Nei tuoi racconti, caro Gian, è inutile fare i frati certosini o le suore ricamatrici a cercare un refuso o un punto in cui il filo ha ceduto. Inutile e impossibile: si viene risucchiati in un tourbillon di immagini, una di seguito all'altra che non riesci a tornere indietro, devi arrivare alla fine. Qui un po' lo ci si aspetta, il finale, ma bisogna aspettare che lo racconti tu. Fantastico.
p.s. avevo un collega ex falegname (eravamo bancari), un omone robusto e, a dispetto di un carattere buonissimo, uno sguardo severo: gli mancavano, guarda te che caso, le ultime due falngi di uno dei pollici. Ogni tanto, magari se c'era un po' di gente allo sportello, si divertiva mattere il monconcino nell'orecchio, lamentandosi poi di avere qualche problema di "udito". Raccontato così non fa molto ridere, ma vedere gli sguardi di chi non sapeva... Ovviamente non c'era il direttore nei paraggi. Ti cedo il personaggio.