Giorno 1
Qualche giorno fa ho parlato con il dottor Hamilton. Mi ha consigliato di tenere un diario e scriverci sopra tutto quello che mi passa per la testa. Ci ho pensato un po', poi mi sono detta, ma sì, perché no.
E allora scrivo qui sopra tutto quello che mi passa per la testa: niente.
Giorno 3
In verità ho detto una bugia. Non è che non mi passa niente per la testa, credo invece che passano talmente tante cose che non riesco ad afferrarne nessuna e mi sembra che tutto abbia lo stesso colore e lo stesso sapore. Quindi tante cose incasinate equivalgono a un niente assoluto.
E forse è così. Oppure no.
La colpa è di tutto questo vento che mi scompiglia i pensieri e li aggroviglia insieme.
Ho sempre avuto paura del vento, forse perché sono piccola e peso poco e ho sempre pensato che potesse portarmi via. Ho chiesto a Sofia quando diventerò grande così peserò di più e il vento non mi farà più paura: lei ha riso e mi ha detto che sarò grande quando avrò le puppe come le sue, e le sue sono grandissime.
Delle volte penso che non diventerò mai grande.
Giorno 5
Mi annoio. Quando sono entrata in questo posto avevo i capelli cortissimi. Adesso però mi sono fatta la coda e dall’elastico ne spunta un bel pezzetto. Quanto ci mettono i capelli a crescere? A me sembra che ci mettano tantissimo, quindi è da tantissimo che siamo qui dentro.
Che palle!
Ieri sera nel letto ho abbracciato la mamma e le ho chiesto: secondo te quando usciremo di qui? Non era la prima volta che glielo chiedevo e di solito mi ripeteva presto. Ieri sera invece non ha detto niente, mi ha solo stretta più forte e io mi sono impaurita tantissimo!
Meglio prima, quando mi rispondeva presto.
Anzi, meglio prima prima, quando abitavamo a casa nostra e non sapevo nemmeno cosa fosse una bufera, o come cavolo si chiama questa cosa che sta succedendo.
È iniziato così all’improvviso che nessuno ha avuto tempo di dargli un nome: uragano, tempesta, ciclone, e chi lo sa. Credo che alla fine il nome più giusto sia quello che gli ha dato Caleb all’inizio, più di un anno fa. La scorreggia di Dio, così ha definito questo vento e quando lo ha detto, una mattina normale in una classe normale di una scuola normale, abbiamo riso tutti.
Oggi non so dove sia Caleb o tutti gli altri compagni di classe, ma credo che probabilmente avesse ragione lui.
Mi mancano tantissimo i miei amici. Mi manca tantissimo com’era prima.
Giorno 11
Non mi piace scrivere, non mi è mai piaciuto e non lo so fare nemmeno molto bene, ho sempre preferito i vocali. Cosa sono quegli scarabocchi? Mi ha chiesto la mamma sbirciando cosa stessi facendo. Sto scrivendo, ho risposto, alla vecchia maniera con la penna e un foglio. Lei mi ha detto che quando era piccola scriveva tantissimo sul suo diario. Io lo faccio perché sono costretta, perché mi annoio, perché sono arrabbiata. Non vedo proprio in che modo possa aiutarmi questa cosa.
Giorno 12
Oggi sono passata davanti all’oblò grande e ho guardato fuori anche se è proibito fermarsi lì. Fino a qualche mese fa si potevano vedere degli alberi e l’angolo di un palazzo. Adesso è disarmante perché oltre lo spesso vetro non c’è niente, nemmeno qualche maceria: la scorreggia di Dio ha portato via ogni cosa. Ogni tanto passano degli oggetti, ma non fai nemmeno in tempo a capire cosa siano che sono già spariti. Una volta Nick ha giurato di aver visto passare un camion, sbatacchiato di qua e di là dal vento, ma gli ho risposto che era impossibile. Lui mi ha detto scema, era una cisterna vuota e un camion vuoto può volare via.
Interessante questa cosa, no? Se sei vuoto voli via.
Io sono piena o vuota?
Giorno 14
Il dottor Hamilton ha detto che mi vede cupa e mi ha consigliato di scrivere sul diario, scrivere di me. Dice che è come una medicina, che mi farà bene. Va bè, sempre meglio di una supposta.
E allora lo accontento.
Sono Abra, ho undici anni a maggio, anche se non so se maggio tornerà mai più.
Faccio parte dei centoventisette superstiti di Salinas rintanati in questo vecchio rifugio antiatomico. Abbiamo un po' tutti perso la cognizione del tempo ma, secondo i miei capelli, è passato quasi un anno e mezzo da quando questo vento improvviso e furioso ci ha costretto a ripararci qui.
La scorreggia di Dio, già.
All’inizio non era così costante: le giornate iniziavano normalmente poi all’improvviso arrivavano questi deliri di vento. È qui che la maggior parte della gente è morta: gli aerei precipitavano, le navi si ribaltavano e se ti trovavi all’aperto venivi spiaccicato da qualche parte o semplicemente il vento ti portava via. Molti sono spariti così. Anche papà.
Quando il vento è diventato una costante tutti hanno capito che era un vero problema. Un grosso problema. Nei pochi intervalli di calma siamo corsi in questi rifugi e adesso aspettiamo che smetta, ma sembra non smettere più. Non siamo pronti per questa convivenza forzata, nessuno si è potuto preparare a questo distacco dalla vita di prima: siamo qui e aspettiamo.
Certo, c’è una routine quotidiana che simula la vita, ma è tutto improvvisato e poco efficace.
Non mi piace, sto impazzendo!
Mi manca la mia vita di prima! Mi manca tutto!!!
Mi manca papà.
Giorno 18
Ieri hanno spinto fuori la signora Bell.
Era già qualche giorno che si lamentava di forti dolori alla pancia e alla fine il dottore l’ha operata anche se non aveva gli strumenti adatti per farlo.
Appendicite.
È morta e l’hanno spinta fuori: il vento l’ha portata via.
È stato orribile!
A me fanno male i capezzoli, è come se ci fosse un nocciolino strano sottopelle. Ho paura, ma non voglio spaventare la mamma. Quando andrò dal dottore per parlare del diario glielo dirò.
Se non lo dico a lui a chi lo devo dire?
Giorno 21
Stamani sono stata dal dottore e gli ho detto del nocciolino che mi preoccupa. Lui ha voluto vedere e mi ha rassicurata: ha detto che è il seno che sta crescendo, ma bisogna aiutare il processo con dei massaggi particolari. Mi ha massaggiato per una mezz’oretta e mi ha detto di tornare domani.
Sono molto più tranquilla!
Non capisco però perché mi ha fatto promettere di non dire niente a nessuno di questo: forse non vuole che altri si preoccupino per me.
Giorno 28
Sono tre giorni che è notte e siamo tutti preoccupati.
Da fuori arrivano dei rumori forti attutiti dalle pareti di cemento e dalla terra che ci ricopre: sono rumori strani, fanno paura. Quando andiamo a dormire abbraccio la mamma e ogni tanto la sento piangere.
Questo mi annienta, mi disarma, mi riempie di altra paura.
Una paura immensa che non ha nome e non so gestire.
Giorno 29
Il bunker è composto da sei grandi stanze e tre più piccole: non è facile nascondersi, ma ogni tanto ci provo. Quando accade la maestra Barbara mi viene sempre a cercare e mi obbliga a frequentare una specie di scuola che tiene in un angolo, ma non credo che sia importante conoscere la storia o l’algebra in questo momento!
Lei invece dice che è fondamentale, ma io non ci credo. E poi la maestra Barbara non mi piace: da molti giorni ha un tic all’occhio destro e ogni tanto si blocca e guarda nel vuoto. Noha dice che sta impazzendo e forse ha ragione. Lui dice che il vento soffia via la ragione. Chissà…
Vado sempre dal dottore, ma adesso è più interessato ai miei nocciolini che al diario che scrivo. Me li massaggia a lungo e a me sembra che facciano meno male, però mi mette un po' a disagio come lo fa e il modo in cui mi guarda: oggi a un certo punto si è passato la lingua sulle labbra, come se avesse l’acquolina in bocca. Ho avuto un brivido, come una repulsione.
Giorno 32
Oggi c’è stata molta confusione perché il vento ha smesso all’improvviso di soffiare.
Ci siamo ammassati all’oblò per guardare fuori e tutto era immobile. In molti si sono precipitati fuori, ma io no, perché la mamma mi ha stretta forte e trattenuta in un angolo. Non ho insistito e sono rimasta con lei perché sembrava averne bisogno. La signora Mary è stata la prima a rientrare: aveva uno sguardo spaurito e sussurrava non c’è più niente, non c’è più niente. Avrei voluto non sentirla.
Un po' alla volta sono rientrati in molti con lo sguardo a terra e le spalle abbassate, poi il vento è ripartito all’improvviso, subito fortissimo. Hanno chiuso in fretta il portellone, ma in otto sono rimasti fuori e il vento se li è portati via. Anche Noha.
Ho pianto tantissimo, anche adesso che scrivo piango.
Che fine hanno fatto?
Che fine faremo?
Giorno 35
Ho scritto giorno 35, ma in realtà non so quanti giorni precisi sono passati da quando scrivo questo diario. Ha importanza? Penso proprio di no.
La mamma è strana, sono preoccupata. I primi giorni qua dentro aveva organizzato un corso di disegno perché lei è brava a disegnare e partecipavano in molti tanto che li aveva divisi in due gruppi. Dava anche una mano con i bambini piccoli e hanno fatto una piccola recita per Natale.
Adesso dorme molto e sembra spenta. Ieri ho sentito due uomini che parlavano e uno sosteneva che siamo qui da quasi due anni… Poi ho sentito anche una cosa che mi ha atterrita: hanno detto che tra poco il cibo finirà.
A questo non avevo ancora pensato: il cibo finirà!
E poi?
Giorno 37
Oggi il dottore ha detto che doveva controllare il mio orifizio anale. L’ha chiamato così: il mio buco del culo si chiama orifizio anale, non lo sapevo. Mi ha tolto le mutandine, mi ha fatta chinare e ha inserito un dito, forse due, all’inizio piano, poi ha spinto sempre più forte, nel mentre con l’altra mano massaggiava il nocciolino.
Mi ha fatto un po' male, non mi piace questa cosa, non voglio farla più!
Mi sembra una cosa sbagliata, mi fa schifo! Non mi piace averlo così vicino!
Non mi piace sentirlo ansimare in quel modo!!! Mi mette pauraaa!
Non ho resistito e l’ho detto alla mamma, ma aveva lo sguardo appannato e non credo che mi abbia capito.
La mamma ha detto che devo fare quello che dice il dottore.
Se lo dice la mamma sarà vero, giusto?
Che confusione!!!
Giorno 40
Oggi è successo un casino!!!
Due ragazze sono morte!!! C’era molto sangue e Sofia ha detto che si sono ammazzate, che si sono tagliate le vene! Poverine, forse non ce la facevano più a sopportare questa situazione, perché, ed è inutile girarci intorno, questo vento con i suoi rumori, gli schianti, i lamenti e la sua furia incessante ti trapana la testa, ti scombussola l’anima. La cosa strana è che non hanno spinto le ragazze fuori come la signora Bell, ma le hanno coperte e le hanno portate in una stanza vietando a tutti di entrare. Sofia non sa perché hanno deciso di fare così.
Anch’io non lo sapevo, ma poi mi sono ricordata dei due uomini che parlavano del cibo che scarseggia.
Non l’ho detto a Sofia, non l’ho detto a nessuno.
Ormai non dico più niente a nessuno.
Però ho vomitato.
Giorno 42
Oggi il dottore mi ha fatto sdraiare sul lettino, mi ha tolto le mutandine e mi ha ispezionato la passerella. Ha iniziato con un dito poi, forse, con la lingua. Non lo so perché tenevo gli occhi chiusi.
Sapevo che l’avrebbe fatto e mentre lo faceva piangevo perché io non volevo farlo e…
Mi sento sporca.
Mi faccio schifo.
Mi sento spenta.
Mi sento sola.
Giorno…?
La mamma sta male, lo so e si vede.
Ma stiamo un po' tutti male.
Ieri il dottor Hamilton ha infilato il suo coso dentro di me e ce l’ha tenuto un bel po' andando avanti e indietro. È stato strano, pensavo mi facesse più schifo, invece l’ho lasciato fare e alla fine lui era molto contento.
Forse è stato il suo entusiasmo a farmi tornare oggi da lui: almeno è bello vedere un sorriso sul viso di qualcuno in questo posto dove sono tutti tristi e depressi.
Mi dice cose carine e a me sembra quasi di essere importante per lui.
Non mi aspettava e quando mi ha vista sulla porta mi è sembrato quasi felice.
Si può morire per regalare un sorriso a qualcuno?
Giorno…
La mamma galleggia nel suo mondo artificiale, la gente intorno a me ha paura, ha fame.
La tempesta infuria con i suoi rumori paurosi: il vento si sta insinuando nel bunker e dentro la testa della gente: il vento ci sta facendo impazzire.
Vado tutti i giorni da Hamilton, mi lascio penetrare perché poi lui mi bacia e mi abbraccia e mi dice cose carine.
Mi faccio schifo, ma non so cos’altro fare…
Giorno…
Oggi è successa una cosa strana: il coso di Hamilton è rimasto moscio come un pezzo di stoffa e lui ha detto che è colpa mia. Mi ha preso per un braccio e mi ha buttata fuori dalla stanza.
Ci sono rimasta male e ho pianto, poi sono andata da Sofia e le ho raccontato tutto. Lei non sta molto bene, è dimagrita tantissimo e non ha più il suo bel seno. Mi ha guardato con i suoi occhi lucidi di febbre e credo mi abbia anche ascoltato, ma per tutta risposta ha alzato un dito e mi ha indicato Hamilton che teneva per mano una bambina piccola, di otto o nove anni, e la portava nello studio.
La cosa che mi ha più angosciata è il morso di gelosia che mi ha fatto sgranare gli occhi e attorcigliare le budella.
Sto impazzendo, aiuto!!!
Giorno…
Hamilton non mi vuole più, non lo rendo più felice.
Sono inutile.
Non gli servo più.
Forse a renderlo felice era la paura che avevo di lui.
Non lo so…
Sono inutile…
Giorno…
Incredibile anche solo da pensare ma oggi il vento era ancora più forte e ha schiantato qualcosa contro l’oblò e una crepa si è materializzata dal nulla. Se si rompe l’oblò siamo tutti morti. Una donna urlava isterica che bisognava fare qualcosa, ma nessuno ha fatto niente, nessuno sa cosa fare. Solo Hamilton è intervenuto e ha fatto un’iniezione per calmare quella donna.
Sa sempre cosa fare lui, è bellissimo il mio Hamilton.
Se non fosse per quella bambina sono sicura che tornerebbe da me.
Giorn…
Mentre dormiva sono andata da quella bambina, ho preso un cuscino e gliel’ho tenuto sul viso. Ha scalciato un po', ma io ho insistito fino a che è rimasta immobile. È stato semplicissimo.
Ora lui tornerà da me. Sarò di nuovo importante e mi ricoprirà con il suo amore e io mi sentiròalsicuroeprotettae
G
Oddio! Che ho fatto!!!
Io…
Io
Ti ho vista quel giorno, Abra.
Ho visto i tuoi occhi terrorizzati mentre correvi verso il portellone, lo spalancavi e sparivi dalla mia vita.
Ho provato a fermarti, sai, ma ero troppo debole e tu troppo impaurita.
Mi distrugge sapere di non averti protetta, mi annienta l’orrore che hai vissuto.
Mia dolce, bellissima bambina!
Alla fine quel vento maledetto ha smesso di soffiare e non è più tornato. Nessuno lo sa spiegare: forse era davvero una scorreggia di Dio.
Ma quel vento ti ha portata via… e anch’io mi sono persa in quel vento.
Tutti ci siamo persi.
Mi manchi da morire Abra.
Da morire.