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Takoda e la leggenda della grande pipa

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1Takoda e la leggenda della grande pipa Empty Takoda e la leggenda della grande pipa Lun Giu 07, 2021 12:41 pm

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«Finalmente questo maledetto caldo potrò lasciarmelo alle spalle, è insopportabile Mary. Tutta questa polvere, questa sabbia, questo secco…»
«Si, signor S. Me lo dice tutti i giorni, da settimane ormai.»
«Fai meno la spiritosa, ti pago per ascoltarmi. Anche, diciamo.»
«Mi porterete con voi, signor S?»
«Dipende. Soprattutto se, almeno per oggi, riuscirai a non distruggermi la schiena con quel attrezzo di tortura che chiami spazzola.»
Non appena Mary inizia a lavare la schiena di mister S, nel piccolo villaggio di Travis nel Massachusetts, si odono urla poco mascoline, dovute allo strofinare quelle dure setole su una pelle troppo delicata per appartenere a un uomo.
S era arrivato a Travis con una nave mercantile inglese, partita da Liverpool diversi anni prima; in città era conosciuto con la sola lettera iniziale del suo cognome, così come aveva prepotentemente voluto. Un uomo sulla quarantina, alto e biondo, stereotipo perfetto dell’inglese altolocato che in quel periodo attraversava il grande mare in cerca di profitti in una terra che aveva dato, e continuava a dare, molto.
Non molto avvezzo al lavoro manuale, con i risparmi che si era portato dietro aveva aperto la Tower Bank, diventandone proprietario, direttore e unico lavorante; non si fidava di nessuno, soprattutto se si parlava dei suoi soldi.
A Travis, chi più e chi meno, aveva avuto a che fare con lui direttamente. Cinico e affarista, concedeva prestiti di denaro con altissimi interessi e, ben presto, divenne l’uomo più ricco della città. Talmente ricco, che un gruppo di cittadini lo spinse a candidarsi come sindaco, contro il parere della restante frangia cittadina, spalleggiati dal sindaco uscente e dallo sceriffo, che notava in lui qualcosa di spregevole.
«Donna! Accidenti a te e alle tue maniere, se non mi uccide il caldo mi ucciderai tu!»
Mary ride sguaiata, come al solito. Era ormai la compagna di vita del signor S, salvata da una vita da barista in uno dei saloon della città poco dopo il suo arrivo; le aveva concesso di vivere con lui. Dapprima nel piccolo appartamento sopra la banca, poi nella casa padronale costruita all’ingresso della città; enorme, dava l'impressione a molti di essere un pugno nell’occhio nel complesso delle altre strutture cittadine. La donna ebbe l'opportunità di crearsi, grazie a un fondo dell'uomo, una sua scuola, la Marygold School, da ciò che rimaneva di un vecchio deposito di carbone ormai in disuso. La scuola aveva una sola aula e accoglieva tutti i ragazzi di ogni età della cittadina. Mary si scoprì portata all'insegnamento e sopperiva alcune mancanze, con il saperci fare. Insegnava a fare i conti, a scrivere, la geografia e la storia del vecchio mondo e nel giro di un anno dalla sua apertura, la scuola contava già trenta presenti e il preventivo per ampliare la struttura era al vaglio ormai da tempo, con il progetto di aprire un'aerea per insegnare a sellare e ferrare i cavalli. La donna teneva molto alla scuola, tanto da passarci molto tempo, anche oltre l'orario di apertura. Più volte, aveva lamentato di quei buchi di proiettile sui muri, che spaventavano i bambini.
La cultura e l’eleganza inglese dell’uomo, avevano portato freschezza sia nella scuola dove ogni parte era a portata di ragazzino; giochi, mappe, fogli per scrivere; esisteva persino un corso per stenografi e addetti al telegrafo. Le possibilità economiche, si intravedevano anche nella casa della coppia, dove il legno, materiale utilizzato abbondantemente, lasciava spazio in alcune zone a inserti tipicamente da vecchio continente. Come ad esempio il bagno, dove la classica tinozza di legno utilizzata dagli abitanti del nuovo mondo, si era trasformata in una vasca da bagno sospesa su quattro zampe imponenti di un qualche animale che Mary non aveva capito ancora. La brocca e la tinozza per lavarsi faccia e mani, erano state sostituite da una toilette in stile francese, completa persino di specchio. S curava l’immagine della casa in ogni particolare e Mary era da tutti ormai considerata la Signora S e lei ancora doveva abituarsi a quel riconoscimento.
«L’incontro di oggi potrebbe cambiare la nostra vita. Se dovesse andare in porto l’affare, potremo finalmente lasciare questo sputo di città.»
«Ma potremmo farlo comunque, con tutti i soldi che possiedi…»
«Non si tratta di miseri soldi. Non solo per lo meno. Qui parliamo di fama, misticismo, storia. La grande pipa potrebbe farci raggiungere vette economiche e sociali che nemmeno possiamo immaginare.»
S si tira in piedi nella vasca, sgocciolando i residui di dosso scrollandosi come un cane. Mary raccoglie un telo di lino abbastanza grande da avvolgerlo e asciugarlo con cura. S sorride e si dirige verso la zona notte, dove sul letto a barca sono poggiati i suoi abiti migliori; pantaloni neri, camicia marroncina, panciotto nero e giacca del medesimo colore dei pantaloni. Accanto a tutto questo, un Boss of the Plains bianco con rifinitura nera e il suo T.C.Skarrats  in argento, appartenuto a suo nonno. Appeso ai piedi del letto, un cinturone nero di pelle con fondina; all’interno in sicura, una LeMat con tamburo da nove colpi calibro .32, ad azione singola e ad avancarica, comprata nel negozio di Mister Jameson per sostituire la vecchia Colt a sei colpi.
«Con questi, farò una splendida figura.»
«Vado a prepararmi.»
«No, tu rimani qui.»
«Ma signor S, eravamo d’accordo.»
«Gli accordi cambiano, andrò solo. Tu passa alla banca, prendi il denaro nella cassaforte e ritorna qui. Ah, prima di andare, ricordati di lasciarmi le chiavi della scuola.»
Quando S era così serio e perentorio, Mary non poteva fare altro che chinare il capo e annuire, seppur rancorosa per quei suoi sbalzi d’umore, non aveva intenzione di farglielo più notare; la prima e l’unica volta che successe, si ritrovò ricoperta di pugni e schiaffi.
Dopo essersi preparato a dovere, S si dirige al luogo dell’incontro in sella al suo Dred, un aphaloosa nero e bianco di cinque anni, acquistato all’arrivo in città. Percorre al passo tutta la via principale di Travis, lasciandosi andare in saluti teatrali ai compaesani, e una volta arrivato alla Marygold School,  scende da cavallo e attende come concordato l’arrivo della diligenza, dalla quale sarebbe sceso un tale conosciuto per caso durante una mano poco fortunata a poker; si era presentato come il benefattore. Si faceva chiamare Harris, ma il signor S era quasi certo che non fosse il suo nome reale, e forse anche per questo, lo aveva ascoltato con piacere, davanti a un buon bicchiere di torbato e al camino acceso, nella sua casa padronale.
«Vede mister S, quello che le ho proposto è uno scambio più che equo. Sempre che lei comprenda la grandezza di quello che le sto offrendo.»
«Signor Harris, lei per ora mi ha proposto solo di sborsare una cifra astronomica di denaro, per sponsorizzare una ricerca a dir poco stramba e senza punti certi – sorride sotto i baffi i grigi, facendo roteare il bicchiere di whisky con le dita – chiedendomi di accettare che questo manufatto indiano, possa portarmi più in alto di ciò che sono ora. Non di meno, io dovrei consegnarvi alla fine tutto, il mio impero, la mia banca e la mia città, recandomi altrove. E ha pure approfittato della mia ospitalità, oltre ad avermi vinto a poker.»
«Lei è l’unico che può accedere a questa offerta mister S, sia a livello economico che a livello intellettuale. Le posso garantire che la riuscita di questa spedizione è assicurata, non ci saranno intoppi. E si, per accedere a questo affare, lei dovrà lasciare Travis e tutto ciò che le appartiene a me. Solo così potrà accedere alla ricchezza della grande pipa.»
«Sembra quasi un nome inventato.»
«Lei ne sa qualcosa di nomi posticci, vero mister S?»
L’uomo sorride e annuisce soddisfatto, e dopo aver ingerito l’ultima parte di whisky, si alza e raggiunge un grosso quadro sopra il camino. Dopo averlo spostato, Harris nota una grande cassaforte, sulla quale S inizia ad armeggiare.
«Quasi nessuna certezza, solo leggende. Poche probabilità di riuscita. Più varie problematiche che rendono la sua impresa pressoché impossibile.»
Un rumore metallico scandisce l’apertura della cassaforte, S recupera una mazzetta di dollari e si volta verso Harris, lanciandogliela sulle gambe.
«Quando parte, mister Harris?»
Si erano accordati di ritrovarsi alla scuola dopo tre settimane, e S non aveva la minima idea del tragitto che avrebbe fatto l’uomo. O cosa avrebbe dovuto fare per recuperare il manufatto. O dove, lo avrebbe recuperato. O da chi. Non aveva voluto saperne nulla, così da non doversi preoccupare di un’etica già malaticcia.
In quelle settimane, Harris raggiunse la città di Salem, sulla costa. Da lì, a cavallo, raggiunse la parte a nord del fiume Naumkeag, dove resisteva una piccola parte della antica indigena locale; Naumkeake non era morta con la colonizzazione, ma era destinata alla rovina dopo le conquiste.
Nel teepee del capo tribù, Harris attende di essere ricevuto dall’ultimo erede dei wampanoag, un guerriero anziano, leggendario e ormai votato a proteggere i sopravvissuti in quella piccola colonia nascosta al limitare dei boschi. La tenda era addobbata di pelli di animali, corna di bufalo, ciondoli, coltelli e altri ninnoli. Al centro, un piccolo buco nel terreno fungeva da “contenitore” per il fuoco.
Il capo arrivò infine, accompagnato da sua moglie e da un guerriero armato di arco e frecce. Dopo essersi accomodato e sistemato con cura il suo copricapo formato con decine e decine di piume bianche di aquila, attende che sua moglie prenda posto accanto a lui, accendendo il kalumet che viene offerto prima ad Harris.
«Takoda, missione è conclusa?»
«Si, Wakan. L’uomo bianco che si fa chiamare S, ha accettato.»
«Tu essere davvero degno di tuo nome.»
L’inglese forzato, il capo tribù lo aveva imparato proprio da Harris, per comunicare meglio i loro affari. Nel teepee cala il silenzio per diversi minuti, si concentrano i presenti nell’uso del kalumet. Harris è poi il primo a parlare, tirando fuori dalla sua sacca le banconote ricevute in pagamento.
«Questa è la prima parte, sufficiente per armarvi a dovere. Il resto, ve lo consegnerò a tempo debito. Come da accordi, Jameson vi aspetterà fuori città con le armi che volevate, nella discrezione più totale.»
«Tu sarai con noi, Takoda?»
«Come sempre. Non appena S è i suoi soldi saranno fuori dalla città, nessuno potrà fermare la vostra rivalsa.»
Il capo annuisce convinto, e a quel cenno, il guerriero al suo fianco esce dalla tenda senza aggiungere una sola parola. La donna recupera dal lato destro delle sedute, della carne essiccata, frutta e verdura, tutto disposto su un piatto di legno. Lo posiziona tra i due uomini, che insieme cominciano a mangiare.
«Simbolo di pace questo. Tu aiutare noi, tu sarai ben compensato.»
«Tutto quello che desidero, è liberare questa terra dai miei simili per lasciarla a voi.»
«Tu ricorda che grande pipa, deve tornare in mie mani alla fine di tutto.»
«Si, questo è chiaro.»
Pochi istanti dopo, nuvola grigia ritorna con un fagotto tra le mani. Estrema calma usa nel posare davanti al capo il pacco, che con altrettanta cura, afferra i lembi della stoffa per liberare ciò per cui era lì l'uomo bianco; la grande pipa non era altro che un kalumet profetico e leggendario, donato da capo in capo dei wampanoag da immemore tempo. Si dice che prima dell’arrivo dei bianchi, capo orso che dorme ricevette la visione dell’arrivo del pericolo. Ricoperto di lame d’oro, era probabilmente l’unico oggetto di vero valore per la tribù, che poneva in quel artefatto il destino completo della loro vita. Harris li aveva convinti che grazie a quello, avrebbero potuto riavere parte della terra tolta e fare ripartire proprio da Travis la loro storia centenaria.
In silenzio religioso, l’uomo prende dalle mani del capo l’oggetto e china il capo.
«Non ve ne pentirete.»
«Io credo questo.»
«Ci vedremo fuori dalla città tra 10 giorni.»
Harris riprende il suo viaggio a ritroso, fermandosi a Salem dove soggiorna per qualche giorno per perdere un po' di tempo. Prima di ripartire, spedisce un telegramma a Washington;
Oggetto recuperato. Stop. Tutti mi hanno creduto. Stop. Missione quasi terminata. Stop. Seguiranno mie per incontrarci. Stop.
Mister S era fermo davanti alla scuola, mano sinistra nella piccola tasca del panciotto e mano destra che continuava a portare alla vista l’orologio. Il viso preoccupato e nella sua mente si fa strada l’idea di aver preso un abbaglio nel fidarsi di quell’uomo. Proprio mentre stava imprecando per andarsene, in lontananza scorge una nube di polvere che si alza dall’orizzonte. Rinfrancato in parte, apre il portone e lo lascia socchiuso, raggiungendo l'unica aula, oltre l'atrio. Ampia e colma di banchi, era avvolta da un silenzio assoluto, rotto solo dal nitrire dei cavalli. Ode i passi rumoreggiare nell'atrio, fino a ritrovarsi davanti Harris,che ha tra le mani un fagotto di tela rossa, che srotola in silenzio su un banco liberando l'oggetto.  S non crede ai suoi occhi, sorride e da una pacca sulla spalla all’uomo.
«Non mi tocchi, non siamo così amici. Rimango sempre un mercenario, assoldato da lei per trafugare questo oggetto.»
«Io avrei assoldato lei? Ma è stato lei ad offrirsi! E cosa sarebbe questa storia del mercenario?»
«Mai fidarsi di chi non si conosce - detto fatto, Harris estrarre velocemente la sua Colt, piazzando la canna sulla fronte di S – ora le spiego cosa è successo. Io ho fregato lei e gli indiani nello stesso tempo. Lei non prenderà questo oggetto, ma lascerà comunque la città  come da patti.»
«Se lo può sognare!»
«Le conviene ascoltarmi. Entro due giorni, gli indiani saranno qui per sterminare tutti. Non essere in zona sarà essenziale per sopravvivere, ed è un consiglio totalmente gratuito, non così scontato da parte di gente come me. Ma lei mi sta simpatico, dopotutto.»
Il classico rumore del cane che carica il colpo, risuona nella stanza. La mano libera di Harris estrae l’arma dal cinturone di S, posandola sullo scrittoio poco distante.
«In tutta questa storia c’entra anche quel maledetto di uno sceriffo? È stato lui ad assoldarla?»
«No, io lavoro da solo. Non mi interessa di chi fotto con le mie azioni, lo faccio solo per me. E in questo caso, ho soldi contanti, un reperto che vale oro quanto pesa e il piacere di sapere che verrà versato molto sangue. Mi hanno chiamato “amico di tutti”, sono riuscito a fottere anche loro senza utilizzare la forza.»
Ride, indicando con un cenno del capo una trave nel mezzo della stanza. Tenendolo sotto tiro, recupera la stoffa del pacco e lo spinge verso questa e S, con le mani alzate e a passo lento, si dirige li. Si inginocchia, lasciando che l’altro gli leggi le mani e i piedi tra loro. Solo ora, S si accorge dei fori sui muri di cui le parla spesso Mary, resti di una sanguinosa sparatoria, l'ultima di cui avere degna memoria li in città.
«Avviserò la sua donna di venirla a recuperare entro sera. Per quell’ora, sarò già lontano con i miei soldi. Anzi, i suoi soldi.»
Ride di nuovo mentre colpisce alle tempie S con il calcio della pistola, stordendolo tanto da fargli perdere i sensi. Nel silenzio della stanza, Harris accatasta sedute e banchi sopra e tutto intorno al povero S, creando un trambusto non indifferente e rompendo anche qualche banco. Quindi recupera la pipa e la LeMat, lasciando poco dopo la stanza. All’esterno, sale su Dred e si allontana al trotto dalla scuola, in una delle mattine più calde di quel periodo estivo, tra le salsole che vengono mosse dal vento.
 
Sulle rive del Naumkeag, sorge un hotel, un casinò e un luna park a tema indiano. Di quelli veri, dei superstiti wampanoag, non si sa più nulla da anni ormai. A Travis, ora disabitata, si è raccontato per anni di quella sanguinosa mattina, dove centinaia di bianchi vennero trucidati da un gruppo di indiani armati e di come poi questi ultimi, presero possesso della città, svanendo negli anni per la poca conoscenza di una vita “da bianco”. La Marygold School è una delle poche strutture in piedi, restaurata e trasformata in museo. I fori di proiettile sono ancora lì.
 
A Washington, Harris il mercenario, era finito in bancarotta; il suo affare con la grande pipa, non era decollato. Aveva subito cercato di piazzarla a S. P. Langley, direttore del famoso museo della città, che però  aveva valutato il reperto un gran bel falso. In seguito, dopo aver estratto le foglie d’oro vendendole poi a peso, aveva scoperto che il kalumet era composto da catlinite. Dopo aver cercato di vederlo per materiale, lo dona allo stesso museo, nella sezione dedicata agli indiani ad opera di George Catlin.
 
A Londra, S era invecchiato abbastanza da essersi perso qualche particolare, ma in quei quasi vent’anni passati, era riuscito a passare la vera storia a suo figlio Robert, avuto con Mary. I pochi risparmi che aveva nascosto, avevano consentito alla coppia di investire nuovamente in una banca a conduzione famigliare, Mary era tornata a insegnare in una scuola primaria. Avevano una bella casa vicino a Buckingham Palace; appezzamento di terra fuori città e una vettura. La villa colonica l’aveva scelta Mary, in qualche modo le ricordava la casa a Travis. Al secondo piano della struttura, l’ampio bagno adornato da drappeggi e ceramiche e profumava di uno spiccato sentore di rose; nel loro atto odierno, la coppia si trovava lì in quel momento.
«Alla fine, siamo riusciti ad andarcene, questo era l’importante, no Albert?»
«Più o meno. Fossi stato più furbo, avremmo vissuto decisamente meglio. Se quel maledetto non mi avesse fregato come un fesso.»
«Si. Jackson, me lo dici tutti i giorni, da settimane.»
«Scusa Mary, le abitudini sono dure a morire. Passa bene la spazzola dietro la schiena, mi raccomando.»
«Ti sei abituato alla fine eh!»
«No. È che alcune cose cambiano. Altre, per fortuna, no. E se devo proprio essere sincero, la grande pipa a me ha portato fortuna, con te e Robert. Non posso proprio lamentarmi.»
«Via signor S, così mi fai arrossire. Chiudi gli occhi, che il sapone poi ti brucia.»

vivonic

vivonic
Admin
Admin

Purtroppo, la lettura di questo racconto è stata davvero difficile.
Innanzitutto per la gran quantità di errori di punteggiatura che, invece di agevolare la lettura, la inceppano troppo spesso; poi per il gran muro di parole che ci si trova davanti, con periodi talvolta molto articolati. A occhio e croce, hai usato quasi tutti i caratteri consentiti dal contest, quindi in questi casi è fondamentale usare bene gli a capo e gestire il ritmo e il climax, soprattutto perché concorri con racconti che indubbiamente saranno più brevi del tuo, e quindi devi rendere la lunghezza del tuo racconto un punto di forza, non un vulnus.
Un consiglio che ti do è di far leggere il tuo racconto a qualcun altro, prima di inviarlo: tante volte non ci accorgiamo di alcune cose perché per noi vanno bene così; una seconda lettura, prima di concorrere a un premio letterario (per quanto nel forum in cui sei a casa tua) è sempre una malizia giusta Smile
Mi dispiace, ma per me non è stata una lettura piacevole. Potrei dire che non amo molto il western, ma la verità è che in questo step ho scoperto che non è poi che mi dispiaccia proprio, anzi! Invece, credo che la resa stilistica non conferisca a questo racconto il giusto riscontro che meriterebbe, perché poi la trama è anche interessante e la storia poteva sfondare.
Alla prossima, un caro abbraccio.


______________________________________________________
Un giorno tornerò, e avrò le idee più chiare.

Petunia

Petunia
Moderatore
Moderatore

Ciao autor


“ Si dice che prima dell’arrivo dei bianchi, capo orso che dorme ricevette la visione dell’arrivo del pericolo. Ricoperto di lame d’oro, era probabilmente l’unico oggetto di vero valore per la tribù, che poneva in quel artefatto il destino completo ”




Forse tutto il progetto della storia ė nato da qui. Devo dirti che il titolo che hai scelto è la parte che ho apprezzato di più. Lo trovo coerente col genere e accattivante.
Devo dirti che ho faticato parecchio ad arrivare in fondo. La storia pare non finire mai. Mi sono chiesta perchè visto che l’argomento poteva essere intrigante.
Secondo me hai inserito troppe cose, troppi personaggi, situazioni senza dare il giusto peso a ogni aspetto. È una sorta di calderone western dove mi sono persa più di una volta.
L’incipit era buono e molto promettente. Poi le nebbie del Kalumet hanno invaso il testo e ho smarrito la strada... mi spiace.


Ti segnalo dei punti attenzione

La scuola aveva una sola aula e accoglieva tutti i ragazzi di ogni età della cittadina. Mary si scoprì portata all'insegnamento e sopperiva alcune mancanze, con il saperci fare. Insegnava a fare i conti, a scrivere, la geografia e la storia del vecchio mondo e nel giro di un anno dalla sua apertura, la scuola contava già trenta presenti e il preventivo per ampliare la struttura era al vaglio ormai da tempo, con il progetto di aprire un'aerea per insegnare a sellare e ferrare i cavalli. La donna teneva molto alla scuola, tanto da passarci molto tempo, anche oltre l'orario di apertura. Più volte, aveva lamentato di quei buchi di proiettile sui muri, che spaventavano i bambini.
La cultura e l’eleganza inglese dell’uomo, avevano portato freschezza sia nella scuola dove ogni parte era a portata di ragazzino; giochi, mappe, fogli per scrivere; esisteva persino un corso per stenografi e addetti al telegrafo. 
Le descrizioni sono eccessive, la parola scuola è ripetuta troppe volte, cercherei un sinonimo.
Questa parte, (premesso che la sfoltirei in abbondanza) sarebbe più logico inserirla quando dici che abitano in una villa. Questa descrizione, messa dopo, interrompe veramente il filo della lettura e risulta prolissa.
Le possibilità economiche, si intravedevano anche nella casa della coppia, dove il legno, materiale utilizzato abbondantemente, lasciava spazio in alcune zone a inserti tipicamente da vecchio continente. Come ad esempio il bagno, dove la classica tinozza di legno utilizzata dagli abitanti del nuovo mondo, si era trasformata in una vasca da bagno sospesa su quattro zampe imponenti di un qualche animale che Mary non aveva capito ancora. La brocca e la tinozza per lavarsi faccia e mani, erano state sostituite da una toilette in stile francese, completa persino di specchio. S curava l’immagine della casa in ogni particolare e Mary era da tutti ormai considerata la Signora S e lei ancora doveva abituarsi a quel riconoscimento.
anche questa descrizione troppo dettagliata dell’abbigliamento costituisce un grosso “embolo” nella lettura. Porre la lente d’ingrandimento su dettagli di questo tipo, se non sono funzionali al racconto (e questo non lo sono a mio avviso) rallenta tantissimo e toglie fluidità .
Mary raccoglie un telo di lino abbastanza grande da avvolgerlo e asciugarlo con cura. S sorride e si dirige verso la zona notte, dove sul letto a barca sono poggiati i suoi abiti migliori; pantaloni neri, camicia marroncina, panciotto nero e giacca del medesimo colore dei pantaloni. Accanto a tutto questo, un Boss of the Plains bianco con rifinitura nera e il suo T.C.Skarrats  in argento, appartenuto a suo nonno. Appeso ai piedi del letto, un cinturone nero di pelle con fondina; all’interno in sicura, una LeMat con tamburo da nove colpi calibro .32, ad azione singola e ad avancarica, comprata nel negozio di Mister Jameson per sostituire la vecchia Colt a sei colpi.
«Con questi, farò una splendida figura.»
«Vado a prepararmi.»
Secondo me la storia a livello di contenuto può avere il suo fascino, ma dovresti lavorare per rivedere la struttura del racconto e asciugare, tagliare e asciugare ancora... Forse ti è mancato il tempo. I testi guadagnano tanto da qualche giorno di riposo. Rileggerli dopo a mente fredda fa vedere meglio tanti aspetti.
Qui sembra che tu abbia scritto e non abbia avuto il tempo di rielaborare.
Quando lo farai ne verrà fuori una ottima storia.

paluca66

paluca66
Maestro Jedi
Maestro Jedi

Car* aut* sono in difficoltà a commentare questo racconto in quanto le cose che non vanno sono davvero tante e questo mi dispiace molto; innanzitutto perché dietro a uno scritto, soprattutto di queste dimensioni, c'è tanto impegno e lavoro e poi perché questo step è stato veramente molto impegnativo e quasi sicuramente, come successo anche a me, sarai arrivat* sul filo fi lana per la consegna senza avere la possibilità di rileggere e far leggere a un terzo il racconto.
Un esempio in questo periodo:
Ride, indicando con un cenno del capo una trave nel mezzo della stanza. Tenendolo sotto tiro, recupera la stoffa del pacco e lo spinge verso questa e S, con le mani alzate e a passo lento, si dirige li. Si inginocchia, lasciando che l’altro gli leggi le mani e i piedi tra loro. Solo ora, S si accorge dei fori sui muri di cui le parla spesso Mary, resti di una sanguinosa sparatoria, l'ultima di cui avere degna memoria li in città.
Errori di "consecutio" con tempi verbali che vanno e vengono dal presente, all'imperfetto al passato remoto con gran confusione
concedeva prestiti di denaro con altissimi interessi e, ben presto, divenne l’uomo più ricco della città.
Nel teepee del capo tribù, Harris attende di essere ricevuto dall’ultimo erede dei wampanoag, un guerriero anziano, leggendario e ormai votato a proteggere i sopravvissuti in quella piccola colonia nascosta al limitare dei boschi. La tenda era addobbata di pelli di animali, corna di bufalo, ciondoli, coltelli e altri ninnoli. Al centro, un piccolo buco nel terreno fungeva da “contenitore” per il fuoco
Il capo arrivò infine, accompagnato da sua moglie e da un guerriero armato di arco e frecce. Dopo essersi accomodato e sistemato con cura il suo copricapo formato con decine e decine di piume bianche di aquila, attende che sua moglie prenda posto accanto a lui
Errori di punteggiatura che fanno fare tanta fatica nella lettura
Le possibilità economiche, si intravedevano anche nella casa della coppia
La storia poteva essere interessante e sicuramente va premiata la fantasia ma è molto complessa, forse eccessivamente lunga a causa di molte divagazioni che distolgono l'attenzione dall'essenziale e finiscono con il far perdere il filo; personalmente alla fine mi sono perso, purtroppo.
Un'ultima osservazione, questa però mia: immagino sempre che le storie di west si svolgano sulla costa del pacifico e non su quella dell'Atlantico ma probabilmente mi sbaglio.


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FedericoChiesa

FedericoChiesa
Cavaliere Jedi
Cavaliere Jedi

Ciao Autore.
Anche io ho fatto fatica in molti punti.
Alcuni personaggi non sono credibili e convincenti. Il signor S, avido e senza scrupoli, finanzia una scuola per rendere felice Mary? Poi la picchia quando lei gli fa notare gli sbalzi d'umore?
Alla prossima, comunque.
P.S. Non sono un amante dei racconti scritti al tempo presente, ma questo è un giudizio assolutamente soggettivo.

Byron.RN

Byron.RN
Maestro Jedi
Maestro Jedi

Voglio partire dai punti positivi di questo racconto, perché secondo me ce ne sono.
Prima di tutto la trama, perché penso che sia stata congegnata bene, con logicità e coerenza.
Poi ci vedo dello studio, l'autore si è documentato prima mettere insieme le parole, ha approfondito ciò di cui voleva scrivere e questa è sempre una cosa buona.
La realizzazione però contiene delle criticità.
Questa potrebbe essere una prima stesura, da asciugare e sfrondare ai passaggi successivi. Ci sono alcune parti che sono ininfluenti ai fin inarrativi, pezzi che potrebbero essere eliminati per rendere la narrazione più leggera e scorrevole.
Altra cosa che ti hanno detto è la concordanza verbale, coi tempi che non sempre concordano e che quindi creano un altro rallentamento nella lettura.
Poi un'altra scelta che farei è separare visivamente anche i vari periodi in cui si svolge la tua storia.
Dopo che S. si è preparato ci porti all'incontro che ha avuto con Harris la settimana prima, senza farci capire che si tratta di un evento del passato. Questo può generare confusione in chi legge, quindi dovresti separarlo, o con uno stacco oppure utilizzando magari il corsivo.
Io comunque l'atmosfera di frontiera l'ho sentita e l'ho apprezzata.

A Petunia garba questo messaggio

Danilo Nucci

Danilo Nucci
Cavaliere Jedi
Cavaliere Jedi

Comincio dai vincoli previsti dalla prova.
Ok per il genere, c’è il banchiere e con un’interpretazione estensiva il mercenario che definirei più propriamente un avventuriero, un truffatore. Trovo del tutto inconsistente invece la stanza da bagno che, al di là di un paio di citazioni e descrizioni, mi è parsa del tutto ininfluente nella narrazione.
Non ripeto quanto già osservato sulla punteggiatura e i tempi verbali.
Eppure, con maggior attenzione, soprattutto nella rilettura e con una semplificazione della vicenda, sono convinto che poteva venir fuori una buona storia.
Indico di seguito, alcune cose che mi sono segnato nella lettura, senza la pretesa di voler insegnare qualcosa, ma nella speranza che possano esserti utili:
Nelle prime due righe ci sono per ben quattro volte “questo” e “queste”
“… non distruggermi la schiena con quel attrezzo di tortura” : quell’attrezzo
“contro il parere della restante frangia cittadina, spalleggiati…” preferirei un altro termine al posto di “frangia” e in ogni caso “spalleggiata” e non “spalleggiati”
“La donna ebbe l'opportunità di crearsi, grazie a un fondo dell'uomo, una sua scuola, la Marygold School, da ciò che rimaneva di un vecchio deposito di carbone ormai in disuso” E’ una costruzione complicata del periodo, la riscriverei in altro modo. Ad esempio: “Mary, grazie all’aiuto finanziario dell’uomo, ebbe la possibilità di creare una scuola tutta sua, partendo da ciò che rimaneva di un vecchio deposito di carbone in disuso” o qualcosa di simile.
“sopperiva alcune mancanze, con il saperci fare” Semmai “sopperiva ad alcune mancanze, ma la frase non è comunque molto bella.   

“la scuola contava già trenta presenti” avrei detto “iscritti”
“La cultura e l’eleganza inglese dell’uomo, avevano portato freschezza sia nella scuola dove ogni parte era a portata di ragazzino” Anziché “a portata” avrei detto “a misura di bambino”, ma soprattutto la prima parte della frase cozza decisamente con quella successiva “la prima e l’unica volta che successe, si ritrovò ricoperta di pugni e schiaffi”, che rende un po’ contraddittorio il personaggio, rendendolo poco plausibile.
“S si tira in piedi nella vasca, sgocciolando i residui di dosso scrollandosi come un cane”  È una frase che non mi è piaciuta e che trovo un po’ improbabile nell’accostamento al cane, a meno che S non fosse talmente irsuto da ricordare la folta pelliccia di un cane.  

“così da non doversi preoccupare di un’etica già malaticcia”. Credo di aver intuito il senso della frase ma non è molto chiaro
“una piccola parte della antica indigena locale” probabilmente manca qualcosa: tribù?
“si concentrano i presenti nell’uso del kalumet” Meglio: I presenti si concentrano nell’uso del “kalumet”
“Non appena S è i suoi soldi saranno fuori dalla città, nessuno potrà fermare la vostra rivalsa.» C’è una e accentata e userei un altro sinonimo di rivalsa
“Estrema calma usa nel posare davanti”. Meglio: “Usa estrema calma nel posare…”
“Si inginocchia, lasciando che l’altro gli leggi le mani e i piedi”  Gli leghi.
“stordendolo tanto da fargli perdere i sensi” dà il senso di un’azione che si protrae nel tempo e non un colpo secco con il calcio della pistola.
Scusa per la lunghezza che non mi è solita.

Antonio Borghesi

Antonio Borghesi
Cavaliere Jedi
Cavaliere Jedi

Ho dovuto interrompere la lettura del tuo interessante racconto che mi stava offrendo una cultura sugli indiani e quando l'ho ripreso, avendone perso il filo, ho ricominciato da capo. Forse colpa mia, non finiva più. Credo tu l'abbia appesantito troppo e ci sarebbe molto da sfoltire. Vi sono anche parecchi errori e molte ripetizioni della stessa parola nei vari paragrafi. La fantasia è buona e quindi bisogna solo migliorare la scrittura. Ti segnalo solo un refuso che mi sembra scappato ai precedenti commentatori: estrarre (estrae) velocemente la sua Colt,

digitoergosum

digitoergosum
Cavaliere Jedi
Cavaliere Jedi

Ciao. Grazie per aver scritto per noi.

La pulci (alcune perché sono troppe):

1. La punteggiatura, che sono spesso a giustificare anche quando non l'userei nello stesso modo, è troppo confondente. 

2. La costruzione dei tempi verbali è sbagliata. Prendo un solo esempio dei tanti. Da "In quelle settimane, Harris..." a "...accendendo il kalumet che viene offerto prima a Harris." passi, parlando della stessa scena, dal passato remoto all'imperfetto, poi al presente. Torni all'imperfetto, poi al passato remoto, infine ancora al presente.

3. "La cultura e l'eleganza inglese dell'uomo, avevano portato freschezza sia..." e non c'è poi, dopo quel "sia", un confronto.

4. "...in una vasca da bagno sospesa su quattro zampe imponenti di un qualche animale che Mary non aveva capito ancora..." Non aveva capito ancora...e chiudi, togliendo il fiato.

5. "Se dovesse andare in porto l'affare, potremo..." Potremmo.

6. Calibro .32. Il punto prima di 32 non ci va. 

Piacevolezza di lettura:

Mi spiace dirlo, ma è bassa. La punteggiatura, i refusi, l'errore sui tempi verbali hanno pesato su una trama che poteva anche convincere (sebbene anche questa confusa). A un terzo del racconto ho smesso di prendere appunti e ho deciso di leggere tutto d'un fiato per almeno godermi la storia, che non è male seppure ingenua. Questo è un racconto che avresti potuto far visionare a qualcuno prima di inviarlo. Probabilmente, vista la difficoltà dello step, non hai avuto il tempo di revisionarlo e farlo revisionare. Al termine dello step, ne sono convinto, coi consigli ricevuti lo riscriverai e sarà bellissimo rileggerlo finalmente sistemato. A presto.

10Takoda e la leggenda della grande pipa Empty Re: Takoda e la leggenda della grande pipa Mar Giu 15, 2021 11:45 am

Ospite


Ospite

Sono l'unico che non correggerà una virgola del tuo bel racconto, gli errori hanno fatto bene a segnalarteli, ma puntare solo su quelli mi sembra assurdo.
Chissà quanto impegno hai messo per scriverlo, lo hai farcito di notizie precise, ti sei informato molto, moltissimo. Forse avresti fatto meglio a scrivere in scioltezza la tua storia, che poi a chi vuoi che importi se la pistola non è una colt e si carica davanti? La concentrazione sui dettagli ha fatto sbandare la linea dei tuoi verbi. Per solidarietà dico che succede anche a me.
Ma se hai affollato di notizie il tuo racconto è perché vuoi una lettura con il massimo appetito,
che ingoi tutto. Con piacere.
Un bell'abbraccio e goditi un bel caffè con me.

11Takoda e la leggenda della grande pipa Empty Re: Takoda e la leggenda della grande pipa Mer Giu 16, 2021 12:22 am

Susanna

Susanna
Maestro Jedi
Maestro Jedi

Inizio con i paletti e poco altro.
Il titolo è discreto ma porta immediatamente dentro una possibile trama, senza incuriosire di più.
Il genere c’è.
Il bancario anche, correlato all’epoca.
Il bagno lo vedo infilato dentro a forza: avrebbe potuto essere un soggiorno o una camera da letto, di cui descrivere gli arredamenti di lusso e dove delineare ad es. una cena o la preparazione per la notte per fornirci le stesse informazioni.
La scuola è ben delineata, un po’ meno la figura di Mary, che all’inizio viene descritta come una barista, poi diventa un’insegnante, che però ride sguaiatamente... un po’ incongruente col ruolo di insegnante. Inoltre lei poteva anche essere portata all’insegnamento, ma non ne aveva apparentemente la portata culturale, quindi come poteva insegnare stenografia ecc. ecc. Insegnanti esterni? Con una sola aula a disposizione e con allievi di tante età diverse? Non so, una scuola di un piccolo paese del West la vedo più come dispensatrice delle nozioni base, che per l’epoca era comunque già molto.
Non sono riuscita a collegare l’eleganza inglese con la dotazione scolastica. La cultura magari sì, ma l’eleganza?
Il mercenario ci sta.
Nell’insieme i paletti sono rispettati, ma non appieno.
 
Caro aut*, la lettura di questo racconto mi è stata purtroppo faticosa, eppure l’idea su cui di regge la trama non sarebbe stata male, ma c’è troppo di tutto perché sia davvero godibile.
Un suggerimento che mi permetto, senza offesa ovviamente, è di riprenderlo e sfondarlo da tante nozioni – di cui riconosco il valore della ricerca, sempre utile – che appesantiscono inutilmente.
Penso che nessuno di noi sia digiuno di qualche film western, quindi possiamo agevolmente immaginare ad es. l’abbigliamento dell’epoca, un accampamento indiano, le armi (che poi se non sei esperto conoscerne le caratteristiche non fa differenza).
Molte frasi sono troppo lunghe, in alcuni casi con descrizioni che sarebbe stato meglio suddividere con punteggiatura più appropriata.
Punteggiatura che meriterebbe maggior attenzione: i ; (troppi) sostituiti con . o : agevolerebbero molto, ci sono refusi che probabilmente ad una lettura a mezza voce si noterebbero (sopperiva ad alcune mancanze), oppure, così come ha suggerito [Devi essere iscritto e connesso per vedere questo link] sarebbe utile coinvolgere un primo lettore cavia.
In alcuni punti ci sono immagini e descrizioni che nell’economia di un buon racconto a mio parere proprio andavano evitate (scrollandosi come un cane...la descrizione particolareggiata degli abiti – buon lavoro di ricerca ma serve in questo contesto?) perché appesantiscono inutilmente e fanno perdere la traccia della trama.
 
Penso che tu abbia voluto strafare, inserendo tante, troppe informazioni non funzionali per un racconto delle dimensioni volute, quasi che il lavoro iniziale ti sembrasse troppo corto. In realtà, sfrondando da questo insieme di nozioni, il racconto, anche se più corto, si leggerebbe molto meglio.
Il numero dei caratteri disponibili non deve essere un traguardo da raggiungere ad ogni costo, soprattutto quando con meno spazio si raggiunge ugualmente lo scopo di agguantare il lettore e tenerlo incollato fino alla fine.
 
 
Mi permetto di farti notare alcuni dei passaggi in cui sono incespicata, non volermene.
 
S era arrivato a Travis con una nave mercantile inglese, partita da Liverpool diversi anni prima – sembra che la nave abbia impiegato anni per il viaggio.
aveva prepotentemente voluto – perché prepotentemente? Perché era ricco?
A Travis, chi più e chi meno, aveva avuto a che fare con lui direttamente – forse intendevi tutti avevano avuto a che fare.
Sindaco uscentepreventivo...aprire un’area ecc. – orario di apertura – troppo moderno, se vuoi far entrare il lettore nell’atmosfera dell’epoca dovresti adottare un lessico più o meno tipico del periodo, le locuzioni moderne o troppo ricercate stonano
grazie a un fondo – magari ad un prestito.
Mary era da tutti ormai considerata la Signora S e lei ancora doveva abituarsi a quel riconoscimento – perché doveva abituarsi? In fondo, per quell’epoca, lei era stata molto fortunata, se capitavano queste fortune... prendi e godine.
scrollandosi come un cane...
saluti teatrali - nomi posticci – etica malaticcia
fosse il suo nome reale, e forse anche per questo, lo aveva ascoltato con piacere, davanti: perché è più piacevole se il suo nome è un altro?
ampia e colma di banchi...
banca a conduzione famigliare (come una drogheria?)
Mi dispiacciono molto,  caro aut* per queste critiche, sicuramente l’impegno profuso è stato tanto, magari hai lavorato fino all'ultimo ma avendo scelto il genere western il racconto avrebbe dovuto portarmi dentro a quell’epoca anche con un linguaggio adeguato, magari più semplice ma più immediato.


______________________________________________________
"Quindi sappiatelo, e consideratemi pure presuntuoso, ma io non scrivo per voi. Scrivo per me e, al limite, per un'altra persona che può capire. Spero di conoscerla un giorno… G. Laquaniti"

A vivonic garba questo messaggio

12Takoda e la leggenda della grande pipa Empty Re: Takoda e la leggenda della grande pipa Gio Giu 17, 2021 10:19 pm

miichiiiiiiiiiii

miichiiiiiiiiiii
Younglings
Younglings

Ciao, innanzitutto vorrei dire che non mi piace per niente il genere western, ma questa storia mi ha coinvolta, è vero però che leggerla mi ha appesantito un po'.
Saranno la punteggiatura e qualche tempo verbale non azzeccato, ma la trama è davvero bella e rispetta quasi tutti i paletti, tranne secondo me "il bagno", che è inserito come un accessorio secondario, non indispensabile.
Il titolo è molto coerente con la storia narrata e mi piace.
Complimenti!

13Takoda e la leggenda della grande pipa Empty Re: Takoda e la leggenda della grande pipa Gio Giu 17, 2021 11:34 pm

Arianna 2016

Arianna 2016
Maestro Jedi
Maestro Jedi

Direi che i problemi formali sono già stati sottolineati nei precedenti commenti: ortografia, punteggiatura, gestione dei tempi verbali, lessico, uso delle preposizioni.
Il racconto necessita di una forte revisione.
Anche la costruzione narrativa mi ha generato un senso di confusione e di forzatura logica.
Mi dispiace non riuscire ad apprezzare questo tuo racconto, nel quale senza dubbio tu hai messo molto impegno e per il quale ti sei documentato molto.

14Takoda e la leggenda della grande pipa Empty Re: Takoda e la leggenda della grande pipa Lun Giu 21, 2021 8:46 pm

Fante Scelto

Fante Scelto
Cavaliere Jedi
Cavaliere Jedi

Tante cose non vanno nella forma di questo racconto, ma anche nella logica che c'è dietro.
Non ripeterò le osservazioni fatte su alcuni palesi errori grammaticali o di battitura, ma le virgole fuori posto sono davvero un'infinità.
Ti segnalerei anche le maiuscole mancanti in tutti i nomi tradotti degli indiani.
Preferisco comunque concentrarmi sull'aspetto logico della storia, perché è quello che di solito mi colpisce di più.
Ti cito alcune cose che non mi convincono.

- Il signor S. Non ci dici niente del perché debba farsi chiamare solo S. Gli anglosassoni vanno così fieri dei loro cognomi, deve esserci un motivo per questa forma di anonimato. Dalla storia appare incomprensibile.
E non voglio credere che sia un modo per risparmiare caratteri...

- Un uomo che appare pragmatico e attento ai soldi come S, può mai sborsare tutto quello che ha, incluso andarsene da casa sua, perché un tizio (con nome probabilmente falso Smile ) gli promette un artefatto indiano che dà accesso a infinite ricchezze?
Capirei se S fosse, che ne so, un appassionato folle di cultura indiana. O uno studioso di vecchi miti.
Dalla storia traspare tutt'altro.
Ma poi, uno che vuole dei soldi per darti in cambio enormi ricchezze, che senso avrebbe?
Ripeto: la storia sarebbe stata plausibile se il personaggio fosse stato messo nelle condizioni di credere a una cosa palesemente impossibile. Ma S è tutt'altro tipo di personaggio.

- Mi calo per un attimo nel ruolo di Harris.
Lui convince il capo indiano a farsi dare il loro artefatto leggendario per poterlo dare a un tizio (S) in cambio delle sue ricchezze e del fatto che se ne vada da Travis.
Come se la presenza di S a Travis possa fare una qualche differenza per gli indiani.
Non ho proprio capito.
Cioè, ho capito che Harris voleva la pipa per sé. Ma tutta la faccenda che ha montato su non mi sembra coerente o credibile, perlomeno con le informazioni che il racconto ci fornisce.


Questo lavoro ha comunque un pregio che ho apprezzato molto: la grande cura e ricercatezza che hai messo nei dettagli. Cioè, cavoli: marche, calibri, nomi, luoghi, abiti, accessori, si vede che o sei appassionato/a del genere western oppure hai fatto una ottima ricerca.
A titolo di puntiglio ti correggo solo due cosette: il cavallo sarebbe di razza Appaloosa e calumet si scrive con la C.
A parte questo, la cura così intensa del dettaglio è per me un grande valore, perché trasmette passione e amore per il lavoro che hai svolto.
Devi solo inquadrare meglio il tutto, perché la storia, al di là dei numerosi errori formali, aveva un buon potenziale che l'eccessiva fantasia ha compromesso, almeno per me.

Alla prossima!

15Takoda e la leggenda della grande pipa Empty Re: Takoda e la leggenda della grande pipa Mar Giu 22, 2021 8:16 am

gipoviani


Padawan
Padawan

Si lo so, la scrittura non è sempre chiara e scorrevole. Ma questa si può correggere e migliorare. La storia in se non è male e il personaggio principale, il signor S, ben delineato e alla fine simpatico. Tutti alla fine abbiamo il sogno che accada un episodio che ci cambi radicalmente la vita. 
A me il racconto è piaciuto. Tieni conto delle osservazioni che i lettori più bravi di me t hanno fatto per migliorare la tua scrittura e continua a farlo.
Spero di rileggerti presto.

A Petunia garba questo messaggio

16Takoda e la leggenda della grande pipa Empty Re: Takoda e la leggenda della grande pipa Mar Giu 22, 2021 11:12 am

ImaGiraffe

ImaGiraffe
Cavaliere Jedi
Cavaliere Jedi

Ciao Aut* 

Voglio fare una confessione. Il titolo del tuo racconto era quello che mi aveva più colpito. Mi ero fatto l'idea che fosse un testo western con del fantasy o comunque qualcosa di assurdo degno di una saga. 
Poi però man mano che andavo avanti con la lettura, seppur faticosa visto la punteggiatura, mi sono perso; arrivando alla cruda realtà. 
Le mie aspettative sono state distrutte. la prima parte l'ho trovata troppo lunga, anche se è ben particolareggiata mi è risultata pesante. Mentre quando si arriva al vero nocciolo della questione gli avvenimenti sembrano accelerare scorrendo troppo in fretta. 
Come ho già fatto notare a un altro testo. Mi ha infastidito l'uso del linguaggio stereotipato per gli indiani. Potevi trovare un altro modo per far trasparire quell'incomunicabilità. 
Il pregio di questo testo è senz'altro la tua persona. Si percepisce che hai grandi idee e soprattutto originali, forse però ti sei fatt* prendere troppo la mano aggiungendo cose su cose. 
In ogni caso l'ho ritenuta una buona prova. Ti faccio i complimenti e ti ringrazio.

17Takoda e la leggenda della grande pipa Empty Re: Takoda e la leggenda della grande pipa Mar Giu 22, 2021 11:31 am

CharAznable

CharAznable
Maestro Jedi
Maestro Jedi

Parto dal principio. Dal titolo. leggendolo mi ero immaginato una favola. Un racconto su qualche mito indiano. Invece ti ritrovi un racconto cinico, dove tutti cercano di fregarsi a vicenda.
La trama non è male ma risulta lacunosa in alcuni passaggi. Forse necessitava uno sviluppo maggiore di quello consentito dal racconto breve. Molti dettagli rimangono sospesi e la vicenda ha necessitato di un'appendice per svelare alcuni fatti. Non mi ha convinto molto (anche se la trama mi ha preso parecchio).
Attenzione a punteggiatura e ripetizioni.
Complimenti per il lavoro.
Grazie


______________________________________________________

I giorni indimenticabili della vita di un uomo sono cinque o sei in tutto. Gli altri fanno volume.

18Takoda e la leggenda della grande pipa Empty Re: Takoda e la leggenda della grande pipa Mer Giu 23, 2021 8:19 pm

Arunachala

Arunachala
Admin
Admin

mi spiace, autore, chiunque tu sia, ma devo tirarti per bene le orecchie.
punteggiatura da rivedere in toto, assolutamente.
tempi verbali a volte errati.
qualche refuso vario.
insomma, ho come l'impressione che non sia neppure stato riletto, scritto di getto e mandato.
la storia in sé non sarebbe male per nulla, ma la stesura e l'esposizione del testo danneggiano in modo tremendo.


______________________________________________________
L'unico modo per non rimpiangere il passato e non pensare al futuro è vivere il presente

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Non si può toccare l'alba se non si sono percorsi i sentieri della notte.

Kahlil Gibran

19Takoda e la leggenda della grande pipa Empty Re: Takoda e la leggenda della grande pipa Lun Giu 28, 2021 3:33 pm

Akimizu

Akimizu
Cavaliere Jedi
Cavaliere Jedi

Va be', e che devo dire? Faccio giusto due osservazioni. Salem è in Massachusetts, sul mare, è nota ai più per la vicenda delle streghe. Più a est non si può, forse giusto l'isola di Terranova. Quindi la frontiera anche no. Gli indiani Wampanoag, anche loro sono noti, sono la tribù che offrì il tacchino ai padri pellegrini. Quindi mi spiace, ma corna di bisonte, tepee, piume d'aquila, anche no. Il signor S, ok l'anonimato, ma non siamo in un villaggio di frontiera, non è più frontiera da 200 anni, quindi dubito si possa permettere a un uomo senza nome e quindi senza documenti di aprire una banca e fare il sindaco. Queste cose, più di tutti gli errori sintattici, morfologici, di consecutio ect mi hanno impedito di godermi il racconto. Perché gli errori si correggono, basta una rilettura, due, tre, ecco, ma certe cose sono più pesanti. C'è poi anche il problema del narratore onnisciente. Ora, il mio consiglio è quello di far sempre parlare i personaggi, non solo nei dialoghi, con le loro azioni, le loro emozioni, loro devono vivere sul serio, devono raccontarci chi sono e la loro storia, non lo deve fare il narratore onnisciente. È molto difficile farlo, davvero, ma raccontare invece di mostrare è una scorciatoia, non è la via giusta.
Alla prossima.

A Susanna garba questo messaggio

20Takoda e la leggenda della grande pipa Empty Re: Takoda e la leggenda della grande pipa Mar Giu 29, 2021 12:24 pm

Resdei

Resdei
Maestro Jedi
Maestro Jedi

Ciao.
Dopo il commento di Aki, che ogni volta leggo con attenzione, perché, non me ne vogliano gli altri, c’è sempre da imparare…
è dura scrivere due parole.
Perché in molti dei tuoi “errori” mi ci riconosco, come "parlare" io invece dei personaggi.
Alcune descrizioni, a volte, sono esasperate, ti dilunghi in particolari che non aggiungono molto alla storia vera e propria.
Come se dovessi dimostrare di conoscere a fondo l’argomento e viene fuori un’esposizione da compito in classe.
Beh, la scuola c’era!
Secondo me hai messo troppa carne al fuoco e la lettura viene disturbata dalle eccessive divagazioni che non catturano l’attenzione come dovrebbero.
Il titolo mi aveva affascinato molto.
a rileggerci

A Akimizu garba questo messaggio

21Takoda e la leggenda della grande pipa Empty Re: Takoda e la leggenda della grande pipa Mer Giu 30, 2021 11:46 am

The Raven

The Raven
Admin
Admin

INTERVENTO DI MODERAZIONE
Il racconto "Takoda e la leggenda della grande pipa" viene posto Fuori Concorso per rinuncia dell'autore.


______________________________________________________
IN GRAN SILENZIO OGNI PARTIGIANO GUARDAVA QUEL BASTONE SU IN COLLINA.


REACH OUT AND TOUCH FAITH!                                                                                               Sembrano di sognante demoni gli occhi, e i rai
                                                                                         del lume ognor disegnano l’ombra sul pavimento,
né l’alma da quell’ombra lunga sul pavimento
sarà libera mai!
Quel vizio che ti ucciderà
non sarà fumare o bere,
ma è qualcosa che ti porti dentro,
cioè vivere.

22Takoda e la leggenda della grande pipa Empty Re: Takoda e la leggenda della grande pipa Mer Giu 30, 2021 12:15 pm

Asbottino

Asbottino
Cavaliere Jedi
Cavaliere Jedi

Il primo dubbio è un western sulla costa Est (sarebbe un eastern?). Come ambientazione non mi convince. Tanti dettagli sono invece probabilmente frutto di ricerche e dell'estrema cura impiegata per scrivere questa prima versione del racconto. La considero una prima versione per due motivi: i margini di miglioramento sono ampi e la storia mi sembra valga la pena di essere raccontata, quindi ci tornerei sicuramente sopra mettendo in pratica tutti i consigli ricevuti e libero da alcune delle restrizioni imposte. Consiglio da alcolizzato: citi un "torbato", ma, come fatto già notare in un altro racconto che citava whisky scozzese, il torbato è tipico delle isole scozzesi, quindi non me lo vedo in questo contesto. Gli americani bevono il bourbon o il rye whisky (di segale). A rileggerti


______________________________________________________
[Devi essere iscritto e connesso per vedere questa immagine]

A Akimizu garba questo messaggio

23Takoda e la leggenda della grande pipa Empty Re: Takoda e la leggenda della grande pipa Mer Giu 30, 2021 3:23 pm

gdiluna

gdiluna
Younglings
Younglings

Anche se il racconto è andato fuori concorso ti scrivo ugualmente il mio commento. Ho lasciato il tuo racconto in coda perché il titolo mi aveva convinto che lì si nascondesse una perla di creatività. Purtroppo sono rimasto deluso. Ad ogni descrizione apparentemente eccessiva mi sono detto: “questi dettagli sicuramente servono, scoprirò dopo a che cosa”. Purtroppo sono rimasto deluso. La grande pipa ricoperta d’oro (ma usavano l’oro a questi fini gli indigeni nord americani?) mia ha deluso. La trovata del cattivo che imbroglia tutti, che dire, mi ha proprio deluso. Poi mi sono detto: “ah ma il racconto continua, finalmente troverò la perla che aspettavo”. Sono rimasto deluso.

https://parolemiti.net/

24Takoda e la leggenda della grande pipa Empty Re: Takoda e la leggenda della grande pipa Mer Giu 30, 2021 3:28 pm

Petunia

Petunia
Moderatore
Moderatore

Quando un autore richiede di ritirare la propria opera dal concorso io ci rimango male. Non conosco le motivazioni che ti hanno portato a questa scelta che reputo in ogni caso rispettabile anche se non priva di qualche sofferenza.
L'arena del concorso a volte può mettere a dura prova i nostri sentimenti, ma non deve mai costituire un motivo per gettare la spugna. Siamo tutte persone che condividono una passione e questo dovrebbe essere un collante sufficiente a superare qualsiasi disagio.
Scusa questo intervento "di pancia". Spero di leggerti presto, autor@

A Arunachala, Byron.RN, paluca66, Susanna, CharAznable e digitoergosum garba questo messaggio

25Takoda e la leggenda della grande pipa Empty Re: Takoda e la leggenda della grande pipa Mer Giu 30, 2021 4:20 pm

Ospite


Ospite

Bisogna essere generosi con i più deboli, che senso ha incensare i più bravi e lasciare indietro chi commette qualche errore?
Il genere non è facile per nessuno.
Forza, ragazzo, sbrigati a rientrare in competizione e avrai belle sorprese.

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