- Racconto Recensito (e consigliato):
Una Casa Tutta di Legno
Tanto tempo fa nel profondo della foresta di Owlswoods c’era una casa tutta di legno. Non aveva pannello, colonnina o passamano che non fosse inciso, scolpito e decorato. I sentieri della faggeta vi passavano accanto e anche se al villaggio si voleva andare, solo un po’ in più bisognava scarpinare.
Chi la fece, non si sa, ma era calda d’inverno e fresca d’estate. Casa Punctatus aveva avuto molti proprietari e l’ultimo, frettoloso di lasciare la contea, per ben poco l’aveva venduta. Fred l’avrebbe adorata.
In verità, avrebbe preferito gustare a letto la sua primissima colazione nella nuova casa, ma nonostante avesse avvertito di essere in cerca di una domestica, nessuna si era presentata. Forse le lettere erano andate perdute, oppure aveva male indicato la data del suo arrivo. Poco male. La casa era grande, ma lui sapeva arrangiarsi.
Così, gustate le sue frittelle, si sistemò in poltrona e aprì il romanzo che gli aveva tenuto compagnia in viaggio. Aveva letto appena due righe, quando udì un rumore gracchiante ma sopito, come se qualcosa grattasse sulle pareti.
Il suono si fermò e lui sbuffò.
Riprese la lettura, ma, dopo poco… Ecco il fastidioso rosicchiare! Si guardò attorno chiedendosi da dove venisse, ma era svanito. Tornò a leggere e riapparve ancora. Fred, inviperito, chiuse il libro e si mise in cerca del topo, del gatto o di qualunque altra bestiaccia producesse il suono dispettoso. Girò e rigirò, ma non lo trovò.
Tornò il silenzio, ma non la voglia di leggere; così, seccato, andò a passeggiare.
L’aria profumava di resina e dal folto del bosco s’udivano l’ululare dei lupi, lo scricchiolare degli insetti e il bubolare dei gufi. Fred trascorse tra i rami tutta la mattina e quando in pomeriggio fece ritorno, il comignolo della casetta fuma.
Un intruso! Fred gli avrebbe detto il fatto suo e l’avrebbe scacciato: era casa sua e sua soltanto! Pronto al litigio spalancò la porta, ma non trovò nessuno. Nella libreria erano sistemati i suoi libri e il romanzo che stava leggendo era riposto con cura sul tavolino di fianco alla poltrona. Le fiamme del focolare si riflettevano sulle posate della tavola imbandita.
Fred, sorpreso da tanta ospitalità, si accomodò. Poco dopo, udì un suono, ma non quello odioso della mattina. Passi. Una ragazzina dalle vesti consunte e dai capelli arruffati entrò e servì una zuppa dal profumo invitante.
«Buon appetito, signor Nest.»
«Chi siete e che fate in casa mia?» chiese lui burbero.
Lei, arrossendo, dispiegò dalla tasca uno biglietto con su annotato l’annuncio di ricerca di personale.
«Dunque, volete il posto di domestica e siete entrata prima di me, ne deduco che già servivate il vecchio proprietario.»
«Mia madre, ma ormai è anziana. Mi chiamo Vivian Marlove.»
Fred annuì gustando la zuppa: era deliziosa. Vivian si ritirò e tornò con una succulenta porzione di arrosto con patate. Sarebbe stato uno dei pranzi migliori della vita di Fred, se quel terribile raspare non fosse ripreso.
Vivian, notando il suo sguardo infastidito, gli chiese «Non è di vostro gradimento?»
«Al contrario! Siete una cuoca eccellente, ma il dannatissimo topo che mi ha già rovinato la lettura, ora mi sta guastato il pranzo!»
«Che topo?»
«Questo che rode e gratta chissà dove! Non lo sentite?».
Vivian, perplessa, tese l’orecchio e dopo alcuni secondi, disse «Questo rumorino?»
«Rumorino? Dev’essere una colonia: grattano dappertutto! Abbiamo delle trappole?»
«Temo siano inutili.»
«Perché?»
Vivian sorrise.
«Non sono topi, sono tarli!»
«Tarli?»
«Si, tarli. È normale con tutto questo legno! Sono qui da sempre, da bambina li sentivo anche io, ma col tempo ci si abitua. Mia madre dice che fanno parte della casa: sono la sua voce, il suo respiro. In un certo senso, sono i vostri ospiti.»
«Ospiti che mi faranno crollare le travi in testa!»
«Ma no, sarebbero stupidi a distruggere la loro casa. Sono secoli che sta su!»
Fred si pulì le labbra col fazzoletto. Come poteva quella ragazza essere così ingenua?
«Sono parassiti, Vivian. Non pensano: infestano. Il fatto che non sia crollata oggi, non vuol dire che non crollerà domani.»
«Sono sicura che se li ignorate, a Yule nemmeno vi ricorderete di loro»
«Assolutamente no! Sono parassiti e in casa mia non li voglio.»
Vivian, delusa abbassò lo sguardo e senza aggiungere altro sparecchiò. Fred passò il resto della giornata immerso nelle sue letture. I tarli tacevano. All’imbrunire, Vivian posò la cena sul tavolo, si imbacuccò e delusa si diresse alla porta.
Esitò un attimo, poi chiese «Devo passare domani per la colazione?»
Fred, senza alzare gli occhi dal libro, rispose «Certamente. Potete anche dormire qui se volete»
«Devo badare a mia madre.»
«Sarà notte fonda quando arriverete al paese!»
«Non abito laggiù, signor Nest. La mia casa è nel bosco.»
Fred si coricò. Le prime ore di sonno furono buone, ma a mezzanotte i tarli ricominciarono. Ogni trave scricchiolava, divorata dalle fauci incessanti delle larve. Esasperato, mise la testa sotto al cuscino. Riuscì ad assopirsi per un po’, ma nel sonno si girò, il cuscino cadde e lui si svegliò.
Soltanto al mattino, quando Vivan tornò con la colazione, il rumore cessò e lui, finalmente, riuscì a riposare. Si svegliò a mezzodì, mangiò, chiacchierò con Vivian, poi uscì. Passeggiò nel bosco e non rincasò che a tarda sera. I tarli erano quieti, ma aveva il brutto presentimento che non sarebbe durato. Aveva ragione.
Per alcuni giorni il copione si ripeté. Di giorno regnava la quiete, di notte i tarli banchettavano rumorosi. Fred chiese a Vivian di convocare il falegname, ma questi non si presentò, così decise che si sarebbe recato da lui di persona.
Quella notte i tarli furono più chiassosi del solito. Come se non bastasse, Vivian non solo era in ritardo, ma aveva anche dimenticato le chiavi vista l’insistenza con cui bussava alla porta. Già vestito di tutto punto, Fred si preparava a rimproverare la domestica e andarsene; ma, aperta la porta, si trovò dinnanzi una vecchina tarchiata e ingobbita con gli occhi sbiaditi dalle cataratte e un fazzoletto avvolto sulla testa spelacchiata. Una mano stava sul bastone, l’altra reggeva un paniere. Fu lei a parlare.
«Il signor Nest?»
«Sono io.»
La vecchina sorrise. «Mia figlia non si sente bene, v’ho portato la colazione»
Fred annuì, poggiando il paniere dietro la porta.
«Vi ringrazio. Tornate pure da Vivian, sarò fuori oggi.»
«Al paese? Dal falegname, scommetto, a chiedere come sterminarli.»
Lo sguardo di Fred divenne severo. «Si, è così. A lei cosa importa?»
«M’importa, sì! Voi siete un giovanotto moderno, pratico. Cantano per voi, ma sentite rumore. Loro mica se la prendono se gli girate per casa? Se non vi trovate, andatevene voi!»
«Sentite, ho passato gli ultimi anni a viaggiare. Voglio solo stare tranquillo e senza il pericolo che mi caschi il tetto addosso. È casa mia e voglio che lo sia a lungo.»
«Deve piacervi un sacco la foresta, visto che ci andate sempre.»
«La adoro.»
«Forse però, lei non adora voi.»
Fred storse le labbra. «Signora Marlove, conoscete un modo per far reggere su la casa senza sbarazzarmi dei tarli?»
«Certo: fate come i Punctatus, la famiglia che ha costruito la casa!»
«Sarebbe a dire?»
«Ascoltateli. Osservateli. Parlateci. Vedrete che non saranno più un fastidio! Anzi, faranno per voi cose meravigliose. Gli spiriti della foresta sanno essere munifici.»
Fred cercò di celare l’ilarità che quella vecchia pazza gli suscitava. Ringraziò per la colazione e uscì. Mentre si incamminava al paese le sentì urlare «Rimarrà deluso, Fred. Molto.»
Fred pranzò in locanda, poi andò dal falegname. Sull’uscio della bottega ingombra di mobili mezzi costruirti e legna grezza, l’insegna recitava “Herman & Son”. Fred fu accolto da un giovane artigiano dall’aria intraprendente che, ascoltato il problema, subito propose soluzioni più o meno ingegnose.
«Quanto costerebbe disinfestare tutto?» chiese Fred.
«Dipende, quanti mobili avete?»
«No, non solo quelli. Pareti, porte… Tutto.»
«Avete i tarli in tutto il legno?»
«Già. Non so come faccia casa Punctatus a reggersi in piedi!»
Fred sorrise, ma il giovanotto assunse un’espressione riverente. Dal retrobottega giunse un uomo dagli occhi saggi e dalle mani incallite dall’esperienza. Si schiarì la voce, poi disse severo «Lasci perdere, signor Nest. Spendereste molto e risolvereste niente.»
«Non potreste disinfestare almeno la camera da letto? Vostro figlio mi diceva…»
«No. Se anche lo facessi, sarebbe com’è ora tra un paio di giorni.»
«Pago bene e, se fallirete, non farò storie. Provate almeno! Ho visto gli splendidi mobili della casa, per cui so che siete ottimi artigiani e…»
«Niente di quella roba è uscito da qua. Non posso aiutarvi. Buona giornata.»
«Nemmeno uno? Ma, allora, chi li ha fatti?»
L’anziano falegname scosse la testa.
«Ho detto: buona. Giornata. Signor Nest.»
Fred uscì dalla bottega chiedendosi perché mai fosse stato così scortesemente scacciato. All’emporio le cose andarono meglio. Il negoziante, un ometto basso con gli occhiali spessi, gli propose un nuovo, potente, costoso pesticida. Fred, entusiasta, acquistò l’intera scorta del negozio assieme a una grossa siringa per iniettare la sostanza nelle tane.
Rincasò che era quasi buio, ma in tempo per salutare Vivan. Non gli sembrò affatto malata: doveva essersi assentata soltanto per mandare sua madre a dissuaderlo. Infatti, adocchiati i barattoli di pesticida, la ragazza gli rivolse uno sguardo deluso e se ne andò. Fred la sentì piagnucolare lungo il sentiero, ma per quanto la chiamasse, lei non tornò.
Consumata la cena, Fred si mise all’opera. Avrebbe voluto sistemare subito tutta la casa, ma ebbe forze soltanto per la camera da letto. Alla fine, poggiò l’orecchio sul legno e tutto ciò che udì furono pochi morenti scricchiolii. Nessuno scorticava, nessuno masticava. Solo il silenzio.
No, non proprio. Qualcosa fischiava. Un brusio leggerissimo. Fred poggiò ancora la testa sul legno. Niente. Che venisse dall’altra stanza? Il brusio crebbe. Seccato, aprì la porta e rimase esterrefatto.
Tutta la casa, scricchiolando, gemeva: quei dannati parassiti si stavano vendicando per il trattamento inflitto ai loro simili! Fred si tappò le orecchie in ogni modo, ma fu inutile. I tarli lo tennero sveglio.
Il silenzio tornò alle prime luci, ma il campanello trillò poco dopo. Andando ad aprire Fred si chiese se fosse Vivan o la madre, ma trovò invece una figura grossa e larga, su cui i vestiti erano rigidamente tesi. Un cappello nero coi paraorecchie gli copriva la testa e un morbido mantello crema gli scaldava le spalle. Doveva sentir freddo, visto che indossava i guanti e aveva la sciarpa avvolta sin sul naso. Quel poco di pelle che gli occhiali non coprivano, sembrava abbronzata.
«Signor Nest?» chiese rauco.
«Sì e lei?»
«Sono Anobio Punctatus.»
«Oh, questa era casa sua, quindi.»
«Già! Son cresciuto fra queste mura, ma è da un pezzo che non vivo qui. Ci tengo sempre a conoscere i nuovi proprietari.»
«Potrebbe tornare domani? Non ho dormito per i tarli e…»
«Oh, ma sono qui apposta per proporvi la soluzione!»
«Ho già speso troppo per un pesticida che ha solo peggiorato le cose. Il falegname non vuole aiutarmi e la domestica tiene a loro. Che posso fare?»
«Ma è ovvio, no? Dite ai tarli di andarsene! Se volete ci parlo io, a me daranno retta.»
«Per soldi, immagino» disse scettico.
«Ma no! Mi basta sapere che non gli farete altro male! Su prepariamo la cerimonia.»
«Cerimonia?»
«Un pizzico di magia serve per parlare coi tarli, no?»
Fred aveva seri dubbi che la cosa potesse funzionare, ma, disperato com’era, tanto valeva provare. Anobio mise la poltrona al centro del salotto e vi fece accomodare Fred; poi col gessetto tracciò in circolo strani simboli sul parquet, su ciascuno pose una candela e in ognuna bruciò una corteccia diversa.
L’aria si profumò di resina. Fred sentì la testa girare, ma di quanto accadde poi, ricordò soltanto che Anobio, a un certo punto, gli chiese di fornire una nuova casa per i tarli e lui rispose di sì.
Quando si risvegliò, era solo.
Per tutto il giorno Fred tese l’orecchio. Non un rumore. Arrivò la sera e la mattina. Nulla. I tarli erano andati via! I giorni seguenti furono i più sereni e rilassanti della sua vita. Vivian lo guardava con sospetto, ma quando vide i barattoli di pesticida ancora chiusi, gli sorrise.
Le giornate divennero fredde e la prima neve cadde. Fred passeggiava poco: non era più un ragazzino e tutto quel gelo lo irrigidiva: sentiva la sua pelle più secca e di tanto in tanto le sue ossa stridevano. Nel periodo di Yule concesse a Vivian un periodo di riposo per stare con la madre. Quanto a lui, non aveva voglia di festeggiare. A dire il vero, non aveva voglia di nulla. Restò a letto a leggere e riposare.
Fu allora che udì uno scricchiolio. Sobbalzò. Da settimane non ne sentiva uno così. Non c’era dubbio: era un tarlo! Fred ascoltò. No, non se lo era immaginato! Eccolo ancora!
Un dannatissimo tarlo era rimasto, ma dove? Lento e dolorante cominciò a ispezionare la casa, ma ovunque andasse, il rumore gli sembrava ugualmente vicino.
Gli scricchiolii divennero più intensi. Ormai non sentiva altro, nemmeno il battito del suo cuore: solo l’incessante rosicchiare di quelle minuscole tenaglie. Ma dove erano? Dove?
Picchiò i pugni su ogni trave della casa e fiotti di segatura piovvero dalle tane vuote. Fu allora che realizzò cosa stesse accadendo. Le sue mani e le sue braccia non solo avevano la stessa tinta del legno, ma erano coperte di piccoli fori. Fred, inorridito, portò il suo ligneo avambraccio alla tempia. Trasalì. I tarli lo stavano mangiando.
In preda al panico corse alla porta, ma nell’ingresso lo attendeva Anobio.
«Spero mi perdonerete, signor Nest» disse srotolandosi la sciarpa «ma io e la mia famiglia preferiamo passare le feste assieme.»
Sull’enorme testa di coleottero brillavano i vetri degli occhiali.
Anobio sorrise con le sue fauci inumane.
«Stia con noi, ormai fa parte anche lei della nostra bellissima casa tutta di legno!»
Alimentando la persecuzione,
nutriremo la nostra condanna.
Ultima modifica di NovelleVesperiane il Lun Feb 22, 2021 4:56 pm - modificato 1 volta.