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Tutta la vita in un battito di ciglia - Fuori Concorso

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Il salotto era in penombra: il fuoco nel camino e le candele, sistemate in tazzine scompagnate posate su mensole e tavolini, creavano un’atmosfera calda e accogliente. Magda si stava godendo quel momento, incurante del temporale che infuriava oltre gli spessi muri della casa. Il vento pareva deciso a spogliare i grandi alberi del giardino, mentre il tuono di tanto in tanto, prepotente, curiosava in ogni angolo della casa e lei aveva l’impressione di sentir tintinnare i bicchieri nella vetrinetta. Ma non aveva paura, le piacevano i temporali.
Stava mettendo un ciocco nel camino quando udì dei colpi al portone d’ingresso.
«Era una notte fredda e tempestosa… e senza corrente!» sussurrò prendendo una bugia per farsi luce. Chi poteva andarsene in giro a quell’ora e con quel tempo? Magari era padre Gael, sorpreso dal temporale dopo aver lasciato l’Hospital de Niños.
«Magda - ne imitò la voce profonda - non hai ancora fatto riparare il cancello! Lo sai che Posadas sta diventando pericolosa!»
A ogni buon conto, arrivata all’entrata prese una pistola da un cassetto e aprì di colpo il portone: si trovò di fronte a un enorme mazzo di fiori grondante acqua, dietro cui si nascondeva, fradicio di pioggia, Jean. Suo marito.
«Buona sera Magda.»
«Sei in ritardo. Di tre anni.» Gelida, la donna indicò un grande baule impolverato, su cui era fissato un biglietto datato marzo 2007: “Arrivo a fine mese. Ti amo.
«Posso spiegarti, querida…»
«Troppo tardi. E non chiamarmi più querida o ti sparo.»
«Oh, amore, non ne saresti capace!»
Un vaso sul tavolino in fondo al portico andò in mille pezzi.
«Bella mira! Posso entrare?» Le porse i fiori, che finirono da qualche parte oltre la balaustra della veranda.
«Conciato così? Non se ne parla.»
«Se potessi avere dei vestiti asciutti…»
Magda, sospirando, prese qualcosa dal baule e rientrò in casa, chiudendosi la porta alle spalle: a Jean non rimase che cambiarsi lì, sotto il portico. Quando raggiunse la moglie in salotto, lei era seduta su una poltrona davanti al camino, mentre sull’altra stava acciambellato un grosso gatto che fissò, indifferente, l’uomo.
«Potrei avere qualcosa di caldo? Per favore.»
«Potresti, se io avessi tempo da sprecare.»
«Magari Egle…» Egle era la governante.
«Egle è morta un mese fa. E questo non è un albergo.»
I due rimasero per un po’ in silenzio: Magda impassibile, Jean imbarazzato.
Nel frattempo il temporale era diventato solo un vago brontolio ed era tornata la corrente.
«Bene, me ne vado a letto.»
Magda si alzò e Jean, con gesti eleganti, le offrì inutilmente il braccio.
Arrivati al primo piano, Magda gli impedì di entrare nella loro camera da letto:
«Le tue cose sono in soffitta: ultima stanza in fondo al corridoio.»
«In soffitta?»
«In soffitta, il posto per le cose ormai inutili.»
Magda si chiuse la porta alle spalle, dando due mandate, e vi si appoggiò, chiudendo gli occhi: erano tre anni che aspettava quel momento. Tre anni in cui aveva provato e riprovato quel tono freddo e sferzante, carico di astio. Tre anni in cui aveva imparato a sparare, in cantina, usando come bersaglio i ricordi dei loro tanti viaggi, le locandine degli spettacoli del famoso “Jean Le Mimò”, le fotografie che lo ritraevano con personaggi famosi.
Irrequieta, tardò ad addormentarsi: la notte si era fatta silenziosa, lo sentì scendere le scale e avvicinarsi alla porta; vide la maniglia abbassarsi e dovette combattere con sé stessa per non farlo entrare.
Quegli occhi verdi e quel sorriso che l’avevano conquistata trent’anni prima avrebbero avuto ancora una volta la meglio e lei non voleva più soffrire.

Il mattino dopo Magda fu svegliata da un buon profumo di caffè: Jean era in cucina, con uno dei suoi abiti di scena, perfettamente truccato. Con i gesti tipici del suo mestiere, si trasformò in cuoco maldestro e cameriere galante.
«Lascia perdere, Jean: non funziona più.»
«Posso spiegarti?»
«Sarebbe l’ennesima inutile e puerile spiegazione. Ora siedi e ascoltami attentamente.»
Magda dettò le sue regole, ignorando uno sguardo che avrebbe potuto intenerirla.
Jean poteva restare. Erano ancora marito e moglie dopotutto e non era la prima volta che accoglieva il figliol prodigo, con debiti da saldare e i tanti profumi di donna nelle valige.
Ma per lui, ora, solo un paio di stanze in soffitta: il resto della casa, eredità di Magda, gli era precluso, a parte la cucina e la lavanderia. Se proprio non sapeva come passare il tempo, sistemasse le aiuole del giardino, da bravo marito, o, meglio ancora, in alcuni scatoloni c’erano un po’ di cose scampate al tiro al bersaglio: poteva rispolverare ricordi ed errori.
Oppure andarsene. Per sempre.
Più tardi si chiese se era stata una mossa intelligente, stupida o da masochista. Risposta: non riusciva a toglierselo dal cuore.
Jean accettò: ogni cosa ha un suo prezzo. Anche la speranza di ritrovare il porto sicuro che la moglie era sempre stata per lui.

Le settimane passarono: Magda sentiva il marito muoversi in soffitta, provare i monologhi che poi avrebbe trasformato in gesti ed espressioni del viso.
Diversi impresari proposero a Jean qualche breve tournée in alcuni teatri argentini, portando in scena ancora una volta “La leggenda delle Cascate di Iguazù” che tanta notorietà gli aveva dato. Ovviamente con Magda nella parte di Naipù, come all’inizio.
Jean le Mimò rifiutò sdegnosamente, quasi con rabbia:
«Io non sono solo Caroba, sono ben altro! Non capiscono nulla! Nulla. Pretendono di sapere loro qual è il mio meglio e neanche sanno chi è stato il mio maestro, Étienne Decroux. Maledette cascate!»
Magda, suo malgrado dovette intervenire: lo giustificò dapprima con una nuova fase creativa che lo stava stressando, poi con la preparazione dei corsi per la scuola di mimo che aveva intenzione di aprire a Buenos Aires ma alla fine si arrese e confidò ai pochi amici rimasti che Jean non sarebbe mai tornato sul palcoscenico né avrebbe insegnato il mestiere a chicchessia.
La depressione aveva preso il sopravvento e Jean era ormai l’ombra dell’uomo brillante e intellettualmente vivace di una volta: non voleva vedere nessuno, vestiva unicamente coi suoi abiti di scena, sempre truccato e coi capelli raccolti sotto una retina. Inventava personaggi di cui non ricordava nulla il giorno dopo.

Un giorno Jean aprì finalmente il suo baule di viaggio: a Magda parve un buon segno.
«Nel baule ci sono cose anche tue, cara, che avevi lasciato a Parigi. Se vuoi…»
Quel sorriso, quella voce calda! Magda si arrese, ma solo un poco.
«Dai, riordiniamo un po’ le cose.»
Sistemarono in un vecchio armadio alcuni abiti di scena, i più classici per un mimo: Jean se li faceva confezionare su misura, quando iniziava con un nuovo spettacolo o una tournée, e vi faceva cucire un’etichetta con l’anno.
«Mi ha sempre portato fortuna. Quando ho smesso, anche la fortuna si è girata dall’altra parte.»
«La fortuna! Oh, Jean, sei patetico. Tu hai buttato tutto al vento, inutile che menti anche a te stesso. Io invece ho tenuto memoria di tutto.»
Andò a prendere alcune scatole da una stanza vicina, chiusa a chiave anch’essa: sul coperchio era scritto un anno e dentro c’erano le locandine degli spettacoli, le recensioni, i ritagli delle riviste, gli appunti sulle sceneggiature. Delle videocassette. I due biglietti per gli spettacoli che sempre acquistavano.
«Me lo ricordo. “Così non potremo dire che non abbiamo venduto neanche un biglietto!” E sempre gli stessi numeri di poltrona: 74 quando ci siamo conosciuti, 76 quando ci siamo sposati.»
Trovarono le foto con il loro maestro, Étienne, che li aveva presi sotto la sua ala.
Lei figlia dell’ambasciatore argentino a Parigi, si era iscritta alla scuola di mimo senza tanta convinzione, quasi un capriccio, scoprendo poi di avere molto talento. Jean un attore di strada che per mesi e mesi aveva fatto la posta a Decroux davanti alla scuola, improvvisando pantomime su pantomime.
«Guarda, ecco il nostro primo spettacolo: praticamente ci ha buttati sul palcoscenico. Se avessi dovuto recitare, quella sera avrei fatto scena muta.» Magda aveva un ricordo indelebile di quel giorno: la sensazione di leggerezza sul palcoscenico, la naturalità di gesti studiati a lungo e il momento in cui seppe di essersi innamorata di Jean: il suo sguardo quando era si era alzato il sipario.
«Cos’è, una battuta?» Jean la risvegliò sai ricordi.
Scatola dopo scatola, sera dopo sera, ritrovarono gli anni più belli del loro sodalizio artistico ma ancora di più della loro storia. Ma anche i momenti difficili: le tante, troppe avventure di Jean, il dispiacere di Magda di non poter avere figli, le decisioni che Jean prendeva senza consultarla.
Tante piccole crepe di formarono tra di loro: provarono a ricominciare trasferendosi a Posadas, dove il padre di lei si era ritirato, accogliendoli nella sua casa. Per un po’ le cose funzionarono: lavorarono molto, viaggiarono in tutto il Sud America. Ma Jean era sempre irrequieto, sempre alla ricerca di qualcosa che forse non sapeva neanche lui cosa fosse.
Il suo modo di esprimersi sul palcoscenico mutò, era irascibile e incontentabile durante le prove, mettendo tutti a dura prova.
Improvvisamente sparì. Per tre anni. Ogni tanto arrivava una cartolina, che Magda metteva in una scatola.

Arrivò anche il momento di aprire l’ultima scatola, quella del 1984.
Nella scatola c’era anche una videocassetta. Jean aveva recuperato un televisore e un videoregistratore: si misero comodi e, da spettatori, si rividero in quello che era stato lo spettacolo che aveva dato l’avvio vero e proprio alla loro carriera, ideato per la cerimonia di proclamazione delle Cascate dell’Iguazù come Patrimonio dell’Unesco.
Sullo sfondo le riprese delle imponenti cascate, in sottofondo il fragore delle cascate stesse, e sul palcoscenico loro due e la leggenda di due innamorati che un dio malvagio e geloso aveva diviso per tutta la vita, creando le cascate nelle quali Naipù cadde trasformandosi in roccia, mentre Caroba, trasformato in albero, potè da allora solo osservarla.
Lo spettacolo ebbe un successo incredibile: nessun dialogo avrebbe potuto reggere il fragore delle cascate, personaggio anch’esse e che quindi dovevano essere assolutamente realistiche, per cui una performance di mimi era stata una scelta azzeccata.
Magda ricordava ancora il terrore di quando erano andati a visitare le cascate la prima volta: tutta quell’acqua spumeggiante, il non riuscire a sentire le parole di Jean che le illustrava la sua idea, le vertigini. Ogni volta che replicavano lo spettacolo, tutta quella paura tornava e forse fu per quello che Naipù rubava la scena al marito.

Magda non riuscì a farsi dire dove fosse stato in quei tre anni. Ormai Jean viveva in un mondo tutto suo e lei, per pietà, lo assecondava.
«Querida, aiutami a prepararmi: stasera ho uno spettacolo. Ti ricordi vero? Devo andare alle Cascate… anche tu, preparati. Come ogni anno, lo sai. Hai ripassato la parte, vero? Ah, non c’è mai stata una Naipù migliore di te.»
«Lo so, e anche tu sei stato un Caroba eccezionale! Però non andiamo fin là in fondo, non c’è posto: rimaniamo alla fermata del trenino; verranno in tanti, hanno messo anche delle seggiole. Ora stai fermo, per favore.»
Magdalena lo truccava con cura: il cerone bianco per il viso, labbra rosse e gli occhi cerchiati di nero, col cuore in un angolo, come sempre. Poi entrambi indossavano gli abiti di scena e, in quella soffitta che ormai era più casa che non le altre stanze, recitavano per un pubblico invisibile.

Le settimane composero i mesi, i mesi gli anni. I rapporti si ammorbidirono.
Magda lo vide rimpicciolirsi, gli abiti che indossava divennero larghi, il pallore quasi prese il posto del trucco. Non parlava più, si esprimeva solo a gesti.
Usciva raramente in giardino e solo quando Magda andava in chiesa o a fare commissioni: capitava che qualche vecchia conoscenza, sapendo di questa abitudine, passasse per una visita ma lui ne ignorava i richiami dal cancello. Si limitava a gironzolare tra le aiuole, perso nel suo mondo fatto di movenze lente e curate: annusava un fiore, carezzava un gatto invisibile, rincorreva una farfalla, inciampava in chissà che cosa e poi, d’improvviso, si metteva una mano all’orecchio, come udisse lo squillo del telefono o il richiamo di qualcuno e correva in casa, salutando, ora sì, la persona al cancello.
Magda offrì a Jean alcune stanze al primo piano, più confortevoli, ma lui rifiutò: in quelle due stanzette c’era tutto il suo mondo, in cui si sentiva protetto.
Una sera, dopo aver riposto alcuni piccoli souvenir, Jean le parlò: la voce era roca, e Magda fece fatica a capirlo.
«Allora non avevi sparato a tutto!»
Lei lo guardò, dritto negli occhi:
«No. E sai perché? Perché anche in quei momenti ti amavo. Quanto sono stata innamorata di te! Lo sono ancora sai? Si vede che l’amore eterno esiste davvero, nonostante tutti gli ostacoli che ci troviamo sul cammino. Però adesso non lo chiamo più amore. È pietà. Mi fai pietà. Per questo sei qui. Per pietà.»
Jean la guardò, sorpreso: mai aveva pensato di far pietà, forse solo compassione, ma non pietà.
Fu l’ultima volta che Magda lo sentì parlare.

Nel marzo del 2017 Magda salì sul treno che da Posadas la portò a Puerto Iguazù: un viaggio faticoso per lei, malata da tempo.
Col trenino turistico arrivò alle cascate. Impiegò quasi due ore a percorrere il camminamento dalla stazioncina di arrivo fino alla Garganta del Diablo: tutta quell’acqua che scorreva sotto la passerella la terrorizzava e ogni folata di vento un po’ forte le bloccava il respiro. Profittava delle panchine, sistemate su slarghi ricavati su piccoli isolotti, per riprendersi: doveva farcela. Arrivata al punto panoramico, si sorprese di come la maestosità delle cascate, il cui fragore cancellava ogni altro suono, la calmasse anziché stordirla come tanti anni prima.
Attese con pazienza il momento in cui non vi fossero turisti nelle vicinanze e lanciò oltre il parapetto un sacchetto di tela: forse era troppo liso e si ruppe, disperdendo nell’aria una polvere grigiastra. Fu proprio in quel momento che all’orizzonte si formò uno splendido arcobaleno e lei si dispiacque che Jean non potesse vivere quel momento.
«Oh, Jean, se solo tu fossi qui! E invece no, testardo d’un uomo! Eppure te l’avevo chiesto per favore, sai che questo posto mi fa paura.»
Qualche giorno dopo padre Gael, passò a trovarla, come faceva appena le gambe glielo permettevano: entrò usando le chiavi che lei gli aveva dato tempo addietro e per la prima volta trovò le porte delle stanze spalancate.
Rimase esterrefatto: a parte le due o tre stanze in cui Magda si era ritirata, le altre erano desolatamente vuote, velate dalle ragnatele. Niente più mobili di pregio né tappeti; quadri e porcellane erano spariti, così come la collezione di libri del padre di Magda; le tende di pizzo, impolverate, nascondevano al mondo il nulla di quelle stanze. Poche lampade, nude e inquietanti, rendevano ancora più cupa l’atmosfera.
Con uno strano presentimento nel cuore, il vecchio prete salì faticosamente in soffitta e trovò Magda nella stanza di Jean, distesa sul letto, vestita con un vecchio abito da sera e truccata maldestramente. Quando si accorse della presenza di Gael, gli sorrise:
«Sei arrivato in tempo.»
Gli porse una busta, poi, con un ultimo battito di ciglia, salutò Jean, seduto su una poltrona.
Mummificato, con un coltello piantato nel cuore.

Perdono, Gael, per i miei peccati.
Ho odiato e smesso di perdonare. Ho ucciso Jean.
Dieci anni fa, in una notte fredda e tempestosa, come nei romanzi, bussò alla porta, fradicio, pallido, certo che sarebbe stato perdonato ancora una volta.
Si sbagliava. Tanto lo avevo amato, tanto lo odiavo per avermi tradita, abbandonata. Umiliata. L’ho ucciso, ma non subito, solo quando cominciò a farmi pena per com’era ridotto. Ma non fu per pietà: avevo solo trovato finalmente il coraggio. L’ho lasciato lì, tanto in soffitta non saliva più nessuno. Ho mentito a te e ad altre persone, fingendo talvolta di essere Jean, solo in giardino, voi davanti al cancello e io travisata da “Le mimò”. Sono stata brava, vero?
Mi spiace di non averti potuto dare più nulla ultimamente per i bambini dell’Ospedale: per sopravvivere ho dovuto svendere tutto, poco per volta. E tu lo sapevi. La casa però no, è tua. Saprai farne buon uso. Magda.”

Jean era morto in quella soffitta: una pugnalata al cuore. Un ultimo battito di ciglia per vedere il volto stravolto della moglie. Per mesi la soffitta era rimasta chiusa a chiave, le finestre aperte per disperdere l’odore di morte. La donna a ore si occupava solo delle poche stanze occupate, a pianterreno.
Quando l’odore sparì, magda cominciò ad andare quasi ogni giorno in quella soffitta: parlava per ore e ore con Jean, gli mostrava le cose che aveva conservato, poi bruciava lettere, fotografie e documenti e ne raccoglieva le ceneri in un sacchetto di tela.
Avrebbe voluto bruciare anche Jean, ma non sapeva come fare.
Il suo mondo era diventato il palcoscenico da cui lui l’aveva esclusa, dove le era sempre più difficile distinguere la realtà dal copione.
Quando non ci fu più nulla da bruciare, bruciò sé stessa, mangiando quando si ricordava, buttando le medicine. Le ultime energie le aveva spese per trascinarsi in quella soffitta.

paluca66

paluca66
Maestro Jedi
Maestro Jedi

Comincio con la domanda che mi è salita spontanea alla fine del racconto: perché il fuori concorso? A parte la possibilità che lo stesso sia arrivato "troppo" fuori termine, l'unico motivo può essere l'anno: sebbene il 1984 rappresenti l'anno del debutto come coppia di mimi e l'inizio del loro amore, tutta la vicenda si svolge in un periodo forse eccessivamente lontano.
Fatto questo lungo preambolo non posso non farti i complimenti per un racconto ben costruito, che tiene il lettore avvinto e nel quale il colpo di scena finale aggiunge valore a tutto ciò che ha preceduto.
Probabilmente lo si sarebbe potuto sfoltire un po' in alcuni punti per renderlo ancora più scorrevole ma nel complesso non ci sono mai cali di tensione.
Segnalo un paio di sviste veniali:
Tante piccole crepe di formarono tra di loro
Quando l’odore sparì, magda cominciò ad andare 


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Tutta la vita in un battito di ciglia - Fuori Concorso Badge-3

Antonio Borghesi

Antonio Borghesi
Cavaliere Jedi
Cavaliere Jedi

Non devo più leggere i commenti di Paluca66 perchè si sovrappongono alle considerazioni che avevo fatto durante la lettura del racconto. C'è solo questo che mi ha disturbato (oltra il magda e il di) sul coperchio era scritto un anno io avrei messo l'anno. Un bellissimo racconto a sfondo giallo che potrebbe anche diventare un libro.

M. Mark o'Knee

M. Mark o'Knee
Cavaliere Jedi
Cavaliere Jedi

Il racconto non mi ha proprio preso.
L'ho trovato molto slegato fra le varie parti e a tratti anche un po' noioso.
Ci sono diverse imprecisioni (Mimo scritto con l'accento; crepe di [si] formarono; poté con l'accento sbagliato; un Magda con l'iniziale minuscola; alcune ripetizioni ecc.).
Se la frase "Era una notte fredda e tempestosa" voleva essere una citazione, allora è sbagliata; Snoopy dice "era una notte buia e tempestosa".
Poco chiara anche l'evoluzione della loro storia: da innamoramento a omicidio attraverso un percorso a scatti, a zig-zag, forse sintomo di una mente (quella di Magda) in preda a una specie di follia da invidia, da ansia da prestazione (mimica).
E, a proposito dell'omicidio, non si capisce l'utilizzo del pugnale da parte di chi ha una così grande dimestichezza con la pistola.
Unica nota positiva, l'idea dello spettacolo di mimi alla cascata ("nessun dialogo avrebbe potuto reggere il fragore delle cascate, personaggio anch’esse...").
M.


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"E perché è più utile scrivere di ciò che vuoi conoscere meglio, invece di ciò che credi di conoscere già." - Matteo Bussola

Petunia

Petunia
Moderatore
Moderatore

C’è un fiume, anzi, una cascata di fantasia in questa storia che forse sarebbe adatta a un romanzo più che a un racconto breve.
Penso, autor, che tu abbia fatto un buon lavoro sembra scritto di getto, una stesura in prima battuta che, attraverso letture successive, avrebbe potuto essere smagrita e focalizzata meglio.
Insomma leggendo mi sono ritrovata un po’ nella modalità. Anche io appena ricevo “l’illuminazione” butto giù la qualunque mi viene in mente.
Poi mi prendo alcuni giorni per far sedimentare la storia e inizio a ripulire e tagliare. Ecco, è mancata questa fase secondo me. C’è un po’ di confusione (come alla fine ė giusto nella soffitta) che appanna l’avvincente storia che cova sotto. Oltre al periodo storico che, evidentemente, non è quello richiesto.

Fante Scelto

Fante Scelto
Cavaliere Jedi
Cavaliere Jedi

Il racconto si basa su una intuizione interessante, quella dello scambio di persona che permette di creare l'equivoco delle false ceneri sparse a Iguazù e del permanere in vita di Jean quando in realtà è già morto.
Credo che la struttura del testo sia però, come già detto da altri commentatori, da un lato slegata, con parti (e stile di narrazione) diverse tra loro, e dall'altro un po' a zig-zag.
Penso alla prima scena, molto dettagliata, quasi cinematografica, dopo la quale il racconto cambia del tutto e diventa invece biografico, con un punto di vista molto più distaccato.

Ha colpito subito anche me che Jean sia morto per una coltellata quando Magda è così abile nell'uso della pistola. Un dettaglio, questo, che ha però un peso notevole: rischia infatti di far sembrare un po' fuori luogo la pistola e la peculiare abilità di lei nel saperla usare.

Stilisticamente, il racconto non è scritto male, ma non sempre ha la stessa forza espressiva dei passaggi meglio riusciti.
Ti segnalo che, nel pezzo (molto evocativo) della descrizione dello spettacolo a Iguazù, la parola "cascate" compare un cataplasma di volte in poche righe.

Credo che il fuori concorso sia per via del 1984, troppo limitato.
Per il resto, il pezzo aveva un buon potenziale.

Arunachala

Arunachala
Admin
Admin

ci sono alcuni refusi ma niente di particolare, per il resto è ben scritto.
non mi ha preso del tutto, sebbene la storia sia particolare e, al contempo, complessa.
tanto complessa che, come ha scritto qualcuno, meriterebbe uno spazio più vasto.
le idee sono buone, lo sviluppo discreto.
rileggendolo, sono convinto che manchi una revisione finale da parte dell'autor@.


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L'unico modo per non rimpiangere il passato e non pensare al futuro è vivere il presente

Tutta la vita in un battito di ciglia - Fuori Concorso Namaste

Non si può toccare l'alba se non si sono percorsi i sentieri della notte.

Kahlil Gibran

FedericoChiesa

FedericoChiesa
Cavaliere Jedi
Cavaliere Jedi

La tristezza e la malinconia che avvolgono tutto il racconto non mi risultano sufficienti a farmelo apprezzare.
Forse posti troppo lontani da me, poco conosciuti, forse il molto raccontato.
Non ho capito il sacchetto con la polvere grigia; avevo pensato che fossero le ceneri del marito morto, poi lo ritrovo mummificato: forse avrei terminato lì il racconto.
P.S.  Che tristezza quando all'amore subentra la pietà.

gipoviani


Padawan
Padawan

Dunque. 
punti di forza:
a) divertente il colpo di scena finale.
b) buona la scrittura, buoni i dialoghi.
Punti di debolezza:
a) la cosa non torna o almeno è poco motivata da un punto di vista psicologico. Perché uccidere il marito, malato e sconfitto, quando tutto  il potere era tomato nella mani di Magda? 
b) la necessità di garantire il colpo di scena, ti ha costretto a non farci presagire nulla e quindi tutto appare evanescente e non spiegato o spiegabile.
La madre di tutte le debolezze? Mi ha dato l'impressione di una cosa poco sentita e molto costruita, quasi meccanicamente.
Grazie comunque lo stesso.

Byron.RN

Byron.RN
Maestro Jedi
Maestro Jedi

Il racconto ha degli spunti e delle idee che non sono per niente male.
Anche io ho notato che le parti sono un pò slegate tra di loro.
Mancano quell'amalgama, quell'armonia necessarie a rendere organica la struttura narrativa. 
Molto bella tra l'altro la scena della recita alle cascate di Iguazu, è molto suggestiva e mi è piaciuta particolarmente.
Il testo è perfettibile, c'è da metterci mano, ma il materiale di partenza direi che non è per niente male. 
Talvolta si abusa di questo termine, ma in questo caso specifico anche a me va di dire che c'è del potenziale non sfruttato a dovere in questo racconto.

Danilo Nucci

Danilo Nucci
Cavaliere Jedi
Cavaliere Jedi

Il fuori concorso forse è dovuto all’anno 1984, poco definito. Anche alle Cascate di Iguazù sono citate come fonte di ispirazione per i mimi, ma non hanno grande importanza nella trama, salvo quella dispersione di ceneri dei cimeli che mi è parsa forzata. Avrei capito di più se le ceneri fossero state quelle del defunto che sarebbe stato comunque un inserimento non originalissimo.
La scrittura è più che buona, ma ho trovato alcuni passaggi poco credibili, come quello in cui il marito indossa al ritorno dopo tre anni di assenza ingiustificata i panni e il trucco del mimo.
Anche la scena del corpo mummificato in soffitta ricorda troppo quella di Psyco.
Buona la descrizione del progressivo declino fisico e mentale dell’uomo.
In conclusione è un buon racconto che ha bisogno di una altrettanto buona revisione.

Akimizu

Akimizu
Cavaliere Jedi
Cavaliere Jedi

Ciao autore, inizio col dirti che io l'avrei ammesso il tuo racconto. Sempre che il problema sia l'anno, se c'è atro alzo le mani. Che dirti, il racconto secondo me ha del potenziale, ma questa stesura, a giudicare anche dai refusi sparsi qua e là, sembra più una bozza che un testo definitivo. Ne deriva che le parti sono un po' slegate tra loro e la vicenda raccontata perde credibilità in alcuni punti che avresti dovuto puntellare meglio. Inoltre io avrei puntato di più a uno stile più "malato", magari in un crescendo di deliri, in fondo si tratta della storia di una donna che finisce per impazzire. Il fatto che invece sei così compassato e garbato nella scrittura non aiuta a rimanere invischiati in un racconto che avrebbe dovuto essere oscuro e paranoico. A rileggerci!


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Tutta la vita in un battito di ciglia - Fuori Concorso Senza_10

Susanna

Susanna
Maestro Jedi
Maestro Jedi

Ultimo racconto da commentare.
Un titolo che lega la fine dei due protagonisti: chissà se è vero che in certi momenti drammatici, magari l’ultimo attimo, tutta la vita ti passi davanti agli occhi? Mi tengo il dubbio, per il momento mi fido.
Abbiamo due mimi che hanno condiviso palcoscenico e vita di coppia, ma - pur essendosi amati - hanno vissuto una vita da “antagonisti”: fino alla fine quello che li aveva uniti (la passione per il teatro dei mimi) li aveva divisi, anche nel periodo in cui la loro unione pareva reggere.
Lei che quasi per noia si iscrive a un corso di mimo e scopre di essere brava; lui che è ugualmente bravo ma fatica a farsi notare da un grande maestro. Forse proprio questa differenza ha portato Jean a cercare di prevalere, quasi che Magda fosse colpevole di aver avuto chissà qualche privilegio in più da scontare.
Ho immaginato la scena iniziale, con quel vaso che va in frantumi, quasi fosse il passato che Magda vuol distruggere per non soffrire più. Può sorprendere di primo acchito che lei, così brava a sparare, scelga di uccidere Jean pugnalandolo, ma può essere che abbia voluto, nella vicinanza necessaria per pugnalarlo, farsi “sentire”, una sorta di intimità estrema per questo ultimo atto, per poterlo guardare negli occhi, anche se ormai non era più lo stesso Jean di anni prima.
L’evolversi della storia, con una Magda sempre più forte e determinata a prendersi una sorta di vendetta e un Jean che ha bisogno della sua “spalla” ma ormai è senza energie per andare avanti, è forse un po’ compresso, ma lo spazio era limitato e forse non c’è stato il tempo per rivederlo meglio.
In un certo senso emerge il fatto - e non me ne vogliano le Penne maschili - che sono spesso le donne ad essere più forti e determinate nel superare gli ostacoli (magari senza arrivare ad essere Magde), mentre purtroppo l’altra metà dell’universo nasconde dietro atteggiamenti forti grandi debolezze. Ma non è questo il luogo per tali disquisizioni.
Penso che il fuori concorso possa essere dovuto al paletto temporale, anche se del 1984 è stato scelto dalla Penna un evento correlato direttamente al luogo prescelto. Avendo letto tutti i racconti, in altri l’anno è demandato solo a un particolare poi slegato dal contesto del racconto.


Grazie a Google maps mi sono fatta una camminata fin alle cascate, come Magda su quel camminamento appena sopra  le acque del fiume: non so se ci andrei, avendolo visto, anche se è spettacolare: riuscendoci, mi immagino un ritorno “gattonando” .


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"Quindi sappiatelo, e consideratemi pure presuntuoso, ma io non scrivo per voi. Scrivo per me e, al limite, per un'altra persona che può capire. Spero di conoscerla un giorno… G. Laquaniti"

Resdei

Resdei
Maestro Jedi
Maestro Jedi

ciao Autore
inizio con dirti che il tuo racconto non mi è dispiaciuto per niente. 
Bello il titolo e anche la storia. 
La fine mi ha lasciata perplessa...possibile che nessuno si sia accorto della puzza di un cadavere? 
Più che un rapporto d’amore alla fine emerge la gelosia per il lavoro e l’abbandono. 
E la vendetta, se alla fine può servire a qualcosa, non mi è sembrata sufficientemente attuata.
a rileggerci presto

ImaGiraffe

ImaGiraffe
Cavaliere Jedi
Cavaliere Jedi

La prima parte è veramente stupenda; si capisce dalla sua esecuzione la bravura dell'autore. Peccato che successivamente il racconto si "diluisca", come se diventasse una bozza scritta di getto e mai sistemata. Siamo tutti d'accordo su questa cosa, ma altrettanto concordi nel dire che la storia c'è ed è molto bella. L'intreccio è avvincente e il colpo di scena arriva inaspettatamente, anche se quando arriva non sconvolge. Il motivo va ricercato nella psicologia dei personaggi. Le loro motivazioni sono deboli e andrebbero indagate meglio. Nonostante ciò, rimane un'ottima idea.

Molli Redigano

Molli Redigano
Maestro Jedi
Maestro Jedi

Non mi dilungo circa le criticità del racconto già notate dagli altri commentatori. Visto il fuori concorso posso esprimermi più nettamente: mi è piaciuto molto e l'ho letto con estremo piacere.

Confesso che prima di leggere il finale, ho pensato che Magda stesse disperdendo nelle cascate le ceneri di Jean, cosa che mi ha messo un po' di tristezza per come erano andate le cose fino a quel momento: l'amore eterno che trionfa sempre, capace di perdonare qualsiasi torto subito, grande o piccolo che sia. E dunque il finale mi ha spiazzato, poiché mi sono reso conto di non averci capito un'H.

Concordo con chi sostiene un ulteriore sviluppo della storia in uno spazio più ampio: l'Autore consideri il suo racconto come una bozza, una sinossi per qualcosa in divenire, poiché l'idea di base è ottima e merita di rimetterci la mano. Anzi, la penna.

Grazie

Achillu

Achillu
Maestro Jedi
Maestro Jedi

Ciao, Penna.

Ti segnalo "Tante piccole crepe di formarono tra di loro" (si formarono)
La sensazione che ho è che mi dispiace che non hai avuto tempo di rileggere e risistemare. La prima metà del racconto sembra scritta con più accuratezza, mentre la seconda meta sembra riassunta a tratti.
Ti faccio comunque i complimenti per la fantasia: c'è anche un po' di Psyco e ho l'impressione che ci siano altri riferimenti a opere conosciute, che però non ho colto. Spero di leggere qualcosa nel terzo tempo.
La soffitta è presente. Il 1984 è lì in quanto anno di istituzione del parco nazionale. Le Cascate dell'Iguazu sono caratterizzate anche con la loro leggenda. Il mimo c'è, anzi ce ne sono addirittura due ed entrambi fondamentali e ben caratterizzati.
Aggiungo che nella seconda metà del racconto non ci sono solo riassunti ma anche episodi ben descritti.

Grazie e alla prossima.


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Tutta la vita in un battito di ciglia - Fuori Concorso Badge-2
https://linktr.ee/Achillu

Asbottino

Asbottino
Cavaliere Jedi
Cavaliere Jedi

Non mi è chiara l'esclusione in questo caso, ma non discuto. Achillu mi ha anticipato citando Psyco. Il racconto ha tanti spunti interessanti. Forse è scritto solo con un po' di fretta e semini indizi che poi non raccogli, ma se ci vuoi tornare sopra decidendo poi quali paletti tenere e quali no, secondo me ne vale decisamente la pena. Come mimo sarebbe stato il più centrato dello step, a mio parere.


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Tutta la vita in un battito di ciglia - Fuori Concorso Senza_10

CharAznable

CharAznable
Maestro Jedi
Maestro Jedi

Il racconto mi è piaciuto molto. Più che Psyco, il finale mi ricorda uno dei romanzi di Camilleri del ciclo di Montalbano ("l'Odore della notte" se non ricordo male, ma vado a memoria). È delicato e malinconico. Mi piacciono i personaggi. Soprattutto la Magda dell'inizio, poi si ammorbidisce nel corso della narrazione.
Bello lo spettacolo di mimi con le cascate come colonna sonora.
Mi è piaciuto davvero.
Complimenti
Grazie


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I giorni indimenticabili della vita di un uomo sono cinque o sei in tutto. Gli altri fanno volume.

caipiroska

caipiroska
Cavaliere Jedi
Cavaliere Jedi

Con me eri partito alla grande, autore!
La parte iniziale mi è piaciuta tantissimo: lui che torna dopo anni e lei che lo accoglie con un colpo di pistola rappresentano un incipit accattivante e perfetto.
I mimi sono i migliori dello step e farli esibire di fronte alle cascate è di nuovo una bella idea.
Un testo così ricco di belle immagini naufraga un po' nella struttura del racconto stesso e in una frettolosità dilagante (almeno da metà testo in poi) che davvero non aiutano a far splendere il racconto.
I personaggi, che davvero sono caratterizzati bene e per niente banali, seguono una parabola discendente che li porta fino al tragico epilogo: purtroppo questa traiettoria non è supportata da quella che sarebbe stata un'interessantissima indagine psicologica dei due e che avrebbe illuminato i fatti da una luce inquietante: una luce che il lettore avrebbe visto ammiccare dal buio sempre più potente.
Invece lui muore e lei impazzisce, senza aver dato segni in precedenza: io, per esempio, non avrei mai pensato che il testo potesse finire in quel modo. Sono d'accordo con l'effetto sorpresa, ma in questo caso non mi sembra che l'effetto sia quello dovuto: per com'è il testo avrei preferito che finisse con le ceneri di lui sparse dal vento e una commuovente sviolinata finale.
Il finale che hai proposto è molto più interessante, certo, ma andava preparato con più attenzione.

Susanna

Susanna
Maestro Jedi
Maestro Jedi

Un terzo tempo un po’ in ritardo: ho voluto lasciar spazio ai vincitori e per le Penne dei racconti in concorso.
Stavolta son finita fuori concorso, per il paletto “tempo”: mi è spiaciuto, ma per tanti motivi ho cominciato a lavorare al racconto tardi e, avendo consegnato a pochi minuti dal termine, non ho inteso corretto chiedere di poter rivedere il racconto per sistemarlo, per rispetto a chi aveva consegnato per tempo.
Avendo collegato il luogo a un evento importante che lo riguardava e che cadeva proprio nel 1984 mi era sembrato sufficiente.
Ma ci sono altri racconti in cui il “tempo” è debole, affidato talvolta - non lo dico adesso ma l’ho scritto nei commenti - a una semplice data, che avrebbe potuto essere qualsiasi altra data e che poi è rimasta slegata dal resto delle vicende narrate. Avendo un po’ più di tempo avrei potuto aggiustare il testo ad es. inserendo date di una possibile tournée dei protagonisti in città/paesi in cui nel’84 fossero accaduti eventi significativi (le olimpiadi di Los Angeles e un’altra cosa che ora mi sfugge), ma io per prima l’avrei trovata una forzatura troppo pro step.
Era un piccolo sassolino che ovviamente, per poterlo sentire del tutto, necessitava la lettura di tutti i racconti. Sassolino tolto, argomento chiuso.

Ringrazio coloro che hanno commentato positivamente il racconto e grazie anche ha chi ne ha visti i difetti.
Un grazie ad @Antonio Borghesii, cui di rado son piaciuti pienamente i miei racconti (come mi avessi votato Antonio), a @Paluca66 per i complimenti, a @CharAznable  e a @ImaGiraffe per tutto il commento
Grazie ad @Akimizu, @Byron  @Arunachala per i consigli per una possibile rivisitazione del testo.
@Danilo Nucci /@Asbottino/@Achillu: non ho mai visto Psyco per intero - i soliti spezzoni che ne hanno fatto storia cinematograficamente, pur rivedendo sempre volentieri i film di Hitchcock  e non saprei dire perché; forse perché non mi piaceva Antony Perkins. Una piccola precisazione @Danilo: Jean non di presenta alla porta, dopo tre anni, vestito da mimo, ma lo fa il giorno dopo, nel tentativo di re-ingraziarsi Magda.
@gipoviani : a Magda non basta vederlo sconfitto o averlo in suo potere: voleva proprio annientarlo per come lui l’aveva messa da parte
@FedericoChiesa : il sacchetto contiene la cenere di fotografie, ritagli di giornale, documenti che lei bruciava dopo averli rivisti col marito (vivo o morto poca importava).
@Fante Scelto : ho scelto di far usare a Madga il coltello (@m.mark), pur se brava con la pistola (un avvertimento per Jean) perché doveva essere qualcosa di più “intimo”, con la necessaria vicinanza per sferrare il colpo. Doveva guardarlo negli occhi e farsi sentire fisicamente.
@Resdei, grazie per il commento. Una precisazione quanto al sentire puzza di cadavere: Magda abita in una villa con un giardino attorno, ha solo un aiuto saltuario per le pulizie nelle stanze occupate al pianterreno, e le finestre della soffitta erano state lasciate aperte.
@Molli Redigano : per stavolta ti perdono di non aver capito un’H: che non si ripeta!
@Asbottino: ora sai il perché dell’esclusione. Grazie per aver apprezzato il mio mimo.
@Petunia/@caipiroska - Lavoro sempre molto sull’incipit o sulla prima parte, letta e riletta senza mai lasciarla stare anche quando sono certa che sia proprio come volevo, occupandomi delle altre parti. Non riesco a leggere il racconto se non sempre dall’inizio e quindi può capitare che ciò vada a discapito del resto. @Caipiroska: i finali sdolcinati non fanno per me: riandando ai racconti che scrivo, anche over rooms, c’è sempre un qualcosa di drammatico, di malinconico… Qui ho voluto anche provare a spiazzare.
@Achillu: niente Psyco e niente altri romanzi o film cui mi sia ispirata: non lo faccio mai, preferisco andare a ruota libera; ho dovuto sfrondare molto, c’erano una serie di episodi della loro storia che avrebbero completato i peronaggi, ma lo spazio non me lo permetteva.
@M. Mark o'Knee k: mi spiace non ti sia piaciuto. Le mimò l’ho proprio voluto con l’accento, per dare enfasi al fatto che lui fosse francese e che si fosse formato artisticamente in Francia (gli stranierismi pare funzionino in ogni epoca); nessun riferimento a Snoopy: quella sera era proprio fredda e tempestosa; alla fine ogni coppia ha una sua storia che evolve per tante ragioni, non da ultimo quelle che in parte hai elencato.

Ci vediamo al prossimo step!


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"Quindi sappiatelo, e consideratemi pure presuntuoso, ma io non scrivo per voi. Scrivo per me e, al limite, per un'altra persona che può capire. Spero di conoscerla un giorno… G. Laquaniti"

A Petunia, Molli Redigano, Achillu, Danilo Nucci, CharAznable e M. Mark o'Knee garba questo messaggio

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