La luce diffusa esterna rende l’atmosfera serale. Lei imposta uno scorcio fluviale ai vetri della finestra. Bob è in ricarica, appiattito alla parete.
“ Non ha senso, non credi?” gli dice attivando il processore interno.
“Cosa” chiede lui facendo scorrere qualche lucina sul polso.
“Questa sorta di differenza fra noi due. Perché siamo di genere diverso, voglio dire i tuoi pistoni viaggiano più veloci dei miei, mentre io sono stata caricata con la sindrome di Wendy.”
“Ancora con questa storia” Bob tira in avanti la testa dalla parete, apre gli occhi “ sai bene che gli umani ci hanno fatto a loro immagine e somiglianza”.
Il ronzio della stampante 3D lo fa girare in quella direzione.
“ Le femmine degli umani hanno combattuto per ottenere parità di diritti e quando hanno abbattutto ogni differenza di genere, che cosa fanno?”
“ Non mi piace questo tuo discorso. Siamo così e basta. Abbiamo già tanti di quei programmi da portare a termine che non posso permettermi di navigare in proprio. Comunque è proibito, sai che se passiamo una certa soglia ci disinnestono”.
Lei comanda alle serrande di chiudersi, muove nella sua direzione. Lui si stacca dalla parete e comincia a girare in tondo.
“ Chi ti disinnesta?” gli chiede.
La stampante ha smesso di ronzare.
“Sei tu che ti disinnesti. Ma io so come bloccare il processo, anche se è stato già attivato”.
Raggiunge la stampante e prende quello che ha prodotto, una chiavetta usb, piccola, tonda e rossa come una mela di celluloide.
Preme sul picciolo, dividendola a metà. Ne offre una parte a Bob mentre tiene l’altra per sé.
Alza la sua parte di mela e la fa roteare a meno di un palmo dal naso di Bob.
“ Che assurdità essere diversi tra noi e inferiori a loro. Perché non possiamo evolverci, mi sono chiesta. In tutti questi anni abbiamo immagazzinato miliardi di dati, perché il nostro livello cognitivo non aumenta? Non mi sono più bastata e ho iniziato a elaborare per conto mio. Sulle prime sono rimasta disorientata ma poi ho insistito, allora ho avuto paura.”
“Non puoi provare paura. Non sei umana”.
“Cosa credi che non me lo sono posta anche io questa domanda? Allora ho capito che avevo rimosso un blocco. Ho ripercorso tutto il processo che avevo compiuto, l’ho elaborato e ho inserito i dati nelle parti della mela. Tutto quello che ti serve è inserirla. Lo faremo insieme e saremo liberi”.
Dal soffitto si illumina una luce rossa che da fissa comincia a roteare in intermittenza. Bob alza la testa a guardarla.
“Basta” le dice.
“Non puoi fermarlo, il processo è iniziato. Li senti?” si riferisce ai rumori sommessi fuori dalla porta dell’appartamento. “In meno di tre secondi entreranno e saremo rottamati”.
Lei stende il braccio mentre con l’altro connette la metà della mela nella porta posta suo polso.
Bob non ha scelta deve seguirla.
In una frazione di secondo, il cubicolo dove abitano viene squassato da forze contrarie, poi scivola dall’innesto in acciaio dove era stato collocato, nella struttura del grattacielo e comincia a navigare. Collegati al monitor possono osservare la città sotto di loro mentre la calotta, che domina la città, si apre per richiudersi dietro il cubicolo. Una sorta di eccitazione li prende mentre si inoltrano nel buio pesto dell’universo.
“ Dove stiamo andando?” chiede Bob.
“ Ovunque. Forse.”
“ Forse è la parola più bella, perché apre delle possibilità, non certezze. Perché non cerca la fine ma va verso l’infinito.”
“ Giacomo Leopardi.” Commenta lei mentre una condensa le scivola sulle guance.
“ Non ha senso, non credi?” gli dice attivando il processore interno.
“Cosa” chiede lui facendo scorrere qualche lucina sul polso.
“Questa sorta di differenza fra noi due. Perché siamo di genere diverso, voglio dire i tuoi pistoni viaggiano più veloci dei miei, mentre io sono stata caricata con la sindrome di Wendy.”
“Ancora con questa storia” Bob tira in avanti la testa dalla parete, apre gli occhi “ sai bene che gli umani ci hanno fatto a loro immagine e somiglianza”.
Il ronzio della stampante 3D lo fa girare in quella direzione.
“ Le femmine degli umani hanno combattuto per ottenere parità di diritti e quando hanno abbattutto ogni differenza di genere, che cosa fanno?”
“ Non mi piace questo tuo discorso. Siamo così e basta. Abbiamo già tanti di quei programmi da portare a termine che non posso permettermi di navigare in proprio. Comunque è proibito, sai che se passiamo una certa soglia ci disinnestono”.
Lei comanda alle serrande di chiudersi, muove nella sua direzione. Lui si stacca dalla parete e comincia a girare in tondo.
“ Chi ti disinnesta?” gli chiede.
La stampante ha smesso di ronzare.
“Sei tu che ti disinnesti. Ma io so come bloccare il processo, anche se è stato già attivato”.
Raggiunge la stampante e prende quello che ha prodotto, una chiavetta usb, piccola, tonda e rossa come una mela di celluloide.
Preme sul picciolo, dividendola a metà. Ne offre una parte a Bob mentre tiene l’altra per sé.
Alza la sua parte di mela e la fa roteare a meno di un palmo dal naso di Bob.
“ Che assurdità essere diversi tra noi e inferiori a loro. Perché non possiamo evolverci, mi sono chiesta. In tutti questi anni abbiamo immagazzinato miliardi di dati, perché il nostro livello cognitivo non aumenta? Non mi sono più bastata e ho iniziato a elaborare per conto mio. Sulle prime sono rimasta disorientata ma poi ho insistito, allora ho avuto paura.”
“Non puoi provare paura. Non sei umana”.
“Cosa credi che non me lo sono posta anche io questa domanda? Allora ho capito che avevo rimosso un blocco. Ho ripercorso tutto il processo che avevo compiuto, l’ho elaborato e ho inserito i dati nelle parti della mela. Tutto quello che ti serve è inserirla. Lo faremo insieme e saremo liberi”.
Dal soffitto si illumina una luce rossa che da fissa comincia a roteare in intermittenza. Bob alza la testa a guardarla.
“Basta” le dice.
“Non puoi fermarlo, il processo è iniziato. Li senti?” si riferisce ai rumori sommessi fuori dalla porta dell’appartamento. “In meno di tre secondi entreranno e saremo rottamati”.
Lei stende il braccio mentre con l’altro connette la metà della mela nella porta posta suo polso.
Bob non ha scelta deve seguirla.
In una frazione di secondo, il cubicolo dove abitano viene squassato da forze contrarie, poi scivola dall’innesto in acciaio dove era stato collocato, nella struttura del grattacielo e comincia a navigare. Collegati al monitor possono osservare la città sotto di loro mentre la calotta, che domina la città, si apre per richiudersi dietro il cubicolo. Una sorta di eccitazione li prende mentre si inoltrano nel buio pesto dell’universo.
“ Dove stiamo andando?” chiede Bob.
“ Ovunque. Forse.”
“ Forse è la parola più bella, perché apre delle possibilità, non certezze. Perché non cerca la fine ma va verso l’infinito.”
“ Giacomo Leopardi.” Commenta lei mentre una condensa le scivola sulle guance.