L’odore di carne bruciata permea l’aria. Nella piccola radura cinque uomini sono seduti accanto allo spiedo che è girato lentamente da un loro compare, arrostendo un piccolo cinghiale.
La caccia è andata bene, tutto il resto rimane incerto. Domani è una parola ancora da scoprire, soprattutto per gente come loro, che vive ai limiti della legge. E spesso li travalica, con tutto quel che ne può conseguire.
Ne sa qualcosa Ruben Foielli, soprannominato Phoenix per il fatto che più volte è stato dato per morto ma è sempre ricomparso. L’ultima con mezza gamba di meno, sostituita da una forma di legno che lo limita ma non gli impedisce di continuare a vivere come prima.
«Ho fame, non è ancora pronto?»
«No, Pietro» dice Tancredi, addetto al girarrosto, «ma non manca molto, tranquillo. Piuttosto dobbiamo decidere se restare in zona o cambiare colle. Che dici Phoenix?»
Ruben sta affilando il coltello, si ferma: «Prima di spostarci devo vedere mio fratello, mi ha fatto sapere che ha bisogno di parlarmi e si farà vivo a breve. Direi quindi di aspettare qualche giorno, la selvaggina qui non manca, nonostante il freddo. E poi un febbraio così secco non lo ricordavo, non piove mai.»
«Non mancano neppure le guardie» ribatte Cesco, seduto accanto a lui, «ultimamente paiono essersi moltiplicate, al contrario delle piogge.»
Dopo qualche attimo di silenzio, la voce di Tancredi spacca la tensione: «Ci siamo, preparate i coltelli.»
Durante Foielli, frate dei francescani minori, entra con deferenza, quasi con timore, da una porta laterale della Basilica di Santa Maria degli Angeli e si dirige verso il lato destro, dove ha appuntamento. Con passo lieve giunge a una cappella e vede un uomo: forse sta aspettando lui.
«Buongiorno, sono frate Durante; il vescovo coadiutore di Trento, Sua Eminenza Carlo Gaudenzio Madruzzo, mi ha concesso udienza. È qui che si trova?»
L’uomo lo scruta con uno sguardo arcigno, accusatorio.
«Mi segua» dice con voce dura avviandosi.
Durante obbedisce, passano attraverso svariate stanze e arrivano a un salone.
«Aspetti qui in anticamera, Sua Eminenza la riceverà appena possibile.»
Il frate obbedisce e rimane in piedi, in attesa, guardandosi intorno.
Dipinti, arazzi, statue, monili appesi, mobili, sedie intarsiate.
Anticamera? Questa stanza è più grande della maggior parte delle abitazioni comuni, pensa. Passa oltre un’ora prima che riappaia il suo accompagnatore, sempre col viso truce, e gli annuncia: «La riceverà appena possibile. Attenda.» E se ne va di nuovo, lasciandolo solo a contemplare l’assurda ostentazione di ricchezza esibita nella stanza.
Scuotendo il capo ripensa a cosa deve dire. Conosce il vescovo da anni e ha una certa confidenza, ma sa che deve portare rispetto.
Passano pochi minuti e sente una voce: «Fratello Durante, che piacere rivederti.»
Si volge e lo vede: «Eminenza…»
«No, Durante, niente titoli, per te sono Carlo, oggi come allora. Eh, bei tempi quelli, ricordi?»
Imbarazzato, il frate prova a sorridere: «Vero, Emin… Carlo, vero. Devo ringraziare tuo zio per averti potuto conoscere. Ora hai preso il suo posto a Trento, giusto?»
«Sì, ma non parliamo di me, ti prego. A cosa devo la tua visita? Vieni nello studio, seguimi» dice incamminandosi.
Lo studio è un salone grande il doppio dell’anticamera, anche questo pieno di opere d’arte di vario genere. Il vescovo sa cosa passa per la testa del frate, abituato alla cella del suo monastero, e prova a scusarsi: «Sono di passaggio, non sono mie queste stanze, mi stanno ospitando. Ecco sediamoci qui al tavolo e dimmi cosa ti porta da me.»
Durante si accomoda e lo guarda negli occhi: «Intanto ti dico che mi fa davvero piacere vederti, appena ho saputo della tua visita a Roma mi sono premunito per incontrarti.»
«Ti ringrazio, ma di sicuro c’è altro. Hai bisogno di qualche raccomandazione?»
Scuote il capo: «No, volevo solo chiedere un chiarimento. Ho saputo che gli inquisitori hanno condannato a morte Giordano Bruno per le sue eresie. Non si può fare nulla per lui?»
Il volto del vescovo si incupisce: «La pensi forse come lui?»
«No, non temere, non seguo il suo pensiero, io obbedisco alle leggi di Nostro Signore e della Chiesa, però lo conosco e so che è una brava persona, per questo chiedo se c’è la possibilità di intervenire in suo favore.»
«Ciò che la Santa Inquisizione decide, solo il Papa può modificare. A volte neppure lui, quindi devo dirti di no, Durante. Ci sono altre cose che mi vuoi chiedere?»
È seccato e si intuisce dalla voce.
«No, non ho altro, Eminenza. È stato un piacere rivederla, ora devo andare» dice, alzandosi. Il vescovo batte le mani e l’uomo che lo aveva accompagnato ricompare.
«Angelo, accompagna fratello Durante all’uscita, ti prego.»
Rimane seduto a osservare i due che si allontanano, in silenzio. Nella testa del frate ronzano mille pensieri ma uno sovrasta gli altri: è deluso, molto deluso.
Tornano nell’anticamera e la porta alle loro spalle si chiude mentre un sacco cala sulla testa di Durante e due mani forti lo tengono fermo.
Prova a scuotersi e a liberarsi ma una lama gli penetra nella schiena più volte.
«Ogni nemico della Chiesa farà questa fine, anche tuo fratello» sono le parole che riesce a udire prima di spirare. Lui non era nemico della Chiesa, non lo era di nessuno, aveva solo chiesto aiuto a chi credeva amico.
«Guardie, portatelo via, fate pulire bene e andate in cerca del fratello, sappiamo che è nei boschi qua vicino. Dividetevi in squadre e setacciate.»
Gli uomini, apparsi come per incanto, obbediscono in silenzio agli ordini di Angelo, il Custode di Santa Maria degli Angeli.
Ruben si gira e chiede di nuovo al ragazzo: «Ma sei proprio sicuro? Non era uno che gli assomigliava?»
Il giovincello, vestito con un semplice saio pur col freddo di febbraio, come si conviene a un novizio, ribatte: «Sì signore, glielo ripeto signore, ho visto personalmente il corpo di fra’ Durante. Chi l’ha ucciso non lo so, però so che aveva chiesto udienza al vescovo di Trento, monsignor Carlo Gaudenzio Madruzzo.»
«E che ci fa a Roma il vescovo di Trento, per la miseria?»
«Fra’ Durante lo conosceva da tanti anni, era stato in convento con lui.»
Si agita, Ruben, ferito negli affetti. Non approvava la scelta del fratello, i preti gli stanno da sempre sul gozzo, però… però era sangue del suo sangue, e ora chiama vendetta. Vorrebbe agire subito ma ha imparato che è meglio lasciar sopire un poco la rabbia, altrimenti si rischia l’errore. E può costare caro.
«Va bene, ragazzo, ti chiedo solo di informarti più che puoi su come è accaduto.»
«Farò il possibile e anche di più, signore, fra’ Durante mi ha aiutato molto. Mi farò vivo quando tornate.»
«Grazie.» Poi si rivolge ai compagni: «Andiamo verso Monte Gelato per qualche giorno, studiamo qualcosa e torniamo.»
«Phoenix, a Monte Gelato? Restiamo qui, no?» interviene Pietro.
«No, se stiamo qui mi sale l’istinto di andare dal vescovo e ucciderlo. Ci sono due grotte ben prima delle cascate, ci daranno riparo. Bastano poche ore per arrivarci.»
Annuiscono tutti quanti e cominciano a prepararsi, mentre il novizio è già lontano.
Salire sul cavallo non è un problema per Ruben, nonostante la menomazione, e una volta in groppa si sente tornare integro, vivo. Vanno al passo, senza alcuna fretta, c’è da far decantare la rabbia e lo sdegno. Nessuno di loro apprezza la Chiesa e il suo braccio inquisitorio, altrimenti non sarebbero in compagnia di Phoenix, il pluririsorto.
Si sente un rumore di rami spezzati.
«Attenti, potrebbe essere un cinghiale o qualch…» la voce si interrompe e i compagni vedono Tancredi cadere da cavallo.
«Via, separiamoci, vogliono farci fuori.» Ognuno parte in direzione diversa, ma in una boscaglia non è facile farsi strada se esci dal sentiero, ci sono tanti ostacoli.
Ruben sente un altro grido di dolore poco lontano e si ferma. Non si può sempre fuggire. Vuole capire quanti sono e tentare di reagire, se possibile.
Nascosto dietro un folto cespuglio scruta i dintorni e vede una sagoma muoversi tra i rami di un albero poco distante. Prende l’arco e incocca, ha una buona mira e la freccia prende in pieno il bersaglio che cade gridando. Sui due alberi vicini ci sono movimenti.
Sono i compagni dell’uomo colpito, sorpresi. Parte un’altra freccia e va a segno, un secondo corpo cade a terra. L’ultimo rimasto urla: «Fermi, mi arrendo» e getta la balestra.
Ruben si avvicina tenendolo sotto mira: «Scendi.»
Obbedisce. È una guardia della Chiesa, lo si capisce dalla divisa. Alcuni dei compagni di Ruben stanno tornando, ma non tutti. Il primo a giungere è Pietro che smonta da cavallo e si dirige verso il prigioniero con un coltello in mano.
«Fermo, ci serve vivo. Aiutami a scendere, da solo ho difficoltà, non è come salire.»
«Ma ha ucciso due dei nostri, Phoenix, deve pagare.»
«Pagherà, tranquillo, pagherà, ma prima deve parlare.»
Giungono anche gli altri due, mancano Gregorio e Tancredi.
«Credo siano morti» dice Cesco, Gregorio aveva un quadrello piantato nel collo.»
«Poi li cerchiamo e vediamo, ora legate questo essere e preparatelo all’interrogatorio, deve dirci tante cose.»
«È morto anche Tancredi» interviene Mico, «sono tiratori scelti, questi, hanno balestre micidiali, di precisione e con dardi mortali.»
Ruben si guarda intorno: «Caricatelo su di un cavallo e allontaniamoci, potrebbero esserci altri come lui nei dintorni.»
Il prigioniero trema, di freddo e di paura. Polsi sopra la testa, legati a un ramo robusto, petto nudo coperto dal sangue delle incisioni portate dai briganti, come lui li definisce.
«Non so altro» piagnucola, «ho detto tutto quel che so. Basta, vi prego.»
Un ceffone lo fa tacere.
«Hai ucciso due dei nostri e osi chiedere pietà?» sbotta Cesco.
«Non sono stato…»
«Taci!»
«Fermati Cesco, credo stia dicendo il vero, non sa altro» interviene Ruben.
«E allora che facciamo, Phoenix, lo lasciamo andare? Correrà ad avvisare il guardiano della chiesa.»
Qualche istante di silenzio poi: «Lo lasciamo qui, ora andiamo.»
Mentre raccolgono le loro poche cose, la guardia lo osserva sbigottito: «Non potete lasciarmi qui, morirò, siete degli assassini!»
I compari salgono a cavallo e partono al passo lasciando dietro di loro le urla disperate di un uomo. Poche decine di metri dopo, Ruben si volge e mette fine al supplizio centrandogli il cuore con una freccia.
Ai margini della città, poco prima che il sentiero in terra lasci il posto al selciato, c’è un laghetto minuscolo, appena più di una pozza, circondato da una fitta vegetazione di salici e altri alberi. Ruben e i suoi compagni vi stanno aspettando il novizio.
«Eccolo» mormora Mico indicando una figura che si avvicina. «Pare sia solo, per fortuna.»
Il giovane li raggiunge tra i cespugli e dopo aver salutato inizia: «Allora, domani a Campo de’ Fiori ci sarà l’esecuzione pubblica di un eretico, tramite rogo, e gran parte delle guardie saranno in loco. Se davvero volete incontrare il guardiano di Santa Maria degli Angeli, domani sarà il giorno buono.»
«Sei certo? Per che motivo è il giorno buono?»
«Perché alla Basilica le sue guardie saranno al minimo e lui, essendo il guardiano, non si può allontanare. E adesso…» si toglie il saio e rimane in abiti civili.
«Che fai?» chiede Ruben.
«Vengo con voi, Phoenix, lo devo a fra’ Durante. Questa Chiesa assassina non fa per me, resto fedele a Nostro Signore ma abbandono la veste.»
Gli occhi di Ruben luccicano per la commozione e lo abbraccia.
Raccoglie il saio: «Questo mi serve. Come ti chiami, ragazzo? E sai che vita ti aspetta, vero?»
«Benedetto, ma preferisco mi si chiami Betto e sì, lo so.»
A turno, Mico, Pietro e Cesco lo abbracciano e gli danno il benvenuto.
«Stanotte potete dormire al convento, entreremo da una porta laterale, poco conosciuta. Domattina andremo a Roma, vi guiderò io alla Basilica, conosco ogni vicolo della città. Ci metteremo poco.»
È deciso, il ragazzo, piace a tutti.
Non è ancora l’alba quando i cinque escono dal convento in fila indiana, guidati da Betto. Uno di loro indossa il saio. Il freddo di febbraio si fa sentire, ma sono ben coperti.
Il sole ha appena fatto capolino dietro i colli mentre si fermano davanti alla loro destinazione, la piazza è deserta.
«Di qua» dice Betto, «entriamo dal lato destro, così siamo vicini alle stanze del guardiano. Ecco, fermiamoci. Leghiamo i cavalli ed entriamo.»
«Ehi» dice la figura col saio, «datemi una mano a scendere.»
Pochi istanti dopo sono all’interno della Basilica, vuota sia per l’ora che per l’evento previsto.
Betto li conduce in silenzio per alcune stanze e poi si ferma: «Phoenix, oltre questa porta c’è l’anticamera e poi lo studio. Credo che fra’ Durante sia stato ucciso qui vicino.»
«Sì, in quella che chiami anticamera, me l’ha confermato uno che abbiamo catturato. Voi sapete cosa fare, io vado.»
Si copre il capo col cappuccio del saio, apre la porta ed entra. Avanza adagio, a ogni passo si sente il picchiettio del piede di legno sul pavimento. Giunto al centro grida: «Angelo, ho bisogno di te, vieni!»
«Angelo, dove sei?» insiste.
Il portoncino di fronte si apre e appare il guardiano: «Chi sei e cosa vuoi? Come ti permetti di gridare il mio nome? Guardie, venite subito.»
Al posto delle guardie appaiono i compagni di Ruben.
«E voi chi siete, dove sono le mie guardie?»
Abbassando il cappuccio, Ruben gli si avvicina: «Sono morte, Angelo, tutte. E ora tocca a te, all’assassino di fra’ Durante.»
Il guardiano comprende di avere di fronte il fratello e va nel panico. Se le guardie sono morte, non ha speranza. Cerca di rientrare nel suo studio ma un coltello gli si pianta in una gamba. Lancia un grido e cade.
«Devi morire qui, dove hai ucciso Durante, maledetto» gli grida Ruben afferrandolo per un braccio e tirandolo al centro dell’anticamera. «Mio fratello era un utente devoto della tua dannata Chiesa, era corretto e disponibile verso tutti, amorevole… per questo l’hai eliminato. Ora come preferisci morire, poco a poco? Mi piacerebbe farlo, ma sono più umano di te, sai, quindi ti lascio la scelta.»
Con uno scatto d’orgoglio: «Io morirò, ma la mia anima vivrà nel nome di Dio. Viva la Chiesa, viva l’inquis…» la parole diventano un gorgoglio mentre affoga nel suo sangue.
Lo guardano afflosciarsi e spirare.
«Lasciamolo qui, così che lo vedano i suoi amici» sussurra Ruben. «Andiamo» e fa un cenno a Betto perché li guidi all’uscita.
Appena fuori slega il cavallo e vi sale. È triste e sta lacrimando, ha vendicato il fratello ma non è certo contento per quanto sta accadendo. Da lontano arrivano le grida di giubilo della folla che assiste al rogo.
L’odore di carne bruciata permea l’aria.