Intanto, nel regno in cui il tempo e lo spazio non avevano ancora fatto la loro comparsa, Metronimus, il sacerdote del grande Ghi’raff, si era nascosto dietro al pesante tendone che oscurava le finestre della sala del trono.
«Metronimus! Grandissimo sacerdote delle mie STRINGHE! Materializzati subito al mio cospetto ho DETTO!»
Re Ghi’raff, la voce stridula come unghie sulla lavagna, batteva i piedi così forte che anche i vetri delle finestre tremarono di paura facendo sollevare di colpo i tendaggi.
Metronimus reagì all’istante gettandosi ai piedi del sovrano spinto dalla potente molla di emergenza spuntata come per magia dalla parete proprio al momento giusto.
«Magnanimo ed eccellentissimo Sire, cosa desiderate dalle mie grazie?»
Ghi’raff si strinse nelle spalle, tirò su col naso, contorse la bocca in una terribile smorfia e iniziò a piangere tutte le lacrime che gli aveva consegnato la sua balia una volta che era cresciuto.
Il pianto era così violento che in breve il pavimento della grande sala ne fu pieno. Il livello saliva a vista d’occhio. Metronimus fu costretto a sollevare la veste per evitare che s’inzuppasse.
Aveva imparato a curare tutti i malanni tranne il raffreddore. I suoi potenti starnuti causavano ogni volta delle vere catastrofi. I tetti delle case si scoperchiavano e le casse del regno erano costrette a svuotarsi per riparare i danni ai sudditi inferociti.
«Mio altissimo signore, calmatevi… ho giusto delle ottime notizie da riferirvi.»
A quelle parole, il collo di Ghi’raff si allungò fino a raggiungere la porta del salone distante almeno cinquanta metri da loro.
«Nessuno ci ascolta… parlate pure.»
«Abbiamo trovato Stephania, la ladra del vostro tesorino!»
Ghi’raff divenne giallo e nero all’istante, strinse i denti e afferrò per il collo il suo sapiente suddito.
«E come mai non si trova qui davanti a me ADESSO?»
«Mio potente signore» ehm «quella femmina ne sa una più di Laniakea. La sedia si è inclinata, il mignolo ha iniziato a dolerle e…»
«Eeee?»
«Si è accorta che la stavamo osservando, ecco. Oppure qualcuno l’ha avvertita. Deve esserci un corvo tra queste mura.»
Il sovrano iniziò a salire lungo la parete si posizionò a testa in giù in mezzo alla sala. Cominciò a oscillare come un lampadario emettendo prima degli strani miagolii, poi dei grugniti fetidi e infine dei poderosi ruggiti.
Riacquistò la parola soltanto quando il flusso dei ricordi gli ebbe riempito ogni interstizio della testa calva. Una mano guantata lo staccò con delicatezza dal soffitto e lo fece sedere sulla grande poltrona reale gialla che nel frattempo li aveva raggiunti.
Ghi’raff strinse con forza i braccioli.
«Impossibile. Proprio proprio IMPOSSIBILE.. Nessuno e dico NESSUNO oserebbe fare a me questo affronto. Ma se è come dite voi, Metronimus, sapete già cosa dovete fare. Prima della polverizzazione però vorrei guardarlo dritto nei bulbi oculari.»
Il gran sacerdote chinò la testa senza muoversi di un millimetro.
«Che ci fate ancora qui? Andate andate andate… ANDATE!»
«Grande Ghi’raff, il fatto è che quella Stephania ha chiesto una sedia gialla in sostituzione di quella che si è inclinata. Lo sapete bene che è un pericolo. Tesorino potrebbe scambiarla per la vostra e voler restare per sempre con quella ladra!»
Ghi’raff si accarezzò il mento per qualche istante, poi si alzò e pronunciò la sentenza.
«Voglio, comando e ordino di eliminare immediatamente e per sempre il colore giallo da ogni regono abitato e disabitato.»
Fu così che la grande poltrona reale divenne subito rossa di vergogna.