- La lettera dimenticata:
- Ciao Digito.
È una storia intensa quella che ci hai regalato.
Non ti nascondo che sono fra quelle persone che non avevano memoria di questi fatti. Quindi trovo ottima la scelta di riportare l’attenzione su questo episodio. Il Sudafrica, l’odio razziale, la cecità.
Il racconto è denso e offre tanti spunti per riflettere che affondano le dita su tanti aspetti.
I valori, il ruolo dei social, la solitudine, l’incapacità di crescere e l’incapacità di dare e ricevere amore.
Il mondo delle apparenze e le verità interiori.
La tua scrittura ė “alta” . Denota una grande passione e l’estrema cura nella ricerca della parola.
In questa lunga e commovente lettera, si percepisce il grande lavoro di ricerca che hai fatto.
Un lavoro che di sicuro ti ha coinvolto anche psicologicamente. E vedere il mondo con gli occhi di una adolescente non è una impresa così facile.
Complimenti sinceri
Fu in un’afosa sera di luglio che Mario vide cambiare per sempre il proprio destino.
Era stata una giornata di lavoro duro nei campi, le spalle curve nella mietitura, le braccia indolenzite e la gola riarsa dal calore e dalla polvere.
Del pane raffermo messo a rinvenire nell’acqua dalla mattina, una mezza cipolla e un filo d’olio era il menù che lo attendeva come ogni sera.
Mamma Gina glielo aveva ripetuto fino alla morte che avrebbe dovuto trovarsi una buona moglie, in fondo era un bel ragazzo robusto e generoso e c’era Adriana, la figlia dei vicini, che sembrava proprio interessarsi a lui.
Certo, giravano delle voci su di lei e forse era proprio per questo che all’età di quasi di trent’anni non si era ancora sistemata, ma in fondo doveva essere una brava ragazza.
Ma all’amore, Mario non ci pensava. Non è che non gli piacessero le donne, anzi. C’erano state volte in cui ci aveva anche perso il sonno.
Il fatto è che lavorare la terra era l’unica cosa che sapesse fare oltre a scrivere il proprio nome con le lettere a stampatello.
Troppo poco per essere un partito desiderabile.
Quando era più giovane avrebbe voluto imparare a ballare. Ma non c’erano scuole, per quello, in paese e soprattutto non c’erano soldi.
Mario possedeva una vecchia radio. A volte si chiudeva in cucina, serrava la finestra per non essere visto, abbracciava la sedia e a occhi chiusi muoveva i piedi lasciandosi trasportare dal ritmo.
Quella sera del venti luglio Mario si scordò di chiudere la finestra.
Il giorno dopo, in paese non si parlava d’altro. La radio, ormai inservibile, fu trovata in una discarica.
Adriana, dopo una settimana che non lo vedeva più uscire di casa, si decise a bussare alla sua porta.
La barba incolta, i piatti sporchi, la bottiglia vuota parlarono per lui. Dopo aver rassettato la stanza, senza dire una parola, Adriana cominciò a canticchiare una melodia.
- Dai, Mario alzati che ti insegno a ballare.
Ultima modifica di Petunia il Lun Mar 29, 2021 3:30 pm - modificato 2 volte.