Sotto il manto di neve, il bosco appariva come un luogo incantato. Un sogno. Uno di quei sogni felici dai quali non ci si vorrebbe mai svegliare.
L’immenso sipario candido, interrotto solo a tratti dai fugaci lampi verdi di ciuffi d’erba e foglie, sembrava lo scenario ideale per un tuffo nei suoi ricordi di ragazzina, quando, lei e le sue amiche, si rotolavano nel bianco giù per il leggero pendio lasciando buffe scie dietro di loro; quando, spossate di allegria, si rialzavano con le sembianze di pupazzi di neve e spezzavano il silenzio con le loro risate la cui eco vibrava sui rami, liberandoli dal peso dei fiocchi che li ricoprivano.
Quando, in quei troppo brevi anni di pace, la vita le era sembrata un bel posto in cui stare.
Il sogno però ormai era finito. E il tempo per i ricordi era diventato un lusso.
Il risveglio, come quasi sempre accade, era stato brusco, spietato: un risveglio che lascia il respiro corto e il cuore in tumulto.
Tutto era reale intorno a lei. Anche troppo.
Erano reali il bianco accecante che la circondava e il freddo che le gelava le ossa.
Erano reali i grandi batuffoli che ancora cadevano giù da un cielo di latta e le bruciavano guance e labbra.
Era reale la fatica, non certo allegra stavolta, dell’arrancare nella neve, immersa fino all’orlo degli stivali.
Era reale la paura che le radeva i pensieri e la faceva tremare più del gelo stesso.
Era reale, soprattutto, la massiccia colonna di fumo nero che si alzava alle sue spalle e le aggrediva occhi e naso con le sue volute.
Giunta al limitare del bosco, Anneka si bloccò e, con una leggera torsione del busto e del collo, si volse indietro un’ultima volta.
Il filare dei cipressi che segnava il confine del villaggio era ridotto a una schiera di scheletri carbonizzati dai quali si levavano pennacchi di fumo nero, ben visibili nonostante il vorticare frenetico dei cristalli di neve che parevano voler confinare in un oblio immacolato ogni traccia dello scempio messo in atto nei confronti della loro piccola comunità.
Ma dimenticare non era un’opzione possibile. Tutto era scritto nella sua mente a lettere di fuoco.
Un brontolio sordo e improvviso aveva attraversato la notte, facendo alzare gli occhi increduli ai pochi nottambuli ancora in giro per osterie: c’erano troppe stelle lassù per essere un presagio di temporale.
E infatti era stato un presagio di distruzione e morte.
In pochi istanti i draghi avevano raggiunto il villaggio e vomitato fuoco sulle loro teste, spargendo ondate di terrore fra chi ancora era immerso nel torpore del sonno.
Le fiamme parevano levarsi dal suolo stesso e ghermire danzando donne e uomini che si erano riversati per le strade in un inutile tentativo di salvezza. E chi non veniva catturato dal fuoco finiva per essere travolto dalle macerie degli edifici o inabissarsi nelle voragini aperte dagli ordigni che cadevano giù dal cielo.
In pochi minuti tutto era finito.
Così come erano arrivati, i draghi erano spariti nel buio, verso occidente, mentre, a est, un debole chiarore annunciava che, nonostante tutto, come sempre, un nuovo giorno sarebbe sorto.
Anneka si era ritrovata abbracciata ai suoi vecchi, facce e capelli grigi di polvere e guance rigate di lacrime. Ancora non riusciva a capacitarsi di come potessero essere ancora vivi.
Un’esplosione aveva tagliato via la parete esterna della loro casa, come se la lama di un’immensa scimitarra si fosse abbattuta con precisione chirurgica su un muro di cartapesta anziché di mattoni e cemento.
Da quell’affaccio innaturale avevano ascoltato, attoniti, le grida e i pianti dei superstiti salire fino a loro; avevano contemplato, impotenti, il vagare, il correre senza meta e senza speranza, di strani esseri neri di fuliggine vestiti solo di un pigiama o di una camicia da notte, mentre i fiocchi di neve che avevano ricominciato a cadere si scontravano con i brandelli di cenere sollevati dal furore delle fiamme. Neve e cenere: avversari inconsapevoli in una partita senza scopo, nella quale né il bianco né il nero avrebbero mai potuto dichiarare scacco matto.
Un brivido lungo la schiena la riscosse dal ricordo della notte appena trascorsa e la riportò di fronte al bosco. La breve sosta era stata sufficiente per un po’ di riposo, ma anche a farla quasi sparire sotto un cumulo di neve. Se la scrollò di dosso e azzardò un paio di passi sul sentiero scivoloso e ormai quasi cancellato che si snodava tra gli alberi e arrivava fino al confine, al di là del quale suo marito e i suoi figli erano di certo in preda all’ansia e alla disperazione per la sua sorte.
Ultima modifica di M. Mark o'Knee il Sab Ago 24, 2024 2:11 pm - modificato 1 volta.