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Il piacere di chiamarsi Jamal

4 partecipanti

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1Il piacere di chiamarsi Jamal Empty Il piacere di chiamarsi Jamal Mer Ott 26, 2022 5:26 pm

Petunia

Petunia
Moderatore
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https://www.differentales.org/t1846-don-quijote-di-irun


Sembrava un giorno come tanti. Abdou osservò il sole abbassarsi all’orizzonte. Asciugò la fronte col dorso della mano. Deglutì a vuoto. Aveva la gola riarsa e la bocca impastata dalla polvere. Si guardò intorno. Era solo. Dove diavolo erano finiti gli altri? Possibile che si fossero allontanati tutti e lui non se ne fosse accorto?
Si avviò alla baracca strascicando le gambe. Lo attendevano del pane raffermo che aveva messo a rinvenire nell’acqua dalla mattina e un pomodoro. La sua solita cena: con i due spiccioli che guadagnava spaccandosi la schiena tutto il giorno non poteva permettersi di più. 
Ogni euro che riusciva a risparmiare lo infilava dentro a una lattina vuota. 
Per tenerla al sicuro, aveva tagliato il materasso proprio all’altezza della testa. Un piccolo tesoro nascosto dal lenzuolo e dal cuscino. 
Gli piaceva ascoltare il tintinnio delle monete, sempre più cupo man mano che il barattolo si riempiva. Un giorno ne avrebbe avute abbastanza da potersi pagare il viaggio di ritorno. Era ancora giovane, forse avrebbe potuto ricominciare tutto da capo. Se solo fosse riuscito a tornare nella sua terra, non l’avrebbe più abbandonata. Mai più. Ne era certo. Anche se gli avessero messo in mano un fucile e l’avessero spedito a calci a combattere per chissà chi o che cosa. Non aveva niente da perdere, ormai. 
Dopo tanto tempo si chiedeva ancora perché, tra tanti, la tempesta avesse scelto di risparmiare proprio lui. La furia del mare, quella notte, si era presa anche Fatimah e Kiros, suo figlio di soli tre anni. Non avrebbe mai dimenticato i loro sguardi terrorizzati mentre venivano inghiottiti dai flutti. Se avesse avuto più fortuna sarebbe morto insieme a loro. Aveva anche tentato di raggiungerli. Si era abbandonato del tutto alle onde con la speranza di riabbracciarli in un luogo migliore, ma la risacca lo aveva restituito vivo. 
Il pescatore che lo aveva trovato esanime sulla spiaggia, la mattina dopo, aveva rinvenuto un documento vicino al corpo. Non era il suo. Non si leggeva tanto bene, ma per registrarsi al centro di accoglienza era stato sufficiente mostrare quello.
Quando poteva, camminava fino alla riva e s’inginocchiava sulla battigia. Non sapeva pregare, ma era certo che i suoi cari potessero avvertire la sua presenza. 
Si stropicciò gli occhi. Le lacrime rendevano tutto offuscato. Gli sembrava di osservare il paesaggio attraverso un vetro smerigliato. 
Via via che si avvicinava al centro di accoglienza, un odore sempre più acre gli serrava la gola. Accelerò il passo. Un accesso di tosse gli tolse il respiro. Se continuava così avrebbe sputato un polmone prima o poi. 
Il cielo era una ferita rossa, il fumo denso e scuro che si levava dal campo, un avvoltoio.
Posò lo sguardo sui resti fumanti della baracca.
Kofi gli corse incontro e lo abbracciò stretto. Sapeva di fuliggine e di sudore: «Abbiamo fatto il possibile, fratello.»
Gli diede una pacca sulla spalla: «State tutti bene?» 
Kofi annuì. «Se vuoi, stanotte puoi stare da me.»
«Grazie, amico mio.»
Accovacciato davanti al mucchio di detriti e cenere, non riusciva a trovare la forza per reagire: tra tutte, era bruciata solo la sua baracca.
Eppure era sempre scrupoloso. Era certo di aver chiuso bene il fornelletto a gas prima di uscire. Forse qualcuno dei nuovi arrivati l’aveva usato in sua assenza. Era l’unica spiegazione.
Non possedeva che qualche straccio e un paio di scarpe da tennis semi nuove. Numero quarantasette. Una misura difficile da trovare nelle raccolte degli indumenti usati, aveva sottolineato, con un certo orgoglio, il sacerdote quando gliele aveva consegnate. 
Cercò una vanga per ripulire alla meglio la piazzola. Voleva recuperare quanto prima il suo barattolo. Le monete non bruciano. Sono buone anche annerite. Non lo aveva detto a nessuno di avere dei risparmi, neanche a Kofi. Eppure si fidava di lui.
Spalava piano, tendendo l’orecchio. Da un momento all’altro avrebbe sentito il suono metallico del contenitore. Il buio non gli facilitava la ricerca. Avrebbe proseguito all’alba, prima di recarsi al lavoro. Sollevò lo sguardo. Il lampeggiante azzurro non preannunciava niente di buono. Il tono del poliziotto che poi lo interrogò, anche meno.
«È lei Abdou Traore?»
Annuì.
«Mi faccia vedere il documento.»
Era bruciato, insieme ai vestiti e a tutto il resto. Certo, tutti al centro sapevano chi fosse. Ma il militare lo fissava con aria ostile. Lo vide fare un cenno al collega che nel frattempo stava interrogando Kofi. Forse volevano sapere dell’incendio.
Gli agenti aprirono lo sportello dell’auto e lo invitarono a salire. Dovette curvare le spalle per entrare. Il viaggio gli sembrò interminabile. Aveva fame e sete, sentiva di puzzare come un animale. Il poliziotto che lo affiancava sul sedile teneva aperto il finestrino.
Una volta arrivati alla caserma, lo fecero accomodare in una stanza fredda. Una delle pareti sembrava uno specchio. Contò almeno tre sedie. Sopra al tavolo spiccava un fascicolo aperto. Quello che doveva essere il capo, ogni tanto sollevava la testa dal foglio e lo fissava. 
Lo sguardo rimbalzava dalla pagina al suo viso, la guancia sinistra pulsava. Strizzava gli occhi per metterlo bene a fuoco. Nonostante l’aria condizionata, un rivolo di sudore gli scorreva sulla tempia. Estrasse un fazzoletto di carta dal taschino della divisa prima di parlare.
«Mi conferma che lei è Abdou Traore?»
«Sì, sono io.»
«E perché non ha il documento?»
«Mia baraca è andata a fuoco stasera, ma tu chiede ai miei compagni. Loro sa chi sono.»
Il poliziotto battè il pugno sul tavolo «E mi dice, allora, chi è questo?» Il poliziotto prese un documento dal fascicolo e glielo mise davanti. La sua carta d’identità: Jamal Kanumba. Si riconobbe nella foto scattata qualche mese prima della partenza. Sentì le gambe tremare.
«Ho sete.»
Il militare fece un cenno impercettibile verso il vetro.
Poco dopo, un agente gli portò un bicchiere e una bottiglietta d’acqua.
«Kanumba, lei si è registrato nel nostro Paese con una identità falsa. Per la legge, è un clandestino. Dobbiamo rimpatriarla prima possibile.»
Non poteva sorridere in quel momento. Si schiarì la gola :«Dove trovato mio documento?»
Vide i poliziotti scambiarsi un’occhiata d’intesa.
«È finito nella rete di un pescatore. Lo abbiamo mostrato al direttore del centro di accoglienza. L’ha riconosciuta subito. Anche se lì si fa chiamare Abdou.»
La nave era pronta per la partenza. Non era certo il guscio fatiscente del viaggio di andata. Con la coda dell’occhio riconobbe Kofi che si sbracciava da lontano.
«Posso salutare mio amico?»
«No. Non possiamo farla avvicinare.»
Jamal cercò lo sguardo di Kofi tra la gente, ma non riuscì più a individuarlo. 
Prima di salire, il militare gli consegnò un pacchetto. «Tieni, te lo manda il tuo amico.» 
Jamal alzò il sopracciglio. 
«Che c’è? Non ti fidi? Non siamo mica delle bestie…»
Lo mise in tasca senza aprirlo. 
Una volta a bordo lo scartò. Conteneva una manciata di monete annerite dal fumo.
Prese un lungo respiro e sorrise. Il mare era liscio come una tavola.



Ultima modifica di Petunia il Lun Nov 21, 2022 3:33 pm - modificato 2 volte.

2Il piacere di chiamarsi Jamal Empty Re: Il piacere di chiamarsi Jamal Sab Ott 29, 2022 4:01 pm

paluca66

paluca66
Maestro Jedi
Maestro Jedi

Ti segnalo, per dovere di lettore, solo un paio di cose:
Il pescatore che lo aveva trovato esanime sulla spiaggia la mattina dopo aveva rinvenuto un documento vicino al corpo.
"la mattina dopo" io lo metterei tra due virgole
Eppure si fidava si lui.
refuso: "si fidava di lui"
Che bello questo racconto, questo viaggio della speranza al contrario!
Ma cosa ne sappiamo noi, di cosa provano veramente queste persone, costrette spesso a lasciare il loro paese controvoglia, un po' per forza un po' per necessità, per poi ritrovarsi a vivere in condizioni, se non peggiori, almeno identiche a quelle che hanno lasciato.
Ci hai raccontato la tragedia di un migrante come tanti, che ha perso la famiglia tra i flutti di quel Mediterraneo incubo di troppe persone, con la delicatezza e la sensibilità che contraddistinguono sempre il tuo "scrivere".
Mi hai emozionato e questo, a mio parere, è il compito principale di ogni scritto.
Grazie.


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3Il piacere di chiamarsi Jamal Empty Re: Il piacere di chiamarsi Jamal Sab Ott 29, 2022 6:28 pm

Petunia

Petunia
Moderatore
Moderatore

Grazie a te @Paluca del oasssggio e del commento oltre che ai tuoi preziosi suggerimenti 😍

4Il piacere di chiamarsi Jamal Empty Re: Il piacere di chiamarsi Jamal Lun Nov 21, 2022 2:32 pm

almarc

almarc
Younglings
Younglings

Testo decisamente “paratattico”. Forse un po’ troppo? Mah! De gustibus…
Due refusi già segnalati da Paluca66
Ne ho trovato un altro: Lo mise in tasca senza aprilo
 
Commento
Brava! Non per vantarmi, ma sembra uno dei miei tanti racconti, sempre aperti alla speranza e alla fiducia nel prossimo. Solo così ce la caveremo, altre possibilità non ce ne sono! Lo sappiamo tutti: belli e brutti, seminare fiducia è la prima cosa da fare, anche con i racconti su "Differentales"
Mi ha sorpreso l’efficienza della Polizia, sarà vero?

Ancora brava.

5Il piacere di chiamarsi Jamal Empty Re: Il piacere di chiamarsi Jamal Lun Nov 21, 2022 3:29 pm

Petunia

Petunia
Moderatore
Moderatore

Grazie  @almarc anche per la preziosa segnalazione del refuso 🙏

6Il piacere di chiamarsi Jamal Empty Re: Il piacere di chiamarsi Jamal Sab Lug 08, 2023 9:35 am

Andrea Bernardi

Andrea Bernardi
Younglings
Younglings

Racconto con un buon ritmo.
Diretto e coinvolgente. Nella profondità del dramma mi piace la delicatezza con cui hai inserito la speranza.

P.S. Una piccola curiosità: "le monete non bruciano" è un rimando fuori contesto a "i manoscritti non bruciano" (Bulgakov) o è esclusivamente una giusta constatazione pratica?

https://thingsbehindthesunsite.wordpress.com/

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