- Spoiler:
Se oggi il telefono non squilla, potrò dire addio a tutto questo. Domani arriverà la richiesta di pagamento dell’affitto; rimbalzerà inutilmente per tutti i conti e le carte intestate al sottoscritto, alla ricerca di fondi che non esistono. Profondo rosso. Sarà rispedita al mittente, insoluta. La mia attività verrà chiusa all’istante e mi assegneranno un lavoro socialmente utile. Tipo pulire il culo di un cyborg con la diarrea cronica o diventare schiavo di un Lord sulle colline dello Yorkshire. Non fa per me. Quindi squilla, dannato telefono!
Sì! Sta squillando davvero. Mi sistemo giacca, barba e capelli, poi accendo il visore. «Charles Middleton, investigatore privato. Pronto?»
«Lo so che sei tu, cazzone!» Quella simpatica arpia di Molly Parker, la mia ex moglie; sfoggia il taglio alla mohicana rosso vermiglio che va tanto di moda da stamattina. Mi dice: «Senti, bando alle chiacchiere; pensavo di non dover più pronunciare queste parole e invece mi tocca: ho bisogno di te. Non farti venire strane idee! Mi serve solo un investigatore. Ci sei?»
Quanto vorrei poterti dire di no! «Di cosa si tratta?»
«Segreto industriale, per adesso non posso aggiungere altro. Se vuoi sapere di più, alza le chiappe».
«In questo caso, anticipo di 3.000 sterline sull’unghia, altrimenti non mi muovo!» Se mi chiedi lo sconto metto giù.
«Guarda, te ne ho già girate 2.500; ti mando un taxi e ti offro il brunch». Vai a fartelo mettere! Ho fame. «Non provare a fermarti per la strada! Se hai bisogno, chiedi a me. Ciao».
La notifica dell’accredito è immediata come il clacson del taxi nell’auricolare dei miei Samsung Glasses. Il tempo di indossare l’impermeabile e scendo in strada.
Ad attendermi c’è un’Apple Car, ovviamente; nera e a due posti. La voce sintetica mi dà il benvenuto: «Ciao Charles. Per godere di una piena esperienza Apple durante il tragitto, ti consiglio di disattivare i tuoi dispositivi Android». Col cavolo.
Arrivo alla sede newlondinese della Apple, un gioiello di domotica compatibile solo col 25% dei dispositivi sul mercato. Molly, che è la direttrice della filiale, mi attende nella sala buffet; indossa un tailleur argentato col collo alto, lo stesso che ho visto pubblicizzato poco fa durante la rassegna stampa letta in auto. «Ti ho fatto preparare le cose che piacciono a me», e che a me fanno schifo: insetti fritti, insetti bolliti, insetti al vapore... Sgranocchio un po’ di grilli al forno, che almeno non hanno quel retrogusto amaro.
«Abbiamo perso i contatti con un nostro androide» mi dice, dopo aver assaporato mezza cavalletta impanata. «Ce lo devi ritrovare».
«Come mai gli avete spento il GPS?»
«Perché gli abbiamo fatto credere di essere un umano».
«Lo sai che è illegale, vero?» Domanda retorica.
«Certo! Però un androide che non sa di esserlo...»
«Impara molto più velocemente del normale, lo so», la aiuto a terminare la frase. «Quindi tutto tempo risparmiato, il tempo è denaro e bla bla bla».
«Ecco! Vedo che sei ancora intelligente». Grazie per la concessione. «Ovviamente non possiamo lasciarlo andare in giro senza controllo».
«Ve ne sono già scappati altri, uno in più che differenza fa?»
«Bravo! Ma questo è un prototipo della nuova versione. Devi trovarlo prima della concorrenza, altrimenti ce lo copiano!»
«Mi dai un punto di partenza, un posto da cui iniziare a cercarlo?»
«Intanto metti via quelle cianfrusaglie», mi dice, indicando i dispositivi che indosso. «Buttale, liberatene come vuoi. Andrai in giro con questi, invece», e mi porge un Magic Pack Apple di ultima generazione. «È tutto già sincronizzato con il tuo account; dentro ti ho messo anche le chiavi del suo appartamento. Hai domande?»
«No».
«Bene. Ti chiamo un taxi, così cominci a lavorare e la smetti di perdere tempo. Non provare a fermarti per la strada! Se hai bisogno, chiedi a me. Ciao».
Un’altra Apple Car nera mi riporta nell’East End, a pochi isolati dal mio ufficio. L’appartamento di George Spencer, questo il nome dell’androide scomparso, si trova al quarto piano di una palazzina arancione. Apro e con sorpresa scopro che è ancora abitato: una giovane mulatta dalle forme esagerate, completamente calva e nuda, mi accoglie con un: «Ehi, ma tu non sei George!», e mi guarda di traverso.
«Sono Charles Middleton, investigatore privato». Le mostro il mio olobiglietto dal Google Watch. «Sto cercando George, non sapevo che avesse una coinquilina, chiedo scusa».
«Sono Dorothy; George non c’è». Non sembra imbarazzata dalla mia presenza.
«Sai dov’è?»
Fa schioccare la lingua tra i denti.
«Posso farti qualche domanda?»
«Quanto mi paghi?» Le mostro 50 sterline e le brillano gli occhi. Si avvicina, mi prende per il bavero, mi appoggia addosso le tette enormi e dice: «Chiedimi tutto quello che vuoi, Charles».
Le dico: «Sapone», la palpo con decisione in mezzo alle gambe. Una sostanza viscosa mi resta sulle dita.
Si mette a ridere. «Di solito mi chiedono la crema al whisky».
«La crema al whisky macchia; il sapone viene via», mi pulisco la mano con una salvietta umida.
«Quello è detergente intimo, lo uso per lavarmi dopo» e mima un amplesso, come se non avessi afferrato il concetto. «Da cosa hai capito che sono un’androide?»
Ho tirato a indovinare. «Sono un cercatore specializzato. Adesso però le domande le faccio io. Che notizie mi dai sul tuo coinquilino, George Spencer? Mi rispondi subito o devo forzarti il bluetooth?»
«Non c’è bisogno, collaboro. Di solito passa le serate al bar con gli amici. L’ultima volta è stata due sere fa; è rientrato alla solita ora, ma poi è uscito subito e non l’abbiamo più visto».
«Non l’avete più visto? Tu e chi?»
«Io e l’appartamento». Giusto. Brava androide!
«E cos’ha fatto in quei pochi istanti che è rimasto in casa?»
«Si è cambiato questo». Dorothy e l’appartamento fanno comparire il soprabito che George ha lasciato in casa. Lo esamino: nelle tasche trovo tutti i suoi dispositivi. Molto interessante! Ho una pista da seguire.
Saluto e torno in strada. Ho ricevuto un messaggio da Molly: «Allora? L’hai trovato?» In testa ha un caschetto giallo banana, la moda del dopopranzo.
«Non ancora, ma ho una traccia».
«Bene! Sei pagato per questo. Ti mando un taxi».
«Lo sai che non posso seguire una traccia in un’Apple Car!»
Silenzio. Certo che lo sa, ma non lo può ammettere. «Ok. Non provare a fermarti per la strada! Se hai bisogno, chiedi a me. Ciao».
Seguire una traccia è un’attività che non si può ancora automatizzare: occorrono esperienza e intuizione. Questo è il mio mestiere: mi avvicino ai dispositivi fissi sparsi in giro per la città e indovino la pista, interpretando i segni lasciati nella loro memoria dal passaggio di cose e persone.
George Spencer non indossava oggetti Apple e questo facilita la mia ricerca. La traccia è sufficientemente pulita, anche se sono passati quasi due giorni. I lampioni, i semafori, gli idranti e altri indizi mi conducono in giro per l’East End; mi muovo lentamente con un selfie stick che mi restituisce le informazioni di cui ho bisogno, finché la pista non termina vicino a un vecchio garage. L’androide che sto cercando è lì dentro.
Busso. Busso di nuovo. Alla terza volta il garage si apre. Il selfie stick impazzisce, lo spengo. George Spencer mi guarda dall’alto verso il basso e mi saluta. Ha il fisico di un lottatore e mi sento un po’ in soggezione; gli mostro il mio olobiglietto e mi presento. «Un investigatore privato?» dice. «Fico! Vuol dire che qualcuno mi sta cercando. Vieni, entra pure».
Su un grande tavolo del garage ci sono pezzi sparsi di un Magic Pack Apple, smontati con accuratezza. «Ti sei dedicato al bricolage in questi due giorni?»
«Sì!» spiega con entusiasmo. «Mi sono chiesto come mai i prodotti Apple non riescano a vendere come meritano, così mi sono fatto un giretto in città con i dispositivi di Samsung, Google e Huawei e poi ho smontato un Magic Pack vergine per individuare dove si trovano gli inghippi!»
Mi illustra ciò che ha scoperto su hardware, software, percezione, connettività e marketing, o meglio ci prova. Non ho idea di cosa stia dicendo, ma ha senso di sicuro perché si tratta delle deduzioni di un androide e quindi logicamente affidabili. In pochi giorni di autonomia e libertà ha imparato davvero tantissimo! Secondo lui, sarebbero sufficienti alcune modifiche per rivoluzionare i prodotti Apple e aumentare la quota di mercato.
È un vero peccato restituire questo gioiello a quell’arpia di Molly, non se lo merita. Però ho già la scusa giusta per portarlo da lei. «George, ti piacerebbe raccontare tutto questo a qualcuno della Apple? Conosco una persona che sarebbe molto felice di ascoltarti».
«Davvero? Sarebbe molto bello!»
L’appuntamento con la direttrice è cosa fatta in pochi minuti. Ci riceve nel suo ufficio, i capelli acconciati in uno chignon porpora e una camicia ton sur ton con l’acconciatura, la gonna e gli stivali: è senza dubbio la moda del preserale. Faccio le presentazioni. «Sono sicuro che George ha delle cose molto interessanti da spiegare».
L’androide resta in silenzio, mentre Molly gli gira intorno con un telecomando in mano. Capisco immediatamente cos’è successo e non ci posso credere. «Ma... l’hai disattivato!»
«Ovvio!»
«Non sei nemmeno stata ad ascoltarlo!»
«Perché? Aveva qualcosa da raccontare? Dimmi tu, visto che sai tutto».
«Io non so niente; dovevi chiedere a lui!»
Si mette a ridere. «Cosa vuoi che ci sia di importante da ascoltare in un prototipo con degli evidenti difetti di fabbricazione?»
«Il tuo prototipo è stato due giorni in giro con addosso dei dispositivi Android, non sei proprio curiosa di sapere cos’ha scoperto?»
«No! Già il fatto di aver abbandonato un Magic Pack denota scarsa intelligenza; comunque i prodotti della concorrenza sul mercato li conosco benissimo, non ho bisogno di sapere anche l’opinione logicamente affidabile di un androide, in pratica non aggiungerebbe nulla di utile».
I problemi più grossi della Apple non si trovano nel software o nella connettività; si trovano nell’ottusità dei suoi dirigenti. In questo senso, George ha sbagliato la sua analisi, non ha tenuto conto del fattore umano. È la mia riflessione mentre me ne torno nella mia casa ufficio, con 7.450 sterline in più e un Magic Pack che ho usato una sola volta di nascosto, per salvare ciò che ho potuto di un androide a suo modo geniale.
Guardo il video della memoria di George Spencer, così, per rendere onore alla sua breve vita artificiale; vedo i componenti su cui si è soffermato durante l’indagine, l’analisi accurata del software e le ricerche sulla rete. Ma non riesco a ricostruire la sua esperienza né i suoi ragionamenti né i motivi che l’hanno spinto a fare determinate scelte; quelli purtroppo sono andati persi per sempre. Mi dispiace, dal profondo, ma avrebbe dovuto essere un interesse della Apple. Ormai, sinceramente, non è più affar mio.