I fine settimana che trascorrevamo in montagna, nella baita ereditata da nonno Edgardo, erano sempre frenetici. A poco servivano gli sforzi di mia moglie Giuliana per contenere l’esuberanza dei nostri figli, Luca, Alberto e Andrea, e permettermi di recuperare le energie spese nel mio lavoro di giornalista.
Ricordo le camminate mattutine nella fitta boscaglia, tra rincorse e grida di richiamo, su fino all’ampia radura, dove, al termine di un veloce pranzo al sacco, avrei voluto rilassarmi almeno per un’oretta all’ombra di un pino, con un buon libro in mano, se i miei ragazzi me l’avessero permesso. La lettura, infatti, era uno dei piaceri che speravo di soddisfare quassù, e di libri ancora da leggere ne avevo in abbondanza, custoditi sugli scaffali della libreria, appoggiata alla parete della nostra camera. Non vi era un solo francobollo di muro che non fosse occupato da una copertina messa in orizzontale o verticale. Volumi d’ogni forma, genere ed epoca. Mattoni di parole scritte, imprigionate in pagine patinate, ricche di illustrazioni a colori, o in ruvidi fogli ingialliti dal tempo, spesso stampati e pubblicati con tanto amore e fatica da minuscole case editrici. Prosa e poesia, saggi e romanzi, racconti lunghi e brevi... tutto riposava in buon ordine, nell’attesa d’essere letto, prima o poi.
Quando finalmente calava la notte, e l’eccitazione di quelle giornate cedeva il passo al fruscio dei respiri, mi accostavo nella penombra a quei ripiani stracolmi, affascinato dalla loro geometrica divisione. Poi, attento a non provocare il minimo rumore, facevo scivolare dallo scaffale il predestinato di turno.
Quella sera la scelta cadde su un romanzo avuto in dono dall’autore. Era uno degli ultimi arrivi, e già l’avevo investigato nelle note di copertina e curiosato qua e là, per poi rimetterlo a riposo, fino al momento in cui sarebbe ricomparso tra le mie mani.
Reggendolo con cura, andai verso il letto. Giuliana dormiva e credo non si sarebbe svegliata nemmeno se fossi stato un marito distratto e mai avrei voluto esserlo. Con un gesto felpato m’infilai sotto le coperte, aprii il volume e ne fiutai il profumo di carta stampata di fresco. Ammirando l’immagine della prima di copertina e la foto dell’autore, rivalutai la scheda autobiografica, forse un po’ troppo sintetica per i miei gusti. Chissà come l’avrei scritta io, fantasticai, se un giorno fossi riuscito a pubblicare un mio romanzo.
Finalmente giunse il momento d’abbandonarmi alla lettura, e in quel mare mi lanciai come un capitano coraggioso, scrutando le onde dalla tolda del mio vascello di carta. La stanchezza era svanita, come d’incanto, e avrei potuto veleggiare leggero fino all’alba. Certamente la maestria dello scrittore era una parte importante di quell’incantesimo, che per me era la lettura, anche se in verità erano proprio i libri il mio grande amore, non questo o quel libro, ma tutti i libri, concepiti nella loro essenza più profonda.
Per un istante, lo sguardo tornò alla libreria, addossata nella penombra alla parete. Quant’era emozionante intravederne i suoi abitanti. Come un pastore con il suo gregge, li riconoscevo senza fatica, e tra questi i prediletti, pur amandoli tutti allo stesso modo, senza antipatiche distinzioni.
Riaprii il romanzo nel punto dove avevo infilato l’indice come segnalibro, divorai un nuovo capitolo e guardai la sveglia posata sul comodino: mezzanotte passata. A malincuore decisi d’interrompere: una nuova giornata mi attendeva, e non potevo rischiare di deludere i miei cari.
Aspirai nuovamente la fragranza di quel miscuglio di fogli, inchiostro e parole, e spensi la luce. Un brivido di freddo mi spinse a rifugiarmi sotto le coperte, e vagavo da qualche minuto in quella terra di nessuno che precede l’ingresso nel mondo dei sogni, quando il “tic” prodotto dallo scatto di un interruttore mi trascinò in uno stato d’involontaria allerta. Uno dei miei figli si era destato, ma chi?
Solitamente era Andrea, il più piccolo, che nel cuore della notte si svegliava di soprassalto, spaventato da qualche incubo oscuro, ma non udivo la solita richiesta di aiuto. Non mi rimaneva che indugiare in silenzio e attendere, con l’orecchio concentrato nella camera accanto. Percepivo distintamente il rigirarsi di un corpicino e poi ecco il tonfo smorzato di due piedi scalzi. Questo è sicuramente Luca, il maggiore. Deve fare pipì, indovinai. Meglio che mi decida a dormire.
Un attimo dopo, quel lodevole proposito fu annullato da un evento inatteso. Luca non si era diretto verso il bagno, alla fine opposta del corridoio, ma, con la cautela di un ladruncolo, aveva scostato la porta della nostra camera.
Strano, pensai, non lo faceva da almeno una decina d’anni.
Mi finsi assopito e lui, rinfrancato dal nostro silenzio, si avvicinò con fare furtivo alla libreria. Alla flebile luce che proveniva dalla camera accanto, allungò la mano.
Nel tentativo di sfilare uno spicchio dal fondo di un'enorme pila, ingannato dal buio, mi accorsi che stava per provocare la caduta rovinosa dell'intera catasta.
«Attento!» Sussurrai ad alta voce.
«Scusa!»
«Scusa un accidente!»
Con corpo e braccia protese a trattenere i libri in bilico sullo scaffale, Luca tentò una spiegazione:
«Non avevo sonno.»
«Ma non hai già i tuoi da leggere?» Esclamai, mentre scendevo dal letto, e mi accovacciavo nel tentativo di rimediare al disastro.
«La notte è fatta per dormire!» Aggiunsi. «Tieni. Questo ti dovrebbe piacere.» Proseguii, allungandogli una copia del “Piccolo Principe”.
«Già letto. A scuola.»
«Prendi quest’altro, allora!»
«Davvero bello. Ma in verità, di questo intero scaffale me ne mancano solo un paio, e li stavo per l’appunto cercando, purtroppo col buio... Eccone qua uno!»
“L’isola del tesoro” di Robert Louis Stevenson.
«Ma sei sicuro Luca...»
«Sicurissimo!»
Per almeno un’ora, mentre il resto della famiglia proseguiva il sonno beatamente, si udì il fruscio delle pagine che si spostavano da destra a sinistra, dopo aver rovesciato il loro carico d’emozioni, finché entrambi ci addormentammo con le luci accese.
Al mattino Giuliana mi sorprese con il libro ancora aperto sul petto, a mo’ di scudo contro l’angoscia del vivere quotidiano, e Luca?
“L’isola del tesoro” era scivolata sotto le sue coperte, e lui, nell’attesa di scoprire veramente il suo tesoro, ci aveva dormito proprio sopra.
Ultima modifica di almarc il Ven Set 30, 2022 2:20 pm - modificato 3 volte.