L'eremita del sangue-Parte 1 (di 3) (differentales.org)
Dato che non è tra i finalisti di "Ore contate", il racconto ora è pubblicabile, quindi lo posto qui.
Incipit di Joe Lansdale (la parte tra le virgolette).
Dato che non è tra i finalisti di "Ore contate", il racconto ora è pubblicabile, quindi lo posto qui.
Incipit di Joe Lansdale (la parte tra le virgolette).
Il ricettario
“Fare a pezzi il corpo fu più difficile di quanto mi fossi aspettato, ma ero determinato a cucinarlo per la cena tra amici e a fare in modo che i presenti si mangiassero le prove dell’omicidio, insieme a un bel contorno di patate e formaggio.”
Pagina dopo pagina, gli omicidi, le ricette ‒ originali, gustose, raffinate ‒ le cene allegre e spensierate con amici e parenti, i complimenti dei commensali all’ottimo cibo.
Cos’è? Un diario? Un ricettario? Entrambe le cose, anche se non c’è una data, un nome.
Geniale.
Non so perché non ci ho mai pensato prima, e dire che avrei dovuto, con il lavoro che faccio. Un metodo semplice ed efficace.
Non riesco a smettere di leggere, ma ho la schiena ghiacciata di sudore freddo: qualcuno sa di me? È un avvertimento?
Il pacchetto era anonimo, non capisco nemmeno come me l’abbiano fatto recapitare. L’ho trovato così, in mezzo alla posta del ristorante. Il mio nome scritto sopra e nessun mittente.
Forse dovrei soltanto buttarlo via, ma non ci riesco. È prezioso. Decenni di esperienza. Trucchi, espedienti per ovviare ai problemi più disparati che si possono presentare, dall’inizio della procedura fino alla sua felice conclusione.
Per due giorni tremo di paura e di eccitazione allo stesso tempo, mentre leggo. Nessuno si presenta alla mia porta, nessuno si fa vivo.
Telefona solo mia madre. Non sono dell’umore giusto, ma la sua voce senza forza e senza vita mi porta comunque a casa sua.
Sono passati diversi giorni dal funerale, ma lei indossa ancora abiti neri. Ha bisogno che io sia lì, che mi sieda con lei in cucina, davanti a una tazza di tè, che finga di interessarmi a questioni pratiche di cui si deve occupare.
Soprattutto, che rievochi con lei vecchi ricordi del nonno. Il padre gentile e allegro che la faceva giocare bambina. L’uomo che io ricordo con i capelli ormai bianchi. Tutti insieme, alle feste di famiglia, intorno a grandi tavolate. Luculliani e gustosi pranzi, che lui si divertiva a cucinare.
Sorrido insieme a mia madre di questi ricordi e di una frase già tante volte ripetuta, che forse è grazie al nonno se io sono poi diventato cuoco.
A questo punto lei mi guarda con aria complice: ‒ Ce l’hai tu, vero?
Il cuore salta un battito. Riesco a non far tremare la voce: ‒ Cosa, mamma?
‒ Il ricettario del nonno.
Scuoto la testa: ‒ Non so di cosa…
Mi prende le mani nelle sue: ‒ Va bene, non importa. Non è necessario che tu me lo dica. Lo so che era molto geloso del suo ricettario segreto. Non ne ha mai parlato con nessuno, ma io so che c’era. Da bambina, senza che lui se ne accorgesse, l’avevo visto scriverci sopra, alcune volte. Avevo anche provato a cercarlo, ma lui lo teneva ben nascosto.
‒ Allora, come fai a pensare che ce l’abbia io?
‒ Me l’ha detto lui. Oh, senza volere, naturalmente. Non molto prima di morire, una notte aveva la febbre alta e delirava. Diceva che l’avrebbe fatto avere a te, perché solo tu avresti capito. Il giorno dopo si era dimenticato di tutto e io ho fatto finta di niente. Quindi va bene così, non importa che io lo sappia.
Mi stringe piano le mani, una supplica lieve e dolce negli occhi: ‒ Ma tu un giorno mi cucinerai qualcosa con una ricetta del nonno, vero?