Ciao Nic
La fiaba è bellissimissima. Mi hai portata indietro nel tempo. Ah, quanto mi è piaciuta!!!
Ci ho lavorato un po’ su. Ho messo in grassetto le proposte di variazione. Fanne quello che vuoi...
C'era una volta una casina circondata dal bosco.
Mamma Rosaria passava ore in cerca di cibo per le tre figlie e il marito, il quale, da mesi, era costretto a letto per una brutta malattia.
Le figlie la aiutavano: Sara, la più grande, andava all’abbeveratoio a prendere l'acqua e lavare i panni. Barbara spazzava (a)
per terra, riassettava le stanze(,)
e rifaceva i letti.
Mariella, che aveva solo sette anni, giocava nel bosco, lontana da casa, così da non disturbare.
La madre, per cercare di non far pesare troppo la situazione, ogni tanto portava le figlie nel bosco, in modo da concedere (a tutte)
loro un po' di svago
: le ragazze (mentre)
trascorrevano il tempo cercando (cercavano) da mangiare e facendo a gara a chi
ne trovava di più.
Spesso vinceva Mariella: mentre le sorelle si preoccupavano di cercare qualcosa di commestibile,
la piccola si limitava a giocare e tutto diventava una pietanza squisita.(giocava);
così, le pietre erano patate novelle,
la semplice erba la più pregiata delle verdure
... (e)
Una (una) volta portò la bisaccia
piena di fango e sostenne che quella fosse la più saporita delle zuppe boscaiole!
La mamma e le sorelle sorridevano, ma (nessuno)
nessuna di loro assaggiava mai le sue prelibatezze.
Quel giorno il caldo era davvero insopportabile, e la sete non lasciava spazio a giochi e divertimento. Al tramonto le bisacce erano quasi vuote.
Solo Mariella aveva trovato un ossicino di chissà quale animale anche se a, detta sua, si trattava di un pregiato tartufo bianco. Fu in quel momento che Rosaria lo vide: un bel cespuglio di erba selvatica. Si rallegrò e in cuor suo pensò che bollendolo in acqua salata avrebbe potuto ricavarne un buon brodo per la cena. Chiamò la figlia maggiore, Sara, per aiutarla a sradicarlo ma, tira tira, quel cespuglio rimaneva ben saldo a terra...
Rosaria, vedendo un cespuglio di erba selvatica, pensò di bollirlo in acqua salata e ricavarne una brodaglia.Si avvicinò al cespuglio, cercando di sradicarlo insieme a Sara.“Attenta!” gridò Rosaria.
“A cosa?” rispose Sara.
“A non slogarti una spalla o un polso”
“Mamma, non mi faccio male a strappare uno stupido cespuglio!”
“Allora non dire
ahi?”
“Ma non ho detto proprio niente!”
Ripresero a tirare.
“Vieni via, stupido cespuglio!” urlò Sara, dando fondo a tutte le proprie forze ma, quello, non voleva proprio lasciare la terra;
“
Ahi!”
Rosaria, la terza volta che sentì il lamento, redarguì Mariella: “Non vedi che io e tua sorella stiamo cercando di procurare la cena? Smettila di fare la sciocca, piuttosto aiutaci anche tu!”
“Ma mamma – piagnucolò
la bambina – “io non ho detto niente”.
“Basta così,
smetti di piangere e aiutaci a strappare questo maledetto cespuglio”.
Sara diede uno strattone violentissimo.
“Ahi! Ahi! Ahi!
” – urlò quello – “I miei poveri capelli! Cosa volete da me?”
Le quattro restarono sgomente: avevano tirato i capelli di una vecchia strega.
“Ahi!”– ripeté
di nuovo la vecchia – “ Come vi permettete di venire qui, afferrarmi per i capelli e chiamarmi stupida e maledetta?”
Le donne non proferivano parola allora la vecchia continuò: “Ora ditemi cosa vi dovrei fare! È
proprio necessario
darvi una bella punizione severa , cosicché vi passi la voglia di prendervela con le povere signore anziane che stanno riposando!”
Rosaria
cadde in ginocchio e la supplicò con le lacrime agli occhi:“Ci scusi, signora!
Io e le mi figlie credevamo di aver trovato un cespuglio di erba per
preparare un brodino al nostro amato marito e padre che è malato e in punto di morte. Se avessimo saputo che, in realtà, il cespuglio era la Sua Signoria che stava dormendo mai e poi mai ci saremmo permesse di infastidirla in alcun modo Abbia pietà di noi e ci lasci
tornare a casa.
Non succederà mai più, glielo giuriamo!”
La strega sentenziò: “Purtroppo non posso lasciarvi impunite! Per quanto io abbia capito la totale assenza di cattive intenzioni da parte vostra, devo essere certa che la cosa non si ripeta mai più. A tal proposito, ho deciso in che modo possa darvi una punizione simbolica!”La strega sentenziò: “Purtroppo non posso lasciarvi impunite: devo esser certa che la cosa non si ripeta mai più! Ma siccome ho capito che non lo avete fatto di proposito, vi darò una punizione simbolica.”
La strega squadrò ad una a una le ragazze, poi proseguì:
“Faremo così.
Prenderò in pegno
colei che mi ha strappato i capelli:
la vostra figlia maggiore. La terrò presso la mia reggia per una settimana, le darò cibo, acqua, vestiti, profumi e tutto quello che vorrà, in abbondanza; in compenso, lei mi aiuterà con le faccende domestiche. Se tra una settimana si sarà comportata bene, ve la restituirò e la pace sarà fatta.”
Rosaria non capiva che punizione fosse questa che consentiva a una delle sue figlie di trascorrere un settimana lontana dai problemi di casa, con cibo in abbondanza.
Rosaria non riusciva a capire che punizione potesse essere consentire a una delle proprie figlie di trascorrere una settimana lontana dai problemi di casa e con cibo in abbondanza.
“Hai sentito, Sara? Vuoi andare con la signora, che ti regala vestiti e profumi e ti fa mangiare bene?” tentava di convincerla.
“Neanche per idea! Io con quella non ci vado neanche per tutto l’oro del mondo!” ripeteva Sara.
“Ma guarda che ti tratta bene la signora, ti fa fare quello che vuoi, è sufficiente che tu la aiuti a far le pulizie.”
“Macché pulizie! Chissà
quanto lavoro ci sarà da fare”.
“Basta così” – tagliò corto la madre, che ormai aveva capito che la strega
stava per perdere la pazienza – “ tu andrai con la signora e la aiuterai!”
“Allora
Bene – concluse la strega – ci
troveremo qui tra una settimana, sempre al tramonto”.
La strega prese Sara sotto braccio, e si allontanò verso i monti; Rosaria s’incamminò con le figlie nella direzione opposta, senza cena.
Fecero ritorno a casa nel silenzio più assoluto; poco prima di rientrare la madre si raccomandò di non dire nulla al babbo.
Sara tratteneva a stento le lacrime per esser stata lasciata in pegno a una pazza che dormiva sottoterra.
La strega intanto le sorrideva.
“Non temere
” – ripeteva –
“vedrai che ci troveremo bene, noi due” e le strizzava l’occhiolino, carezzandola sul volto con le manacce rattrappite.
,
Quando arrivarono a destinazione, Sara si sentì .
mancare.La vecchia viveva in un bellissimo castello, con un giardino immenso pieno di alberi ombrosi e amache, un piccolo laghetto con pesciolini rossi, galline, maiali, e
uccelli dalle piume colorate. Pensando alla magnificenza di quel luogo esclamò:
“E io devo fare le pulizie in questo castello per tutta la settimana? Mi si romperà la schiena, a furia di strofinare, lucidare, spazzare! Oh povera me!” esclamò.
La vecchia
fece finta di non sentire le lamente, la invitò a entrare e le offrì una fetta di torta di mele e un succo d’arancia appena spremuta.
Poi, le confidò: “Vedi, Sara, in realtà io non ho bisogno di
qualcuno che faccia le pulizie per me. Come puoi notare, questo posto è lindo in ogni angolo, l’argenteria risplende, tutto è al proprio posto. Quello che mi uccide è starmene qui da sola tutto il giorno
... se non fosse per le galline e i maiali credo che sarei uscita di senno già da tempo. Vuoi restare a farmi compagnia per una settimana?”
Sara restava in silenzio, allora continuò: “Potrai usare tutto quello che vorrai, , fare quel che vorrai tutto il giorno. , ti chiedo
solo di portare un po’ di luce in questa triste dimora”.
Sara pensò che non servivano risposte.
I giorni passavano troppo veloci per Sara, che ormai aveva preso gusto nel lavarsi tre volte al dì, mangiare abbondanti portate, dormire beata dondolandosi sotto l’ombra dei pini, e godere della pace di quel posto.
La vecchia in realtà l’aveva vista poche volte: si incontravano solo a pranzo, e
, di tanto in tanto
, la megera le narrava qualche aneddoto di gioventù che a Sara non importava.
Erano trascorsi
già cinque giorni, quando la vecchia annunciò: “Carissima Sara, domattina mi aspetta un affare urgente in una città lontana. ,
Per ringraziarti della compagnia , ti lascio le chiavi del castello”.
Le Mostrò un mazzo con oltre cinquanta chiavi.
“Puoi aprire tutte le porte del castello tranne la camera in fondo al corridoio: lì non dovrai mai entrare, per nessun motivo!”
Sara non stava più nella pelle. Da tempo desiderava poter entrare nelle stanze, lasciarne una chiusa non sarebbe stato un sacrificio.
La strega la guardò compiaciuta, poi proseguì:
“Devi fare solo una cosa per me. Bisogna che tu mangi questa bella zampa di gallina”.
La vecchia estrasse da sotto le vesti una zampa di gallina rattrappita
, e gliela consegnò.
“Non mi importa come la mangi, bollita, al sugo, cruda col limone. Scegli tu, l’importante è che prima del mio ritorno tu l’abbia fatto” ordinò la strega.
“Ora vado a letto, ché domani mi aspetta una lunga cavalcata. Buonanotte
!” e, baciando con le labbra smunte la guancia di Sara, si congedò.
La ragazza, che in un primo tempo
era rimasta allibita, riguadagnò la serenità pensando che mai e poi mai avrebbe mangiato quella zampa schifosa. Quando la vecchia
fosse stata lontana, l'avrebbe fatta sparire per bene.
L’indomani, quando la luna illuminava ancora la campagna, la vecchia sellò il cavallo e partì. Sara la sentì nel dormiveglia, si girò dall’altro lato e continuò a sognare, abbracciando i morbidi guanciali.
si svegliò
più tardi di buon umore, si preparò un’abbondante colazione e poi iniziò a esplorare le stanze, una per una. Restò incantata dalla mobilia, dai lampadari, dalla carta da parati, dalle mattonelle del pavimento, dalle stoffe che ricoprivano i divani.
Lo stupore più grande lo ebbe entrando in camera da letto: accanto a uno splendido letto a baldacchino, sul comò erano riposte centinaia e centinaia di collane d’oro e d’argento, e poi anelli di platino, diamanti e pietre preziose.
La voglia di prendere un ricordino era tanta, ma le venne in mente che se la strega si era fidata a lasciarle le chiavi della propria camera, evidentemente sapeva di poterla controllare; così pensò magari di chiedere un regalo al suo ritorno: vedendo l’onestà forse avrebbe acconsentito.
Soddisfatta della trovata, si ricordò dell’altra faccenda che doveva sistemare.
Prese allora la zampa di gallina, si recò in bagno, e la lasciò scivolare all’interno della latrina. Poi tirò l’acqua una volta, e ancora, e ancora. Dopodiché raggiunse la cucina, cenò, e andò a riposarsi felicemente tra le lenzuola profumate.
Il mattino successivo, Quando Sara si alzò, vide un cavallo che si avvicinava. Scese quindi in cucina, preparò un rinfresco di bentornato e andò ad aspettare sull’uscio.
Nel vederla, la strega elargì sorrisi e parole di gioia; smontò da cavallo, sistemò l’animale nella stalla e si rivolse alla ragazza che l’attendeva: “Allora, Sara, com’è andata senza di me?”
“Bene, anche se le confesso che un po’ m’è mancata la sua compagnia”.
“Ora capisci quanto ci si possa sentire sole qui. E dimmi, hai visitato un po’ le stanze?”
“Oh, sì. Tutte molto belle, complimenti!”
“Hai toccato niente?”
“Oh no, non mi permetterei mai! Piuttosto che tradire la fiducia di una così gentil donna che m’ha accolto con amore in casa propria, , preferisco…”
In realtà non sapeva cosa preferiva, quindi la frase rimase incompleta. La vecchia la rassicurò: “Ti credo, mia buona Sara. E ora dimmi, infine: hai mangiato la zampa che ti ho lasciato?”
Sara, senza il minimo cambiamento di voce o di espressione, esclamò: “Ma certo, signora! E devo anzi dirle che all’inizio mi sembrava disgustosa, ma col giusto condimento è risultata proprio una delizia!”
La strega ripeté: “L’hai mangiata?”
“Sì, signora” rispose nuovamente Sara.
“Sicura?” chiese la strega per la terza volta, e ancora una volta Sara confermò.
“Bada che la chiamo!” esclamò allora la strega.
Sara restò perplessa. Non sapendo cos’altro rispondere, disse: “La chiami pure!”
Allora la strega urlò a gran voce: “Zampa morta, dove sei?”
“Nella fogna” si sentì rispondere.
A Sara gelò il sangue nelle vene, impallidì di colpo, e non disse più neanche una parola. La strega, con occhi biasimevoli, andò in giardino, spurgò il pozzo nero e ne estrasse la zampa.
“È così che ricambi la mia fiducia?” chiese a Sara, mostrandole la zampa.
Lei provò a balbettare qualcosa, ma la strega le toccò le labbra e Sara cadde a terra
svenuta. Intanto, trascorsa la settimana, Rosaria si era recata insieme alle due figlie nel luogo convenuto con la strega, per riprendere Sara.
Aspettava già da un po'
quando vide la vecchia arrivare da sola. Le andò incontro preoccupata.
La strega
la salutò cordialmente e poi spiegò la situazione: “State tranquille! Sara è al mio castello e gode di ottima salute. Mangia i cibi più saporiti, beve i succhi più freschi, indossa i più comodi vestiti e dorme all’ombra dei pini. Però
, le mancano le sorelle. Perciò mi ha chiesto se potevo
chiedere a Barbara di raggiungerla per una settimana, così da stare insieme e togliere alla mamma una bocca in più da sfamare, Che ne dici?” disse dunque,
rivolgendosi alla giovane.
Alla
Rosaria non pareva vero di poter offrire una settimana di vacanza anche all’altra figlia, e benedì
in cuor suo il giorno che avevano strappato i capelli a quella donna.
”Figlia mia, vai pure con questa gentile signora. Hai sentito? Tua sorella chiede di te.”
“Beh, se è Sara a dire che si sta così bene, mi fido”.
rispose Barbara senza indugiareSolo
la piccola Mariella non sembrava del tutto convinta: “Ma perché non è venuta Sara a dircelo? Così salutava me e la mamma!”
La mamma la redarguì: “Non parlare così alla signora! Come ti permetti?”
La
vecchia sedò la tensione: “Suvvia, signora, è solo una bambina, non sia severa!”
Barbara salutò e salì sul cavallo della strega.
All’arrivo al castello, lo sbigottimento di Barbara fu identico a quello di Sara, ma ancor maggiore fu lo stupore di non trovare la sorella a darle il benvenuto.
“Accidenti
”– la
l’anticipò la strega – “
Mia sorella aveva invitato Sara al campeggio. Non vedendoci arrivare avrà pensato di partire con lei.”
Ma non preoccuparti, tu puoi restare qui lo stesso, finché non torna. Tra cinque giorni
andrò a prenderla e poi vi riaccompagnerò entrambe da vostra madre, va bene?”
Barbara neanche ascoltava, intenta
com’era a servirsi di succo d’arancia e torta di mele.
Passarono cinque giorni, e la strega si preparò al viaggio.
“Carissima Barbara, sono stata davvero felice di averti avuto qui. Ora dobbiamo separarci. Domattina andrò a prendere tua sorella, che è molto lontana. Farò ritorno all’alba di dopodomani. Intanto, però, voglio lasciarti qualcosa in segno di fiducia” e, così dicendo, estrasse il mazzo di chiavi.
“Solo una cosa devi fare per me. Vedi questa zampa di gallina? Devi mangiarla. Non mi importa come la prepari, al forno, in zuppa, o in mezzo a un panino: l’importante è che la mangi. Anche tua sorella ne ha mangiata una”.
Barbara non poteva credere alle proprie orecchie!
Mangiare una disgustosa zampa di gallina... ma poi le venne in mente che la strega non avrebbe mai saputo che fine avesse fatto quella lurida zampa che puzzava di fogna.
”Vada via tranquilla, la mangerò in un sol boccone! ” la rassicurò.
L’indomani mattina, Barbara si regalò un bracciale incorniciato di smeraldi e rubini, poi si recò nella capanna degli attrezzi; afferrò una vanga, raggiunse l’albero di fico , scavò una profonda fossa
accanto alle radici e vi gettò la zampa infine, la ricoprì di terra, affidando a vermi e formiche l’ingrato compito di cibarsene. Sistemò la capanna e si addormentò.
Fu svegliata dall’arrivo della strega, che la salutò con gioia e le disse che Sara si stava lavando e non aveva voluto svegliare la sorella.
“Hai mangiato la zampa che ti ho lasciato?”
“Oh certo, l’ho fatta a spezzatino con le uova. Un po’ dura, ma sicuramente da provare!”
“L’hai mangiata?” ripeté la strega.
Barbara non capiva perché insistesse, ma confermò nuovamente.
“Sicura?” chiese ancora.
“Ma certo”.
“Bada che la chiamo!” avvertì allora la strega.
“La chiama?”
“Sì, la chiamo!”
“E la chiami!”
“Zampa morta, dove sei?” urlò la strega.
“Nella terra, sotto il fico!” si sentì rispondere.
Barbara restò pietrificata.
La strega si recò sotto il fico e iniziò a scavare a mani nude, finché non recuperò la zampa.
“Barbara, è così che ripaghi la mia fiducia?”
La ragazza provò a rispondere, ma la vecchia le toccò le labbra e lei cadde
svenuta sotto il fico. La vecchia le frugò in tasca, recuperò il bracciale e si incamminò all’appuntamento con Rosaria.
Al ritrovo, come la volta prima, la strega chiese a Mariella se le facesse piacere raggiungere le sorelle.
La madre era entusiasta, quindi Mariella non si oppose.
“Lei ha una casa bellissima. Ecco perché le mie sorelle mi hanno voluto”. Nominando le sorelle, aveva così posto indirettamente una domanda.
“A proposito delle tue sorelle
” – disse la strega –
“sono andate in campeggio proprio stamattina; ma non temere, saranno di ritorno entro la fine della settimana
”.
Mariella, che non credeva a una parola di quanto diceva la donna, decise di annuire sorridendo, e si rifugiò sotto un albero a piangere, in segreto.
La settimana trascorse tranquilla, e
anche se Mariella
faceva di tutto per sembrare serena e non insospettire la strega, , quest’ultima cominciava a
intuire qualcosa.
Spesso le chiedeva come mai fosse triste. Mariella rispondeva che in realtà si divertiva tanto,
ma e che il suo dispiacere era per il vecchio babbo malato. La bimba sembrava così sincera che la vecchia finì per convincersene davvero.
Mariella non parve per nulla contrariata quando la strega
le chiese di mangiare la zampa.
“Che problema c’è? Lo farò con piacere, se siete voi a chiedermelo!”
Quella notte
Mariella non chiuse occhio. Quando la strega fu lontana, si mise alla ricerca delle sorelle: da qualche parte dovevano pur essere! Aprì tutte le porte senza curarsi degli splendidi arazzi o dei vistosi monili, frugò per tutto il giardino, scavò dappertutto, anche dentro il recinto dei maiali,
ma tutti i suoi sforzi furono vani.
Solo in una stanza non aveva cercato: quella in fondo al corridoio, di cui non aveva la chiave.
Vedendo che si era fatto tardi, afferrò un grosso coltello da cucina e iniziò a tritare più finemente che poteva la zampa. Prese una cipolla, un po’ di prezzemolo e del succo di limone, e continuò a tritare finemente il tutto, facendone un unico impasto. Tagliò un pezzo della sua vecchia veste ,
e ci fece un fagottino per racchiudere la poltiglia. Lo chiuse bene con un uno spago e lo legò alla cintura, ben nascosto sotto la vestaglia che indossava.
Al ritorno, la strega le chiese:
“Ti è piaciuto il mio castello?”
Mariella rispose con prontezza:
“A cosa serve avere un castello se non hai con chi condividerlo? Non l’ho visitato affatto: lo farò in sua compagnia, se e quando avrà tempo e voglia di accompagnarmi!”
La strega parve compiaciuta da questa risposta, ma doveva
ancora porle l'unica domanda
che le interessava davvero.
“Hai mangiato la zampa che ti ho lasciato?”
“Certo. Non dovevo?”
“Sì
, che dovevi! Allora
, l’hai mangiata
?” chiese di nuovo.
“Ovvio. Se m’avete detto di farlo, non vedo perché non avrei dovuto
obbedirvi ”.
“Sei sicura, Mariella?” chiese per la terza volta.
“Non capisco, come potrei non essere sicura di aver fatto qualcosa?”
“Bada che la chiamo!” disse infine la strega.
“Oh, meno male. Così smette di dubitare di me!”
La strega era rimasta impressionata.
“Zampa morta, dove sei?”
“Nella sua pancia, tritata con cipolla, prezzemolo e limone!” si sentì rispondere.
La strega non stava più nella pelle dalla felicità.
“Brava Mariella, sono fiera di te! Ora tu sei come me”.
Tirò fuori da una tasca una chiave: “Ecco, questa è la chiave che non
ho mai dato a nessuno Ora tu puoi averla”.
Poi annunciò: “ Adesso bisogna che io vada a dare la bella notizia, poi faremo una gran festa. Ti chiedo solo di pazientare questa mezza giornata. Sarò di ritorno ben prima del tramonto, e stasera la ricorderai per il resto della tua vita!”
Mariella sorrise. La strega si tolse la vecchia sottana bucata, indossò i migliori abiti e gli stivali più comodi, montò a cavallo e scomparve.
Mariella corse in fondo al corridoio. Dopo tre giri di chiave, la porta si aprì cigolando. In un trionfo di ragnatele, un centinaio di corpi giacevano ammassati in letti e divani. C'erano anche le sorelle.
“Cosa vi ha fatto” – iniziò a piangere – “sorelle care, e a voi tutti! Cosa posso mai fare io, ora?”
Nella stanza c’era un solo grande armadio.
Mariella lo aprì, e dentro ci trovò delle bottiglie. Non vi erano etichette, ma se erano in quella stanza, pensò, un qualche nesso doveva pur esserci. Così ne prese una, e avvicinò quel liquido alla bocca di Sara, e poi a quella di Barbara. In pochi secondi, le due sorelle cominciarono a sgranchirsi gli arti.
In poco tempo erano tutti svegli.
Mariella tirò fuori un’altra chiave: “Servitevi tutti, prendete tutto ciò che riesce a starvi nelle tasche
!” disse aprendo la porta della camera da letto.
Ognuno si servì e fece ritorno verso
la propri
a cas
a.Anche le tre sorelle si riempirono le tasche e cercarono dei cavalli per partire ma, purtroppo ne erano rimasti soltanto due. .
Mariella disse loro: “Voi correte da
lla mamma. Io ho un’ultima cosa da fare”.
Rientrò in casa.
Indossò la vecchia veste che amava e appiccò il fuoco ai vestiti sul letto, poi corse fuori per scappare, ma scorse da lontano la strega che tornava al castello.
La vecchia, vedendo
le fiamme in lontananza, spronò il cavallo.
“Tradimento! Tradimento!” gridava.
In pochi minuti l’aveva raggiunta.
Mariella si ricordò allora di quanto le era successo una sera di qualche tempo
prima, mentre giocava nel bosco.
Un anziano si era smarrito. Lei si era proposta di accompagnarlo, anche se la strada giusta era molto lontana. Dopo ore di cammino, l'uomo, ritrovata la via,
l’aveva voluta ricompensare .
“Grazie, cara bambina. Per il tuo gesto, ti dono queste tre palline.” E così dicendo, le
aveva dato tre biglie colorate. “Tienile sempre con te, vedrai che un giorno ti saranno utili”.
Da quel momento non se ne era mai separata: le teneva sempre
in tasca
Mariella non ebbe nessuna idea migliore di buttare una pallina dietro di sé: era la rossa.
Subito un inferno di fuoco si scatenò, divorando la strega. Ma questa non si perse d’animo, e tra urla lancinanti, rimasta senza cavallo, riuscì a liberarsi.
“Tradimento! Tradimento!”
Dopo poco le fu di nuovo addosso,
quindi le lanciò alla pallina bianca.
Subito una tormenta di neve si riversò alle spalle di Mariella; enormi montagne di ghiaccio si formavano in un flagello di grandine e vento, e la strega venne ricoperta da una valanga. Ma la gioia durò poco: “Tradimento! Tradimento!”
Non restava che dire addio anche all’ultima pallina. Così, non appena la strega le fu di nuovo vicina, lasciò cadere la
pallina blu.
Subito un oceano si spalancò dietro la bimba e inghiottì la strega. Questa provò ancora una volta a dimenarsi, ma gli stivali le si riempirono d’acqua e la spinsero giù negli abissi.
Mariella proseguì la corsa verso casa. Vide la mamma correrle incontro. Le sorelle le avevano già raccontato tutto.
Sulla tavola c’erano oro e pietre preziose.
“Con queste
” – disse alla mamma – “ci pagheremo le cure del babbo, e non dovremo più preoccuparci di cosa mangiare! Potremo farlo due volte al giorno, e quando babbo guarirà potrà tornare a lavorare, e saremo tutti felici!
”Piangendo, tutti si abbracciarono.
E, da quel momento, vissero felici e contenti.