In un freddo pomeriggio di marzo, Clara si ritrovò bloccata nella casa in montagna. All’esterno, fiocchi di neve cadevano abbondanti e il vento ululava facendo sobbalzare i rami degli alberi. Avvolta in vestiti invernali recuperati dagli armadi, era riuscita in qualche modo ad accendere il fuoco nel caminetto. Internet e telefono non funzionavano bene, era però riuscita a inviare un SMS prolisso a cui Roberto aveva risposto solo “Ok!”
Si fece numerosi selfie davanti alle fiamme che danzavano vivaci: con la bocca a cuore, con gli occhi da cerbiatta, con le dita a V, eccetera, eccetera, eccetera; tutto molto instagrammabile ma impossibile da condividere per il momento. Esaurite le pose, Clara si sedette in poltrona a godersi il calduccio, pensando a come passare il tempo senza Netflix, né Roblox, né nient’altro fosse abituata a fare giù a valle con la fibra iperveloce. Provò perfino ad accendere il televisore, ma lo schermo replicava in modo impertinente il turbinare della bufera fuori dalla finestra.
Il mobile accanto alla TV era una credenza anni ottanta, in cui erano state accumulate stoviglie scompagnate che senza vergogna davano mostra di sé dietro la vetrinetta. Nell’angolo in basso erano timidamente allineati alcuni libri. Clara ricordò di averci curiosato una volta: avevano tutti le pagine ingiallite e il prezzo ancora in lire.
Annoiata, si alzò dalla poltrona e si avvicinò, rabbrividendo per gli spifferi che fischiavano attraverso le finestre. Scelse in fretta il volume più grande e tornò saltellando a sedersi.
Ripulì la polvere con il bordo del plaid. La copertina era rigida e monocolore, di un marrone ingrigito dal tempo, solo il titolo brillava ancora: Cronache dalla fine. Non c’era scritto altro. Curiosa, iniziò a leggere le prime righe. Le parole del libro la catturarono, trasportandola in una Terra futura e in pericolo.
È tutta la mattina che Adele si scervella sui dati, nonostante i test numerici non rilevino nulla di anomalo.
Ti guarda con gli occhi scavati nel viso struccato. «Il ronzio del radar è troppo regolare; mi rimbomba nella testa, mi fa venire la nausea!»
Ma tu non percepisci nessun ronzio. Poi guardi per l’ennesima volta la striscia di numeri che non ha senso né per te né per l’intelligenza artificiale.
Adele inizia a camminare in tondo attorno alla sedia. «Com’è possibile? Eppure tutto qui dentro è fatto per identificare qualsiasi cosa sia sopra di noi!»
Clara pensò: “Scommetto che la cosa si trova di sotto!” Poi voltò pagina e fece una smorfia di compiacimento.
Con un filo di voce azzardi: «Forse la cosa si trova di sotto?»
Adele continua a girare ma resta in silenzio, con un’espressione fissa e imperscrutabile.
La minaccia di un attacco alieno alla città è reale. Le notizie dal mondo parlano di distruzione e morte: decine di metropoli sono state rase al suolo e ancora nessuno ha capito davvero in che modo. Speri e vorresti che non fosse imminente, ma hai piedi e mani gelate e un rivolo di sudore ti scorre lungo i fianchi come una disgustosa premonizione.
E non ti è di aiuto l’agitazione della tua compagna d’armi. Con lo sguardo fisso davanti a sé, si mette a parlare senza nemmeno gesticolare. «So cosa dovrei fare, ma in questo bunker mancano gli algoritmi necessari per filtrare i dati. Fare i conti a mano è impossibile, ma anche con un foglio di calcolo ci metterei un giorno intero… e forse non abbiamo tutto questo tempo.»
La pagina a fianco era un’illustrazione in bianco e nero che riproduceva l’interno del fortino. A colpire l’attenzione di Clara non furono tanto le strumentazioni pseudo-futuristiche né la rastrelliera piena di armi laser fin troppo simili al fucile del nonno cacciatore; in un angolo si intravvedeva un mini impianto per il karaoke. “Non so se avrei il sangue freddo di cantare in una situazione del genere,” pensò. Poi sorrise. “Chissà, magari è proprio quella la chiave per risolvere la situazione?”
«Abbiamo il karaoke!» Spieghi, indicandolo: «Puoi usare l’auto-tune per aggiustare la frequenza intercettata dal radar e puoi invertire il lettore mp3 per separare i canali del ronzio. Non so se può essere utile, ma l’impianto può fare tutto questo in tempo reale.»
Adele finalmente decide di fermarsi e guardarti, senza cambiare espressione. «Ma sì! È proprio quello di cui ho bisogno. Perché il Signore mi ha fatta stonata? Grazie, meno male che almeno tu sai cantare.»
Recuperate cacciaviti, cavi e saldatori, quaderni per gli appunti, calcolatrici e fogli elettronici.
In cuor tuo, preghi di fare in tempo. Poi, mentre i minuti passano inesorabili, speri che Adele si sbagli, che gli alieni non colpiranno la città perché ci sono centinaia di altre metropoli da distruggere in giro per il mondo. Ma scacci anche questo pensiero orribile e tutto questo mentre le mani tremano a disegnare circuiti, cercare componenti piccoli come mattoncini in un mare di Lego, e incollare fili sottili sul tavolino con lo scotch perché non avete altro a disposizione.
Alla fine il vostro karaoke al contrario è pronto nel giro di poche ore, durante le quali Adele è andata pure un paio di volte a vomitare succhi gastrici. Il collaudo del vostro impianto improvvisato ti fa venire i brividi, perché adesso anche tu percepisci il ronzio e, soprattutto, lo vedi: lo schermo riproduce le anomalie del sottosuolo, un groviglio di punti che cresce a vista d’occhio, la rappresentazione dell’arma segreta che il nemico alieno sta usando per annientare l’umanità.
Ti guardi intorno e cerchi di capire come neutralizzare l’attacco. Controlli ogni angolo del bunker, comprese le mensole cariche di oggetti, gli armadietti e la fuciliera.
La tua compagna d’armi ti guarda, gli occhi lucidi di lacrime e terrore. «Cosa facciamo? Ti prego, non startene lì immobile senza far niente. Fatti venire un’idea!»
In realtà non sai nemmeno contro cosa dovresti combattere. E i punti nel sottosuolo continuano ad aumentare.
Il capitolo terminava così. Clara si sentì delusa. La storia non stava andando da nessuna parte e meditò di abbandonare la lettura. Proprio in quel momento sobbalzò dalla poltrona.
Un rombo di tuono scosse le finestre accompagnato da violente raffiche di vento, come se la bufera volesse penetrare nella stanza. La cappa si riempì di fumo grigio che sembrava sul punto di riversarsi nella stanza da un momento all’altro.
“Aiuto, cosa faccio?”
Ma, così com’erano iniziate, le raffiche si calmarono. Il grigio scomparve dal caminetto e tutto sembrò essersi fermato. Fuori dalla finestra, fiocchi di neve cadevano abbondanti e verticali.
Clara tirò un sospiro di sollievo. Con il cuore che piano piano stava rallentando pensò che per il momento non valeva la pena alzarsi, almeno finché non si fosse sentita più rilassata. Così ricominciò a leggere.
La coltre densa che ti avvolge si dissolve. Tossisci e lacrimi. Intorno a te c’è una lenta ricaduta, sembra quasi cenere di carta bruciata. Vedi il suolo disseminato di rovine e ti senti mancare le forze. Il cielo è oscurato da una cortina impenetrabile e il sole è solo un pallido ricordo.
Eri l’ultima speranza per quelle persone e adesso sono tutte morte. Adele è rimasta sepolta nel bunker insieme alle guardie e tu sei l’unica sopravvissuta. Potevi salvare la città, perché non hai fatto nulla, Clara?
Sbatté gli occhi. Fino a quel momento non si era resa conto né che la protagonista fosse una donna né che avesse il suo stesso nome. Sbirciò qualche pagina all’indietro giusto per essere sicura che non le fosse sfuggito qualcosa, ma non trovò niente.
“Pazzesco!” pensò.
Per quanto assurdo ti possa sembrare, hai un’unica scelta per riscattare il tuo fallimento. Hai visto con i tuoi occhi come funziona l’arma aliena, devi raggiungere la città più vicina e usare la tua esperienza per salvare la Terra.
E non serve che tu faccia “no” con la testa. Hai già perso troppo tempo prezioso piangendoti addosso. Trova un mezzo di trasporto e affronta la lenta ricaduta con il coraggio che si addice a un’eroina!
Era davvero troppo. Clara chiuse il libro, infastidita. Controllò il telefono, nella speranza che fosse tornata internet, ma la rete era ancora irraggiungibile. Così si avvicinò alla credenza per cercare un altro titolo. Mentre era indecisa tra Amore oltre il confine e Cuori in fiamme, sbirciò fuori dalla finestra come alla ricerca di un’ispirazione mistica. Fu in quel momento che si accorse che ciò che cadeva dal cielo non erano fiocchi di neve ma sembrava cenere di carta bruciata.
Strizzò gli occhi, dicendo a bassa voce: «Non è possibile!»
Corse all’ingresso e aprì la porta, ciò che vide le fece schizzare il cuore fuori dal petto. Non c’era traccia di neve, solo una lenta ricaduta di quel materiale sconosciuto che, a contatto con il suolo, si dissolveva in una nuvola di polvere grigia.
Si girò verso il soggiorno e il libro che stava leggendo era per terra, aperto. Corse a leggere i paragrafi successivi e, nei minimi dettagli, era descritto ciò che stava vivendo in quel momento, compreso il tremore alle gambe e la crisi respiratoria.
Non hai altro tempo da perdere: scendi a valle e salva la Terra!
Clara recuperò l’inalatore e mandò giù due spruzzi di Clenil.
Fuori, nel cortile, la cenere aveva velato leggermente i finestrini del Pandino verde 4x4. Con lo sguardo fisso davanti a sé, si mise in modo meccanico a ripulire il parabrezza con uno straccio.
«Ah! Sono matta!» Gridò, gettando la pezzuola sudicia a terra.
Salì in macchina e mise in moto. Affrontò correndo i tornanti della strada regionale, senza incrociare nessuno. Nei paesi che attraversava erano accesi solo i pochi lampioni dei centri abitati. Sul sedile del passeggero, le Cronache dalla fine le facevano compagnia, unico punto di riferimento rimasto in quell’universo che all’improvviso le era impazzito attorno.