La sedia era posizionata sull’altura. Era isolata e si affacciava su un'ampia distesa infinita. Era una sedia ordinaria, rossa, con lo schienale alto e la seduta in paglia.
L'unica persona che la considerava speciale era Stephania, che ogni giorno prendeva il suo blocco degli appunti, saliva sull'altura e vi si sedeva sopra.
Anche quel giorno lo fece ma, invece di sostenerla come faceva sempre, si inclinò lievemente di lato.
«Questa sedia deve essere sostituita. C'avrà almeno settant'anni. Ehi, mi senti? C'è nessuno. Mi ha riempito la casa di occhi e quando ho bisogno di un orecchio, fa il mercante? Questa sera ti becchi una spazzata negli occhi. Capito? Anche una bocca non sarebbe male. Siete proprio delle merde.»
Stephania scrollò il capo, soffiò sulla penna e fissò nell’infinito. Rimase con gli occhi sbarrati per alcuni minuti, sincronizzò il respiro e poi finalmente scrisse sul suo blocco.
«Uno, due, tre. Uno, due, tre. Uno, due, tre. Pulse. Uno, due, tre. Uno, due, tre. Uno, due, tre, Pulse.» Un sorriso le illuminò il viso. «Magnifico! Perfetto come sempre. Va bene, il mio lavoro per oggi è finito.»
Si alzò e, tornando verso la casa, scorse un bulbo sparire nell'erba, sorrise soddisfatta e disse, «Se non ha intenzione di prestarmi orecchio, ma continua a ficcare il naso, vorrà dire che questa sera avrà una brutta sorpresa.»
Entrò in casa, prese la maschera che teneva sempre dietro la porta e si diresse in cucina.
Dopo poche ore, mentre sistemava gli appunti, il telefono squillò. Con calma lo sentì suonare poi trattenendo una risata sollevò la cornetta.
«Pronto. Mi scusi per la voce ma ho dovuto mettere la maschera sa, sto cucinando i broccoli.» Cambiò posizione e si sedette sulla poltrona. «Ma no! Come le viene in mente che possa averlo fatto di proposito. Ah! Non le piacciono i broccoli? Non lo ricordavo.»
Stephania dovette ricorrere a tutto il suo autocontrollo per non scoppiare a ridere. Sapeva che lui in quel momento non sarebbe stato in grado di vederla.
«Visto che mi ha chiamato, però… Sì! Lo fa sempre uguale. Uno, due, tre. Uno, due, tre. Uno, due, tre. Pulse. Sì, sono sicura. E cavolo, sì! Ho controllato per cinque minuti di seguito, poi mi sono stufata. Tanto fa sempre così. E poi sono qui, a un passo dal tesorino. Se dovesse agitarsi, lo sentirei.» La voce aldilà della cornetta prese a interrogare Stephania, che cominciava a spazientirsi. «Sì... Sì... No, questo mai. Sì... Forse, dovrei controllare i miei appunti. Prima che vada però, vorrei chiederle un favore. La sedia va sostituita. La adoro, ma questa mattina si è inclinata. La cosa mi rende nervosa e non mi permette di concentrarmi. Se fosse possibile, questa volta la vorrei gialla.»
Iniziò a elencare tutti i vantaggi di possedere una sedia gialla, quando il formicolio al mignolo del piede sinistro catturò la sua attenzione.
«Merda! No, non sto parlando di voi. C’è qualcosa che non va la fuori. Aspetti in linea che vado a controllare oppure mi manda una faccia? So che è uno sforzo ma almeno può fare un controllo anche lei. Non mi importa dove la fa comparire. L'importante è che non sbocci sul mio corpo. Quella volta è stato imbarazzante.»
Stephania riagganciò e si precipitò sull’altura.
La sedia era capovolta con le gambe all'aria e lo schienale conficcato nel terreno. Anche la testa che era fiorita nell’erba lo vide.
La donna aveva raggiunto la sua postazione e si concentrò come al solito. Il formicolio al piede si era trasformato in un dolore lancinante. Il respiro non era più in sincronia.
«Uno, due, tre. Pulse. Uno, due, tre. Pulse. Uno, due, tre. Pulse. Pulse.»
La fronte le si coprì di sudore. Vide qualcosa materializzarsi vicino alla casa, ma il tempo poteva non essere sufficiente.
Il Caos stava per esplodere.