Prima di tutto complimenti ai protagonisti del podio e al vincitore. Nonostante la debacle del mio racconto sono contento e sereno e ora ne spiego il motivo, per coloro che hanno voglia di leggere quanto segue.
Quintessenza è volutamente meno di quello che è, e molto più di quanto sembra.
L’ambientazione è significativa. Laddove tutto è iniziato tutto può finire (in caso di mancanza di aiuto esterno in soccorso del pianeta terra, ovviamente a livello simbolico e non temporale).
Gli elementi sono presi in prestito per parlare dell’essere umano, dei suoi difetti e dei suoi pregi: dalla goffaggine, superbia e superficialità, alla profondità, dolcezza e generosità. Averli umanizzarli mi ha permesso di amplificarne i tratti caratteristici.
La convocazione di Quintessenza richiama il rapporto di Dio con la sua creatura, rapporto tribolato, ricco di contraddizioni, incomprensioni e speranze.
I dialoghi esasperati in alcuni passaggi vogliono esaltare l’assurdità di certe giustificazioni e prese di posizione tipicamente umane. Come i bambini dell’asilo, ecco servite su un tavolo simpatie, antipatie, attrazioni, repulsioni.
Lo Zigurat richiama la religiosità politeista dei sumeri, mentre la bilancia ricorda la fede degli Egizi sul giudizio finale. Invece, la presenza dello Spirito di Dio riporta al Tutto è Uno. C’è un’unica energia che, come un fluido, permea tutta la materia dell’universo Ma anche se l’energia è una sola, le frequenze sono numerose e infinite.
La circolarità rilevata ed evidenziata da “Albemasia” nel suo commento (brava a notarlo) rappresenta la perfezione. L’incontro fra le forze primarie sulla terrazza più alta dello Zigurat è l’offerta del Tutto all’Uno. È una preghiera a tutte le parti dello stesso corpo. In questo c’è un richiamo alla tradizione cristiana collegata alla Chiesa.
La trama è sacrificata sull’altare del messaggio di salvezza. Se tutto è Uno nessuno può tirarsi fuori, nemmeno le forze della natura e nemmeno l’uomo. Addirittura, nemmeno Dio.
Era complicato trasformare una idea a mio parere originale in qualcosa di convincente. A quanto pare, non ci sono riuscito e le critiche sulla trama e sui dialoghi sono condivisibili. Confesso di essermi divertito a scriverlo, anzi, mi sono lasciato trasportare nel tempo e nello spazio. Mentre lo scrivevo ero realmente presente nella valle dello Zigurat ed è stato fighissimo. Per amarlo come l’ho amato io bisogna sintonizzarsi sulla stessa frequenza. Lo so, è complicato, sono un po’ pazzo. Sui dialoghi sono intervenuto in un secondo momento e la scelta alla lunga non ha pagato. Eppure, non li cambierei perché funzionali alla rappresentazione degli esseri umani. In fondo siamo fatti così…
Da questo secondo step ho imparato una cosa importante: i racconti vanno letti andando oltre, non devo accontentarmi del primo livello, altrimenti rischio di fare un torto all’autore e di non cogliere la parte migliore.
Inoltre, ho compreso meglio come non scrivere se voglio ambire a qualcosa. Chissà se riuscirò a farne tesoro o se prevarrà la parte ludica.
Grazie a tutti.