Il tramonto stava dando il meglio di sé, con il sole basso sull’orizzonte che riempiva il cielo di mille sfumature di rosso e arancio e gareggiava invano con la sua tela effimera contro i colori caldi del fogliame del bosco sottostante.
Ma lo spettacolo sfolgorante non sembrava destare alcun interesse agli occhi dell’uomo.
Tutto si sarebbe presto spento nel buio della notte e ogni colore si sarebbe dissolto in anonime tonalità di grigio fra le quali anche lui si sarebbe potuto confondere, mimetizzare, sparire per sempre.
Svanire era ciò che ora desiderava di più. Sperando che, insieme a lui, sarebbe sparito tutto quanto.
Sarebbe sparito il rosso denso che impregnava la manica sinistra del cappotto e che continuava a gocciolare nonostante la cintura legata stretta appena sopra la ferita.
Sarebbero spariti i tratti tesi del viso, distorti e scavati da smorfie ripetute di dolore, e che – ne era sicuro – non avrebbero mai più mostrato l’usuale gentilezza, l’allegria contagiosa, l’empatia istintiva, l’avida curiosità… tutte doti che molti bonariamente gli invidiavano, ma che forse lo avevano anche condotto fino a quel punto.
Un brivido gli risalì frettoloso la schiena, disperdendosi in un tremito per tutto il corpo stanco e indolenzito. E fu subito seguito da un pensiero, affilato e altrettanto gelido: un pensiero di rivalsa, di vendetta forse, un pensiero la cui forza ineffabile e sconosciuta sembrava capace di sostenerlo anche attraverso le prove più dure e frustranti che il destino poteva ancora mettergli davanti.
Prove insignificanti dopotutto, qualsiasi fossero state; quasi banali al confronto di ciò che aveva vissuto solo poche ore prima, quella mattina stessa, rientrando a casa con i caffè e i cornetti caldi per la prima colazione.