20 maggio 1937
Non morirò il giorno in cui il mio cuore cesserà di battere, perché sono già morto il 10 maggio 1933, quando i miei concittadini, istigati dall’ideologia nazista, hanno assalito e depredato la biblioteca in cui lavoravo.
Adoravo il mio lavoro e quel profumo di carta stagionata che mi accoglieva all’ingresso. Nei momenti di calma spesso mi fermavo davanti agli scaffali a contemplare i dorsi delle copertine. E poi, che gioia parlare ai clienti i libri per aiutarli nella scelta! Cosa potevo chiedere di più dalla vita? Avrei letto tutti i volumi, se solo ne avessi avuto il tempo.
Di quel fantastico mondo non resta più nulla; romanzi, saggi, manuali, sono stati rapiti e arsi nella piazza del Teatro dell’Opera di Berlino. Dovevate vederli: ragazzi, adulti e anziani, sembravano posseduti da un demonio e in preda all’isteria collettiva gettavano nel fuoco, con malefica soddisfazione, tutto il sapere del mondo. L’altezza delle fiamme sfidava il cielo e le faville, che ricadevano a terra, parevano fiocchi di neve scuri come l’inferno. E io, paralizzato dal terrore, osservavo a distanza e piangevo disperato. Avrei tanto voluto impedire quello scempio. Mi sono sentito impotente, una sensazione bruttissima.
Siamo tutti colpevoli! Per anni abbiamo ignorato i cambiamenti in corso. Il vento è cambiato, non ci sono più quelle correnti ascensionali capaci di portare le foglie in alto e di cui mi beavo in autunno, seduto sulla solita panchina, non lontano dalla biblioteca. Le osservavo volteggiare, libere dal cordone ombelicale dei rami e felici di provare quel brivido senza ritorno, fino a planare leggiadre sul terreno. Tale immagine è una meraviglia ormai lontana, di cui serbo un piacevole ricordo.
12 settembre 1937
Le fiamme per propagarsi hanno bisogno del vento, lo sanno bene i piromani: il vento di Hitler si chiama propaganda e il principale protagonista è Joseph Goebbels. È lui che ha ideato il “ricevitore del popolo”, una radiolina dal costo irrisorio, grazie alla quale l’eco delle idee xenofobe risuona imperterrito da anni, tanto da convincere i tedeschi di essere in ascolto della verità assoluta.
Nonostante le difficoltà, sono comunque riuscito ad accontentare il bisogno di leggere di molte persone, tra le quali c’è anche Leonard, un bambino di otto anni: quanta consolazione nel vedere il suo sguardo felice. La mia amicizia con un distributore mi consente di fare arrivare i libri dall’Inghilterra, dai Paesi Bassi e dall’America. Il rischio che corro è altissimo, ma la gratificazione è impagabile. Per non parlare di Amadeus, un mio carissimo amico abituato a leggere almeno due libri al mese. Al suo compleanno mi sono permesso di festeggiarlo con un pacco contenente quattro volumi, di cui due fatti arrivare dagli Stati Uniti. Quando mi ha abbracciato e baciato per ringraziarmi non ho capito più niente, ma ho dovuto contenermi per non fare capire ai presenti il mio trasporto. Le voci corrono e chi ha sensibilità diverse, rispetto a chi ci governa, viene deportato nei campi di concentramento. Però, è stato bello sentire il contatto con la sua pelle, ho ancora i brividi solo a pensarci.
Questa bellissima attività è diventata la mia missione, ma è sempre più complicato mantenere il segreto, ho rischiato più volte di venire scoperto.
8 novembre 1937
Più il tempo passa e più la situazione si aggrava, non so ancora per quanto tempo riuscirò a continuare. Spero, comunque, di riuscire a soddisfare l’esigenza di un professore polacco, che mi ha richiesto “L’interpretazione dei sogni” di Sigmud Freud, testo bandito dalla dottrina ariana nonostante sia stato scritto da un nostro connazionale. Mi sono impegnato di nuovo anche con Leonard, che abita con i suoi genitori nell’appartamento sopra il mio. Però devo stare attento, soffia un vento che spazza ogni dissenso e le irruzioni nelle case sono sempre più frequenti. Nell’aria aleggia il sospetto al posto delle foglie colorate di autunno e io mi sento stanco, molto stanco e ansioso. Tra l’altro, non vedo Amadeus da alcune settimane, non riesco più a comunicare con lui, temo gli sia accaduto qualcosa. Mi manca da morire…
Ho fatto bene a riportare i miei pensieri su questo blocco per gli appunti. Da quando non lavoro più in biblioteca scrivere è una delle attività che mi aiuta a non impazzire, bombardato senza sosta dalle paure. Ebbene sì, ho paura, non vedo più un futuro per me e per la Germania.
12 dicembre 1937
Sono barricato in casa, ogni rumore anomalo mi suscita angoscia. Mi è passata la voglia persino di scrivere e di leggere, ho perso ogni stimolo. Da un mese non ho più notizie nemmeno del mio amico che mi fornisce i libri. Spero di accontentare Leonard: almeno per Natale non posso deluderlo. Temo di essere vicino alla fine e forse è meglio così. In caso di arresto vorrei tanto avere la forza di togliermi la vita, ma ci vuole coraggio anche per morire e io non credo di averne.
25 dicembre 1937
È il primo Natale che trascorro da solo: mi sento depresso, che senso ha vivere in queste condizioni? Stamattina ho intravisto, per le scale, Leonard con la sua mamma. È un bambino sveglio, dalla mia espressione ha capito subito che non avevo il libro. Mi sono vergognato di me stesso. Ho freddo, fuori c’è una tormenta di neve che non accenna a diminuire. Credo di essermi ammalato, di avere la febbre. Dagli spifferi delle finestre entra l’aria gelida, incontra il mio debole corpo, lo colpisce senza pietà. Al contatto con le pareti ogni singola brezza genera un suono curioso, capace di alternare diverse tonalità: è una sinfonia creativa tutto sommato piacevole. L’isolamento mi ha portato a disprezzare ogni forma di vita, tranne la voce del vento e quella dei bambini, gli unici a non avere colpe di questa immane sciagura che ha colpito la Germania.
Mi manca Amadeus e sono sempre più preoccupato per lui. Gli ho scritto una lettera, spero la riceva senza problemi e che venga a trovarmi, ho bisogno di un suo abbraccio. Lui abita in centro, la sua famiglia è benestante, o almeno lo era. Inoltre, ho quasi terminato le provviste e mi sono rimaste poche patate. Se entro domani Anna non arriva con il cibo, sarò obbligato a uscire di casa. Mia sorella vive in un altro quartiere, nell’appartamento, sopra a quello di mia madre. È molto più giovane di me ed è sposata con un sergente che presta servizio nel centro trasmissioni dell’esercito. Questa condizione privilegiata le permette di muoversi per le strade senza problemi.
27 dicembre 1937
Sono passati due giorni. Anna non è arrivata con la spesa, Amadeus non ha risposto alla mia lettera e non ho più notizie del distributore di libri da molte settimane. Devo decidere come procedere, se lasciare il mio rifugio e andare a cercarlo, sempre che sia ancora vivo. Fa freddo, il maltempo non accenna a passare e non ho più legna per la stufa. Sarò costretto a uscire anche per fare degli acquisti, non ho alternative. Non so come ci riuscirò, mi sento debole e ho ancora la febbre alta.
29 dicembre 1937
Ho deciso, esco, lo faccio soprattutto per Leonard, non sopporto l’idea che sia privato del libro, l’unica forma di normalità di vita ancora possibile. Ha smesso di nevicare ma il vento è forte: ha soffiato tutta la notte e cullato i brutti pensieri. Lascio questo blocco sul tavolo, dovesse capitarmi qualcosa spero serva a mia sorella e ad Amadeus per capire dove sono andato. Sono disperato, ho le dita delle mani informicolate, non riesco più nemmeno a scrivere. Se Dio esiste spero mi aiuti, così posso donare un po’ di felicità a Leonard.
Nonostante la drammaticità della situazione ho una certezza: le parole non si possono fermare, sono come il vento, viaggiano ed entrano in ogni pertugio. E come il vento ha il potere di modellare la terra, così anche i libri trasformeranno il cuore degli esseri umani, fino a mettere la parola fine a questa immane tragedia.
10 gennaio 1938
Boris, tesoro, scusa se mi permetto di scrivere nel tuo spazio sacro. Sono Theodora, tua mamma.
Sembra che Dio non ti abbia aiutato, sempre che esista… In questo momento sono talmente arrabbiata con lui da pensare le peggiori cose sul suo conto.
Anna si è ammalata, per questo motivo non è venuta a portarti la spesa. Perché sei uscito? Perché non l’hai aspettata?
Ho ricevuto questo blocco da un certo Amadeus, un tuo caro amico, almeno così si è definito. Gli credo, mi è sembrato sincero. Ha pianto davanti a me, come se ti volesse davvero bene, un comportamento insolito per un uomo. Boris, mi hai tenuto nascosto qualcosa di importante? Nel caso, lo sai che per me non ci sono problemi, non sono come tuo padre.
Cosa ti sia successo davvero non lo abbiamo ancora capito. Da madre mi aggrappo alla speranza e non di certo a Dio, che ormai da tanti anni guarda altrove.
Caro Boris, amore mio, i libri sono sempre stati la tua vita. Il rogo del 1933 ti ha devastato psicologicamente, anche se non lo hai mai voluto ammettere.
Fatico a proseguire. Non mi sento bene, mi devo fermare.
11 gennaio 1938
Desidero, a tutti i costi, riportare una considerazione personale. La distruzione di tante opere letterarie rappresenta tuttora l’annientamento simbolico dell’essere umano, della sua cultura e delle sue idee, antipasto di qualcosa di folle. Un vento impetuoso e diabolico ha spazzato via il sapere, il confronto, la diversità, la democrazia e non si è ancora fermato.
Però, sono sicura di una cosa: lo stesso vento, che ha rotto le cime delle navi, prima o poi tornerà a fare volare i gabbiani.
Boris, ti prego, ritorna, ho bisogno di sapere che sei vivo.
12 gennaio 1938
«Anna mi ha detto che il tuo corpo è stato trovato fra i ruderi della biblioteca… la tua biblioteca…
Sul petto tenevi stretto un libro per ragazzi, bruciacchiato in molte parti della copertina.
Ho un groppo in gola, fatico a scrivere, non riesco ad accettare una simile notizia.
NON PUÒ ESSERE VERO!!!
Un figlio non dovrebbe mai morire prima della madre. MAI!
Una madre non dovrebbe mai piangere un figlio. MAI!
HAI CAPITO DIO?»
13 gennaio 1938
Ho trascorso la notte insonne. Ho un solo desiderio, quello di vedere e di toccare il tuo corpo almeno per l’ultima volta. Inoltre, spero di recuperare quel libro che immagino sia per Leonard, il bambino di cui parli nelle pagine precedenti.
Chissà se mio cognato riuscirà in questo miracolo, l’abbiamo implorato di aiutarci, io e Anna.
Non riesco a proseguire, ho persino bagnato il foglio con le lacrime. Da quando ho ricevuto la notizia non riesco più a trattenerle.
Però mi piace scrivere sul tuo blocco, è un modo per sentirti vicino e per esserti accanto. Spero di non impazzire. Anna è preoccupata.
22 febbraio 1938
Boris, figlio mio, da quando ho visto il tuo corpo, per settimane ho smesso di parlare, di mangiare e di scrivere. Non aveva più senso vivere. Poi tua sorella mi ha convinta ad accompagnarla a portare il libro a Leonard ed è successo qualcosa di sorprendente: ho avvertito un fuoco capace di scaldare la mia vita e ho smesso di piangere.
Voglio che la tua missione diventi la mia: donare i libri, soprattutto ai bambini. Ogni volta che accadrà tu, Boris, vivrai di nuovo, è l’unica consolazione che mi resta.
Tuttavia da sola sarebbe impossibile, ma Anna mi ha dato la sua disponibilità. Tua sorella ti assomiglia, anche se non siete mai andati d’accordo.
Se verremo arrestati sarà almeno per una buona causa.
Veglia su di noi, figlio mio. Veglia su di noi.