Mi sono sempre rivolto alla poesia con soggezione e rispetto, talora con la sensazione di inadeguatezza.
Leggendo poesie ho provato sensazioni di stupore, smarrimento, meraviglia, anche incomprensione.
Forse è per questo che solo di recente ho provato a scrivere alcune poesie.
Questo non basta a definirmi poeta, ma desidero ugualmente condividere con tutti le mie prime cinque poesie.
MASCHERE
Ognuno è preso da cure e affanni
che non s’accorge di ciò che accade
e neppur di quanto fuggano gli anni.
L’antica paura tutto pervade,
ignoto il virus giunto da lontano,
nel salto di specie ovunque invade.
I nostri valori mutano piano
per un morbo a guisa di corona
con il timor che nessuno è più sano.
e ogni certezza l’uomo abbandona,
per rimedio una certa distanza,
ma l’uomo se teme non più ragiona.
Per un vaccino ch’è nuova speranza
molti dicono che sia un altro male
e s’abbandona ogni nuova istanza.
A volto celato par tutto uguale
ché uomo di maschere due ne porti,
sembianza che pare artificiale.
Una al germe malvagio da opporti,
l’altra da sempre tra apparenza e sostanza
entrambe vane nell’esser più accorti.
INCANTO LUNARE
arcana, pallida sfera celeste.
Mistero celato sopra le nostre teste
e quaggiù tutti appesi tra fato e fortuna.
Astro di luce, fedele presenza,
da sue tenui trame, in notti di giugno,
prova l’uomo a inseguir qualche sogno
da nascondere in serbo, all’evenienza.
Dal principio del tuo moto perpetuo
un indefinibile tempo è trascorso
ed ancor ai poeti vieni in soccorso
nel dare una voce al destino, fatuo.
Nel rimirarti, satellite di luce,
tanto più ignota nel lato oscuro,
l’uomo avverte d’esser meno sicuro,
luna, sì cheta e chiara in superficie.
Senza sosta continua il suo giro,
incurante delle umane pene
e della forza che la sostiene.
Chissà chi son io che l’ammiro.
Se si scruta nel segreto del mondo,
la vita si fa ricordo lontano
che il drappo di luna trafuga piano.
E infine non s’ha più alcun senso in fondo.
AMORE IN LUOGO DI LAGO
Qual segreto ci ha mai fatto incontrare?
Perturbazione cosmica degli astri,
ti vidi presso il lago girovagare.
Sorte ignota di affinità lacustri,
puntini d’argento accesi dal vento,
consapevolezze di vieti lustri.
Impeto d’amore e di turbamento,
una donna lieve, sì esile e bella,
nel tuo sguardo già stupore e sgomento.
Nell’acqua l’argento di un’alborella,
nei tuoi occhi socchiusi il mio destino
sì fugace come brillìo di stella.
Bastò poco, il sole del mattino,
il tuo sorriso oppure un solo sguardo
a provar la gioia di un bambino.
Che immane pena, per fato beffardo,
è oggi che non mi sei più accanto
e l’amor non scaglia più alcun dardo.
Di tanti poeti comprendo il canto,
chissà mai che Catullo già sapesse
che d’ogni amore sempre il dolce incanto
ha le pene di tossine annesse.
Penosa sì, eppur eterna verità
e altre illusioni non son concesse.
LOGICA DISFIDA
Sul tavolo riquadri bianchi e neri
tanto che sì parrebbe solo un gioco,
eppur ogni pedina ha gesti fieri
e tutto là sopra arde come un fuoco.
Obliqui alfieri e la regina ardita
scaltri pedoni a crear equivoco.
Evidente metafora di vita,
c’è un dio sopra le umane sorti,
chi gioca muove i pezzi con le dita.
I due sfidanti stanno sempre accorti,
per vincere la singolar tenzone
ed evitar del fato tutti i torti.
In cerca dell’estrema posizione,
torre eretta e salto del cavallo,
a provocar del re l’abdicazione.
Scaltre mosse per non cader in fallo,
ragionevole astuzia e abilità,
opposizione che perdura in stallo.
Incerta sorte, fato, ambiguità
che son presenti nella vita vera
e cause di angoscia ed ansietà.
Ah commedia umana non più foriera
di turbe e di sgomento e sì più lieve,
(se) governata da leggi di scacchiera.
ODE ALLE STREGHE
Sapiente dama dei medicamenti,
maliarda e oscura levatrice
così invisa per i suoi talenti.
D’ogni bambino è ammaliatrice,
malia che si tramuta in fardello,
per ogni atto che la stria indice.
Trasfigura di notte in uccello,
ignota, temuta strige rapace,
tristo presagio di nuovo flagello.
Custode del suo Grimorio, tenace,
donna negletta e grigia, taumaturga,
la sua anima è oppressa e non ha pace.
Arcano sabba, è (la) notte di Valpurga,
danzando fedeli al nero caprone,
dannato consesso che tutti turba.
Si muovono nel bosco in processione,
accanto a ruscelli, rovi e bisce
e calanchi lunari in successione.
Con fascio d’erbe che cura e lenisce,
ovunque la diffidenza è sì tanta
per ogni male che (la) stria guarisce.
Arde al rogo donna che incanta,
si punisce quel che non si comprende,
supplizi dell’Inquisizione Santa.
Ma di questa vita quanto s’intende?
Vessata, donna che veste di nero,
si congeda con nuove leggende:
che sia reale non importa invero,
una strega o solo donna sapiente,
(ché) non c’è conoscenza senza mistero.
Strisciando nei boschi come un serpente
da tutti la stria fugge lontano,
nera dama che inquieta la mente.
Il drappo di luna trafuga piano,
illumina solchi d’argilla erosi
e resta soltanto un mistero arcano.