IL FRULLO DEL PASSERO
Nell'effimero giardino dell'eterea illusione s'udiva spesso d'un passero il frullo d'amore.
Solo fra i rami d'alti alberi se ne stava, svolazzando di tanto in tanto tra un arbusto e l'altro.
L'azzurro colorava le fronde, un riflesso d'oro sfiorava le foglie e quel passerotto indomito del suo frullo non faceva a meno.
Mai nessuno si fermava ad ascoltarlo: "la sua sinfonia si perdeva nell'indaco come un’eco che stanco d'ascoltarsi fuggiva via da sé".
Venne primavera e il suo canto d'amore si fece più forte, ma ancora risposta non trovò.
Allora, stanco di tanta indifferenza, decise di discorrere da solo e così, spostandosi di qua e di là, raccontava con il suo frullo fra sé e sé di sé.
Non soddisfatto di tal trovata pensò bene di travestirsi con colorate piume, tanto da potersi credere uno diverso dall'altro e meglio far frullo tutto il dì.
Tra sonate e trastulli, di canti e balli si riempì quel giardino e tutti si fermavano ad ammirare quel meraviglioso mondo.
Arrivò poi l'inverno... il passero, stanco e affamato da tanto frullare, finì con addormentarsi nel suo solitario nido.
La musica s'affievolì e il giardino dell'eterea illusione sprofondò in un silenzio assordante.
La neve fece la sua comparsa.
Pian piano coprì tutto compreso il nido del passero che, inconsapevole del suo destino, ancora riposava.
L'anno dopo un viandante, passando accanto al giardino e memore delle storie che si raccontavano su quel luogo, si fermò aspettando d'udire il canto di quel passero tanto famoso.
Nulla s'avvertì nell'aria, nemmeno un tenue fischio.
Egli, deluso, lasciò un foglietto scritto appeso a un albero, così che nessuno sostasse lì invano.
«D'udir frullo non aspettare, primavera non v'è dove solitudine regna.
Del frullar tuo conto tieni, che la vita troppo fiato sempre non dà».
Per chi volesse ascoltare la video narrazione