Lo sgabuzzino ha confessato
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Lo sgabuzzino ha confessato
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Udite, udite, gente e gentaglia; sono le due e mezza e tutto va bene.
Forse.
Il commissario Morelli sta per rientrare a casa! Evvvaiiii! Un evento eccezionale nelle ultime due o tre settimane: la città sembra impazzita e loro, i poliziotti, se ne sono accorti tardi!
Chi sbaglia, paga pegno.
In Questura pare ci sia il raduno nazionale degli zombi: gente che a momenti manco si ricorda come si chiama, a casa li danno per dispersi e il Questore rassicura la città.
A loro tocca fare la guardia, per evitare che le cose degenerino, ma che cosa stia degenerando proprio non riescono a capirlo.
Ma la città deve essere rassicurata e ci pensa quel gran coglione del Questore. Pardon! Quel grand’intellettuale del Questore.
Sarà la stanchezza, ma gli scappa da ridere, ed è una risata che ormai sa di isterico, a pensare che per la conferenza stampa hanno dovuto travestire da poliziotti due o tre dell’archivio. Beh, sempre in Questura lavorano e magari la divisa la sognano ogni notte.
Una doccia normale, biancheria pulita, un letto normale, dormire normale, forse.
Staccare telefono, staccare citofono, staccare staccare staccare… Morelli ha bisogno di staccare.
Morelli ha bisogno di dormire, far riposare il cervello, non pensare. Perché se pensa gli vengono in mente cose strane, tipo Passo carraio 2758. Cosa significhi non lo sa, non è neanche un indirizzo, solo un pensiero che si è presentato mentre cercava parcheggio: forse dovrebbe chiamare Carras, magari lui lo sa.
“Carraio, Carras… Ma andate a quel paese, e rimaneteci!”
Adesso anche Carras, il suo vice, uno che credeva di conoscere bene, ha cominciato a comportarsi stranamente, sempre con qualche libro appresso, citazioni per ogni occasione... aria da intellettuale, persino gli occhiali da intellettuale s’è fatto.
Tutti strani in questo periodo, o forse sei tu Morelli che, nella tua normalità, sei strano.
Perché tu non leggi mai niente di “intellettuale”, perché tu non decifri le logiche della mente, tu non frequenti musei, convegni, non sai a memoria centinaia di citazioni, non conosci la filosofia.
“Eccheccazzo la filosofia.”
No Morelli, tu hai una laurea, ma sei ignorante.
“No gente: io sono uno normale. Un libro mi dura sei mesi, è vero, il giornale lo leggo il giorno dopo, tanto so già cosa è successo, mi piace non pensare a niente qualche volta. Io devo stare con i piedi per terra anche per voi, a me tocca il peggio della città e non c’è niente di culturalmente elevato nel trovare uno sparato o nel leggere tra le parole di una ragazza violentata. Proprio niente.
E vi dico, gente, che ogni tanto preferirei proprio perdermi in una noiosissima biografia di qualche sconosciuto scrittore siberiano, ma ci stanno rapine, tossici, squilibrati che mi vogliono. Mi adorano… e scusate se è poco. Affanculo tutti! Non è elegante? E allora affanculo in smoking!”
Eh, ragazzi, un Morelli proprio messo male! Ma se lo lasciamo dormire cinque o sei ore di seguito gli passa.
Alle tre e trentacinque uno squillo.
Alle tre e quaranta sta ripassando tutte le bestemmie dell’universo e vicinanze. Altri due, alle tre, hanno svegliato santi e madonne assortiti: domani forse si scuseranno, ma stasera no.
Venerdì 17 – ordinaria follia metropolitana
Via Montebello.
Strada da soldi. I lampioni funzionavano tutti e spazzatura in giro non ce n’era.
Perfino i cassonetti erano bei puliti, quasi eleganti.
«Fusco, guarda mo’, a che numero hanno chiamato?»
«Al 13 bis. 13 bis! Porta sfiga due volte! Berta’, due ore fa dovevo smontare, due – ore - fa! Bastardo! Farsi ammazzare alle tre di notte!» Fusco era un tipo di poche parole e questo, per lui, era un lungo discorso. Brutto segno.
Bertani non fece in tempo a dirgli che forse non c’era un morto, e che se c’era, c’era suo malgrado: erano già arrivati davanti all’elegante palazzina, dove qualcuno aveva osato sparare quattro colpi di pistola.
Via Montebello 13 bis, portone chiuso e luci spente: nessun “solito curioso” ad accoglierli. Figurati! Correte correte e poi...
Niente sirene o lampeggianti, né frenate brusche: quando avevano ricevuto la chiamata erano proprio sulla strada parallela, chi aveva sparato poteva essere ancora nei paraggi, magari nascosto nei giardinetti lì davanti, magari li stava aspettando, chissà, forse voleva proprio loro.
E speriamo che non sia uno scherzo!! Non è giornata per Fusco e Bertani, ognuno per motivi suoi, ma comunque non è giornata. Anche se sono le tre di notte.
Bertani non si fece troppi scrupoli e suonò a tutti e otto i campanelli. Lì dentro dovevano pur entrare, e in fretta. Comunque, qualcuno sveglio c’era: tre secondi e il portone si aprì.
Ma i pianerottoli rimasero deserti.
"Tutti patiti dei “Fatti vostri” ‘sti qua!”
Ma era meglio così, non aveva voglia di confusione, di “sotuttoio”, di crisi isteriche.
I due salirono le scale il più silenziosamente possibile, per via delle procedure, per via che qualcuno quattro colpi li aveva già sparati…
Al terzo piano la porta dell’interno 3b si chiuse senza far rumore: siccome le porte da sole non lo sanno fare, beccato l’anonimo telefonista rovinafineturno.
«Bene, bene, Dott. Ing. Adalberto Maria Caretta Donati, vedrai che oggi t’impari a presentarti al telefono, che di nomi… guarda qua, ‘na cifra.»
Quarto piano. Luci discrete, passatoia rossa, persino una statua in fondo al corridoio.
Solo una porta, socchiusa. Una lama di luce. Un filo di musica.
I poliziotti, ciascuno con il suo bravo rituale per questi momenti, si prepararono ad entrare.
"E io manco ci dovrei stare qua! Tirelli doveva esserci, ventott’anni, forte come un toro! Ecchecazzo…” Fusco detestava la pancia che da un po’ aveva messo su, Fusco aveva paura, non riusciva più a correre come una volta, non era più svelto come una volta.
Bertani, tre respiri profondi, niente più pensieri, solo il battito del suo cuore a dare il tempo, apre adagio l’elegante porta laccata blu.
"Sangue! Non è sangue! È solo un liquido rosso, tra un po’ sarà come il sugo al pomodoro che hai lasciato sui fornelli. Quello lì non respira, nessun morto respira, Bertani. Non gli serve più respirare, non gli serve più il sangue. È morto.”
Poteva quasi sentire il calore di quel sangue, poteva vederlo, quel calore, come il fiato in una serata fredda. L’odore, era da tempo che non sentiva più l’odore del sangue.
Un veloce giro per le stanze. Deserte. In ordine.
Fusco comincia a prendere appunti, con la sua bella calligrafia ordinata.
Corridoio. Tre porte. Una lampada rovesciata. Una poltroncina in mezzo al corridoio. Un bicchiere rotto e del latte, sul pavimento e sul tappeto. Un grande specchio, con schizzi di sangue. Un morto, in pigiama. Colpito allo stomaco. Espressione tra il sorpreso e lo spaventato. Manca l’assassino.
«Manca l’assassino? Fusco, ti sei bevuto il neurone? Prova a guardare nel ripostiglio, magari l’hanno messo lì, sai… per via dell’ordine! Manca l’assassino! Ma non esiste!»
Bertani aveva bisogno di una sigaretta, e del bagno. Ma non si può. Se ti beccano quelli della scientifica, che gli inquini la scena, capace che ti fanno rapporto.
Telefonino. Tasti sempre più piccoli, i numeri per ‘sti casini tutti occupati.
«Fiii ma sono le tre di notte, con chi cazzo si parla alle tre di notte?»
«Libero. Rispondere no, però eh? Per carità, non rispondere che magari ti potrebbe pure capitare di lavorare!»
«Sì, dottor Zanguidani? Ci sarebbe un morto… lo so che sono le tre e.. ma questo a quest'ora s'è fatto ammazz... Certo che siamo sicuri che è morto, guardi dubbi zero. Dovrebbero avergli sparato. E certo che c'è sangue, morti sparati senza sangue non… Buona n…»
Altra vittima: il cellulare.
«Ma vaffanungiroinolanda pure te e la trilaurea de tu' nonno!»
Il morto collaborò docilmente e non fece una piega mentre si occupavano di lui: finalmente l’esimio Dott. Pio Gerardini, stimato e noiosissimo professore universitario, era protagonista della scena. Lo desiderava da una vita intera e qualcuno lo aveva accontentato.
«Eeeeetciuùùùù.» da dietro lo specchio.
«Salute!» Fusco ha tirato fuori la pistola.
«Grazie.»
Non è uno specchio, è una porta.
Bertani l’apre di colpo: è un ripostiglio e dentro, seduta su uno sgabello, c'è una bella ragazza, in pigiama, spettinata, naso gocciolante.
In mano tiene una pistola.
«Eeeetciuùùùù.» È anche a piedi nudi.
Qualche ora dopo
Cinque ore dopo, il commissario Morelli cominciò pensare che forse gli conveniva trasferirsi al manicomio o com’è quell’altro posto? Ah sì, al Diagnosi e Cura: lì sicuramente c’erano persone normali.
Fuori erano finite.
Lanciò un’occhiata tra il disperato e il rassegnato a Carras, che stava cercando di tenersi sveglio con il quarto pseudo caffè. Una goduria per la gastrite.
«Glielo chiedo ancora una volta: ha sparato lei al professore?»
«Gliel’ho già detto: sì. Capisce l’italiano?»
«E lei conosce la differenza tra omicidio e suicidio? Suicidio: uno si ammazza da solo, si spara alla testa, in bocca. Allo stomaco non mi pare sia mai capitato. In questo caso, più facile che sia omicidio. Lei sarà incriminata per omicidio. Lo capisce adesso, lei, l’italiano?»
«Uffa, ma quanto la fate lunga! Le ripeto. Pio voleva suicidarsi perché io lo stavo lasciando, ma non aveva coraggio. Diceva che aveva paura di farsi troppo male.»
«E beh, insomma, dagli torto!» Quinto pseudo caffè.
«Stavo dicendo… io mi ero stufata, per lasciarlo lo volevo lasciare, ma mica mi andava di sentirmi messa in croce se lui poi continuava a stressare la gente con quella storia che senza di me voleva morire e compagnia bella. Stasera, no ieri sera, gli ho detto che era tutto finito… e lui a dirmi che si sarebbe sparato, anzi, voleva farlo ma siccome non se la sentiva, se per piacere l’aiutavo. Capito adesso? Me lo aveva fatto giurare, di aiutarlo.»
«Un suicidio assistito, insomma! Anzi, un’opera di carità!»
Morelli era sconcertato: la ragazza non si smuoveva di una virgola dalla sua storia. A questo punto bisognava crederle. Oppure trovare un altro assassino, un altro movente. Un’altra mano per la stessa arma?
Anche svegliarsi e scoprire che era solo un sogno di quelli demenziali poteva essere una soluzione.
«E comunque, scusate, ma lo ha lasciato per iscritto. Non avete visto nello studio la lettera? Si era alzato apposta, per scriverla. Così non avrei avuto problemi. Lui queste cose le sa. Beh, le sapeva.»
«No, signorina Gallo, non c’era nessuna lettera e il computer non è stato usato ieri.» Pazienza agli sgoccioli o commiserazione?
«Ehh no, ma non è possibile! Cavoli, ma continuavo a dirglielo! Vai dal medico, per la memoria, non puoi continuare a scordarti tutto. Pensi che ieri sera dovevamo andare al ristorante, per l’ultima cena...»
«Anche l’ultima cena? Ma… non… no…» Il sesto caffé andò di traverso.
«Dicevo. Ieri sera è andato in camera per cambiarsi e invece si è messo il pigiama e infilato a letto. Erano solo le 8.»
«Magari le venti. Comunque, lei cos’ha fatto?»
«Niente, ho aspettato che si svegliasse per il solito bicchiere di latte, gli ho detto che lo lasciavo proprio e poi, siccome non volevo storie, come le dicevo prima, e siccome lui non si decideva a tirar fuori un po’ di coraggio, l’ho aiutato, anzi l’ho accontentato, insomma… poverino, dovevo! Poi, sa, una volta che si metteva in testa una cosa, era impossibile fargli cambiare idea. E questa era proprio una fissa di quelle… fiii che lavoro! Ha presente i bambini? Uguale. O li accontenti o li ammazzi. Cioè, si fa per dire… è un modo di dire.»
In vent’anni Morelli di storie ne aveva sentite di ogni sorta, ma questa schizzava in testa alla classifica e per schiodarla ce ne sarebbe voluto, eh se ce ne sarebbe voluto!
Beh, adesso se la vedesse il magistrato. A ciascuno il suo, di lavoro. Lui aveva finito.
L’avvocato che avevano trovato al volo per assistere la ragazza cominciò a raccogliere le sue carte, con aria perplessa: era il suo primo caso di omicidio e non aveva la più pallida idea di cosa fare.
«Posso andare a casa adesso?»
«A casa? Ma signorina, si rende conto di quello che ha fatto?»
«E lei si rende conto che è venerdì 17 e che qui ci sono una quindicina di pseudo scrittori che si devono inventare di essere “sulla scena del delitto”? Al massimo in Questura ci hanno messo piede per chiedere informazioni sul passaporto, pensi un po' lei.»
«…»
«E visto che tutti son lì a scrivere, cancellare, fare e disfare, io vorrei andare a curarmi ‘sto raffreddore, se lei permette. Eeetciuùùù»
«Salute!!» Il coro degli “pseudoscrittori.
Morelli non si era accorto che una delle pareti dell’ufficio era sparita: nella stanza accanto, quindici penne avide di appunti, quindici paia di occhi arrossati da maratona C.S.I. , in religiosa attesa.
Quindici sognatori.
Per divertirsi un po’
Per giocare con le parole
Per non prendersi troppo sul serio, finché si può
Perché la realtà è molto ma molto più creativa della fantasia.
(marzo 2006 - scritto post seminario “Poliziotti finti sulla scena del crimine”)
Ultima modifica di Susanna il Mar Ago 17, 2021 4:55 pm - modificato 2 volte.
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"Quindi sappiatelo, e consideratemi pure presuntuoso, ma io non scrivo per voi. Scrivo per me e, al limite, per un'altra persona che può capire. Spero di conoscerla un giorno… G. Laquaniti"
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Re: Lo sgabuzzino ha confessato
Che carino, molto godibile! E ci vuole pure la scrittura amena!
Ospite- Ospite
Re: Lo sgabuzzino ha confessato
Letture di ferragosto! Scritture di una notte preferragostana sommata ad un ricordo di una bella esperienza: quanti appunti a quel corso!
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"Quindi sappiatelo, e consideratemi pure presuntuoso, ma io non scrivo per voi. Scrivo per me e, al limite, per un'altra persona che può capire. Spero di conoscerla un giorno… G. Laquaniti"
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