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1Bianco Malpelo Empty Bianco Malpelo Lun Mag 08, 2023 11:39 am

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[…]
La mia prima opera, “Il Suono della Città”, aveva suscitato un discreto clamore, non solo nel mondo accademico a cui era principalmente rivolta, ma pure fra curiosi e lettori di ogni tipo. Difficile spiegare a donnette e ragazzini che non si trattava di un Twain o di un James, bensì di pura filosofia. Una sinuosa donna in posa davanti alla nuova Statua della Libertà spinse molti a scambiarlo per un mite romanzo rosa, così andò a ruba: non si deve giudicare un libro dalla copertina, si dice, però è un bell’incentivo alle vendite. Il libro piacque, giustamente, alla solita cerchia; pochi riuscirono a superare la decima pagina, quasi nessuno ne apprezzò il vero significato. “Pecunia non olet”: i frutti di tale lavoro, francamente inaspettati, me li sarei spesi per la sua prosecuzione, la sua meritata controparte: “Il Suono della Natura.”
La molla che fece scattare il me la voglia di proseguire le mie fatiche filosofiche fu il viaggio in Europa dell’anno precedente, una costante altalena di alti e bassi ai quali non riuscii a restare indifferente. La mia profonda amicizia con il grande scrittore Giovanni Verga, magari sconosciuto qui in America, mi diede forti motivazioni in proposito: dopo aver criticato la sua vecchia novella Rosso Malpelo, con le sue superstizioni e credenze ancestrali, aborrii addirittura Mastro Don Gesualdo, letto in anteprima l’anno scorso: lo giudicai un netto stroncamento verso l’ascesa sociale e il costante miglioramento che tutti vogliono, anzi devono perseguire nella loro vita. La mia idea si collocava esattamente all’opposto, così provai ad invertire le tempistiche: partire dalla situazione di fiorente sviluppo che avevamo nel 1890 e tornare a ritroso fino ai primordi dell’umanità. Le grandi meraviglie dell’Esposizione Universale di Parigi, con i suoi scintillanti viali ad illuminazione elettrica, presto copiata qui a New York, e le prodigiose strutture in acciaio non fecero che accrescere in me il desiderio di tornare a ritroso sui passi dell’umanità per studiare le cause verso le quali noi uomini tendiamo spontaneamente a migliorarci, a dispetto della classe sociale e di ciò che i nostri antenati ci conficcano in testa.
Perché andare proprio lì a scriverlo, appollaiato su un’enorme cascata nel bel mezzo della foresta paranese, fra inauditi pericoli? Facile: era uno dei pochissimi posti al mondo dove si poteva ancora sentire l’autentico “Suono della Natura”. Ero forse l’unico uomo nel raggio di una ventina di chilometri, avevo contatti giusto con un paio di indigeni che mi facevano strapagare qualche legume secco o un sacco di farina. Mi bastava e avanzava, credevo davvero di sentirmi un selvaggio, con la giusta predisposizione d’animo per riempire il calamaio e iniziare a far scorrere il pennino. Quale dei miei studenti mi avrebbe riconosciuto, con la barba più lunga del Westernland e i piedi più sporchi di un minatore di Pittsbourgh?
Per l’occasione, con gli ingenti proventi del “Suono della Città”, mi feci riattare una vecchia palafitta di pescatori. Al piano inferiore vi posizionai il letto, qualche vettovaglia e un braciere: nessuna tramezza divisoria, certo che qui vi sarei rimasto solo. Di sopra, nell’enorme soffitta, posizionai giusto uno scrittoio. Null’altro, ad eccezione di due grandi finestre, una che dava sulla fitta boscaglia circostante, l’altra direttamente a strapiombo sulle acque, dove il vecchio inquilino calava le lenze direttamente fra i gorghi sottostanti, movimentato habitat dei pochi pesciolini che lo sfamavano.
Il rombo continuo della cascata di Iguazù, incessante, era il vero “Suono della Natura”, esattamente ciò che cercavo per trovare la mia ispirazione. L’intensità di un boato squassante si mischiava alla costanza del frinire di mille grilli in una mattina d’estate, coprendo qualsiasi altro rumore. Non mi accorgevo neppure del cinguettio degli uccelli o del ruggire dei giaguari, le urla delle scimmie le percepivo appena, i temporali erano per me bagliori di lampi seguiti da flebili rombi. Insomma, ci avevo fatto ormai l’abitudine al vero suono della natura, ne ero così inebriato, mi sentivo così parte di esso da intravedere già le prime dieci, forse venti pagine del nuovo libro.
Era un vero spettacolo quando mi alzavo all’alba, salivo in soffitta e mi immergevo nell’arcobaleno: mi sentivo anch’io parte del risveglio del sole in contrasto con il moto perenne della spuma mossa appena sotto. Vedevo a tutte le ore innumerevoli colori abbaglianti rifrangersi e avanzare nella nebbia facendosi concreti, per poi scomparire di nuovo, evanescenti, dietro di me, laddove il bosco faticava a scrollarsi di dosso le tenebre, celanti inaudite violenze di predatori, quanto grazia di strabilianti, gigantesche farfalle in volo.
Un giorno come tanti altri, mentre sorridendo leggevo alcuni stralci di quel sognatore di Marx, percepii un violento tonfo provenire dalla soffitta. Un colpo deciso ma morbido, attutito, non abbastanza forte da sovrastare il continuo infrattarsi della cascata ma sufficiente a increspare l’acqua del catino in grandi cerchi concentrici. Non poteva trattarsi di un crollo, nemmeno di una scimmia curiosa: ogni tanto entravano ma facevano incetta di carta e inchiostro come canagliette rodate, senza trambusto. Corsi su di soprassalto, con tanta foga dal far scricchiolare gli sgangherati pioli della scaletta, e ciò che mi si presentò davanti fu qualcosa di curioso, mai visto, nemmeno sui libri o nei sogni.
A prima vista lo scambiai per un grosso primate bianco, dal pelo candido e fare circospetto. Non si accorse di me, mi avvicinai appena, terrorizzato dal dover affrontare qualcosa che non conoscevo. Quando fui a meno di cinque passi di distanza lo vidi balzare verso la finestra, più spaventato di me. Provò a fuggire laddove era entrato ma il suo tentativo non andò a buon fine: rimase avviluppato nella tenda, penzolando manco fosse precipitato su un’amaca.
L’essere si placò, iniziò a guardarmi: era un ragazzino albino pelosissimo, avrà avuto sì e no diciotto o vent’anni. La corporatura agile, che incuteva rispetto nonostante fosse quasi scheletrico, era completamente ricoperta da peluria bianca, conferendogli un che di spettrale, incastonato com’era nella tenebrosa giungla dietro di lui. Fango e rimasugli di foglie, mescolate ad altre sozzure non meglio identificate, chiazzavano il candore della peluria rendendolo decisamente più animalesco di quanto le gentili fattezze lasciassero presagire.
Ragazzo, che succede, ti sei perso?”, gridai per sovrastare l’incessante fragore della vicina cascata.
All’udire la mia voce si dimenò tremendamente, dando alla tenda strattoni così violenti da lacerarla in più punti. Provai ad avvicinarmi per liberarlo, approfittando del suo subitaneo acquietarsi; quindi ripresi:
Stai fermo un attimo, così provo a toglierti di dosso…”.
La foga del ragazzo raggiunse nuovamente il culmine, terminando l’opera demolitrice iniziata poco prima: un ultimo strappo e la tenda cedette definitivamente, trovandomelo insaccato a dimenarsi sul pavimento. Di nuovo tranquillo.
Non capisco cosa…”
Alla terza sfuriata capii: era terrorizzato dalla voce umana. Mi colpì un particolare, una lunga cicatrice che gli scendeva dal fianco sinistro fin quasi ai glutei, troppo dritta e precisa per essersela procurata da sé; più probabilmente, a giudicare dalla larghezza della lacerazione, era stato ferito da una lama quando era ancora piccolo. Sapevo, dalle mie ricerche antropiche, che rituali contro gli albini erano molto diffusi in Africa, non in Sud America. Quei gravi segni sul suo corpo, il terrore verso la mia voce e forse verso tutti gli uomini, tuttavia, me lo lasciavano più che supporre. Forse l’ipertricosi, unita al rarissimo colore del suo manto, avevano risvegliato vecchie superstizioni ormai cadute in disuso.
Provai a farmi capire con il linguaggio universale delle mani: le stesi ben avanti, con i palmi aperti. Sapevo che, come tutti gli albini, aveva la vista un po’ offuscata ma speravo comunque di farmi comprendere. Quell’ultimo tentativo andò a buon fine, tanto che riuscii ad avvicinarmi abbastanza da recidere con un coltello le poche fibre ancora integre che lo intrappolavano. Rimasi stupito che non scappasse di fronte a una lama simile a quella che gli aveva procurato tanto dolore; forse non se la ricordava nemmeno, abbandonato nei meandri della foresta da così tanto tempo da risultare immemore di qualsiasi civilizzazione.
Appena liberato si avvicinò alla finestra opposta quasi volesse saltarci attraverso, la sua era solo curiosità: non aveva mai visto la grande cascata da quella prospettiva, gli si stampò un gran sorriso sul volto e istintivamente si rivolse verso di me, quasi cercasse la mia approvazione.
Immaginai che avesse fame, così mi toccai il ventre e vi sfregai la mano contro. Non capì, iniziò a ridere, pensando che fossi in preda a una colica. Provai aprendo la bocca ed avvicinandovi le dita chiuse; questa volta comprese tutto e cominciò a scorrazzarmi intorno, carico di gioia fin quasi alle lacrime.
Scesi un attimo di sotto e, presa una porzione di arrosto con pane e una dozzina di frutti, si fiondò subito su questi ultimi, quasi ignorando la succulenta portata principale: probabilmente non conosceva nemmeno l’esistenza delle scienze culinarie. Prima di assaggiare il resto lo fiutò attentamente e iniziò a cibarsene staccando un bocconcino minuscolo e tastandolo con la punta della lingua. Rimase stupito quando, facendogli compagnia, addentai una generosa fetta di arrosto in salsa infilzandola con la forchetta: perché quell’inutile perdita di tempo, quando potevo tranquillamente usare le mani per portarmela alla bocca? In effetti non sapevo spiegarmi perché continuassi a utilizzare questi segni di creanza e civilizzazione, visto che vivevo nel nulla più assoluto.
Se ne andò poco dopo, fuggendo dalla finestra posteriore della soffitta senza nemmeno salutare: non conosceva il significato dell’arrivederci e dell’addio. Le sue visite continuarono, quasi a cadenza quotidiana, per circa un mese; lo ricevevo sempre nella sgombra soffitta, temendo che potesse farsi del male con i molti utensili e il fuoco presenti di sotto. Rimanevo ogni volta stupefatto di come riuscisse a raccontarmi tutte le sue avventure semplicemente con gesti e segni. Avventure sempre nuove e forse animalesche, che riusciva a superare brillantemente con un ingegno e un’abilità prettamente umane, nettamente superiori a quelle dei suoi avversari silvestri: per questo solo motivo lo potevo considerare più saggio e intraprendente di molti miei decadenti amici. Ocelot, liane e pozze d’acqua erano i suoi soggetti preferiti, esattamente come qualsiasi adolescente di New York adora i gatti, i giochi all’aperto e i bagni nell’Atlantico. L’inaspettato compagno era la linfa vitale che mi portava a scrivere per il resto della giornata e fino a notte fonda, incurante del fioco lume a petrolio che sforzava enormemente la mia vista e mi costringeva a sprofondare nel sonno ancora chino sulla scrivania. In pratica vivevo in soffitta, più per piacere che per il dovere di continuare la mia opera, accontentandomi di qualche conserva presa direttamente dalla primitiva madia, senza avere nemmeno tempo di ingentilirla o abbozzarne la cottura.
Mi interrogavo a lungo. Ero io a invadere il regno dell’uomo bestiale o era lui a invadere il mio? Che senso poteva avere, del resto, la proprietà privata, in un luogo senza legge? Sorridevo bonariamente alle scimmiette che mi mettevano a soqquadro la soffitta, ora pranzavo con una sorta di mostro che mi era precipitato in casa; come avrei reagito nella mia casa di Manhattan se il cane del vicino avesse fatto altrettanto? Oppure se uno straccione si fosse intrufolato nel mio appartamento? Lo avrei aiutato, soccorso o lo avrei cacciato? È forse questa la nostra civiltà?
Il fragore incessante della cascata e questo incontro iniziavano a far vacillare le mie certezze. Dopo “Il Suono della Città”, nel quale indicavo la strada verso un futuro radioso per la civiltà, “Il Suono della Natura” doveva rappresentare un excursus storico sul fenomeno, un’indagine su quanto le comodità e gli agi moderni, dal treno alla stufa alla bicicletta, ci rendevano di giorno in giorno la vita più facile, rispetto alla primitiva foresta. Non si dice forse che “chiodo scaccia chiodo?” Cosa ci eravamo persi in tanti anni di presunta civilizzazione? Erano bastati pochi gesti per farmelo capire, meglio di mille parole. Ero diventato un mimo anziché un filosofo, ma cosa cambiava nei fatti? Non intendevo forse il subumano, pur senza alcun alfabeto? Era forse questa l’essenza della comunicazione, tutto il resto una banale e pedante sovrastruttura? Quanto volte ho dato votacci ai miei alunni per aver sbagliato un congiuntivo o per l’uso scorretto di un’apostrofo (ecco, proprio così): forse non capivo comunque ciò che mi volevano comunicare? E allora perché punirli, visto che avevano raggiunto il loro scopo di farmi intendere il loro pensiero? L’emblema di tale confusione era per me la grande torre di Eiffel che avevo ammirato l’anno prima a Parigi, estasiato dalla sua leggerezza e dallo slancio aereo. Alla faccia di tutti i detrattori invidiosi, l’amai dal primo momento che le posai gli occhi addosso: non eravamo però di fronte alla nuova Babele, tentando di sovrastare la natura anziché Dio nel tentativo di conquistare stabilmente ciò che solo passeri e rapaci hanno la facoltà di possedere?
Una mattina come le altre, in marzo inoltrato (o almeno credo), fui dolcemente destato dal solito trambusto che il ragazzo faceva ogni qualvolta precipitava dalla finestra della soffitta. Ormai non ci facevo più caso: mi prendevo giusto il tempo di impiattare qualche derrata per fare colazione insieme. Il suono era più possente, pesante del solito, tanto da far scricchiolare i listelli che sostenevano il precario pavimento sopra di me. Iniziai a preoccuparmi, temevo che stesse richiamando la mia attenzione.
Oggi non era solo. Rannicchiato nell’angolino opposto a dove era entrato, cercava di mimetizzarsi da un giaguaro che lo aveva seguito fin dentro la palafitta. Non pareva preoccupato ma l’enorme felino non sembrava nemmeno innocuo. Non ne avevo mai visto uno così da vicino e, nonostante non mi avesse ancora inquadrato, temetti seriamente per la mia pelle. Mille macchie mi scrutavano come occhi, la pelle liscia e setosa lasciava intravedere i possenti arti e muscoli, ancora flosci in attesa di caricarsi come molle e balzare sul mio amico per farne un solo boccone. Per ora l’albino non pareva in pericolo ma chissà, la mente delle bestie mi era ancora imperscrutabile, se non condita da un po’ di saggezza umana. Dovevo intervenire, al più presto, per scongiurare ogni pericolo.
Scappai di sotto e caricai il magnifico Winchester decorato regalatomi da Buffalo Bill in persona. Salii di nuovo, emergendo dalla botola quel giusto che bastava per mostrarmi la scena, tenendo il fucile sul pavimento. Non avevo mai sparato in vita mia: sarebbe stata la prima volta. Puntai la canna verso il gattone, non sapendo come mirare, quindi premetti il grilletto. Il rinculo fu così brusco da farmi scappare l’arma di mano e il colpo andò a conficcarsi sull’architrave, riempiendo l’aria di schegge e fumo.
Ottenni comunque l’effetto voluto: il giaguaro, spaventato dall’unico suono che riusciva a sovrastare il fragore della cascata, apparve del tutto spaesato, sopraffatto da una forza ancora superiore alla sua possanza: ora era lui a cercare una via di fuga e in breve la trovò nella finestra dalla quale era entrato, quasi sventrandola con gli artigli, per la foga.
Lo schioppo provocò lo stesso effetto, ahimè, anche sul mio amico: con un solo balzo uscì dalla finestra opposta, senza nemmeno guardare cosa ci fosse sotto.
Lanciai il fucile disperato e, tirandomi su dalla botola spingendo con le mani come un ossesso, emersi nella soffitta. Riuscii solo a scorgere due braccia che si agitavano fra la furia delle acque. Fu l’ultima cosa che vidi di lui. Proprio quelle mani, che tanto mi avevano raccontato della sua vita e delle sue avventure, mi davano ora l’addio, salutandomi: almeno aveva imparato un po’ di buone maniere. Sparì fra l’eterno arcobaleno dei flutti della cascata, poco alla volta, tranquillo. Quel ragazzo era forse pronto all’incontro con altri uomini, non ancora con le loro opere, specie le più pericolose; in questo si era comportato come una bestia ma come biasimarlo? Chi non sarebbe fuggito di fronte a un fucile? Quel suono roboante lo aveva spaventato più degli artigli di un giaguaro.
Dicono che gli uomini buoni sono portati in cielo, spero che quella spuma sia stata per lui il traghetto verso una miglior vita. Buono, senza nemmeno saperlo, lo fu di sicuro, non essendosi mai corrotto con il male che solo l’uomo può insegnare, non i giaguari, le scimmie o le cascate.
PS: la prego di perdonarmi, Mr. Burroughs, se qualche particolare mi è sfuggito, ma sono passati più di vent’anni dall’incontro con l’uomo selvatico, avvenuto come le dicevo nel 1890. Non ho mai raccontato questi fatti ad alcuno, fino ad ora, ma per lei faccio volentieri un’eccezione: è il primo lettore a intuire che fu proprio quell’uomo bestiale, appena accennato nell’opera, il vero motore del mio “Suono della Natura”. Spero che questa nostra corrispondenza risulti proficua per entrambi e le auguro tanta buona fortuna affinché il suo personaggio Tarzan riesca a convivere pacificamente con gli uomini e con le bestie che incontrerà, proprio come fece il nostro inconsueto amico con me.

2Bianco Malpelo Empty Re: Bianco Malpelo Dom Mag 14, 2023 4:41 pm

Danilo Nucci

Danilo Nucci
Cavaliere Jedi
Cavaliere Jedi

Prima lettura. Devo dire che il brano mi ha conquistato. Sei riuscito a creare un’atmosfera coinvolgente, descrivendo molto bene la natura selvaggia del luogo. Ho apprezzato i richiami filosofici dell’uomo buono, corrotto dalla società, tipici dell’Illumismo, ben interpretati dall’indigeno albino. Quest’ultimo mi ha ricordato anche Venerdì di Robinson Crusoe. Insomma, un racconto che ha risvegliato in me molti ricordi di vecchie letture, compresa la novella di Verga.
Ai fini della prova, il 1890 è ben definito. Anche il luogo (le cascate di Iguazù) è ben presente e altrettanto bene descritto: se anche non è proprio così risulta molto plausibile. Del resto anche Salgari scriveva di luoghi mai visti. Il filosofo c’è ed è presente anche, in qualche modo, il mimo nei dialoghi senza parole con l’ospite. La soffitta, anch’essa presente, mi è parsa un po’ meno credibile in una sorta di capanna nella foresta sud-americana.
Due piccole notazioni:
“scattare il me” da correggere in “scattare in me”
“Corsi su di soprassalto”: “Soprassalto”esprime una reazione improvvisa e di brevissima durata e non si adatta ad una azione che si protrae anche se rapidamente nel tempo, come la salita di una scala a pioli.
In ogni caso, è stata veramente una piacevole lettura.



3Bianco Malpelo Empty Re: Bianco Malpelo Lun Mag 15, 2023 3:48 pm

Antonio Borghesi

Antonio Borghesi
Cavaliere Jedi
Cavaliere Jedi

All'inizio c'è un po' di  confusione tra il rumore della cascata (che è veramente fragoroso e direi insopportabile da  vivere così da vicino come fa il protagonista) e altri rumori della foresta che lui percepisce poi però le cose si aggiustano e la storia che lui racconta all'ideatore di Tarzan è ben congeniata anche forse un po' troppo con quel winchester di Buffalo Bill però regge bene fine alla fine. Non male.

4Bianco Malpelo Empty Re: Bianco Malpelo Mar Mag 16, 2023 8:16 am

Petunia

Petunia
Moderatore
Moderatore

Eh, sì… ecco un altro bel racconto. Molto bella l’idea di fondo (l’ispirazione per Tarzan) magnifiche le descrizioni della natura, geniale l’intuizione del selvaggio “albino” un bianco malpelo che fa contraltare all’odiato “rosso malpelo” di verghiana memoria.
Bello e positivo il messaggio “filosofico” sottostante, un po’ meno la fine del ragazzo che spero sia riuscito a salvarsi dalle acque ma che mi ha lasciata triste. Anche l’uso del fucile (potevi risparmiarti il Buffalo Bill, c’erano già elementi più che validi per inquadrare il periodo richiesto) con la sua violenza e il suono dell’ inciviltà, la paura che instilla (più di un giaguaro affamato) mi ha convinta.
Ti segnalo un passaggio che puoi alleggerire perché ripeti lo stesso concetto utilizzando peraltro le stesse parole
che avevamo nel 1890 e tornare a ritroso fino ai primordi dell’umanità. Le grandi meraviglie dell’Esposizione Universale di Parigi, con i suoi scintillanti viali ad illuminazione elettrica, presto copiata qui a New York, e le prodigiose strutture in acciaio non fecero che accrescere in me il desiderio di tornare a ritroso sui passi dell’umanità per studiare

una generosa fetta di arrosto in salsa (questo è poco credibile…)

Davvero un bel racconto. Complimenti!




mi feci riattare una vecchia palafitta (bellissimo riattare! Non conoscevo questo verbo)

5Bianco Malpelo Empty Re: Bianco Malpelo Mar Mag 16, 2023 10:36 am

Arunachala

Arunachala
Admin
Admin

anche questo è un bel pezzo, niente da dire.
molto interessante l'idea di base, fantastica l'idea del ragazzo selvaggio albino.
meno gradevole la sua fine, purtroppo, anche se spero si sia salvato dai gorghi delle cascate.
ottime le descrizioni dei luoghi e dell'ambiente in cui si svolge la storia.
ho trovato commovente la fuga del giaguaro e del ragazzo, probabilmente vivevano in pace tra loro e restano sconvolti dalla reazione del filosofo, inattesa da entrambi.
i paletti ci sono tutti quanti, anche se la soffitta, in un ambiente simile, è un po' fuori luogo.
bel lavoro.


______________________________________________________
L'unico modo per non rimpiangere il passato e non pensare al futuro è vivere il presente

Bianco Malpelo Namaste

Non si può toccare l'alba se non si sono percorsi i sentieri della notte.

Kahlil Gibran

6Bianco Malpelo Empty Re: Bianco Malpelo Gio Mag 18, 2023 12:06 am

Achillu

Achillu
Maestro Jedi
Maestro Jedi

Ciao, Penna.

Ti segnalo "La molla che fece scattare il me" e "Quanto volte".
Inoltre non si può definire "ragazzino" una persona di 18/20 anni; ragazzino è un preadolescente di 10/12 anni.
Il finale "almeno aveva imparato un po’ di buone maniere" mi lascia un po' basito; era abbastanza evidente che il narratore, per quanto si dichiarasse interessato agli incontri con il ragazzo albino, ne fosse in realtà distaccato, ma questa uscita grottesca mi fa ripensare a quali fossero in realtà i suoi veri sentimenti. Se fino a quel momento avrei potuto pensare che si trattasse in realtà di un finto distacco, il finale mi dà invece conferma di un'assenza totale di empatia e compassione.
Il lessico e lo stile usati sono moderni. Per me va bene, anche se forse qualcun altro potrebbe storcere il naso. Segnalo qualche inversione "aggettivo-sostantivo" come per esempio "gravi segni" o "generosa fetta" o "possenti arti e muscoli" che suona in effetti ottocentesca, però la cosa non è mantenuta costante per il racconto e quindi l'effetto è leggermente straniante.
La cosa secondo me più riuscita del racconto sono i riferimenti al 1890: Verga, la torre Eiffel e la nuova statua della libertà, giusto per citarne alcuni. Mi sono piaciuti moltissimo anche i dettagli usati nelle descrizioni: delle cascate perché sono più evidenti, ma per esempio anche la descrizione della copertina de "Il Suono della Città" mi è piaciuta.
Mi è piaciuto il filosofo che fa anche il mimo. C'è il 1890 ma soprattutto ci sono la soffitta e le cascate dell'Iguazú (che hai scritto Iguazù con l'accento grave, ma l'errore c'era anche nell'elenco ufficiale scritto dagli Admini, quindi tiro le orecchie a loro e non a te).

Grazie e alla prossima.


______________________________________________________
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7Bianco Malpelo Empty Re: Bianco Malpelo Dom Mag 21, 2023 8:38 pm

Fante Scelto

Fante Scelto
Cavaliere Jedi
Cavaliere Jedi

Un'altra idea interessante, un'altra realizzazione in linea con le aspettative.
Devo dire che hai saputo creare molto bene l'effetto '800, con queste descrizioni molto abbondanti, ricche di aggettivi e a volte fin opulente. Anche la mentalità del personaggio narrante mi sembra del tutto in linea con l'epoca, inclusa la considerazione finale sulle buone maniere.

Ho invece faticato un po' di più a inquadrare visivamente il contesto, di questa palafitta restaurata che sembrerebbe a due passi dalle cascate (o direttamente affacciata sopra), ma così vicina agli alberi che ragazzo e giaguaro possano saltare dentro la finestra della soffitta.
Oppure la scena del selvaggio avvoltolato nella tenda, al punto da richiedere un coltello per liberarsi.

Ci sono anche alcuni dettagli narrativi che stonano un po'. Ad esempio l'arrosto con salsa, quando, nelle prime battute, sembra che il protagonista fatichi persino a ottenere della farina e dei legumi secchi.
O il fatto che i due imparino a comunicare coi gesti: non so se, un essere umano cresciuto da solo nella giungla, possa davvero comprendere una gestualità di qualsiasi tipo.

Ad ogni modo sono cose che contribuiscono a fare '800, a loro modo, quindi le prendo così come sono.

Quoto Achi sul fatto che un ragazzino sia da intendersi con certamente meno anni di 18-20.

Qualche refuso già evidenziato, per il resto l'ho trovato una bella idea realizzata in maniera peculiare.
Giudizio positivo.

8Bianco Malpelo Empty Re: Bianco Malpelo Mar Mag 23, 2023 4:39 pm

M. Mark o'Knee

M. Mark o'Knee
Cavaliere Jedi
Cavaliere Jedi

Il racconto non mi ha preso molto e ho trovato alcune parti piuttosto pesanti e ripetitive. Il linguaggio stesso risulta a tratti ampolloso, anche a causa del frequente uso di frasi interrogative, probabilmente a imitazione, non sempre riuscita, di uno stile ottocentesco.
C'è anche un buon numero di errori che certo non facilitano la lettura.
- D eufonica spesso utilizzata in modo errato;
- "scattare il me la voglia", in;
- due punti [:] usati due volte nella stessa frase sulle opere di Verga;
- ripetizione dello stesso concetto e quasi con le stesse parole nel giro di poche righe ("tornare a ritroso fino ai primordi dell’umanità", "tornare a ritroso sui passi dell’umanità");
- "foresta paranese", paranaense;
- "Pittsbourgh", Pittsburgh;
- "Corsi su di soprassalto", soprassalto è improprio con un'azione continuativa ("corsi");
- "ragazzino" non è appropriato per qualcuno che ha 18/20 anni;
- "una porzione di arrosto" che non si sa da dove arrivi, visto che viene rifornito solo di "qualche legume secco o un sacco di farina";
- "Quanto volte ho dato", quante;
- "per aver sbagliato un congiuntivo o per l’uso scorretto di un’apostrofo (ecco, proprio così)" non sono esempi molto calzanti, dato che in inglese l'uso sia del congiuntivo che dell'apostrofo è estremamente limitato.
Dall'incontro con il ragazzo in poi, mi è sembrato anche di percepire una sgradevole mancanza di empatia, se non un vero e proprio distacco, da parte del "filosofo" verso l'albino. L'impressione è diventata certezza con la frase "almeno aveva imparato un po’ di buone maniere".
Molto buone invece le descrizioni dei luoghi (sia selvaggi che cittadini), anche se mi resta un po' difficile immaginare una palafitta costruita a strapiombo sulla cascata.
L'idea in sé non è male, purtroppo non posso dire altrettanto della realizzazione.
M.


______________________________________________________
"E perché è più utile scrivere di ciò che vuoi conoscere meglio, invece di ciò che credi di conoscere già." - Matteo Bussola

9Bianco Malpelo Empty Re: Bianco Malpelo Mer Mag 24, 2023 10:17 am

gipoviani


Padawan
Padawan

Bella l'idea, meno, a mio avviso la realizzazione pratica. Trovo principalmente la parte centrale un po' pesante e poco coinvolgente. 
Il tema dell'incontro con la parte selvaggia e libera di noi e la infinita tensione fra istinto e ragione è un tema sempre affascinante e tante volte trattato. Ti devo dire che il ragazzo più che Tarzan a me all'inizio a fatto venire in mente Venerdì. 
In fine trovo un po' semplicistico il finale. La trovata narrativa del colpo di fucile è troppo meccanica per chiudere una questione così rilevante come l'incontro con la parte selvaggia di noi stessi.

10Bianco Malpelo Empty Re: Bianco Malpelo Mer Mag 24, 2023 10:26 am

Nellone


Younglings
Younglings

Ecco un racconto in cui i paletti sono presenti e ben centrali. Il filosofo non solo viene citato ma viene ritratto nel pieno svolgimento delle proprie mansioni; le cascate dell'Iguazù permeano il racconto; il 1890 appare all'inizio un po' didascalico, ma permea il racconto con il modo di ragionare del protagonista; la soffitta è il luogo in cui si svolge la maggior parte della vicenda, anche se è una soffitta un po' particolare. Belle le descrizioni dei luoghi e della foresta. Il ritmo forse non è incalzante, ma si tratta di una peculiarità della scrittura ottocentesca, quindi per me va bene così. Qualche errore, peraltro già segnalato, è presente: su questo ci sono pochi dubbi. Per il resto, la scrittura mi pare di buon livello, senza particolari virtuosismi ma efficace. Mi colpisce in particolar modo il distacco del protagonista nei confronti dell'uomo-bestia, che non si fa trascinare emotivamente dall'incontro: un comportamento da studioso, quindi molto coerente con la figura rappresentata. Nel complesso lo trovo un buon racconto.

11Bianco Malpelo Empty Re: Bianco Malpelo Gio Mag 25, 2023 1:41 pm

FedericoChiesa

FedericoChiesa
Cavaliere Jedi
Cavaliere Jedi

Innanzi tutto devo dire che il racconto mi è piaciuto.
L'eterna lotta tra civiltà e natura prende vita, condita a mio avviso da un poco di ironia.
La superiorità dell'uomo entra prepotente, l'uomo "bianco" emerge, ed è giusto che sia così per a fine '900 era così che la gente pensava.
Per cui è capibile l'atteggiamento di un uomo superiore che vede annegare un essere inferiore senza rimorsi.

12Bianco Malpelo Empty Re: Bianco Malpelo Gio Mag 25, 2023 8:53 pm

Byron.RN

Byron.RN
Maestro Jedi
Maestro Jedi

Per la seconda volta nello step mi trovo d'accordo con Gipoviani.
Bella bella l'idea del racconto col collegamento a Tarzan, un pò meno la sua realizzazione. Lo stile usato, il linguaggio, seppur intonato all'epoca di riferimento, a mio avviso ha reso la narrazione meno avvincente di come sarebbe potuta essere.
Ragionando con razionalità lo stile è quello corretto, almeno è quello che ci si aspetterebbe per un racconto ambientato in quel periodo, ma è la scelta "giusta"?
Non è che forse avresti potuto prenderti un rischio e osare di più? Regalarci un racconto più moderno, intraprendente, con un linguaggio meno ingessato?
La soffitta vista cascata è suggestiva, non so quanto sia plausibile, ma è suggestiva e mi è piaciuta.
Quella battuta presente nella parte finale a proposito delle buone maniere del ragazzo albino invece mi stona. Forse ho capito male io, ma al di fuori dell'aspetto professionale mi sembrava di avere colta una sorta di rapporto amichevole, una piacevole consuetudine che si era creata tra lo studioso e Bianco Malpelo. Quella battuta cinica, così all'improvviso, mi ha un pò spiazzato, confondendomi.
Buona storia, ma che secondo me ha dei margini per essere migliorata.

13Bianco Malpelo Empty Re: Bianco Malpelo Lun Mag 29, 2023 4:53 pm

ImaGiraffe

ImaGiraffe
Cavaliere Jedi
Cavaliere Jedi

Il racconto non è riuscito a coinvolgermi. Mi piace l'idea alla base, ma purtroppo sono rimasto freddo di fronte ai fatti narrati. Lo stile, di certo, non ha aiutato: è risultato ampolloso e ricco di descrizioni. Perfettamente in linea con l’anno che hai scelto ma in netto contrasto con quello che amo leggere. Questi elementi hanno appesantito la trama e influenzato il giudizio finale.
Per quanto riguarda la trama, è semplice e carina, anche se non riesco a capire la scena del fucile. Sento che dovrebbe farmi arrabbiare e indispettirmi per il comportamento del protagonista, ma invece mi sembra solo che non dovrebbe essere così.
 Il racconto emozionalmente, come dicevo prima, mi ha lasciato freddo. Si è creato un distacco fortissimo tra me e il testo. A volte capita che senza un reale motivo qualche testo non ci colpisca, e questo è il caso.

14Bianco Malpelo Empty Re: Bianco Malpelo Lun Mag 29, 2023 11:19 pm

Susanna

Susanna
Maestro Jedi
Maestro Jedi

Su questo racconto ho molte perplessità: si è lasciato leggere con facilità, ma ci sono tanti punti che mi hanno fatto inciampare e ne riprendo alcuni.
Paletto luogo: se è vero che ogni testa è un piccolo mondo nella realtà, figuriamoci tra le righe di un racconto di fantasia. Ci sta quindi che uno scrittore filosofo/filosofo scrittore per riflettere e trarre ispirazione abbia bisogno del fragore di una cascata anziché del silenzio di una montagna o del deserto. Certo che andare fin in Argentina: anche in America non mancano posti simili (ma lo step questo offriva...). Trovo inutile il reiterare la fragorosità della cascata.
era uno dei pochissimi posti al mondo dove si poteva ancora sentire l’autentico “Suono della Natura” : perchè questi «pochissimi» e «ancora»? Di cascate imponenti ce ne sono in altri paesi, e già nel 1890 erano raggiungibili abbastanza agevolmente. Se si fosse in un lontano futuro, con un mondo devastato da cataclismi o altro ci potrebbe stare, ma qui…
 
Il mimo: Ero diventato un mimo anziché un filosofo: non si diventa mimi solo comunicando a gesti per qualche giorno con una persona: se così fosse siamo tutti mimi quando ad es. cerchiamo di farci capire da uno straniero o anche solo da chi è dall’altra parte di una strada o alla finestra.
 
Il tempo: il 1890 è stato affidato a molti piccoli dettagli, plausibili ma - mio personale sentire - per alcuni è troppo evidente la forzatura per delineare appunto il periodo.
Hai tirato fuori dal cilindro pesini Tarzan, ma... beh, il compagno di avventure assomiglia più a un Venerdì.
Ancorchè il racconto sia scritto bene, ci sono alcuni punti un po’ infantili e diverse incongruenze:
Un ragazzino non può avere 18/20 anni, al massimo 13/14 e se la corporatura, pur denotando agilità, è scheletrica (come può notare la scheletricità se è coperto di peli?) come può incutere timore?
appollaiato su un’enorme cascata - dubito molto che ci si possa appollaiare su una cascata
Il protagonista offre arrosto con salsa, ma prima dici che faticava ad avere anche solo seguimi e cereali, e non si parla di un’eventuale (quanto improbabile) attività venatoria.
Provò a fuggire laddove era entrato - da dove era entrato  laddove = in quel luogo
scienze culinarie - insomma…
finestra opposta quasi volesse saltarci attraverso, ma la sua era solo curiosità: penso manchi un «ma»
Qui, come in altri punti paiono essere certezze quelle che in realtà sono solo supposizioni del narratore (ad es. pensando fossi in preda a una colica - non conosceva l’arrivederci o l’addio,) non essendoci dialogo verbale tra i due.
cominciò a scorrazzarmi intorno, carico di gioia fin quasi alle lacrime - questa è proprio una frase infelice
In alcuni punti hai poi inserito qualche locuzione in quello che potrebbe essere il modo di esprimersi della fine ottocento: a mio parere o tutto andava scritto con lo stesso stile (una Penna l’ha fatto nell’11° step dando al racconto una forza narrativa non da poco), oppure meglio evitarlo perché stonano. (Sgombra soffitta - primitiva madia e altri).
impiattare qualche derrata - prepara un poco di cibo anche perché derrata fa pensare a grandi quantità
nonostante non mi avesse ancora inquadrato - un animale selvaggio ha nel proprio DNA la massima attenzione per tutto ciò che lo circonda, che può significare pericolo, quindi non poteva non notarlo, considerando anche il trambusto fatto nel salire la scaletta
Scappai di sotto - una possibile preda che scappa è un invito a nozze per un animale a caccia
verso il gattone - no, dai!
Ottenni comunque l’effetto voluto: il giaguaro, spaventato dall’unico suono che riusciva a sovrastare il fragore della cascata, apparve del tutto spaesato, sopraffatto da una forza ancora superiore alla sua possanza: ora era lui a cercare una via di fuga e in breve la trovò nella finestra dalla quale era entrato, quasi sventrandola con gli artigli, per la foga.
Questa scena sa molto di cartone animato: nella realtà penso che le cose andrebbero ben diversamente.
 
Quindi, mi spiace Penna, il racconto non mi ha convinto. Il che non significa che non mi sia piaciuto, solo che  se questa vicenda deve essere credibile, anche i dettagli vanno curati.


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"Quindi sappiatelo, e consideratemi pure presuntuoso, ma io non scrivo per voi. Scrivo per me e, al limite, per un'altra persona che può capire. Spero di conoscerla un giorno… G. Laquaniti"

15Bianco Malpelo Empty Re: Bianco Malpelo Mer Mag 31, 2023 2:56 pm

Akimizu

Akimizu
Cavaliere Jedi
Cavaliere Jedi

Ciao autore, ho un sentimento non chiarissimo di fronte al tuo racconto, ho trovato molto convincente la parte prettamente filosofica e quella descrittiva, così come il personaggio dell'albino, davvero particolare, ma molto meno quella riguardante lo stile. Cavolo, ci sta che usi un linguaggio datato, dopotutto chi scrive è un abitante del suo tempo, ma a questo punto avresti addirittura dovuto osare di più, come Michele Mari, per dire, così invece sei arenato a metà strada e il risultato non è dei migliori.
Molto bello questo pensiero, mi ha fatto riflettere: "Oppure se uno straccione si fosse intrufolato nel mio appartamento? Lo avrei aiutato, soccorso o lo avrei cacciato? È forse questa la nostra civiltà?" Moderno e attuale, ma ben inserito nel testo.
A rileggerci!


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Bianco Malpelo Senza_10

16Bianco Malpelo Empty Re: Bianco Malpelo Ven Giu 02, 2023 11:24 pm

Resdei

Resdei
Maestro Jedi
Maestro Jedi

ciao Autor
Il primo istinto è cercare su internet la storicità di molti racconti. Con il tuo ho resistito.
Le premesse sono ottime, il nostro protagonista parte e si immerge nella natura per studiare le cause verso le quali noi uomini tendiamo spontaneamente a migliorarci, a dispetto della classe sociale e di ciò che i nostri antenati ci conficcano in testa. Bene!
Prendo per buona l’esistenza del tuo personaggio, che vive in una capanna isolata dal resto del mondo, ma al primo incontro con il ragazzo albino 
addenta una generosa fetta di arrosto in salsa, nemmeno glielo avessero consegnato dalla rosticceria sotto casa. 
Hai creato secondo me un personaggio molto particolare, ma ambiguo, che va in cerca di qualcosa di diverso dalla civiltà, ma guarda la diversità con superiorità e in certi momenti con disprezzo. Almeno a me così è sembrato, quindi in alcuni momenti mi riesce antipatico.
Perfetto l’inserimento dei paletti anche se mi sembra incredibile che dal lancio dalla finestra il ragazzo finisca direttamente dentro la cascata.
nonostante queste piccole considerazioni, ho letto volentieri il tuo racconto, mi è piaciuto e lo reputo un bel lavoro. 
A rileggerci presto

17Bianco Malpelo Empty Re: Bianco Malpelo Dom Giu 04, 2023 7:03 pm

paluca66

paluca66
Maestro Jedi
Maestro Jedi

come avrei reagito nella mia casa di Manhattan se il cane del vicino avesse fatto altrettanto? Oppure se uno straccione si fosse intrufolato nel mio appartamento? Lo avrei aiutato, soccorso o lo avrei cacciato? È forse questa la nostra civiltà?
Questa frase è bellissima ed è quasi un peccato che sia buttata lì in mezzo senza la giusta evidenza che meriterebbe.
Addirittura avresti potuto partire da qui per costruire un racconto che invece rappresenta (o almeno così credo di aver capito) l'ispirazione per la creazione del personaggio di Tarzan.
Bene i paletti e buona la scrittura anche se non esente da piccoli refusi sparsi, forse frutto di una mancata revisione finale.
A tal proposito ti segnalo un paio di passaggi:
l’altra direttamente a strapiombo sulle acque, dove il vecchio inquilino calava le lenze direttamente fra i gorghi sottostanti, movimentato habitat dei pochi pesciolini che lo sfamavano.
Il rombo continuo della cascata di Iguazù, incessante, era il vero “Suono della Natura”, 
se è continuo è per forza di cose incessante.
Il racconto si legge facilmente, è scorrevole ma non mi ha lasciato granché; mi è mancato il coinvolgimento da lettore rimanendo osservatore esterno di una narrazione che non è stata in grado di emozionarmi ma nemmeno di interessarmi più di tanto.
Anche se non posso fare a meno, come per la stragrande maggioranza dei racconti di questo step (ma, potrei dire, di tutto questo DT) di provare ammirazione per il lavoro di documentazione che sta dietro anche a questo racconto.


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18Bianco Malpelo Empty Re: Bianco Malpelo Mer Giu 07, 2023 1:43 pm

Asbottino

Asbottino
Cavaliere Jedi
Cavaliere Jedi

Una palafitta a due piani. Ecco secondo me qui c'è una forzatura del termine soffitta. Una casa a due piani, qualunque essa sia, è una casa a due piani. Non viene in automatico di giudicare il secondo piano una soffitta, questo voglio dire. Oltretutto la soffitta è in realtà uno studio. Nasce come studio e diventa un luogo di incontro tra il narratore e l'albino, da cui consegue tutto l'impianto filosofico su cui si basa il racconto (ineccepibile). Mi mancano tutte le caratteristiche basilari di questa stanza, che dovrebbe essere appartata, quasi nascosta. Non una stanza un cui si vive normalmente, ma che si visita di solito per ragioni speciali, che viene usata per nascondere o proteggere, per accumulare e dimenticare. Insomma il termine usato è soffitta, ma è solo una parola. Non si porta dietro nessuno degli usi tipici dell'immaginario collettivo di una soffitta. E non è nemmeno un interpretazione nuova, inconsueta.
Di certo è il racconto di una stanza, nel senso che la narrazione si svolge in gran parte tra le sue quattro mura, ma poi la storia ha altre esigenze, altre preoccupazioni che con la stanza in sé hanno poco a che fare.
Mi manca quindi il paletto principale.
Sugli altri ho poco da dire. Mi sembrano ben piantati e funzionali.
La scrittura la trovo un po' troppo adeguata all'epoca in cui si svolge la storia. Per quanto sia curata e sciolta, avrei preferito un approccio di maggior modernità. L'ho detto tante volte: non per forza di cose il passato deve essere narrato cercando di replicare una lingua che non esiste più. Il rischio è sempre quello di uccidere un po' la storia, di metterla in gabbia. Un linguaggio più moderno di solito contribuisce a rendere la narrazione più universale, a restituire quel senso di "storia che si ripete".
Il racconto comunque resta ben scritto, arguto, con delle basi molto solide. Ha delle descrizioni notevoli e un filo logico ben definito.
Il suo punto debole resta la soffitta, a mio parere, ma resta una buona lettura, indipendentemente dalla scelta fatta.


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Bianco Malpelo Senza_10

19Bianco Malpelo Empty Re: Bianco Malpelo Ven Giu 09, 2023 11:42 am

Molli Redigano

Molli Redigano
Maestro Jedi
Maestro Jedi

Effetto muro di parole a parte, il racconto è ben scritto e di facile lettura.

Ci sono molti spunti che ho trovato interessanti: in primis le descrizioni del luogo, molto ricche di particolari concreti, suoni e anche sensazioni. Lo stesso per quanto riguarda l'ambientazione temporale, ricreata ad hoc attraverso gli oggetti e i personaggi (mi riferisco agli indigeni e agli stessi protagonisti).
Bella l'idea di evasione che porta il protagonista a scrivere il secondo libro lontano dai luoghi "civilizzati" e balla la sua "trasformazione" da filosofo a mimo quando incontra l'essere albino della giungla. 

Questo racconto mi ha detto qualcosa in più, ha sussurrato a me "scrittore" qualcosa di importante, se non fondamentale, nel quale credo fermamente: chi scrive ha bisogno del suo habitat, la stessa storia che ha in mente ha bisogno del luogo adatto per compiersi e tradursi in pagine. Cosa voglio dire? Ho invidiato il protagonista e leggendo un racconto simile non posso che constatare: tutto è possibile.

Grazie

20Bianco Malpelo Empty Re: Bianco Malpelo Dom Giu 11, 2023 1:00 am

CharAznable

CharAznable
Maestro Jedi
Maestro Jedi

Anche in questo caso mi piace molto l'idea che sta alla base del racconto. Ed è molto ben sviluppata con passaggi interessanti e molto delicati. Belle le descrizioni della natura. Il tutto funziona bene anche grazie alle questioni filosofiche sul concetto di civiltà che arricchiscono il racconto.
Tanti spunti interessanti in un racconto davvero ricco
Complimenti.
Grazie.


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I giorni indimenticabili della vita di un uomo sono cinque o sei in tutto. Gli altri fanno volume.

21Bianco Malpelo Empty Re: Bianco Malpelo Dom Giu 11, 2023 3:50 pm

caipiroska

caipiroska
Cavaliere Jedi
Cavaliere Jedi

Proprio un bel racconto!
Mi sono molto piaciute le idee alla base del testo, la volontà d'immergersi nella natura per scrivere di essa e tante piccole suggestioni (come non citare il paragone con il barbone che entra in casa? Attualissima) che hanno reso la lettura davvero un momento di arricchimento.
Il testo è diviso in due, ma ho trovato le parti perfettamente bilanciate e ben scritte con il registro narrativo un po' desueto, ma comunque convincente, scelto dall'autore.
La cosa che mi ha veramente spiazzata e che mi ha stravolto il senso del racconto è il cinismo finale del protagonista: non me l'aspettavo, la trovo una forzatura poco giustificata, una cattiveria gratuita detta da un personaggio che aveva catturato i miei consensi.

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