Fleet Street, Londra, 7 novembre 1965.
Spinsi la porta ed entrai nell’atrio investita da un forte odore di fumo mescolato all’aria tiepida della stanza. Al centro c’era una piccola portineria. Mi avvicinai a passo sicuro.
- Salve. - dissi.
Il portinaio si alzò dalla sua sedia e si mosse placidamente verso di me, evidentemente scocciato dalla mia presenza.
- Sto cercando il Signor Hunt. Saprebbe dirmi qual è il suo appartamento? - continuai, con il mio lieve accento indiano.
L’uomo mi fissò ancora un momento con i suoi occhi sporgenti e poi senza dire nulla si voltò e andò a prendere un grosso registro. Lasciai vagare lo sguardo distratto verso l’interno della portineria per soffocare tutti i miei pensieri. C’era molta confusione: scatoloni impilati uno sopra l’altro pieni di documenti e registri, fogli sparpagliati ovunque, un cappotto scivolato a terra dall’appendiabiti, mozziconi di sigaretta abbandonati sul bancone….
- Vada al 4C, è al secondo piano. - la voce del portinaio risuonò rauca e bassa.
Deglutii, poi ringraziai il portinaio e mi diresse con il cuore in gola all’appartamento dell'investigatore.
Il detective Hunt se ne stava dietro alla porta socchiusa guardandomi dall’alto in basso con un sopracciglio alzato e un’espressione interrogativa.
- Buongiorno mi chiamo Dhara Lalit e lei presumo sia il Signor Hunt, corretto? -
- Brillante deduzione Signorina! - Hunt sorrise divertito mentre si scostava dall’ingresso per lasciarmi entrare.
Sul pavimento c’erano anche degli scatoloni, impilati uno sopra l’altro, alcuni erano aperti e lasciavano intravedere cianfrusaglie di ogni genere.
- Ho appena traslocato. - disse Hunt rispondendo ad una domanda inespressa.
Distolsi subito lo sguardo, imbarazzata, ma prima che potessi scusarmi, Hunt mi invitò ad accomodarmi su una delle due poltrone di pelle.
- Cosa la porta da queste parti? - mi stava squadrando evidentemente colpito dal mio fisico slanciato, dai capelli neri e lucidi che mi arrivavano sino ai fianchi.
- Vorrei mi aiutasse a trovare un’amica. Èscomparsa venerdì sera. -
- Dunque lei non vede la sua amica da un giorno, e vuole denunciarne a me la sua scomparsa? -
Deglutii. - Esatto. - risposi con tutta la sicurezza di cui ero capace in quel momento.
Sapevo che gli sarebbe parso assurdo. Temevo che non mi avrebbe potuta credere. Eppure quella frase, così carica di beffa, mi aveva dissestata ugualmente.- Mi dispiace deluderla Signorina, ma non posso aiutarla. - si alzò bruscamente pronto a farmi togliere il disturbo.
- Lei era nell’auto che hanno trovato ieri sera ai Docks. - dissi d’un fiato, alzandomi in piedi.
- Si riferisce all’auto in cui è stato rinvenuto il cadavere di Henry Thomas? - chiese Hunt con stupore.
- Sì, quell’auto. E non è mai tornata a casa. -
- Anch’io non tornerei a casa dopo aver ucciso un uomo, ma sono più che convinto che lei non sia qui per dirmi questo Signorina. Pensa che la sua mica sia innocente non è vero? - Rimasi in silenzio. La risposta la sapevamo già entrambi.
Hunt sorrise amaramente. - E mi dica Signorina Lalit perchè non lo va a raccontare alla polizia? -
- La incolperebbero per l’omicidio di Henry Thomas. -
- Ma non credeva nella sua innocenza un attimo fa? -
- Non conta ciò che penso io, Signor Hunt. Conta quello che penserebbero i poliziotti, quello che penserebbe la gente. Una prostituta indiana è l’ultima persona che vede un uomo assassinato. La condanna è già scritta. -
- Dobbiamo raccogliere informazioni. - Hunt se ne stava in piedi, appoggiato alla parete di fronte a me, con una tazza in una mano e una sigaretta nell’altra.
- Deve dirmi tutto ciò che sa Signorina Lalit. - continuò con sguardo serio e concentrato. Così cominciai a raccontare tutta la storia. Dall’inizio.
- La mia amica si chiama Akhila, Akhila Raman; viviamo insieme da quattro anni e mezzo. Ci siamo conosciute al “Heaven and Hell”, il club dove lavoriamo insieme da un paio di anni. Akhila si è fatta un buon giro, ha diversi clienti abituali e fra questi c’è anche il Re di Spade che passa a prenderla personalmente tutti i venerdì. Non si sa molto su di lui, l’unica cosa certa è che è coinvolto in affari loschi e di certo è lui a tirarne i fili. Questo venerdì però è venuto un altro uomo a prendere Akhila. Io ero lì con lei quando è arrivato, diceva di essere stato mandato dal Re di Spade. All’inizio non ci avevo trovato nulla di strano. Akhila è salita sull’auto. - mi fermai. Sentivo ancora la portiera chiudersi. L’auto ripartire.- L’uomo che era andato a prendere la sua amica… -
- Era Henry Thomas - lo interruppi.
- E ora è morto. - constatò Hunt. - Dobbiamo scoprire in che rapporti era questo tipo con il Re delle Spade e capire se era stato realmente inviato da lui per prendere Akhila. - Hunt sospirò. - Questa sera farò delle telefonate; conosco delle persone che ci potrebbero aiutare. E con un po’ di fortuna - disse sorridendomi - riuscirò a trovare un nome. -
- La ringrazio molto Signor Hunt. - dissi trattenendo le lacrime. - Tornerò domattina alla stessa ora e le porterò i soldi. -
Hunt annui ancora pensieroso.
Pensai che anch’io avrei potuto cercare delle informazioni sul Re di Spade, quella sera, al club. E poi, avrei ritrovato Akhila. Sì, l’avrei ritrovata a tutti i costi.
Fleet Street, Londra , 9 novembre 1965.
Hunt aprì la porta lasciandomi con la mano ancora sospesa a mezz’aria. Non mi guardò nemmeno negli occhi, si limitò a un frettoloso saluto e poi mi fece cenno di accomodarmi. Aveva due aloni scuri sotto gli occhi e indossava ancora la camicia del giorno prima con la cravatta allentata intorno al collo.
- È scomparso dalla circolazione. - annunciò cupamente.
- Per lei è scappato con Akhila, Signor Hunt? -
- No, no non avrebbe senso. Akhila poteva già averla quando voleva e qui in città è un pezzo grosso questo Re delle Spade. Io penso che si sia temporaneamente nascosto. Ho scoperto che Henry Thomas era il suo autista personale e il suo assassinio deve averlo messo in guardia. -
- Ma se Akhila non è con lui… - mi venne un nodo alla gola.
Poi lo squillo di un telefono. Riaprii gli occhi sorpresa e vidi il detective andare in un’altra stanza. Hunt alla fine riemerse dalla stanza buia dove si trovava il telefono e con grande soddisfazione annunciò - So chi è il nostro uomo, Signorina Lalit. -
Old Compton Street, Londra, 12 novembre 1965.
- Buonasera Signor Jackson. -
- Ben arrivata Dhara. - mi rispose il direttore del club.
Erano le sei di venerdì sera e io ero appena arrivata al club. Hunt aveva detto che mi avrebbe chiamato lì una volta scoperto dov’era Akhila. Era profondamente convinto che ci sarebbe riuscito quel giorno stesso. La telefonata che aveva ricevuto mentre ero nel suo appartamento era stata illuminante. Hunt le aveva detto di aver trovato la persona che aveva preso Akhila e che il Re di Spade avrebbe saputo dirgli la sua identità. E io non potevo far altro che confidare nelle capacità deduttive di quell’uomo.
Docks di Londra, 12 novembre 1965.
Non avevo dubbi che sarei riuscito a convincere Oliver Lee, o il Re di Spade come si faceva chiamare, a venire con me. Avevano appena ucciso il suo autista e lui non avrebbe potuto fare altro che essere il prossimo cadavere. Ma se lo avessi condotto da Akhila, come gli avevo proposto, lui avrebbe potuto scoprire chi eliminare. “Le garantisco che lei ha visto tutto e la aiuterà” le mie parole mi risuonarono in testa. Come pensavo, non era impegnato in una fuga d’amore, piuttosto in una fuga dalla morte, in una fuga contro il tempo.
Old Compton Street, Londra, 12 novembre 1965.
- Ti vogliono al telefono, Dhara. - disse Beth una volta entrata nel camerino. Corrucciai le sopracciglia. Possibile fosse già Hunt? - Sai chi è? - chiesi. Beth fece un’alzata di spalle, poi si girò e mi accompagnò fino al telefono.
- Dhara Lalit, con chi parlo? -
- Dhara?! Oh, Dhara - la voce straziata di Akhila mi colpì come un pugno nello stomaco. Spalancai gli occhi incredula.
- Akhila? Akhila sei tu? -
- Sì, sì Dhara... -
Docks di Londra, 12 novembre 1965.
Spensi l’auto. Non capivo cosa tutti temessero tanto di quest’uomo così ingenuo.
- Mi segua Signor Lee. Da questa parte. - gli dissi mentre lo conducevo in uno dei casolari abbandonati del porto.
- Eccoci - dissi mentre aprivo una porta.
Una volta dentro spinsi l’interruttore e la stanza si illuminò di colpo. Non era poi così grande come l’avevo immaginata. Completamente vuota. Oliver Lee si voltò verso di me di scatto. Forse aveva capito le mie intenzioni. Ma era troppo tardi. Prima che potesse anche solo sfiorarmi lo colpii in testa con il calcio della pistola e lui svenne, cadendo a terra pesantemente.
Old Compton Street, Londra, 12 novembre 1965.
- L’hanno ucciso, Dhara! L’hanno ucciso davanti ai miei occhi. - Akhila stava piangendo.
- Akhila cerca di calmarti. Sai dove sei? -
- Li ho visti in faccia mentre uccidevano il Signor Thomas e mi hanno presa. Dicono che non sanno cosa fare con me ma mi uccideranno, Dhara! Mi uccideranno, me lo sento!
- Ma chi ti ha presa? Akhila dimmi dove sei! Ti vengo a prendere! -
- No… no no Dhara, non puoi! Mi hanno detto che se scappo mi troveranno… sanno il tuo nome Dhara e hanno detto che se fuggissi ti ucciderebbero! Lui, Dhara, lui mi ha detto che se me ne andassi diventerebbe il mio incubo peggiore! -
- Lui chi Akhila? Ti verrò a cercare, ti troverò tesoro! -
- Perdonami, perdonami, amica mia! E non dimenticare quanto ti amo! - sussurrò Akhila fra i singhiozzi.
- Perdonarti? Per cosa? - chiesi allarmata. Ma la chiamata era terminata.
- Akhila?! Akhila?! - urlai tra le lacrime il suo nome finché la mia voce non si ridusse a un sussurro impercettibile.
Docks di Londra, 12 novembre 1965.
Avevo legato Oliver Lee a una sedia e stavo aspettando in compagnia di una sigaretta che riprendesse i sensi.
Ad un certo punto alzò il capo disorientato.
- Ah finalmente! Temevo quasi di averla mandata all’altro mondo! - dissi sorridendo.
- Ma bando ai convenevoli. - continuai.
- Cosa vuole da me?! -
Sorrisi senza rispondere.
- Non sa contro chi si è appena messo, Signor Hunt! - sbraitò il Re di Spade.
Tornai improvvisamente serio - Credo che lei non abbia capito la situazione Signor Lee, lasci che gliela illustri. L’unica persona in questa stanza ad essersi messa contro l’uomo o meglio contro gli affari dell’uomo sbagliato è lei. E questo errore alla fine le è costato la vita. -
- Henry… ero io il bersaglio non è vero? Non hanno tentato di uccidere il mio autista per intimorirmi, hanno semplicemente sbagliato uomo?! Era la prima volta che mandavo Henry a prendere Akhila… la prima volta... -
- Bhe alla fine non è poi tanto ingenuo come pensavo. Anche se devo ammettere che io personalmente avrei evitato le routine con un “lavoro” come il suo... -
- Andavo a prendere Akhila tutti i venerdì… -
- Ottime capacità deduttive. - ironizzai.
- Vuole uccidermi, dunque? -
Scoppiai a ridere. - Oh no, si sbaglia, non sarò nè io, nè nessun altro ad ucciderla, Signor Lee. Sarà il tempo. -
- Ma perchè lo fa?! Lei nemmeno mi conosce! -
- Per i soldi Signor Lee. Sa c’è gente che paga molto meglio di una prostituta indiana e gente che paga molto meglio persino di lei. -
Detto questo gli legai intorno alla bocca un foulard e poi mi voltai verso la porta lasciandomi alle spalle le se urla soffocate.
- Oh! Che sbadato! - alzai gli occhi al cielo.
- Quasi dimenticavo. Mi manda il suo incubo peggiore. - sorrisi sempre più divertito.
Londra, 13 novembre 1965.
La mattina dopo la telefonata che avevo ricevuto, fu rinvenuto il cadavere di Akhila.
La città di Londra aveva un altro cadavere tra le strade, e presto, ne sarebbe comparso un terzo. Eppure la vita della città continuava frenetica, indifferente di fronte alla violenza. Ad essere annientata fu la mia di vita. Mi dissero che Akhila si era buttata giù dal terzo piano di un palazzo, che probabilmente era morta sul colpo.
Ma si sbagliavano. Perchè ad ucciderla era stata la società corrotta e malata in cui vivevamo.