Staffetta 4 -
Me lo ricordo bene quando accadde.
Se lo ricordano tutti qui a Castello.
Fu durante la finale del torneo di calcetto del Bar Luna. Albertone, Alberto Tedeschi, stava per calciare la punizione. E fu in quel preciso istante che udimmo tutti l’urlo. Non l’urlo del Settembrini preso in pieno volto dalla fucilata di Albertone, un urlo più lontano. Ma forte e acuto. Ci volle poco per capire che veniva da una casa dall’altra parte della strada. E che a emettere quel grido straziante era stata la Teresa Manubri. Albertone riprese la palla, respinta dalla faccia del Settembrini e infilò la porta sguarnita. Ma nessuno convalidò il gol, nessuno esultò con lui. Ormai tutti erano affannati a raggiungere la casa della Teresa. E la trovarono svenuta, distesa nel giardino di casa e, particolare ancor più macabro, una gamba umana spuntava dalla roggia proprio accanto alla sua abitazione.
Subito il Moretti, il capo della polizia locale che era presente alla partita, chiamò i Carabinieri e il 118, presumibilmente per la signora Teresa perché per quanto riguarda il proprietario della gamba non credo ci fosse molto da fare.
“Dovremmo chiamare anche i pompieri”, mi permisi di suggerire.
“I pompieri? E perché?”
“Per ripescare la gamba”.
Al Moretti non parve poi una cattiva idea.
“Magari alla gamba c’è attaccato anche tutto il corpo”.
“Per me è un drogato”.
“Mi sembra più la gamba di una ragazza”.
“Calma, calma. Non facciamo chiasso.”
“Tanto non si sveglia mica”, esclamò il Giannetti, indicando la signora Teresa che giaceva ancora sull’erba aiutata da alcune vicine di casa, mentre il capo Moretti cercava di mantenere la calma non senza qualche difficoltà.
I Carabinieri arrivarono in pochi minuti. Pochi minuti che al capo Moretti sembrarono un’eternità visto il caos che si era creato attorno alla roggia. C’era ormai persino chi scommetteva sul sesso del proprietario della gamba e se, a essa, era attaccata o meno la parte restante del cadavere. Inoltre Albertone insisteva perché il suo gol fosse regolarmente convalidato, a lui non importava nulla di svenimenti o di morti che spuntavano dal canale.
“Chi ha scoperto il corpo?”.
Il maresciallo Attanasi sembrò abbastanza seccato dalla situazione che si era venuta a creare.
“La signora Teresa Manubri, fu Martino. La proprietaria dell’abitazione adiacente il corso d’acqua artificiale”.
Al capo Moretti capitava spesso di esprimersi, su questioni lavorative, come un burocrate del tempo che fu.
“E ora dove si trova la signora in questione?”
“Presso la sua abitazione, con il personale del pronto intervento”.
“Bene, appena si sarà ripresa gradirei parlarle. Ora, vediamo il cadavere”.
“Ecco, il presunto cadavere è quella protuberanza sporgente dal canale d’irrigazione”
“Presunto?”
“Sì, beh, credo vi siano pochi dubbi sull’effettivo decesso, ma non siamo a conoscenza della presenza o meno del cadavere intero”.
“Bene”.
“Mi sono permesso di chiamare i Vigili del Fuoco per il recupero della salma”.
“O di quello che ne rimane”.
“Esattamente”
“Bene”.
Il lavoro dei Vigili del Fuoco non fu semplice. L’impedimento principale venne dalle decine di curiosi che si erano ormai radunati attorno al canale e alla casa della Teresa Manubri. A causa della calca finirono in acqua prima il Chierichietti e poi il Carletto del Culumbàrì, che si esibì in un rosario che interessò tutti i santi del firmamento, veri o presunti che fossero.
Dopo aver ripescato gli involontari bagnanti, e transennato le sponde del canale per evitare nuove missioni di salvataggio, la squadra si adoperò per recuperare il corpo semisommerso.
—————
Episodio 2 [Claudio Bezzi]
Non ci fu nulla da fare. Per quanto il Maresciallo urlasse e il povero Moretti, al seguito, lo imitasse, la gente stava accalcata coi telefonini in mano per immortalare quel che il verricello dei pompieri avrebbe tirato su. L’attrezzo si reputò necessario per la vischiosità del fondo che tratteneva la gamba, e quel che di altro c’era, non avendo animo, i pompieri, di ravanare a mani nude intorno alla macabra evidenza. E quando il macchinario, tromp-tromp-tromp, issò lo sconveniente reperto, suscitando un disgustoso vuusc dal fondo limaccioso della roggia, si levò un coro di “Ooh!” assolutamente giustificato. Attaccato alla gamba c’era, sì, un corpo femminile nudo (la signora Gina si affrettò a coprire con una mano gli occhi del nipotino), ma fu subito evidente che c’era qualcosa di strano: il corpo si manteneva rigido in un plastico passo di danza, gli occhi aperti, la bocca dischiusa in un sorriso. E in quella medesima posa dondolò sotto il cavo del verricello, e così fu adagiata su una lettiga e ficcata in un’ambulanza che di corsa portò il corpo all’obitorio.
“Tassidermia”, disse col tono di chi la sapeva lunga il comandante Moretti al Bar Giusy e Lory in serata.
“E che sarebbe?” Chiese il Settembrini, il viso bluastro per la tumefazione seguita alla pallonata del giorno prima.
“Imbalsamazione. Il cadavere è stato imbalsamato.”
“Ma dai! Ma chi sarebbe?”
“Ah, questo per ora non si sa. Il magistrato ha organizzato una task force di investigatori ed esperti per venirne a capo.”
“Lo dicevo io…” Mugugnò Chierichietti che, essendo caduto nella roggia, vantava una veduta da prima fila; “mi pareva troppo strana quella cosa; quel cadavere!”
“Già, un cop de teatr niente male, come direbbe il nostro Stiletti.”
“Coup de théâtre…”
“Appunto, un magistrale cop de teatr: una donna imbalsamata, signori miei; cosa ne dice, professore?”
Al segnale, i presenti si girarono all’unisono verso il professor Stiletti, l’autorità locale in tema criminologico.
Il professor Stiletti insegnava tecnologia alla locale scuola media e aveva fama di grande sapiente in materia criminale; vuoi perché aveva autopubblicato ben tre romanzi gialli, vuoi perché era arrivato quinto all’International Crime Fest di Acqualagna. Chi, se non lui, poteva penetrare quel mistero?
“Vedete - iniziò il professore, - questo ritrovamento è chiaramente simbolico; probabilmente rituale, forse iniziatico. L’imbalsamazione della vittima pare essere una pratica feticista, o una deriva fondamentalista, oppure una forma crudele di ritorsione…”
“Insomma, qualunque cosa.” Sbottò Moretti.
“Esatto! E potrebbe riguardare una società segreta, una feroce associazione criminale, come certe in Sudamerica…”
“Sudamerica?”
“Oh, beh, anche in estremo Oriente, in alcune tribù africane…”
“Come dire: dappertutto…”
Intanto i membri della task force riferivano al magistrato il quasi nulla che si conosceva al momento. Naturalmente la riunione era riservata ma io avevo un cugino che lavorava all’ufficio passaporti della Questura, mi capite… Grosso modo le cose devono essere andare così: caro dottore non sappiamo un accidenti di questa faccenda; abbiamo dragato il canale per qualche chilometro a monte e a valle e non abbiamo trovato nulla, salvo una bicicletta arrugginita; il corpo è femminile ma al momento non ne conosciamo l’etnia perché è certamente molto vecchio ed è deteriorato; il patologo ci farà sapere prima possibile; presenta un tatuaggio sul braccio sinistro, stiamo cercando di renderlo più nitido e capirne il significato; non risultano donne scomparse in zona, con queste caratteristiche, negli ultimi dieci anni ma stiamo allargando la ricerca e ne abbiamo investito anche l’Interpol; la Manubri, all’uopo interrogata, non esclude che il corpo potesse essere lì già da tempo, perché in quella zona capita di rado e nell’ultimo mese ha piovuto molto e lei è uscita poco da casa; comunque certamente non c’era un mese fa, e quindi occorre anche chiedersi chi ha portato fin lì il corpo, e perché.
“Eh, amici miei, - pontificava il professore al bar - qui si brancola nel buio!”
“E cosa si può fare, in questi casi?” Chiese il Settembrini il cui viso andava sfumando sul violaceo.
“Ah, beh, la scienza investigativa è più avanti di quello che credono i comuni delinquenti, sapete? Per esempio il database delle impronte digitali dell’Interpol è sterminato. Poi c’è il DNA! La tassidermia, inoltre, è un processo complesso, mica tutti lo sanno fare. Queste sono piste promettenti.”
“Ma se fosse un suo romanzo, professore,” chiese Carletto del Culumbàri, “come procederebbe?”
“Ah, non avrei il minimo dubbio!”
“E dai, Professore, che con queste pause mi fai tornare su il Negroni.”
“Ragazzi, la cosa è delicata. Se opportunamente interrogato dal magistrato, o dagli investigatori, fornirò volentieri la mia consulenza ma, capite? A indagini in corso è meglio che taccia.”
Poi, rivolto a Pierino, il cameriere nonché fidanzato della Lory (in quest’ordine), fece: “Oh, Pierino! Che mi porti un Negroni anche a me? Abbonda nel gin questa volta, grazie!”
Episodio 3 [Achillu]
Ma, come tante altre storie appassionanti, dopo settimane senza succulente novità anche la ballerina imbalsamata finì nel dimenticatoio. Nemmeno la dottoressa Bagatti dell’ufficio tecnico, ormai prossima ai quarant’anni di pubblico servizio, era riuscita a farsi rivelare nulla, nonostante fosse più conosciuta e importante del sindaco Marino.
Complice il ritorno in paese di Muneghin, riapparso magro come uno stecchino, che parlava danese e mangiava solo vegano, si ricominciò con i soliti chiacchiericci: la signora Poretti che piangeva miseria, ma poi andava sempre all’Esselunga e nessuna l’aveva mai vista al discount; o Ethan, il figlio della Giusy nonché il fratello della Lory, che si era piazzato alle gare provinciali delle Olimpiadi di Fisica e adesso voleva fare la Normale di Pisa invece che aiutare al banco.
Nemmeno don Silvio parlava più della ballerina nella roggia. E infatti anche quella sera arrivò al bar con la solita scusa: “Allora, Giovanna; quand’è che trovi un bravo fidanzato invece che stare qui a giocare a carte?”
Ovviamente odiavo questo discorso, però mi trattenni dal bestemmiare davanti a lui. “Ma non esiste proprio, don!”
“Guarda che il tempo passa e si fa presto a restare zitella.”
Alzai la voce: “Giusy? C’è uno spritz sospeso per don Silvio, vero?”
Lui si girò. “No, no, fammi solo un prosecco allungato! Che devo ancora dire messa al Sacro Cuore.”
“Chi paga il bianco a don Silvio?” gridò la Giusy, azzittendo in un attimo tutti gli avventori.
“Io!” rispose Ethan, appoggiando al bancone cinque euro stropicciati.
“Quelli dove li hai presi?” si affrettò a chiedere la Giusy, appoggiando i pugni sui fianchi.
“Sono miei e ci faccio quello che voglio!”
“Sì, ma te li ho dati io.”
“Allora vado a spenderli al Bar Luna.”
Prima che Ethan potesse riprendere la banconota, la Giusy sbatté la mano sul banco e se ne impossessò guardando il figlio con gli occhi a fessura.
“E dammi il resto.”
“Date uno e avrete cento. Ah! Bravo, il nostro Ethan. Ti aspetto in parrocchia che ti offro un Gingerino,” commentò don Silvio, accarezzando il ragazzo sulla spalla. E nel bar ricominciò a sentirsi il brusio.
Io nel frattempo avevo sospirato almeno dieci volte di sollievo.
“Tocca a te,” mi disse Albertone, indicando il dieci di quadri che aveva appena scartato.
“Chiudo.” Soddisfatta, raccolsi la carta e la incastrai tra le mie.
Ethan si avvicinò e tirò fuori una voce timida e sottile, tutto il contrario di poco prima. “Scusate, posso aggiungermi?”
“Guarda che giochiamo a soldi.”
Albertino Soldini, detto il Ragioniere perché lavorava allo sportello in banca, controllò i punteggi. “Adesso sono due euro per entrare.”
Ethan contò le monete che teneva in mano. “Ah. Ecco, veramente io…”
Guardai il Ragioniere di traverso. “Dai, è solo un ragazzo! Facciamo una mano libera così gioca anche lui?”
“E dopo chi dà le carte? Si rompe il giro.”
Albertone suggerì: “Facciamo mescolare il ragazzo così poi riprende la Giovanna.”
Nel frattempo la Giusy aveva gridato dal banco: “Vieni via da lì!”
Lui si sedette di scatto e appoggiò degli spiccioli sul tavolo. “Ecco qua, sono due euro!”
“Ethan, alzati subito!”
Spinsi le monetine verso il ragazzo. “Giusy, tranquilla. Facciamo una mano libera. Ok?”
Per la pace di tutti, e con la benedizione di don Silvio, mescolai e iniziai a distribuire le carte.
“Ehm, signora Giovanna, posso chiederle una cortesia?”
“Dimmi.”
“Ho calcolato che per immergere un corpo rigido di massa cinquanta chilogrammi, in un fluido di viscosità cinque virgola nove pascal secondi, ci vuole un lavoro di otto virgola sei per dieci alla sette joule. Potrebbe dirlo a suo cugino, per favore?”
“Abbiamo un piccolo genio,” commentò il Ragioniere.
Guardai Albertone e gli altri, e tutti avevano un sorriso a mezzo tra Però! e Quindi? La stessa espressione che di sicuro avevo anch’io.
“Glielo dico pure, se me lo scrivi giù bene senza mettere le parolacce. Ma perché dovrei farlo?”
“Perché una tale quantità non si può spiegare solo con la perdita di energia cinetica.”
“Lo sapevo io che c’entravano i cinesi!” rise Albertone, scatenando l’ilarità di tutti.
Interruppi la distribuzione delle carte. “Scusa. C’entra qualcosa con i passaporti o la Questura? Giusto per capire.”
Ethan fissò le proprie mani sul tavolo. “No. Riguarda la ballerina nu-uda imbalsamata.”
Tutti gli occhi si girarono verso di lui.
“Quindi era cinese?”
“No.” Il viso di Ethan diventò rosso come un peperone. “In realtà non lo so.”
Il professor Stiletti sembrò molto interessato alla cosa. “Spiegati bene.”
“Ecco… secondo i miei calcoli non può essere stata travolta dall’acqua, dev’essere per forza caduta da un’altezza considerevole.”
“Tipo la torre della Telecom?”
“Ma va là, almeno almeno dalla cisterna dell’acquedotto.”
Ethan scuoteva la testa. “No, altezza di crociera per velivoli leggeri.”
Lo guardammo perplessi, molti dissero: “Eh?”
Il professore spiegò: “È piovuta dal cielo! Non avete ancora capito?”
Chierichetti esclamò: “Ah. Quindi è un’extraterrestre!”
Ci fu un coro di “Ecco!” e “Adesso si spiega tutto.”
Episodio 4 [Albemasia]
“Ma quali extraterrestri…?” sbottò il professore. “Adesso stai a vedere che scomodiamo pure gli UFO!”
Poi, rivolto al ragazzo, lo incoraggiò dicendo: “Senti, ma sei sicuro dei calcoli che hai snocciolato…?”
Ethan portò l’indice della mano libera dalle carte a sostenere gli occhiali che gli scivolavano lungo il naso troppo lungo e sottile e, arrossendo, rispose:
“S-s-sì Prof. Abbastanza sicuro. Ho presunto che, trattandosi di un corpo mummificato e per di più femminile, il peso possa essere valutato non oltre i cinquanta chilogrammi. C-c-considerando poi l’indice di viscosità dell’acqua presente nel canale e l’attrito dell’aria durante la caduta, moltiplicato per…”
“Va bene, va bene”, tagliò corto il professore “Sei sempre stato un Precisetti anche a scuola.”
Ethan lo prese come un complimento e sorrise, arrossendo di nuovo.
“Cara la mia Giovanna”, mi disse quindi lo Stiletti “Forse ha ragione il giovanotto: una soffiata a tuo cugino gliela farei.”
Io annuii, pescando un Jolly. Quindi calai le carte sul tavolo ed esclamai con soddisfazione: «Chiuso!”; seguì un boato di disapprovazione degli altri giocatori.
“Non è che si capisce un granché…”, borbottò l’Ernesto, rigirandosi tra le dita grassocce come salamelle da fiera il tovagliolino di carta del bar, su cui Ethan aveva scribacchiato la formula completa.
“Non è che tu ci capisci un granché…” precisai io, subito fulminata dallo sguardo di mio cugino che aveva accusato il colpo.
“Nel senso che tu sei addetto ai passaporti, mica lavori alla scientifica.”
“Sì, vabbè, ma mica posso andare dal capo e allungargli il pizzino, magari strizzandogli l’occhio. Anche lui ci ha la sua dignità. È come dire: Signori, visto che non ci avete pensato voi, ecco qua che salta fuori il figlio della barista del paese che, bello bello, se ne esce con la soluzione del caso.”
“Hai ragione”, tagliai corto io, scrollando la testa. “Si sa mai che il ragazzotto abbia ragione e poi tu ti prendi il merito della scoperta…”
Afferrai le chiavi della macchina che avevo appoggiato sulla sua scrivania e me ne andai, lasciandolo a macerarsi nel dilemma sul da farsi.
“Vuoi vedere che quel secchione ci ha pure ragione e io ho davvero fra le mani la soluzione del caso…?”
L’Ernesto osservò ancora per qualche secondo quelli che per lui erano solo degli scarabocchi, aprì il cassetto della scrivania, vi lasciò cadere il tovagliolino controverso e poi lo richiuse.
“Ci penserò su…”
Guardò l’orologio: aveva ancora qualche minuto di pausa, ma era troppo pigro per alzarsi a sgranchirsi le gambe, così allungò il collo per sbirciare la postazione di fianco alla sua. Afferrò “La Gazzetta Pedemontana” abbandonata sulla sedia vuota del collega e buttò un occhio alla prima pagina.
“Dunque, vediamo… ‘Seduta del Consiglio Comunale finita in rissa’…che novità…
‘Inaugurazione del museo del biciclo’…
‘Fleximan abbatte ancora due autovelox: la polizia sulle sue tracce’… bisognerebbe fargli un monumento a quello lì, altro che…
‘È sempre mistero sulla scomparsa di antichi reperti di inestimabile valore storico dal museo archeologico’…
‘Giovani manifestanti bloccano il traffico sulla tangenziale’… Bah, le solite cose…”
Ripiegò il giornale, guardò di nuovo l’orologio e decise che era ora di riaprire lo sportello al pubblico.
Episodio 5 – Susanna
Me lo ricordo bene quando accadde.
Se lo ricordano tutti qui a Castello.
Fu durante la finale del torneo di calcetto del Bar Luna. Albertone, Alberto Tedeschi, stava per calciare la punizione. E fu in quel preciso istante che udimmo tutti l’urlo. Non l’urlo del Settembrini preso in pieno volto dalla fucilata di Albertone, un urlo più lontano. Ma forte e acuto. Ci volle poco per capire che veniva da una casa dall’altra parte della strada. E che a emettere quel grido straziante era stata la Teresa Manubri. Albertone riprese la palla, respinta dalla faccia del Settembrini e infilò la porta sguarnita. Ma nessuno convalidò il gol, nessuno esultò con lui. Ormai tutti erano affannati a raggiungere la casa della Teresa. E la trovarono svenuta, distesa nel giardino di casa e, particolare ancor più macabro, una gamba umana spuntava dalla roggia proprio accanto alla sua abitazione.
Subito il Moretti, il capo della polizia locale che era presente alla partita, chiamò i Carabinieri e il 118, presumibilmente per la signora Teresa perché per quanto riguarda il proprietario della gamba non credo ci fosse molto da fare.
“Dovremmo chiamare anche i pompieri”, mi permisi di suggerire.
“I pompieri? E perché?”
“Per ripescare la gamba”.
Al Moretti non parve poi una cattiva idea.
“Magari alla gamba c’è attaccato anche tutto il corpo”.
“Per me è un drogato”.
“Mi sembra più la gamba di una ragazza”.
“Calma, calma. Non facciamo chiasso.”
“Tanto non si sveglia mica”, esclamò il Giannetti, indicando la signora Teresa che giaceva ancora sull’erba aiutata da alcune vicine di casa, mentre il capo Moretti cercava di mantenere la calma non senza qualche difficoltà.
I Carabinieri arrivarono in pochi minuti. Pochi minuti che al capo Moretti sembrarono un’eternità visto il caos che si era creato attorno alla roggia. C’era ormai persino chi scommetteva sul sesso del proprietario della gamba e se, a essa, era attaccata o meno la parte restante del cadavere. Inoltre Albertone insisteva perché il suo gol fosse regolarmente convalidato, a lui non importava nulla di svenimenti o di morti che spuntavano dal canale.
“Chi ha scoperto il corpo?”.
Il maresciallo Attanasi sembrò abbastanza seccato dalla situazione che si era venuta a creare.
“La signora Teresa Manubri, fu Martino. La proprietaria dell’abitazione adiacente il corso d’acqua artificiale”.
Al capo Moretti capitava spesso di esprimersi, su questioni lavorative, come un burocrate del tempo che fu.
“E ora dove si trova la signora in questione?”
“Presso la sua abitazione, con il personale del pronto intervento”.
“Bene, appena si sarà ripresa gradirei parlarle. Ora, vediamo il cadavere”.
“Ecco, il presunto cadavere è quella protuberanza sporgente dal canale d’irrigazione”
“Presunto?”
“Sì, beh, credo vi siano pochi dubbi sull’effettivo decesso, ma non siamo a conoscenza della presenza o meno del cadavere intero”.
“Bene”.
“Mi sono permesso di chiamare i Vigili del Fuoco per il recupero della salma”.
“O di quello che ne rimane”.
“Esattamente”
“Bene”.
Il lavoro dei Vigili del Fuoco non fu semplice. L’impedimento principale venne dalle decine di curiosi che si erano ormai radunati attorno al canale e alla casa della Teresa Manubri. A causa della calca finirono in acqua prima il Chierichietti e poi il Carletto del Culumbàrì, che si esibì in un rosario che interessò tutti i santi del firmamento, veri o presunti che fossero.
Dopo aver ripescato gli involontari bagnanti, e transennato le sponde del canale per evitare nuove missioni di salvataggio, la squadra si adoperò per recuperare il corpo semisommerso.
—————
Episodio 2 [Claudio Bezzi]
Non ci fu nulla da fare. Per quanto il Maresciallo urlasse e il povero Moretti, al seguito, lo imitasse, la gente stava accalcata coi telefonini in mano per immortalare quel che il verricello dei pompieri avrebbe tirato su. L’attrezzo si reputò necessario per la vischiosità del fondo che tratteneva la gamba, e quel che di altro c’era, non avendo animo, i pompieri, di ravanare a mani nude intorno alla macabra evidenza. E quando il macchinario, tromp-tromp-tromp, issò lo sconveniente reperto, suscitando un disgustoso vuusc dal fondo limaccioso della roggia, si levò un coro di “Ooh!” assolutamente giustificato. Attaccato alla gamba c’era, sì, un corpo femminile nudo (la signora Gina si affrettò a coprire con una mano gli occhi del nipotino), ma fu subito evidente che c’era qualcosa di strano: il corpo si manteneva rigido in un plastico passo di danza, gli occhi aperti, la bocca dischiusa in un sorriso. E in quella medesima posa dondolò sotto il cavo del verricello, e così fu adagiata su una lettiga e ficcata in un’ambulanza che di corsa portò il corpo all’obitorio.
“Tassidermia”, disse col tono di chi la sapeva lunga il comandante Moretti al Bar Giusy e Lory in serata.
“E che sarebbe?” Chiese il Settembrini, il viso bluastro per la tumefazione seguita alla pallonata del giorno prima.
“Imbalsamazione. Il cadavere è stato imbalsamato.”
“Ma dai! Ma chi sarebbe?”
“Ah, questo per ora non si sa. Il magistrato ha organizzato una task force di investigatori ed esperti per venirne a capo.”
“Lo dicevo io…” Mugugnò Chierichietti che, essendo caduto nella roggia, vantava una veduta da prima fila; “mi pareva troppo strana quella cosa; quel cadavere!”
“Già, un cop de teatr niente male, come direbbe il nostro Stiletti.”
“Coup de théâtre…”
“Appunto, un magistrale cop de teatr: una donna imbalsamata, signori miei; cosa ne dice, professore?”
Al segnale, i presenti si girarono all’unisono verso il professor Stiletti, l’autorità locale in tema criminologico.
Il professor Stiletti insegnava tecnologia alla locale scuola media e aveva fama di grande sapiente in materia criminale; vuoi perché aveva autopubblicato ben tre romanzi gialli, vuoi perché era arrivato quinto all’International Crime Fest di Acqualagna. Chi, se non lui, poteva penetrare quel mistero?
“Vedete - iniziò il professore, - questo ritrovamento è chiaramente simbolico; probabilmente rituale, forse iniziatico. L’imbalsamazione della vittima pare essere una pratica feticista, o una deriva fondamentalista, oppure una forma crudele di ritorsione…”
“Insomma, qualunque cosa.” Sbottò Moretti.
“Esatto! E potrebbe riguardare una società segreta, una feroce associazione criminale, come certe in Sudamerica…”
“Sudamerica?”
“Oh, beh, anche in estremo Oriente, in alcune tribù africane…”
“Come dire: dappertutto…”
Intanto i membri della task force riferivano al magistrato il quasi nulla che si conosceva al momento. Naturalmente la riunione era riservata ma io avevo un cugino che lavorava all’ufficio passaporti della Questura, mi capite… Grosso modo le cose devono essere andare così: caro dottore non sappiamo un accidenti di questa faccenda; abbiamo dragato il canale per qualche chilometro a monte e a valle e non abbiamo trovato nulla, salvo una bicicletta arrugginita; il corpo è femminile ma al momento non ne conosciamo l’etnia perché è certamente molto vecchio ed è deteriorato; il patologo ci farà sapere prima possibile; presenta un tatuaggio sul braccio sinistro, stiamo cercando di renderlo più nitido e capirne il significato; non risultano donne scomparse in zona, con queste caratteristiche, negli ultimi dieci anni ma stiamo allargando la ricerca e ne abbiamo investito anche l’Interpol; la Manubri, all’uopo interrogata, non esclude che il corpo potesse essere lì già da tempo, perché in quella zona capita di rado e nell’ultimo mese ha piovuto molto e lei è uscita poco da casa; comunque certamente non c’era un mese fa, e quindi occorre anche chiedersi chi ha portato fin lì il corpo, e perché.
“Eh, amici miei, - pontificava il professore al bar - qui si brancola nel buio!”
“E cosa si può fare, in questi casi?” Chiese il Settembrini il cui viso andava sfumando sul violaceo.
“Ah, beh, la scienza investigativa è più avanti di quello che credono i comuni delinquenti, sapete? Per esempio il database delle impronte digitali dell’Interpol è sterminato. Poi c’è il DNA! La tassidermia, inoltre, è un processo complesso, mica tutti lo sanno fare. Queste sono piste promettenti.”
“Ma se fosse un suo romanzo, professore,” chiese Carletto del Culumbàri, “come procederebbe?”
“Ah, non avrei il minimo dubbio!”
“E dai, Professore, che con queste pause mi fai tornare su il Negroni.”
“Ragazzi, la cosa è delicata. Se opportunamente interrogato dal magistrato, o dagli investigatori, fornirò volentieri la mia consulenza ma, capite? A indagini in corso è meglio che taccia.”
Poi, rivolto a Pierino, il cameriere nonché fidanzato della Lory (in quest’ordine), fece: “Oh, Pierino! Che mi porti un Negroni anche a me? Abbonda nel gin questa volta, grazie!”
Episodio 3 [Achillu]
Ma, come tante altre storie appassionanti, dopo settimane senza succulente novità anche la ballerina imbalsamata finì nel dimenticatoio. Nemmeno la dottoressa Bagatti dell’ufficio tecnico, ormai prossima ai quarant’anni di pubblico servizio, era riuscita a farsi rivelare nulla, nonostante fosse più conosciuta e importante del sindaco Marino.
Complice il ritorno in paese di Muneghin, riapparso magro come uno stecchino, che parlava danese e mangiava solo vegano, si ricominciò con i soliti chiacchiericci: la signora Poretti che piangeva miseria, ma poi andava sempre all’Esselunga e nessuna l’aveva mai vista al discount; o Ethan, il figlio della Giusy nonché il fratello della Lory, che si era piazzato alle gare provinciali delle Olimpiadi di Fisica e adesso voleva fare la Normale di Pisa invece che aiutare al banco.
Nemmeno don Silvio parlava più della ballerina nella roggia. E infatti anche quella sera arrivò al bar con la solita scusa: “Allora, Giovanna; quand’è che trovi un bravo fidanzato invece che stare qui a giocare a carte?”
Ovviamente odiavo questo discorso, però mi trattenni dal bestemmiare davanti a lui. “Ma non esiste proprio, don!”
“Guarda che il tempo passa e si fa presto a restare zitella.”
Alzai la voce: “Giusy? C’è uno spritz sospeso per don Silvio, vero?”
Lui si girò. “No, no, fammi solo un prosecco allungato! Che devo ancora dire messa al Sacro Cuore.”
“Chi paga il bianco a don Silvio?” gridò la Giusy, azzittendo in un attimo tutti gli avventori.
“Io!” rispose Ethan, appoggiando al bancone cinque euro stropicciati.
“Quelli dove li hai presi?” si affrettò a chiedere la Giusy, appoggiando i pugni sui fianchi.
“Sono miei e ci faccio quello che voglio!”
“Sì, ma te li ho dati io.”
“Allora vado a spenderli al Bar Luna.”
Prima che Ethan potesse riprendere la banconota, la Giusy sbatté la mano sul banco e se ne impossessò guardando il figlio con gli occhi a fessura.
“E dammi il resto.”
“Date uno e avrete cento. Ah! Bravo, il nostro Ethan. Ti aspetto in parrocchia che ti offro un Gingerino,” commentò don Silvio, accarezzando il ragazzo sulla spalla. E nel bar ricominciò a sentirsi il brusio.
Io nel frattempo avevo sospirato almeno dieci volte di sollievo.
“Tocca a te,” mi disse Albertone, indicando il dieci di quadri che aveva appena scartato.
“Chiudo.” Soddisfatta, raccolsi la carta e la incastrai tra le mie.
Ethan si avvicinò e tirò fuori una voce timida e sottile, tutto il contrario di poco prima. “Scusate, posso aggiungermi?”
“Guarda che giochiamo a soldi.”
Albertino Soldini, detto il Ragioniere perché lavorava allo sportello in banca, controllò i punteggi. “Adesso sono due euro per entrare.”
Ethan contò le monete che teneva in mano. “Ah. Ecco, veramente io…”
Guardai il Ragioniere di traverso. “Dai, è solo un ragazzo! Facciamo una mano libera così gioca anche lui?”
“E dopo chi dà le carte? Si rompe il giro.”
Albertone suggerì: “Facciamo mescolare il ragazzo così poi riprende la Giovanna.”
Nel frattempo la Giusy aveva gridato dal banco: “Vieni via da lì!”
Lui si sedette di scatto e appoggiò degli spiccioli sul tavolo. “Ecco qua, sono due euro!”
“Ethan, alzati subito!”
Spinsi le monetine verso il ragazzo. “Giusy, tranquilla. Facciamo una mano libera. Ok?”
Per la pace di tutti, e con la benedizione di don Silvio, mescolai e iniziai a distribuire le carte.
“Ehm, signora Giovanna, posso chiederle una cortesia?”
“Dimmi.”
“Ho calcolato che per immergere un corpo rigido di massa cinquanta chilogrammi, in un fluido di viscosità cinque virgola nove pascal secondi, ci vuole un lavoro di otto virgola sei per dieci alla sette joule. Potrebbe dirlo a suo cugino, per favore?”
“Abbiamo un piccolo genio,” commentò il Ragioniere.
Guardai Albertone e gli altri, e tutti avevano un sorriso a mezzo tra Però! e Quindi? La stessa espressione che di sicuro avevo anch’io.
“Glielo dico pure, se me lo scrivi giù bene senza mettere le parolacce. Ma perché dovrei farlo?”
“Perché una tale quantità non si può spiegare solo con la perdita di energia cinetica.”
“Lo sapevo io che c’entravano i cinesi!” rise Albertone, scatenando l’ilarità di tutti.
Interruppi la distribuzione delle carte. “Scusa. C’entra qualcosa con i passaporti o la Questura? Giusto per capire.”
Ethan fissò le proprie mani sul tavolo. “No. Riguarda la ballerina nu-uda imbalsamata.”
Tutti gli occhi si girarono verso di lui.
“Quindi era cinese?”
“No.” Il viso di Ethan diventò rosso come un peperone. “In realtà non lo so.”
Il professor Stiletti sembrò molto interessato alla cosa. “Spiegati bene.”
“Ecco… secondo i miei calcoli non può essere stata travolta dall’acqua, dev’essere per forza caduta da un’altezza considerevole.”
“Tipo la torre della Telecom?”
“Ma va là, almeno almeno dalla cisterna dell’acquedotto.”
Ethan scuoteva la testa. “No, altezza di crociera per velivoli leggeri.”
Lo guardammo perplessi, molti dissero: “Eh?”
Il professore spiegò: “È piovuta dal cielo! Non avete ancora capito?”
Chierichetti esclamò: “Ah. Quindi è un’extraterrestre!”
Ci fu un coro di “Ecco!” e “Adesso si spiega tutto.”
Episodio 4 [Albemasia]
“Ma quali extraterrestri…?” sbottò il professore. “Adesso stai a vedere che scomodiamo pure gli UFO!”
Poi, rivolto al ragazzo, lo incoraggiò dicendo: “Senti, ma sei sicuro dei calcoli che hai snocciolato…?”
Ethan portò l’indice della mano libera dalle carte a sostenere gli occhiali che gli scivolavano lungo il naso troppo lungo e sottile e, arrossendo, rispose:
“S-s-sì Prof. Abbastanza sicuro. Ho presunto che, trattandosi di un corpo mummificato e per di più femminile, il peso possa essere valutato non oltre i cinquanta chilogrammi. C-c-considerando poi l’indice di viscosità dell’acqua presente nel canale e l’attrito dell’aria durante la caduta, moltiplicato per…”
“Va bene, va bene”, tagliò corto il professore “Sei sempre stato un Precisetti anche a scuola.”
Ethan lo prese come un complimento e sorrise, arrossendo di nuovo.
“Cara la mia Giovanna”, mi disse quindi lo Stiletti “Forse ha ragione il giovanotto: una soffiata a tuo cugino gliela farei.”
Io annuii, pescando un Jolly. Quindi calai le carte sul tavolo ed esclamai con soddisfazione: «Chiuso!”; seguì un boato di disapprovazione degli altri giocatori.
“Non è che si capisce un granché…”, borbottò l’Ernesto, rigirandosi tra le dita grassocce come salamelle da fiera il tovagliolino di carta del bar, su cui Ethan aveva scribacchiato la formula completa.
“Non è che tu ci capisci un granché…” precisai io, subito fulminata dallo sguardo di mio cugino che aveva accusato il colpo.
“Nel senso che tu sei addetto ai passaporti, mica lavori alla scientifica.”
“Sì, vabbè, ma mica posso andare dal capo e allungargli il pizzino, magari strizzandogli l’occhio. Anche lui ci ha la sua dignità. È come dire: Signori, visto che non ci avete pensato voi, ecco qua che salta fuori il figlio della barista del paese che, bello bello, se ne esce con la soluzione del caso.”
“Hai ragione”, tagliai corto io, scrollando la testa. “Si sa mai che il ragazzotto abbia ragione e poi tu ti prendi il merito della scoperta…”
Afferrai le chiavi della macchina che avevo appoggiato sulla sua scrivania e me ne andai, lasciandolo a macerarsi nel dilemma sul da farsi.
“Vuoi vedere che quel secchione ci ha pure ragione e io ho davvero fra le mani la soluzione del caso…?”
L’Ernesto osservò ancora per qualche secondo quelli che per lui erano solo degli scarabocchi, aprì il cassetto della scrivania, vi lasciò cadere il tovagliolino controverso e poi lo richiuse.
“Ci penserò su…”
Guardò l’orologio: aveva ancora qualche minuto di pausa, ma era troppo pigro per alzarsi a sgranchirsi le gambe, così allungò il collo per sbirciare la postazione di fianco alla sua. Afferrò “La Gazzetta Pedemontana” abbandonata sulla sedia vuota del collega e buttò un occhio alla prima pagina.
“Dunque, vediamo… ‘Seduta del Consiglio Comunale finita in rissa’…che novità…
‘Inaugurazione del museo del biciclo’…
‘Fleximan abbatte ancora due autovelox: la polizia sulle sue tracce’… bisognerebbe fargli un monumento a quello lì, altro che…
‘È sempre mistero sulla scomparsa di antichi reperti di inestimabile valore storico dal museo archeologico’…
‘Giovani manifestanti bloccano il traffico sulla tangenziale’… Bah, le solite cose…”
Ripiegò il giornale, guardò di nuovo l’orologio e decise che era ora di riaprire lo sportello al pubblico.
Episodio 5 – Susanna
Il dopo? Da film. Agli autori basterebbe sedersi qui al bar, lanciare un “Che storia eh?” e, in cambio di qualche gingerino, gli stanziali fornirebbero tante di quelle versioni che Ocean Eleven scansati.
Ma la versione più attendibile è per ovvi motivi la mia, anche se per certi aspetti so che è difficile crederci, ma fatelo.
Quel giorno Ethan lasciò il bar piuttosto contrito e andò dai nonni: un saluto e la mancia per i lavoretti settimanali. Li trovò che discutevano:
«E io ti dico che è la notte prima della partita che ho sentito il fenicottero fare avanti e indietro.»
«Il fenicottero di notte? Ma va là!»
Fu in quel momento che due più due cominciò a fare cinque: Ethan prese il Ciao del nonno e si fiondò in Questura, destinazione ufficio del vice questore Ferri, incaricato delle indagini e padre di un suo compagno: voleva essere ascoltato come persona informata dei fatti. O sui fatti? Beh, non importa. Comunque, giusto per non essere ignorato anche qui, Ethan pensò bene di raggiungere l’ufficio del Ferri sfrecciando per i corridoi sui roller.
Mezz’ora dopo, evitato l’arresto, i due si fecero una bella chiacchierata ed Ethan non incespicò una sola volta.
«Allora Ethan, cosa posso fare per te?»
«Cosa posso fare io per lei. Quella della roggia è una mummia.»
«Lo so.» Il Ferri gli mostrò la perizia, che Ethan lesse attentamente.
«Concordo in tutto. Bravo. Quindi…»
«… è una dei reperti rubati al museo.» Copia della denuncia tardiva (capita di scordarsi) con foto.
«Ma scommetto che brancolate nel buio sul chi è stato, ma soprattutto come ha fatto a cadere nella roggia.»
«Ci stiamo lavorando.»
«Vi risparmio la fatica.»
Due minuti dopo le orecchie da corridoio sentirono chiaramente:
«Mi stai dicendo che non sai chi ha caricato la mummia su un fenicottero per portarla non si sa dove, ma gli è caduta dritta nella roggia? Ethan, per favore, mi credi stupido?»
«Stupido no, ma ignorante o disinformato sì. Ha da scrivere?» chiese Ethan, afferrando la Mont Blanc del Ferri e sottolineando il passaggio della perizia dove si parlava di fibre rinvenute sulla mummia.
«Sa cos’è questo? Non credo. Le spiego.»
Disegnò sul retro di un documento degli esagoni, un po’ di lettere dell’alfabeto e poi spiegò: «È un polimero, nello specifico il materiale del cocoon del feni….»
«Dì ancora quella parola…»
«’Spetti un attimo! Il fenicottero è, anzi, sono due: uno è il figlio del Conti, poi le dico chi è, magro e alto che sembra appunto un fenicottero; l’altro è un vecchio deltaplano che il padre ha trovato in una cantina. I ladri han messo la mummia nel cocoon, nell’imbragatura insomma, ma bisogna essere bravi a manovrare e quello lì… lasciamo perdere!»
«Ma non potevi dirlo prima?» Per quanto assurda, la spiegazione poteva anche tenere: il Ferri ne aveva viste di tutti i colori, ma il rosa dei fenicotteri gli mancava.
«Scusi se i nonni han tirato fuori la cosa solo oggi.» Piccato.
Il Ferri, una volta conosciuti i “chi” e il possibile “dove”, lo ringraziò: ora ci avrebbero pensato loro, con una bella perquisizione.
«Io farei così, le spiego.»
Il Ferri lo ascoltò, disquisirono, battibeccarono e alla fine gli fece i complimenti. Mi ha confidato che per un momento, ma solo un momento, aveva pensato di adottare Ethan o magari fare per un po’ a cambio figlio, che il suo… solo per qualche mese, per risparmiare un po’ sulle ripetizioni.
L’incontro finì con una telefonata che fece Ethan al figlio del Chierichietti.
Il “ma non dirlo a nessuno” sortì l’effetto voluto: quando una “similscientifica” (due piantoni) arrivò alla roggia per un supplemento di raccolta reperti, spettatori a gogo.
Il momento più impegnativo, a parte raccogliere inutile erba e campioni di fango, fu spiegare a una bimbetta treenne, futura animalista e che brandiva minacciosa il ciucio, che non avrebbero portato via le sue rane.
Nello stesso momento, altri poliziotti fecero irruzione in un vecchio fienile del Conti, sedicente antiquario, al secolo svuota cantine.
Intervento provvidenziale, coincidenze, Dio che guardò giù al momento giusto come ipotizzò don Silvio, comunque la si veda al Conti salvarono la pelle e le palle, particolare anatomico che il Belletti, un industriale della zona che aveva commissionato il furto, e cognato del correo direttore del museo, pretendeva di mettere sotto formalina, non avendo ora altro da mettere nel suo caveau segreto.
A prelevare il “pezzo” ci dovevano pensare i due ladri, che avevano chiesto al Conti un temporaneo supporto logistico per la merce e che ora dovevano pagare pegno.
Vi avevo detto che era roba da film.
«Ma perché portare la mummia col fenicottero?» domanderebbero gli autori.
«Perché sono dei cretini: nella Panda non ci stava e non avevano il portapacchi.»
«Ma il Conti, è ai domiciliari?»
«Naaa. Ha rifiutato, per via che a casa ha moglie, suocera e figlio col portafoglio vuoto e il preventivo dell’avvocato.»
Ethan non venne menzionato, è minorenne, ma in cambio il Precisetti dà ripetizioni al Ferri Jr. Anche su come si taglia l’erba nel giardino dei nonni.
Ultima modifica di Susanna il Dom Giu 30, 2024 5:35 pm - modificato 2 volte.