Altrove

Una poesia nelle cui espressioni trovo il bisogno di allontanarsi, di fuggire da qualcosa di opprimente, non necessariamente tragico ma forse limitante, schiacciante, anche solo ripetitivo. Una vita banale, una routine, un insieme di piccole sofferenze.
Il bisogno di andare altrove, dove la parola altrove, che ha una forza espressiva enorme, compare solo nel titolo.

Non so granché di metrica e regole della poesia, però la forma molto spezzata e i versi corti o cortissimi hanno tolto qualcosa, secondo me, alla forza espressiva. Quest'ultima si basa molto su concetti grandi, indefiniti: tempo, spazio, vento, nuvole, sogno, cuore, risultando non aulica ma un po' fumosa e scivolando, quindi, un poco nell'indefinito.

Non è male, ma mi arriva solo in parte.

Voglia di cancellare tutto, voglia di cambiare.
Di quello che accade, di quello che c'è non piace niente.
Proprio niente.
Ricordavo bene, "Altrove" è una vecchia canzone di Morgan, un pezzo molto avanti che non ha nessuna concomitanza con la tua bella poesia, autore.
Ho sempre una visione musicale di tutto quello che mi sfiora.

Primo commento, inizio da qui e ne approfitto per esplicitare la mia ignoranza in ambito poetico. Così, giusto perché si sappia della mia incompetenza. 

La poesia mi comunica allo stesso tempo voglia e timore di andare.
Timore perché ogni nuovo inizio spaventa, devi lasciarti tutto dietro, abbandonare qualcosa. Eppure il desiderio di ricominciare, di rimettersi in gioco è più forte di tutto: una nuova citta, un nuovo paese, forse un nuovo stato mentale.
Trovare una nuova sistemazione dove ci si possa sentire di nuovo a casa.
Piaciuta.

Ciao, Autore.
Mi disturba un po' la domanda retorica del v.9, che ha il difetto di interrompere il mondo onirico che mi sono costruito leggendo e di riportarmi a una realtà dalla quale, in Poesia, preferirei astrarre.
Non mi piace molto neanche la ripetizione della parola "fuga", che compare per ben tre volte e pretende, in questo modo, di guidare il lettore verso un'unica direzione, che è poi quella perfettamente colta dall'amico Tom che ha commentato prima di me. 
Questo per me è un po' limitante. Va bene trasmettere un messaggio, ma poi voglio essere io fruitore a decidere dove il tuo componimento artistico voglio che mi porti.
Grazie di aver partecipato a questo contest.

Già leggendo il titolo ho cantato mentalmente la canzone di Morgan e ho ritrovato in queste parole lo stesso mood solo che quella canzone ha un guizzo poetico in più, per me. 
Applico alla vita
I puntini di sospensione… 
Purtroppo sono condizionata nel giudicare i tuoi versi. Non li trovo originali. Comunque il difetto è mio, tu, autor, hai espresso il tuo sentire e l’ho capito.

Come già in una poesia commentata precedentemente, il ripetersi della medsima parola (qui "fuga") nel breve spazio del componimento mi appesantisce la lettura.
Perché chiedersi "Dove?" interrompendo quel sogno di essere vento e nuvole che si rincorrono spensierati e davano della fuga un'immagine forte e chiara.
È come se la poesiam si gonfiasse improvvisamente per poi avere una nuova impennata in quel bellissimo finale.

Mi sono perso quando hai ripetuto più volte "fuga", l'altro mondo è sempre un concetto che mi affascina, tuttavia qui ci sei arrivato forse un po' troppo presto, avresti potuto far crescere l'attesa e il tuo stato di inadeguatezza, affinchè l'altro mondo invadesse fisicamente tutta la parte finale della poesia. Ti faccio comunque i miei complimenti.

La prima parte (versi 1- mi piace molto: i versi brevi o brevissimi aiutano il lettore a comprendere il senso di urgenza della fuga cantata dall'autore. Avrei invece scritto diversamente la seconda parte (versi 9-14), eliminando del tutto i versi 9, 10 e 11: così facendo, si lascia a mio giudizio più spazio interpretativo al lettore.

Si percepisce il desiderio di raccontare di un disagio ma è troppo di testa. Sembra più un pensiero che non una poesia.
non si riesce ad immedesimarsi perché chi l'ha scritta non si è lasciato/a andare.  

A me 'Fuga' non disturba, sembra l' incipit della poesia, o prosa stessa,  un inizio meraviglioso che mi ha ricordato l'incipit di un libro, più affascinante del racconto stesso: Il re pallido, Foster Wallace.
Il paragone è azzardato, azzardatissimo, ma se leggerete quel libro capirete come l'inizio pur essendo migliore del tutto non lo disturba affatto. Lo sostiene.

Ciao, Penna.

Analisi metrica: versi sciolti, non c'è divisione in strofe ma i due bisillabi dividono ritmicamente la poesia in due parti di otto e sei versi. Quasi tutti quinari e settenari gli altri versi, a parte un quadrisillabo sdrucciolo (ritmicamente simile a un settenario tronco) e un senario (probabilmente più di uno se non si fanno dieresi o dialefe).
Non ci sono rime. Punteggiatura presente.

La voce narrante si rivolge a un "tu" senza genere che può anche essere interpretato come un "tu" impersonale. Questa seconda interpretazione è quella che istintivamente mi viene da dare, ma non escludo la presenza del* narratario* come persona determinata, che potrebbe essere anche il* narratore* che si rivolge a sé stesso* in seconda persona.
Il primo verso è "fuga" ma il significato è più un "richiamo", la persona "tu" che apre le proprie percezioni e sente l'oppressione del qui e ora. La seconda parte è invece la vera fuga verso l'altrove del titolo.

Grazie e alla prossima.

Ciao Penna. Quel "dove" è prezioso e interessante. Nel tempo, nello spazio, nel sogno lascia tutto indefinito. Sembra che esista un'insoddisfazione di fondo ma che non sia capace di trovare una soluzione. Non è una critica, piuttosto quella situazione che viviamo frustrante e strana ma che si scontra con le necessità astratte che nemmeno noi sappiamo decifrare. Forse è ancora una dichiarazione poetica un poco acerba, sebbene ci siano intuizioni importanti. Ma mi è piaciuto leggerti. Grazie Penna.

Riesce molto bene a mantenere la promessa del titolo. Concisa ed essenziale. Toglierei solo quel "Dove?": spezza il ritmo e l'armonia.

Un’altra poesia breve e intensa che gioca sapientemente con accenti e intonazione. Il difetto che mi sento di segnalare all’autore è l’eccessiva discorsività del componimento. Già nel secondo verso, il termine “quella” sembra voler spingere il lettore in una direzione precisa che stona con l’atmosfera indistinta del “sogno che ti avvolge”, come pure la parola “dove?”, che in qualche modo spezza l’incanto.
Se posso spingermi ancora un po’ oltre, direi che alcuni versi (in particolare dal sesto all’ottavo) non fanno altro che appesantire la lettura; lascerei solo un molto più incisivo “nuvole e vento / li senti fratelli”.
Molto bella ed efficace la chiusa, con gli ultimi tre versi che ribadiscono il concetto del titolo.
M.

Un pezzo che mi lascia un po’ perplessa, ma senza una ragione precisa.
Una fuga “fisica” porta sempre con sé incognite, il primo passo può essere titubante ma l’idea di avere un nuovo mondo da esplorare, nuove esperienze da fare, il lasciarsi alle spalle quello che fa male avvolge in un insieme di speranze.
Anche una fuga “mentale”, un momento in cui non pensiamo a nulla, o almeno proviamo a non avere pensieri, può essere visto come una fuga, un voler sentirsi, anche se per poco, in un mondo diverso.
La rileggerò.

Ciao,
l'anafora "Fuga", che si ripete nei versi liberi della poesia
enfatizzano il bisogno di allontanarsi da quel dolore che opprime
l'anima e cercare, forse, rifugio nell'infinito universo o in un sogno
o in qualsiasi cosa che dia pace all'animo inquieto.

Ciao autore, molto efficace la tua poesia, complimenti. È stata una lettura sciolta, senza intoppi, carica di ritmo, ariosa, nonostante la brevità. Leggerla ad alta voce è stato decisamente facile. Sul contenuto ci sono dei punti che mi lasciano con dei dubbi, puramente interpretativi, tipo: quella sensazione che ti comprime il cuore è il desiderio? La voglia di fuggire? Oppure è un dolore, una perdita o altro che ha dato il via al bisogno di fuggire? Propendo per la prima ipotesi, ma mi piacerebbe fosse la seconda, perché avrei una chiave di lettura in più, senza questa "fuga" rimane un po' fine a se stessa. Ho poi un'altra interpretazione, più suggestiva e in linea con il titolo, che mi porta a leggere la tua poesia come un'ode alla morte, la fuga quindi come separazione estrema dalla vita stessa, in una "nuova casa", appunto. Non so, mi dirai se vorrai a fine concorso. A rileggerci!

devo dire che la prima metà l'ho trovata meravigliosa, davvero tremenda.
poi arriva quel "dove?" e mi ha distrutto ogni cosa, così come il seguito.
ed è un peccato, perché aveva un potenziale enorme, questo pezzo, frantumato da una parola e un punto di domanda.

Ciao
Fuga e una bella parola poetica e delicata con la quale vale la pena creare una poesia però nella tua autore e diventa banale e un po rigida..

Immagini interessanti, che esprimono un bisogno di estraniarsi e fuggire da una realtà forse opprimente, o che vi8ene percepita come claustrofobica.

Mi riconosco leggendo questi versi. Mi sono arrivate una serie di sensazioni che condivido. Vorrei spesso essere altrove, lontano, facendomi trasportare dalle forze della natura oppure scappare dalla realtà e rimanere in balia dei mie sogni.

Lungi dal fare riflessioni filosofiche che lasciano il tempo che trovano, mi è piaciuto scoprire questo lato non tanto oscuro che spesso molti artisti, nel senso più largo possibile, inseguono e perseguono. Anzi desiderano. Ecco, leggendo tra i versi, dentro le parole, anch'io ho desiderato un mio personale "altrove". 

Per me questa è una bella poesia. 

Grazie

Ciao.
lettura piacevole, scivola via trascinata dal vento. Ogni parola è un allontanarsi dal posto dove si è, la prima, infatti, è Fuga. 
Dall’incertezza iniziale e dalla domanda in poi (Dove?), mi sembra che l’autore abbia trovato il suo personale Altrove e ci leggo semi di speranza.

Ciao,
la poesia inizia con un bel ritmo, quasi incalzante, un incedere che descrive molto bene il senso della fuga.
Dopo la domanda il ritmo cambia, diventa più riflessivo: infatti smaltita l'eccitazione iniziale del concetto di fuga, ci si scontra con la realtà che pretende una meta per questa fuga. Non avendo una meta l'autore filosofizza e questo appiattisce un po' il testo perchè proporre il sogno come via di fuga banalizza il concetto stesso di fuga: letteralmente lo possiamo fare tutti, ogni notte; in senso più ampio fuggire in un sogno, coi tempi che corrono,  nella maggior parte dei casi equivale a una sconfitta.
L'ultima frase spezza definitivamente tutti gli entusiasmi: fuggire per raggiungere un posto chiamato casa evoca nella mia mente un loop continuo: scappo da casa per raggiungere casa, poi scappo da casa per ecc...

Perché fuggire? è una sensazione sgradevole. Piuttosto gioca con nuvole e vento per andare lontano.
Non importa dove, non importa quando. Ovunque ti porterà il tuo sogno, sarai a casa.
Grazie Autore.