La vita è veramente molto semplice, ma noi insistiamo nel renderla complicata (Confucio)
«Non ti sei stancata troppo?»
Loan lo rassicurò con un sorriso: una volontà da donna era racchiusa nel corpo di una ragazza di soli sedici anni. La salita in cima al monte dell’isola di Cat Ba era stata faticosa, ma la vista ripagava ampiamente lo sforzo: da lassù, il verde delle mille isole della baia di Ha Long annegava nel blu del mare e del cielo. Qualche giunca, spiegate le vele arancioni, stava prendendo il largo, forse con un prezioso carico, facendosi strada tra le minuscole barche di pescatori: il pensiero di essere cullata dalle onde le stava scatenando una nausea peggiore di quelle che la tormentavano ogni mattina.
Sắc lo notò. «Riposati un po’», le disse aiutandola a sedersi su una roccia: si mise alle spalle della ragazza, lo sguardo a oriente, perso nei suoi pensieri.
Le accarezzò il ventre: mancavano ancora diversi mesi alla nascita, ma la pancia cresceva a vista d’occhio. Un maschietto, vivace, intelligente, ne era sicuro. Con la luna nuova sarebbe stato Capodanno e il piccino sarebbe nato nell’anno della tigre: appassionato ed energico.
«Preoccupato?»
«Le tigri sono sensibili, amano la vita, ma spesso sono persone infuocate e la loro forte personalità li porta a conflitti.»
«Sapremo educarlo, ne sono sicura. Non lasceremo che la sua competitività sfoci nell’arroganza.»
«Ci proverò… ci proveremo. Il padre che non insegna a suo figlio i suoi compiti è egualmente responsabile al figlio che li trascura.»
«Non iniziare a parlare per aforismi! Stai diventando peggio di mio padre.»
Hoang Xuan Duong, il padre di Loan… Sắc gli doveva molto, forse tutto.
Da piccolo la vita era stata molto esigente con lui, orfano di entrambi i genitori quando non aveva ancora compiuto quattro anni. Ma nel piccolo villaggio di Kim Lien era d’uso darsi una mano tra tutti.
Duong l’aveva chiamato a sé: «Nguyễn Sinh Sắc, mia moglie e io non abbiamo figli, per cui, ora che sei rimasto solo, abbiamo deciso di adottarti».
E così la vita aveva subito iniziato a restituirgli quanto gli aveva tolto. Duong, filosofo seguace di Confucio, teneva lezioni per i bambini di Kim Lien e di altri villaggi vicini e anche Sắc crebbe all’ombra delle quattro virtù cardinali: lǐ, le buone maniere; yi, l’aiuto vicendevole; lian, la coscienza dei diritti altrui; chi, la consapevolezza dei propri doveri.
«Duong», gli aveva detto qualche anno più tardi, «ti sarò grato per sempre per quello che mi hai dato.»
«È giusto essere riconoscenti, ma non aspettarti mai niente dagli altri: Non fare del bene se non hai la forza di sopportare l’ingratitudine.» Poi, per sdrammatizzare: «Non avevo figli: sei arrivato tu. E subito dopo, per miracolo abbiamo avuto una figlia, poi un’altra. La vita mi ha già ripagato del poco che ho fatto».
E lui? Chi doveva ringraziare ancora? Quella figlia, la prima, Loan, era tutto per lui: sorella, amante, sposa, e ora anche madre.
«Vieni, torniamo in città», le disse allungandole la mano.
In qualunque direzione tu vada, vacci con tutto il cuore (Confucio)
«Sắc, oggi torna a casa passando dalla fattoria di Phong.» Era ormai un mese che, finite le lezioni, Duong chiedeva al ragazzo di raggiungere casa per una via sempre diversa, allungando il percorso anche di qualche chilometro. Sắc aveva ubbidito sempre, ma quel giorno era determinato a chiedere spiegazioni.
«Maestro», l’insegnamento voleva che durante le lezioni alla scuola, alla rujia, l’affetto e i sentimenti non interferissero nei rapporti tra di loro, «potresti spiegarmi come mai devo sempre fare una strada nuova per tornare alla mia casa?»
«Fai quello che ti dico… capirai.»
«Maestro, Colui che chiede è uno stupido per cinque minuti, colui che non chiede è uno stolto per sempre».
Dong sorrise: «Hai ragione: quando tornerai a seguire la strada abituale per tornare a casa, la guarderai con occhi nuovi e scoprirai cose che non avevi mai notato. Chi torna per la vecchia strada per imparare il nuovo, può essere considerato un maestro».
Il ragazzo si diresse verso la fattoria di Phong, felice della risposta e felice di non aver fatto la figura dello stupido.
La intravide, nascosta tra le radici di un grosso baniano. Da quando lui si era trasferito nella casa paterna, Loan aveva iniziato a comportarsi in modo strano. Avevano meno occasioni di vedersi e di giocare come un tempo, ma ora che lui era diventato più grande e le figlie stavano raggiungendo la maturità, Duong aveva preferito che Sắc tornasse ad abitare nella casa della sua famiglia.
«Ti aiuterò a risistemarla», gli aveva detto Duong. «Ci sarà parecchio da fare: sono molti anni che nessuno se ne prende cura. E potrai venire da noi tutte le volte che vorrai… dopotutto il paese è piccolo e non siamo distanti.»
«Padre», gli disse usando quella parola, quella che usava solo in alcuni momenti di intimità e confidenza, «non ti devi sentire in difetto per questa decisione. È comprensibile… e io starò bene nella vecchia casa di famiglia. Ho quindici anni ormai: è anche ora che io inizi a prendere in mano la mia vita.»
Era stata Loan a patire maggiormente questa decisione. Così, quando non doveva sbrigare le faccende per sua madre, correva alla scuola e più volte Sắc l’aveva scorta osservarlo di nascosto durante le lezioni. Ma quando lui la incrociava nei campi o nei vialetti del villaggio, lei tirava giù il capo e affrettava il passo.
«Loan, mi accompagni verso casa?» gridò rivolto alla ragazzina.
Lei si guardò intorno, cercando una improbabile via di fuga, ma era troppo tardi.
«Perché vai di qui?»
«È una storia lunga… di quelle che piacciono a tuo padre.»
«Magari piacerebbero anche a me!» sussurrò tra le labbra, quel tanto da farsi udire dal fratellastro.
«Perché non vieni a scuola anche tu, allora?»
«Mio padre non vuole. Mi ha citato Confucio: Ci sono due categorie di persone con le quali non è mai facile intendersi, gli uomini dappoco e le donne.»
«Scherzava, ne sono sicuro. Dove c'è l'educazione non c'è distinzione di classe… figuriamoci se c’è distinzione tra maschi e femmine.»
«No. Per lui alle donne è concesso solo di accudire i figli e la casa, passando dall’autorità del padre a quella del marito.»
«Allora è per questo che vieni spesso a sbirciare mentre facciamo le lezioni?»
«Si, per questo… e anche per altro. Ma lasciamo perdere… parlate della vita, ma non sapete vedere al di là del vostro naso», tagliò corto imbronciata.
Camminarono fianco a fianco senza guardarsi. Un tuono li scosse dal loro silenzio. Grosse gocce iniziarono a cadere. In quel periodo dell’anno si sarebbero subito trasformate in un torrente di pioggia; lo sapevano entrambi.
«Vieni a ripararti da me. Ti faccio vedere la casa.»
Non c’era molto: una sala piuttosto ampia ospitava una piccola credenza con qualche cibo accatastato, dei sassi a delimitare un focolare su cui scaldare le vivande, un tavolino in fronte alla finestra, chiusa da una stuoia in bambù. Una stanza a fianco alloggiava un giaciglio di paglia, con una coperta di lana di capra.
«Cosa sono quelli?» chiese la ragazza indicando alcuni rotoli di carta di riso accatastati nell’angolo.
«Ogni sera, finiti i lavori, scrivo quello che ho appreso alla scuola… e magari durante la giornata.»
«A che ti servono?»
«Non lo so ancora: spero mi serviranno in futuro, magari ai mie figli… ma per me sono molto importanti.»
Non appena ebbe pronunciato quelle frasi, si sentì sciocco, senza sapere il perché.
«Hai ragione!» Poi, quasi a cambiare discorso: «Pianta qualche fiore intorno alla casa: devi renderla più viva».
«Cosa vuoi dire?»
«Io chiedo a Dio nient’altro che una casa piena di libri e un giardino pieno di fiori.» Loan aveva sempre il potere di risollevarlo con la sua freschezza. «Comunque, non puoi lasciarli qui sul pavimento… sta iniziando la stagione delle piogge. Se viene giù come l’anno scorso…».
«Che posso fare?»
«Be, la stanza è piuttosto alta! Dovresti creare un soppalco, una soffitta: i documenti sarebbero al sicuro e anche le vivande starebbero all’asciutto, almeno nella stagione delle piogge.» Poi, senza aspettare una risposta: «Ha smesso, forse è meglio che vada prima che i miei si preoccupino.» Gli diede un bacio sulla guancia e scappò via.
Un uomo che ha commesso un errore e non lo ha riparato, ha commesso un altro errore (Confucio)
La stagione delle piogge passò senza causare grossi danni: solo una volta la pioggia era riuscita a entrare nella casa, danneggiando alcuni rotoli di poco conto.
Così, all’arrivo dell’autunno, Sắc, sempre impegnato tra la scuola e l’aiuto nei campi, trascurò il progetto di una soffitta dove mettere al sicuro i suoi scritti.
Loan lo spronava a iniziare i lavori, ma lui trovava ogni scusa per rimandare.
«Non vedi che continui ad accumulare documenti, accatastati in disordine sul pavimento?»
«Appena avrò un po’ di tempo mi metterò a sistemarli.»
«Cosa aspetti? L’anno scorso ti è andata bene, ma sai come sono imprevedibili i monsoni.»
Per scuoterlo, una volta gli aveva detto: «La pigrizia cammina così lenta che la povertà non fa grande fatica a raggiungerla».
«Ti sei messa anche tu a parlare come tuo padre?» la schernì stizzito.
Solo l’avvicinarsi di minacciose nuvole grigie, al finire della primavera, scatenò in lui il timore che l’estate avrebbe potuto non passare indenne: non aveva più molto tempo.
Nei giorni seguenti passò intere giornate a tagliare dei lunghi bambù, grossi e resistenti: gli servivano per fare da travi tra le due pareti della stanza. Ne incrociò altri più piccoli, fino a fare un reticolato fitto e robusto, sul quale poteva camminare. Lo coprì con foglie di banano, sulle quali appoggiò un sottile strato di terra mischiata con paglia. Una scala a pioli gli permetteva di raggiungere quella soffitta, attraverso una botola che richiudeva tirando una corda.
«È in casa Loan?» Era giunto trafelato alla casa della madre.
«Calmati un attimo: sei tutto sudato.» Appena finiti i lavori, Sắc era corso a cercare la ragazza, eccitato come un bambino. «Sono parecchi giorni che non ti fai vedere!»
«Sono stato molto impegnato. Ho fatto dei lavori in casa: ti farò vedere. Ma Loan?»
«La trovi al fiume, con Thanh e Xuan: sono andate a lavare…»
Non aveva neanche finito di parlare, che il ragazzo si era volatilizzato lungo il sentiero.
Si fermò ad osservarle da lontano, nascosto tra le frasche. Le piogge, intense, erano iniziate con qualche settimana di anticipo e il fiume, come ogni anno, era già strabordato dall’argine formando numerose pozze dove le donne facevano il bucato e i bambini sguazzavano per attenuare la calura estiva.
Loan e le amiche dovevano avere finito i loro compiti domestici e ne avevano approfittato per un bagno.
Sắc scivolò, facendo rotolare qualche sasso con un piede. Thanh e Xuan non ci avevano fatto caso, ma Loan si voltò intravedendo tra le foglie la blusa gialla che generalmente indossava il fratellastro.
«Ragazze, forse è ora di tornare», disse alle amiche.
Uscì dalla pozza, strizzando le maniche dell’abito e i pantaloni con cui si era immersa. Si incamminò tenendo sottobraccio la cesta di vimini con i panni lavati, seguita dalle amiche.
Di sottecchi teneva d’occhio i movimenti del fratellastro tra le piante, finché: «Oh, ho lasciato il mio cappello al fiume. Andate avanti, vi raggiungo subito».
Quando tornò poco dopo, con il nón lá di paglia che le penzolava sulla schiena, trovò Sắc fermo sulla strada.
«Che ci fai qui? Questa volta sei tu che mi stavi spiando!»
Sắc arrossi, come fosse il ragazzino che ormai non era più. «Seguimi, ti devo mostrare una cosa».
«Mamma mi aspetta.»
«Le ho detto che ti sarei venuto incontro. Sbrigati, che la tregua della pioggia mi sembra stia già finendo.»
La prese per mano trascinandola verso il villaggio, mentre le gocce cadevano sempre più fitte e grosse.
Loan si calò in testa il cappello, buono però a ripararsi più dal sole che dall’acqua, e ora che i due ragazzi erano arrivati alla casa, erano completamente fradici.
«Ripariamoci dentro!» disse accompagnandola in casa: «Guarda in su: non è proprio come mi hai suggerito tu?»
Sắc fece strada su per la scala, attraverso la botola, nella soffitta: i rotoli con i preziosi insegnamenti giacevano ordinati in ceste, al riparo dall’acqua che continuava a cadere.
Loan sorrise, soddisfatta e orgogliosa. Era la prima volta che qualcuno, che un uomo soprattutto, aveva dato importanza alle sue parole.
Sắc la vide nella penombra, con occhi diversi. L’abito, già attillato a seguire le forme del corpo, si era appiccicato alla pelle, rivelando che anche lei non era più una ragazzina. Le si avvicinò e la baciò.
Non ci fu bisogno di dire altro: la via era tracciata e la benedizione dei genitori non sarebbe mancata.
Se c'è rettitudine di cuore, ci sarà bellezza di carattere. Se c'è bellezza di carattere, ci sarà armonia nella casa (Confucio)
Il bambino era nato da qualche settimana, quando Sắc e Loan affrontarono due giorni di cammino per recarsi al Tempio della Letteratura di Hanoi, costruito quasi mille anni prima per onorare Confucio.
Li attendevano numerosi riti, secondo la tradizione. I monaci dovevano redigere l’oroscopo del nuovo nato, dargli il nome e, alla fine della cerimonia, purificarlo nelle acque sacre del lago.
«… questo è buono», aveva esordito il monaco scrutando le mappe astrali, dispiegate sul pavimento. «Il piccolo è nato nell’anno della tigre, nel mese di có thể, nel giorno della luna nuova. E già... la luna nuova ha un significato speciale… rappresenta il rinnovamento, il cambiamento… un nuovo inizio. A che ora è nato?»
«Era passato da poco il mezzogiorno», rispose Sắc, rivolgendo a Loan uno sguardo affettuoso, memore dei dolori che la poverina aveva dovuto affrontare fin dalle prime ore del mattino.
«L’ora del Cavallo! Anche questo di buon auspicio: i cavalli resistono con forza, non si sdraiano a riposare, nemmeno nelle ore più calde. Ha la stoffa da leader: sa essere coinvolgente, ama circondarsi di persone e riesce a trascinare con loro anche quelle più timide.»
Li raggiunse un nuovo monaco: aveva il dono di scegliere il nome dei piccini ascoltando i battiti del cuore.
«Nguyễn Sinh Cung sarà il suo nome», disse sollevando l’orecchi dal petto del neonato. «Cung… arco: l’arco è uno strumento importante. L’arco è un mezzo per raggiungere il giusto equilibrio fra la vita personale e quella sociale.»
Sắc lo sapeva, Dong glielo aveva insegnato: Coltivate il carattere e fate sì che diventi il vostro arco. Rettificate i vostri pensieri e fate sì che diventino le vostre frecce. Stabilite appropriatezza come fosse il bersaglio. Posizionatevi, mirate e fate sì che le frecce volino.
Il monaco proseguì: «Al compimento del decimo anno, gli cambierete nome: diventerà Nguyễn Tất Thành, Nguyễn che sarà vittorioso… perché numerose imprese lo attendono».
Nel tragitto di ritorno al villaggio, i due sposi quasi non si parlarono.
Quelle parole erano pesanti come macigni e un compito più grande di loro sembrava attenderli.
Quando giunsero a casa, Cung si svegliò. Sembrava quasi sorridere ai genitori, ma sicuramente era solo un’impressione, vista la tenera età.
«Loan, saliamo in soffitta. Aiutami a portare su il piccolo.»
I rotoli erano là e Sắc si rese conto che erano davvero la cosa più preziosa che avesse.
«Questi scritti ci aiuteranno a crescere e educare nostro figlio con virtù e giustizia», disse rivolto alla moglie. «Contengono frasi e parole di vita: È impossibile conoscere gli uomini senza conoscere la forza delle parole.»