne italiane sono molto belle e ottime lavoratrici: potremmo radunare una bella mandria.
Credo che passeremo molto tempo in Italia.
Ah, dimenticavo. Non so se il nostro essere così sia una cosa ereditaria; io non ho mai conosciuto mio padre, quindi non posso parlarvi di lui.
Di mia madre posso dire solo che non era buona: era cattiva, quasi disgustosa…
Ma Tamás non aveva ancora cominciato a mettere lo zafferano nel goulash.