«Solo uno» li ammonisce ancora, alzando verso quegli occhi spalancati un dito scheletrico.
Poi si ritira in un angolo della cabina, fissandoli con occhi di brace.
La figura è apparsa dal nulla pochi istanti prima: un vortice gelido l’ha annunciata seguito dalla sua folle richiesta.
Le persone sono tutte raggruppate nel lato opposto del piccolo abitacolo. I bambini piangono in collo alle mamme, i fidanzati si abbracciano. Tutti hanno stampato sui visi l’orrore di ciò che accade.
I due vecchi hanno le mani intrecciate insieme e ognuno scava negli occhi dell’altro i ricordi di una vita. L’uomo si allontana un po', la moglie lo trattiene per un attimo, poi lo lascia andare.
«Vengo io» sussurra alla forma scura che li scruta dall’angolo opposto della cabina.
«Tu no, sei vecchio. Voglio uno di loro» e punta ancora una volta il dito verso i tre bambini che si stringono ancora più forte ai genitori.
Tutti sussultano e si guardano smarriti: fuori il paesaggio da cartolina che offre la salita in funivia scompare dietro tutto quell’orrore. La sua richiesta è lapidaria: vuole uno di loro, un bambino.
La figura scura fluttua nell’aria e si avvicina al gruppo di persone spaventato.
«Forse non mi sono spiegata bene» e la sua voce è una cascata di ghiaccio che congela i loro cuori «Tra poco questo viaggio per voi sarà finito» e indica il guardiano della stazione che è già uscito per accoglierli al cancello «Ma uno di loro deve venire con me. Adesso.»
«Non posso» bisbiglia una delle mamme stringendo a sé il figlio: ha più di quarant’anni, sa che non potrà averne altri.
Tutti si voltano verso la giovane madre curva sui due bambini, gli occhi folli rimbalzano da l’uno all’altro.
«Uno di loro viene con me» la incalza la figura nera.
«Perché?...» sussurra la madre senza staccare lo sguardo dai bambini.
«Perché deve essere così» e le parole gelide circondano la giovane donna senza lasciarle via di scampo.
Il custode della stazione è là fuori, sorride e alza una mano per salutarli. Con la mano spalanca il cancelletto.
«Adesso!» sibila la figura.
«No!» urla la madre, ma il padre dei bambini prende il più grande dall’abbraccio materno, lo fissa negli occhi. Le sue mani tremano e il bambino si aggrappa a lui.
«Papà…»
Ma l’uomo ha scorto qualcosa nel luccichio di ghiaccio di quegli occhi brillanti. Prende il bambino più grande e lo spinge dall’altra parte della cabina.
La giovane madre cerca di riprenderlo, ma l’oscura figura lo tiene con sé.
«Adesso potete continuare il vostro viaggio» e la sua voce ha una nota triste.
«Sei crudele!» urla la madre.
«La vita lo è» sentenzia la figura un attimo prima di sparire con il bambino.
Il piccolo ha gli occhi chiusi e sogna.
Sogna un viaggio tra le vette dei monti, in una bella giornata di primavera. Vola alto in alto: se allunga la mano può sfiorare le cime degli abeti. Sente l’aria frizzante della montagna, sente la vita che scorre dentro di lui in un’inarrestabile corsa.
La figura scura lo guarda ancora per un po' e spia il suo sogno tranquillo: le piace ciò che vede, è qualcosa di molto simile alla speranza.
Il bambino apre gli occhi e la vede: il suo pallore è simile al bianco del cuscino che accoglie la sua testa fasciata.
«Andrà tutto bene» gli sussurra.
E forse sarà davvero così.